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La modalità nella linguistica moderna

La definizione di modalità in linguistica

Questo capitolo è dedicato alla definizione di modalità nella linguistica moderna con particolare attenzione all'indagine che si è articolata lungo le due direttrici della semantica e della pragmatica. Dato che l'unica valutazione veramente condivisa in letteratura è che non c'è una definizione di modalità, le tendenze prevalenti sono: o formulare proposte valide operativamente oppure aderire a una specifica definizione, sia essa (come si vedrà nelle seguenti pagine) quella di Lyons (1932-), di Bally (1865-1947) o di altri linguisti. In considerazione di questa difficoltà, mi sono proposta di ricomporre in maniera organica il percorso che ha condotto alla complessa visione di questa concezione tentando, laddove possibile, di sottolineare i punti di contatto fra le diverse tradizioni di riferimento.

A questo scopo, proprio per la complessità e la voluminosità della produzione scientifica dedicata a questo tema, ho voluto analizzare le formulazioni di modalità antecedenti a quelle di Bally e Lyons, per mettere in luce il contesto della loro enucleazione, il loro peso nell'enunciazione della moderna teoria della modalità, le filiazioni linguistiche, ossia le linee di ricerca che da esse sono derivate. Questa esplorazione nella storia della formulazione della teoria modale tornerà utile nel Capitolo 5, quando discuterò sulla necessità di includere la categoria anankastica nella tassonomia modale.

Due direttrici di ricerca

Il tema della modalità ricorre in una vasta letteratura, che si sviluppa in diverse discipline: dalla filosofia analitica, al diritto, alle scienze cognitive. La ricchezza di riferimenti e la fecondità multidisciplinare

legata allo studio delle espressioni modali rendono difficile fornire una definizione coerente di modalità in linguistica.20 A dispetto di questa complessità unanimemente riconosciuta dalla comunità scientifica,21 chi si accinga a inventariare le diverse citazioni in letteratura potrà constatare che ne ricorrono essenzialmente due.

La prima definizione, attribuita a Charles Bally, allievo e successore di Fernand de Saussure, è citata negli studi di pragmatica,22 incentrati quindi sull'indagine del significato dell'enunciazione linguistica all'interno del contesto di riferimento, tradizione che si pone in linea di continuità con la teoria degli atti linguistici di Austin (1962). Condensata nella formula "modus sul dictum", questa locuzione, per quanto ho potuto verificare, non è rintracciabile nella produzione di Bally, ma costituisce la sintesi della concezione di modalità formulata da quest'ultimo nell'ambito della sua teoria generale dell'enunciazione, in Linguistique générale et linguistique française (d'ora in poi Linguistique générale), testo pubblicato nel 1932 poi rielaborato e ampliato fino all'edizione definitiva del 1944. Di seguito riporto la formulazione ballyana proposta da CRESTI, ma ve ne sono altre, che magari variano solo in minima parte.

20

Al riguardo Nuyts scrive: “Unlike the categories of time and aspect, which, in spite of disputes, can be defined in straightforward and coherent semantic terms, modality turns out to be very hard to delineate in simple, positive terms” [NUYTS 2006: 1].

21

La maggior delle trattazioni sulla modalità si apre appunto con la constatazione di questa difficoltà, al punto che risulta difficile, e forse superfluo, citare riferimenti testuali a questo proposito. Fra le descrizioni più efficaci, vorrei citare Perkins: "Doing research on modality is very similar to trying to move in an overcrowded room without treading on anyone else’s feet.“ [PERKINS 1983: 4, cit. in WYMANN 1996: 2]

22

Da quanto ho potuto osservare, tale indirizzo di studio è particolarmente sviluppato negli studi in lingua francese, italiano, portoghese e spagnolo, [inter alia CRESTI 2001: 18, TUCCI 2008: 1, CARREIRA 1997: 213ss, SCHNEIDER, 2007: 91]. Inoltre, dati i limiti di questa ricerca, tralascio di considerare la profonda influenza esercitata da Bally sugli studi di filosofi del linguaggio quali Benveniste, Deleuze, Culioli.

