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Jacchia pubblica il suo primo modello completo dell’alta atmosfera nel 19651. È basato sui primi modelli multi-temperatura dell’atmosfera al di

sopra dei 120 km di altezza di Nicolet (1961 e 1963) e impostati sul fenomeno della diffusione. Questi modelli partono da delle condizioni al contorno sulle densità parziali e sulla temperatura all’altezza di 120 km e al di sopra di questa quota le densità parziali variano secondo la teoria della diffusione. Le condizioni al contorno sono prese dal modello di CIRA (COSPAR International Reference Atmosphere, dove il COSPAR è il Comitato per la Ricerca Spaziale) del 1964 e sono le seguenti (le densità sono numeriche, cioè scritte come “numero di particelle per unità di volume”): - 𝑇120 = 355 K; - n(H2) = 4.0x1011; - n(O2) = 7.5x1010; - n(O) = 7.6x1010; - n(He) = 3.4x1010.

Viene trascurato il contributo dell’argon, in quanto la sua densità è già l’1% del totale a quell’altezza e si riduce ancora continuando a salire di quota. Riguardo all’idrogeno atomico, per cui l’equilibrio di diffusione viene raggiunto solo ad altezze maggiori, Jacchia utilizza invece l’equazione di Kockarts e Nicolet (1962):

𝑙𝑜𝑔

10

𝑛(𝐻)

500

= 73,13 − 39,40 𝑙𝑜𝑔

10

𝑇

+ 5,5 (𝑙𝑜𝑔

10

𝑇

)

2

,

relativa alla densità alla quota di 500 km. La 𝑇 è invece la temperatura asintotica dell’esosfera. Partendo dunque da queste condizioni al contorno, le densità numeriche vengono calcolate in funzione dell’altezza

z integrando la seguente equazione numerica:

1 Luigi Jacchia, Static Diffusion Models of the Upper Atmosphere with Empirical Temperature Profiles, “Smithsonian Contributions to Astrophysics”, volume 8, pp. 215-257, 1965.

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𝑑𝑛

𝑖

𝑛

𝑖

= −

𝑑𝑧

𝐻

𝑖

𝑑𝑇

𝑇

(1 + 𝛼),

dove i rappresenta l’i-esimo costituente del gas, T è la temperatura all’altezza z, α il fattore di diffusione termica e 𝐻𝑖 l’altezza di scala dell’i- esimo componente, definita così:

𝐻

𝑖

=

𝑘𝑇

𝑚

𝑖

𝑔,

dove k è la costante di Boltzmann, 𝑚𝑖 la massa atomica o molecolare del

costituente i-esimo e g l’accelerazione di gravità. Jacchia spiega come sia complicato descrivere l’andamento della temperatura con z, perché i fotoni UV vengono irradiati dal Sole a diverse lunghezze d’onda, ognuna delle quali viene assorbita ad un’altezza diversa dell’atmosfera; e inoltre, l’intensità dei fotoni aventi tali energie varia nel tempo. Preferisce quindi derivare le T(z) dalle osservazioni ed in particolare usando una relazione di Nicolet, secondo la quale il profilo di temperatura viene rappresentato con un piccolo margine di errore dalla seguente relazione:

𝑇(𝑧) = 𝑇

− (𝑇

− 𝑇

120

)𝑒

[−𝑠(𝑧−120)]

,

dove z è espresso in km e s è una costante che varia a seconda del tipo di profilo che si sceglie di usare, tra Nicolet (1961) e CIRA (1965). Jacchia decide di utilizzare un terzo valore di s, trovato dopo diversi tentativi ed errori, derivando le densità dalle equazioni del drag satellitare di alcuni dei suoi lavori precedenti:

{

𝑠 = 0,0291 𝑒

(−𝑥22)

𝑥 =

(𝑇

− 800)

750 + 1,722 × 10

−4

(𝑇

− 800)

2

.