L'attitudine del parlante, ovvero Modus, con cui il parlante considera

il contenuto della sua enunciazione, contenuto referenziale o cognitivo, ovvero Dictum. CRESTI [2001: 134]

La seconda formulazione di modalità è legata all'indagine della semantica formale; essa ricorre nella letteratura (per lo più in lingua inglese) prodotta in seno alla linguistica tipologica, la branca di studi interessata alle equivalenze funzionali ravvisabili attraverso l'analisi cross-linguistica.23 Si tratta della definizione di modalità risalente alla ponderosa opera in due volumi, intitolata Semantics, pubblicata da John Lyons nel 1977:

The speaker's opinion or attitude towards the proposition that the sentence expresses or the situation that the proposition describes, [LYONS 1977: 452]

Sulla definizione di Lyon si sono innestate le altre maggiori riletture di questo tema, nell'ambito della linguistica tipologica, le quali tendono a considerare i fenomeni di modalizzazione come sovrapposizioni semantiche a contenuti oggettivi e fattuali. Come vedremo nel Capitolo 3, nel corso degli ultimi quaranta'anni la matrice di Lyons è stata articolata grazie all'introduzione di altri parametri di riferimento, quali i fenomeni di grammaticalizzazione [PALMER 1986:16], l'orientamento in direzione del parlante piuttosto che in direzione del soggetto [BYBEE E FLEISCHMAN 1995: 2], le varianti paradigmatiche di possibilità e necessità [VAN DER AUWERA PLUNGIAN 1998: 80], i domini semantici di tempo-aspetto [NUYTS 2006: 1]. Si è così composta una concezione variegata di modalità, dalla definizione più inclusiva secondo la quale la modalità abbraccia ogni sorta di modificazione dello stato di cose da parte del parlante, che include le dimensioni di tempo e aspetto, a quella più restrittiva che intende la modalità come una

23 Nella nota definizione di Croft [1990: 1-2], la linguistica tipologica si occupa della "classification of structural types across languages".-

sottodivisione semantica del dominio delle categorie TAM tempo- aspetto-modalità, complementare a tempo e aspetto [NUYTS 2006: 1]. Prima di entrare nel vivo delle diverse tassonomie della linguistica moderna tenterò di isolare le fasi evolutive che hanno segnato lo sviluppo di questo concetto.

Modo e forma del pensiero nella linguistica cartesiana

Una prima teoria della modalità fu formulata nel 1660 all'interno della Grammaire générale et raisonnée di Antoine Arnauld (1612-1694) e Claude Lacelot (1615-1695). La pietra angolare della loro speculazione era il convincimento che esista un'intuizione grazie alle quale lo spirito coglie gli oggetti, estrinsecando le facoltà di concepire, giudicare e ragionare. Con questo presupposto, come sottolinea Pomian:

[...] la conoscenza di quel che avviene nel nostro spirito è necessaria ad intendere i fondamenti della grammatica, e da ciò dipende la diversità delle parole che compongono il discorso. [POMIAN 1981: 749]:

Dalla distinzione fra oggetti (objets) e forma o maniera (manière) del pensiero che concepisce, giudica e ragiona [DUCROT, 1993: 119, 1991: 4], discende la suddivisione del linguaggio in due gruppi distinti di espressioni: parole che esprimono gli oggetti dei pensieri (nomi, articoli, pronomi, participi preposizioni e avverbi), parole che indicano la maniera o forma del pensiero (verbi, congiunzioni e interiezioni) [POMIAN 1981: 750]. Questa distinzione è inedita rispetto all'antinomia categorematico-sincategorematico esposta nel capitolo precedente, dato che riguarda non le proprietà predicative delle parole (la loro capacità di essere utilizzate da sole o in composizione) ma i contenuti cui esse sono riferite. Pertanto, come si legge nel capitolo "Des divers Modes, ou Manières des Verbes", della Grammaire [1660 : cap. XVI, parte II], i verbi sono quel genere di parole che: "signifient la

manière et la forme de nos pensées, dont la principale est l'affirmation […]". Tale genere di parole dispone anche di specifiche flessioni le quali danno luogo ai diversi modi verbali. Questi ultimi consentono di specificare ulteriormente lo stato d'animo del soggetto rispetto al verbo e costituiscono pertanto il principale veicolo della modalità, intesa non come atteggiamento del parlante circa l'intera locuzione, ma come:

atteggiamento espresso dal Verbo verso il Soggetto. [CRESTI 2001: 136]

La moderna indagine linguistica attorno alla modalità ha inizio con il riconoscimento della molteplicità delle strategie e quindi con la marginalizzazione del ruolo di verbi e modi verbali. Sotto il profilo storico, questo nuovo approccio ai fenomeni di modalizzazione segue la first linguistic revolution [NERLICH 1990: 5] operata in seno al romanticismo tedesco da Franz Bopp (1791-1867)24 e precede la formulazione della teoria strutturalista di Fernand de Saussure (1857- 1913). Coincide con la fondazione della semantica, alla fine del XIX secolo, inaugurata dalla pubblicazione di due testi capitali: da un lato Über Sinn und Bedeutung (1892) del matematico, logico e filosofo Gottlob Frege (1848-1925), dall'altro l'Essai de sémantique (Science de la signification) (1897), del linguista comparativista Michel Bréal (1832-1915),25 il quale rappresenta il vero punto di partenza di questo excursusr.

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Traduttore del Mahābhārata, ha dato inizio agli studi indoeuropei scientificamente intesi, basati sulla comparazione non delle unità lessicali, bensì delle parti flessive. Maestro di Bréal nonché dei neogrammatici tedeschi, Junggrammatiker. Diversamente da Friedrich Wilhelm Schlegel (1772-1829), Bopp non sosteneva l'esistenza di una mitica lingua originaria, Ursprache. Va sottolineata l’importanza degli studi di indologia nella nascita della linguistica comparativa in Europa e negli Stati Uniti, come nel caso del sancritista William Dwight Whitney (1827-1894), al quale Saussurre dichiara di essersi ispirato per la concezione dell'arbitrarietà dei segni. Su questo tema si rimanda a NERLICH [1990].

25

Per una disamina degli antecedenti in filosofia agli studi semantici, si rimanda a MATORÉ [1994: 501-12].

La formulazione di modalità e la fondazione della semantica: Micheal Bréal

Il volume nel quale Bréal affronta in modo sistematico la nozione di modalità è proprio quello nel quale introduce il concetto di semantica, parola coniata dallo stesso Bréal, e posta nella conclusione delle pagine introduttive all'Essai.

Ce que j'ai voulu faire, c'est de tracer quelques grandes lignes, de marquer quelques divisions et comme un plan provisoire sur un domaine non encore exploité, et qui réclame le travail combiné de plusieurs générations de linguistes. Je prie donc le lecteur de regarder ce livre comme une simple Introduction à la science que j'ai proposé

d'appeler la Sémantique. [BRÉAL 1897: 5] 26

Come accadrà per la stesura di tutti i testi considerati in questo capitolo, la produzione dell'Essay è caratterizzata da un lungo processo d'incubazione, durato quasi trent'anni, e iniziato con la lezione inaugurale della sua cattedra presso il Collège de France, con la quale Bréal dà inizio agli studi di linguistica comparativa in Francia. Va quindi sottolineato che l'enucleazione della prima teoria moderna di modalità segna il confluire di indirizzi eterogenei: essa avviene contestualmente alla fondazione della semantica, nell'alveo della tradizione linguistica francese, di riflesso a un approccio comparativo, secondo un metodo inaugurato dagli studi indoeuropei di tradizione tedesca.27

26

Diversamente dagli altri linguisti qui trattati, le cui citazioni originali ricorreranno nel corpo del testo, per Bréal, dato il numero e la frammentarietà delle citazioni qui ricorrenti, ho deciso di procedere riportando la mia traduzione italiana, e l'originale francese in nota. Nel caso di questo passo, che segna la nascita della semantica, ho voluto rendere immediatamente disponibile la versione originale.