Per ultima, resta da definire la variazione della 𝑇. L’astronomo italiano parte da una formula di Nicolet e la modifica per descrivere tutte le perturbazioni dovute alla radiazione solare:

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- variazione semi-annuale, con massimi ad aprile e ottobre e minimi a gennaio e luglio; ha un’ampiezza che dipende dall’attività solare ed è proporzionale al flusso 𝐹̅10,7, il flusso a 10,7 cm mediato ad intervalli di 10 giorni;

- variazione con l’attività geomagnetica, precedentemente discussa; - variazione con il ciclo di 11 anni del Sole;

- variazione diurna, la quale mostra un massimo alle 2 p.m. e un minimo alle 3-4 a.m. di ogni giorno; nell’emisfero illuminato la densità è maggiore di quella dell’emisfero oscurato e si viene a creare un rigonfiamento atmosferico (scoperto da Jacchia e Whipple) che viene chiamato “diurnal bulge”;

- variazione con una rotazione solare di 27 giorni.

Figura 28 – Temperature massima (diurna) e minima (notturna) al di sopra della termopausa in funzione del flusso solare a 10,7 cm in unità di watt/m²/cicli/s. Le temperature sono calcolate in periodi di quiete geomagnetica (con Kp = 2 e ap = 7). (Da: Jacchia, 1965)

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Riguardo alle ultime due, in Fig. 29 è mostrato un grafico con l’andamento delle temperature esosferiche (al massimo e al minimo giornalieri) al variare di 𝐹̅10,7, mediato su 2-3 rotazioni solari, in periodi di quiete geomagnetica (con Kp = 2 e ap = 7). La temperatura minima

(notturna) viene calcolata con questa formula: 𝑇̅0 = 418 + 3.60 × 𝐹̅10,7, mentre quella massima diurna dalla precedente:

𝑇𝑀 = 1.28 𝑇0.

Come ammette Jacchia stesso, il suo modello ha ovviamente delle limitazioni dovute a delle semplificazioni, per esempio riguardo al considerare costanti densità parziali e temperature all’altezza di 120 km, e costante anche il gradiente di temperatura tra 120 e 150 km. Un’altra importante assunzione è quella di avere un equilibrio idrostatico in un’atmosfera che è soggetta a grandi variazioni di temperatura dal giorno alla notte.

Nonostante tali limiti, questo modello di Jacchia (spesso indicato con l’abbreviazione J65) verrà largamente usato per la predizione di orbite per diversi anni, venendo anche incorporato nel U.S. Standard Atmosphere

Supplements (1966). Infatti, a differenza di altri modelli contemporanei, è

il miglior modello matematico non statico, che tiene cioè conto di tutte le componenti conosciute della radiazione solare che interagiscono con l’atmosfera. In Fig. 30 si trova per esempio il confronto tra il modello di Jacchia (con tre curve diverse a seconda del grado di attività solare), l’ARDC 1959 (un modello statico basato su osservazioni dei primi satelliti in orbita) e lo U.S. Standard Atmosphere del 1962 (che rappresenta un’atmosfera idealizzata, ossia mediata in latitudine, in tempo e nell’intervallo di attività solare tra il suo minimo e il suo massimo)2.

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Figura 29 – Densità atmosferiche (in g/cm³) in funzione dell’altitudine (in km) di tre diversi modelli. Per quello di Jacchia sono presenti tre curve, con variazioni sulla base del grado di attività del Sole. (Da: Chobotov, 1991.)

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Figura 30 – Foto del 15 febbraio 1967, Luigi Jacchia. (Da: American Institute of Physics, Emilio Segrè Visual Archives, www.photos.aip.org)

Grazie alle sue innovazioni nel considerare i diversi tipi di perturbazioni dovute alla radiazione solare, il J65 viene usato dal COSPAR come propria International Reference Atmosphere qualche anno dopo3.

Il modello J65 viene migliorato dallo stesso Jacchia e pubblicato nel 1970 con il nome di New Static Models of the Thermosphere and Exosphere with

Empirical Temperature Profiles (abbreviato J70)4. Il perfezionamento del

modello sta nel prendere le condizioni al contorno costanti non all’altezza di 120 km, che rendevano il J65 meno affidabile al di sotto dei 200 km, ma a 90 km, limite più vicino a quello della mesopausa. In questo modo la nuova temperatura costante diventa 𝑇90 = 183 𝐾 e vengono ricalcolate

3 Fred Whipple, Semiannual Progress Report No. 20, “Smithsonian Institution Astrophysical Observatory”, 1969.

4 Luigi Jacchia, New Static Models of the Thermosphere and Exosphere with Empirical Temperature Profiles, “SAO Special Report #313”, Maggio 1970.