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Aspetti riscontrabili nella formazione di Bréal: filolofo e sanscritista originario dell'Alsazia, Bréal conclude la propria formazione a Berlino alla scuola di Bopp quindi torna a Parigi dove diviene professore di linguistica prima al Collége de France, quindi all'École des hautes études, cattedra che nel 1905 cederà a Saussure.

Procediamo ora ripercorrendo le argomentazioni alla base del programma di Bréal. L'Essai si apre con la constatazione polemica che gli studi di grammatica comparata hanno guadagnato un seguito anche fra il grande pubblico senza tuttavia che sia stato mai scritto un testo che tenga conto del fatto che il linguaggio "è ricco di lezioni, [...] che tuttavia vanno colte laddove esso si rivolge all'intelligenza" [BRÉAL 1897: 1].28 Bréal, prima di indicare la direzione da seguire, chiama in causa gli orientamenti della linguistica comparativa che a suo giudizio possono dare luogo a derive inutili, se non dannose. Essi sono: 1) la riduzione di tale disciplina a mera descrizione di fenomeni linguistici, quali i cambiamenti delle vocali e delle consonanti; 2) l'influenza eccessiva di miti antropomorfici, per esempio nella compilazione di genealogie volte all'individuazione di una lingua all'origine di tutte le lingue e 3) la cieca obbedienza agli orientamenti delle scienze naturali, come accade con la tendenza, molto in voga nella linguistica tedesca del tempo, di assimilare la lingua a un organismo vivente, con i suoi cicli di nascita, sviluppo e morte [BRÉAL 1897: 1-5]. 29

Per Bréal la linguistica comparata, che egli chiama grammaire comparée, deve servire: "a trarre ciò che può essere utilizzato come nutrimento alla riflessione [...] e come regola per la nostra propria lingua".30 Più specificamente, l'impegno che egli si assume con l'Essai è di "investigare sulle cause intellettuali che presiedono alle

28

"Le langage est plein de leçons, [...] mais encore faut-il le prendre par le côté où il parle à l'intelligence".

29

Si riferisce sopratutto ad August Schleicher (1821-1925), sul quale afferma: "Cet esprit habituellement si clair er si méthodique, ce botaniste, ce darwinien, y trahit des habitudes de pensée qu'on aurait plutôt attendues chez quelque disciple de l'école mystique" [BRÉAL 1897: 5].

30

"Extraire de la linguistique ce qui on ressort comme aliment pour la réflexion et [...] comme règle pour notre propre langage" [BRÉAL 1897: 2].

trasformazioni delle nostre lingue".31 La natura di questi cambiamenti, e l'ostinazione di molti studiosi a non tenerne dovuto conto, costituiscono un motivo di vero turbamento; a suo avviso "bisogna avere gli occhi chiusi all'evidenza per non notare che vi è una volontà oscura, ma perseverante, che presiede ai cambiamenti del linguaggio".32 È la consapevolezza del continuo cambiamento del linguaggio a stimolare una nuova riflessione sullo scopo e la portata degli studi linguistici. La storia delle lingue è qui concepita come una lunga manifestazione della volontà umana [DESMET e SWIGGERS 1995: 15], la quale è prodotta con il concorso di ogni individuo e va immaginata come la somma di "migliaia, milioni e miliardi di prove condotte per tentativi, nella maggior parte dei casi sfortunati", talvolta seguiti da successi parziali, "che man mano virano verso una direzione precisa" [BRÉAL 1897: 4- 5].33 Questa volontà agisce sotto forma di logique populaire e procede per tappe secondo un cammino nient'affato lineare [BRÉAL 1897: 244]. 34 Bréal, il fondatore della linguistica comparativa francese, è quindi su posizioni opposte rispetto al "naturalismo" o "al misticismo linguistico" dei colleghi tedeschi [NERLICH 1990: viii-ix], e in controtendenza rispetto al giovane e brillante Saussurre, divenuto celebre grazie a uno studio sulla fonologia delle lingue indoeuropee pubblicato nel 1881.35 Soprattutto, si rende conto che porre la volontà quale risposta