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anche le densità parziali delle molecole che compongono il gas atmosferico alla nuova quota di contorno.

Il nuovo modello, per il calcolo della densità, divide la parte alta dell’atmosfera in tre bande: 90-100 km, 100-125 km e sopra i 125 km. Le condizioni finali di ogni banda corrispondono a quelle iniziali per la parte successiva. Pertanto, per determinare la densità di una banda, è necessario calcolare prima quella degli strati sottostanti e per ognuno di essi si deve integrare l’equazione di diffusione.

Le restanti considerazioni e i calcoli non differiscono dal modello di cinque anni prima, se non per l’aggiunta di tre ulteriori tipi di perturbazioni dell’atmosfera scoperte negli anni precedenti:

- variazioni stagionali e latitudinali della bassa termosfera; - variazioni stagionali e latitudinali dell’elio;

- fluttuazioni rapide di densità (punto non esplicitato dall’autore). L’ampiezza della variazione stagionale e latitudinale di densità nella bassa termosfera aumenta molto nella fascia 90-120 km e diventa trascurabile sopra i 200 km, ma rappresenta un problema in quanto il modello J70 assume che la temperatura e la densità siano costanti a 90 km, indipendentemente dalla latitudine. Tuttavia, bisogna tenere questa condizione al contorno per non rendere il programma ingestibile.

Calcolare questa variazione è relativamente semplice per la densità, ma molto impegnativo per la temperatura. Jacchia decide quindi di ignorare questa variazione in temperatura e determinare invece solo quella in densità, tramite la formula seguente:

𝛥 log 𝜌 = 0,02 (𝑧 − 90)

𝜑

|𝜑|𝑒

[−0,045 (𝑧−90))]

𝑠𝑖𝑛

2

𝜑 sin360°

𝑌

(𝑑 + 100),

dove φ è la latitudine, z l’altezza in km, Y la durata di un anno tropicale in giorni (365 o 366) e d il numero di giorni passato dal 1° gennaio.

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Riguardo alla variazione stagionale e longitudinale dell’elio, si misura una forte concentrazione di He sopra il polo invernale terrestre, con un massimo che si verifica subito dopo il solstizio d’inverno. Sebbene questa perturbazione sia ancora sotto investigazione da parte di Jacchia, egli fornisce comunque un modo per determinare la densità di elio:

𝑛(𝐻𝑒) 𝑛0(𝐻𝑒) = 𝐴 + (𝐵 + 𝐴) [( 𝜀 − 𝛿 2𝜀 ) 𝑝 𝑠𝑖𝑛𝑟(𝜋 4+ 𝜑 2) + ( 𝜀 − 𝛿 2𝜀 ) 𝑝 𝑠𝑖𝑛𝑟(𝜋 4− 𝜑 2)],

dove 𝑛0(𝐻𝑒) è la concentrazione di elio alla quota di 90 km, ε l’obliquità dell’eclittica e 𝛿∗ la declinazione del Sole al tempo t – Δt. Come valori per

i vari parametri presenti nell’equazione, Jacchia suggerisce di usare: A = 0,5; B = 2,3; p = 2,5; r = 4; Δt = 8 giorni.

Egli fa anche notare come i metodi statici non riescano a descrivere allo stesso modo tutti i tipi di variazioni. Possono essere abbastanza adeguati quando il tempo caratteristico delle variazioni risulta essere molto più lungo di quello riguardante processi di conduzione, convezione e diffusione nell’atmosfera. In caso contrario, variazioni a corto periodo (diurne e geomagnetiche) durano meno dei processi fisici sopra citati e i metodi statici producono risultati inadeguati.

Infine, i risultati del modello vengono confrontati con le densità atmosferiche ricavate tramite l’equazione del drag satellitare. In particolare si vuole che i residui (cioè le differenze tra i dati del modello e quelli osservativi) siano nulli o che abbiano comunque valori molto piccoli. In Fig. 32 vengono mostrati i residui delle densità logaritmiche mediati ogni dieci giorni per cinque diversi satelliti, tra il 1958 e il 1969.

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Figura 31 – Medie ogni dieci giorni delle densità logaritmiche dei residui del modello per cinque differenti satelliti con altezze tra 270 e 1130 km. Il M.J.D. in ascissa rappresenta il sistema Modified Julian Day per conteggiare i giorni. (Da: Jacchia, 1970).