31

"Laissant de côté les changements de phonétique, [...], j'étudie les causes intellectuelles qui ont présidé à la transformations de nos langues" [BRÉAL 1897: 4-5].

32

"Il faut fermer les yeux à l'évidence pour ne pas voir qu'une volonté obscure, mais persévérante, préside aux changement du langage" [BRÉAL 1897: 7].

33

"[...] milliers, de millions, de, milliards d'essais entrepris en tâtonnant, le plus souvent malheureux, quelquefois suivis d'un quart de succès, d'un demi succès, et qui [...] virent à se préciser dans une certaine direction".

34

Questo tema, centrale nella sua riflessione, ha fatto parlare di una “teoria diacronica di Bréal” [DESMET e SWUIGGER 1995: 2].

35

Per un percorso ragionato sullo sviluppo della semantica da Bréal a Saussure, cfr. DE PALO [2002].

all'interrogativo sul perpetuo cambiamento della lingua può essere considerato al pari di un'eresia [BRÉAL 1897: 7]. Di qui la necessità di fondare la nuova scienza della significazione, e tracciare un sentiero il quale richiederà lo sforzo di generazioni di linguisti.

Questo dunque è il quadro nel quale va iscritta la trattazione della modalità a opera di Bréal, tema che egli affronta nell'Essai dopo un'ampia riflessione sulla logica che presiede al linguaggio,36 che si apre con questa premessa:

Il linguaggio ha la sua logica. Ma essa è una logica speciale, in qualche modo professionale, che non coincide con quella cui noi

ordinariamente assegniamo questo nome.37

Questo prodotto degli uomini, che parla agli uomini degli uomini, "travalica la logica da tutti i lati"38 [BRÉAL 1897: 244]. I meccanismi di tale sconfinamento li chiarisce nel capitolo successivo, "L'élément subjectif" [BRÉAL 1897: 254-265], collocandoli in un processo nel quale il lato soggettivo interviene proprio "come facciamo nei sogni, quando siamo a un tempo l'attento spettatore e l'autore degli avvenimenti"39 [BRÉAL 1897: 254]. Va ricordato che in questa visione l'elemento soggettivo non ha un valore accessorio ma costituisce anzi una parte essenziale, primordiale dell'uso del linguaggio, dato che "la parola non è stata fatta per la descrizione, per il dialogo o per fare delle considerazioni disinteressate. Esprimere un desiderio, intimare un ordine, segnalare una presa di possesso di uomini o cose – questo è stato

36

Cfr. il capitolo "La logique du langage" [BRÉAL 1897: 243-253].

37

"Le langage a sa logique. Mais c'est une logique spéciale, en quelque sorte professionnelle, qui ne se confond pas avec ce que nous appelons ordinairement de ce nom".

38

"Il déborde la logique de tous les côtés".

39

"[...] comme nous faisons nous-mêmes en rêve, quand nous sommes tout à la fois spectateur intéressé et auteur des événements."

il primo uso linguaggio"40 [BRÉAL 1897: 264-65]. Nel descrivere gli elementi che danno espressione a questo côté subjectif, Bréal elabora un modello prossimo alla concezione odierna di modalizzazione. A titolo d'esempio egli cita perlopiù enunciati di tipo epistemico nei quali la sfumatura modale è veicolata da elementi di ordine lessicale, grammaticale, o relativi alla prassi comunicativa propria della lingua di riferimento. Nello specifico, i mezzi dell'espressione soggettiva sarebbero:

1) le parole e i costituenti della frase; 2) alcune forme grammaticali;

3) il piano generale delle nostre lingue [BRÉAL 1897: 254-255].

Secondo l'autore le lingue, tutte le lingue, dispongono anche d'altri strumenti, come gli avverbi, o costrutti d'altro tipo, i quali si compongono ubbidendo a dettami propri della lingua e non della logica. Questi dunque sono mezzi che "concorrono a sfumare [nuancer] le impressioni e le intenzioni degli interlocutori"41 [BRÉAL 1897: 256]. In questo quadro il modo verbale – per quanto efficace, dato che in esso la compenetrazione fra elemento fattuale e soggettivo è particolarmente visibile42 – non rappresenta che una fra le molteplici strategie grazie alle quali il punto di vista del narratore si insinua nella narrazione. Bréal invita anzi a riconsiderare questa categoria alla luce della formulazione dei grammatici greci, secondo i quali i modi servono a segnalare la "disposizione dell'animo", dìathèseis psychès [BRÉAL 1897: 258].

40

“La parole n’a pas été faite pour la description, pour la récite, pour les considérations désintéressées. Exprimer un désir, intimer un ordre, marquer une prise de possession sur le personnes ou sur les choses – ces emplois du langage ont été les premiers”. L’autore procede con l’osservazione “Pour beaucoup d’hommes, ils sont encore à peu près les seuls...”. Va ricordato che Bréal credeva nell’origine olofrastica del linguaggio.

41

“[...] qui servent à nuancer les impressions ou les intentions des interlocuteurs.”

42

Bréal nella descrizione dei fenomeni modali riprende così la concezione di modus tramandata dalla tradizione dei grammatici antichi e dalla grammatica speculativa medievale, descritti nel capitolo precendente, legata al "moto dell'animo", alla variazione, dìates, alla deviazione, tròpos, che esprimono l'elemento soggettivo del linguaggio.

Il conio del termine tecnico: Ferdinand Brunot

La fondazione di una linguistica generale è successiva all'opera di Brèal, essa si costituirà infatti agli inizi degli anni '20, grazie a un nuovo orientamento in linguistica visibile nelle due sponde atlantiche. Negli Stati Uniti esso prende soprattutto le forme della riflessione sui tipi linguistici e sulla costituzione delle forme grammaticali avanzata da Edward Sapir (1884-1939),43 in Europa si articola da un lato con la costituzione dei concetti di segno linguistico [MELIS e SWIGGERS 1992: 143-144], dall'altro nella riconsiderazione dei concetti grammaticali alla luce delle notional categories corrispondenti, come nel caso del danese Otto Jespersen (1860-1943) [MCCAWLEY 2002].44 Questo movimento era caratterizzato da una sorta d'insofferenza rispetto alla didattica basata sulle "parti del discorso" [MELIS e SWIGGERS 1992: 144] 45 e da una febbre inventiva nel conio di una terminologia specialistica, caratteristiche che, come evidenzierò nel Capitolo 5, erano condivise dai linguisti cinesi quali Lü Shuxiang e Wang Li, che accolsero e rielaborarono le teorie di Jespersen più innovative. Tale clima culturale ha ricevuto un forte impulso da parte di Ferdinand

43

Sul ruolo di Sapir nella formazione della linguistica americana cfr. CAMPBELL 2003: 98-99.

44

Questo aspetto verrà trattato nel pargrafo dedicato a Jespersen.

45 Sulla critica alla divisione tradizionale in parti del discorso, cfr. LAGARDE [1988: 96 sgg].

Brunot (1860-1938), allievo di Bréal, oppositore dell'ancienne grammaire, grande storico della lingua francese e professore di latino alla Sorbonne, cui si deve, appunto, l'ingresso in linguistica del termine modalità. Prima di allora era riconosciuta l'accezione di modale in quanto ciò che è relativo al modo verbale. Tale orientamento si protrarrà

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