L’ultima revisione del suo modello di atmosfera, che gli porterà più di 100 citazioni, viene pubblicata da Jacchia nel 1977 (J77)5. È una versione

molto simile al J70, ma con una nuova condizione riguardante le concentrazioni relative di alcuni elementi come N2 e O a 450 km di altezza

e altre varie modifiche minori. Sono anche presenti numerosi grafici interessanti, come quelli che mostrano la differenza nella temperatura termosferica tra periodi di quiete e periodi caratterizzati da tempeste geomagnetiche (Fig. 33 e 34). Nel secondo caso (con un Kp molto elevato)

si può notare come tale temperatura raddoppi in corrispondenza dei poli.

5 Luigi Jacchia, Thermospheric Temperature, Density, and Composition: New Models, “SAO Special Report #375”, marzo 1977.

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Figura 32 – Distribuzione globale della temperatura esosferica in condizioni di quiete geomagnetica (cioè con Kp = 0). Sono presenti sia coordinate temporali (al tempo solare

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Figura 33 – Profili di temperatura esosferica al variare della latitudine e dell’indice geomagnetico planetario Kp. (Da: Jacchia, 1977)

Un ulteriore grafico degno di nota è quello che riporta l’andamento della densità totale dell’atmosfera in funzione della temperatura esosferica per varie altezze (Fig. 35).

Il modello di Jacchia (in particolare le versioni del ’70 e del ’77) verrà ripreso in futuro da altri autori e modificato con l’aggiunta di alcuni perfezionamenti. Per esempio, mentre Jacchia integra l’equazione di diffusione numericamente, Charles. E. Roberts Jr. nel 1971 assume un esponenziale come profilo della temperatura e questo gli permette di

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integrare l’equazione di diffusione analiticamente. Nasce così The Analytic

Jacchia-Roberts Model6.

Figura 34 – Densità totale in funzione della temperatura esosferica per varie altezze. (Da: Jacchia, 1977)

6 Charles. E. Roberts Jr., An Analytic Model for Upper Atmosphere Densities Based Upon Jacchia's 1970 Models, “Celestial Mechanics”, dicembre 1971.

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Tra tutti i nuovi modelli che riprenderanno il lavoro dell’astronomo italiano, risalta sicuramente il Jacchia-Bowman, di Bruce R. Bowman et al., pubblicato in una prima versione nel 2006 (JB2006) e migliorato successivamente nel 2008 (JB2008)7. Partendo dalla base delle equazioni

di diffusione usate da Jacchia negli anni ’60 e ’70, il modello viene affinato con lo sviluppo di nuove equazioni per la temperatura esosferica, in modo da descrivere meglio il riscaldamento di quello strato di atmosfera in seguito all’interazione con i fotoni UV provenienti dal Sole. Inoltre, esso riesce a ridurre la deviazione standard della densità atmosferica da oltre il 60% (J70) al 16% nel caso di tempeste geomagnetiche molto intense. Questo significativo miglioramento è mostrato in Fig. 36, dove si trova l’andamento della deviazione standard di alcuni modelli in funzione dell’indice geomagnetico planetario ap nei casi di tempeste limitate,

moderate e intense8. Il modello corrente è quello in rosso.

Figura 35 – Andamento della deviazione standard della densità atmosferica in funzione di ap per quattro diversi modelli. (Da: Bowman et al., 2008)

7 Bruce R. Bowman et al., A New Empirical Thermospheric Density Model JB2008 Using New Solar and Geomagnetic Indices, “Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics”, volume 70, pp. 774-793, marzo 2008.

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Per ultimo, si vuole sfruttare un programma in Fortran 90, scritto da David L. Huestis del Molecular Physics Laboratory della RSI International nel 1999, per la determinazione, data una temperatura esosferica a scelta dell’utente, di un profilo di temperatura e densità di un modello atmosferico che ingloba quello di Jacchia del ’77. Esso viene utilizzato per descrivere tali profili per un’altitudine superiore a 90 km, mentre per altezze inferiori il programma fa uso della U. S. Standard Atmosphere del 1976.

Scelta una temperatura termosferica asintotica di 1000 K (uguale al valore selezionato da Jacchia in alcuni dei suoi modelli) il programma fornisce una serie di risultati che mostrano per ogni altitudine z la temperatura in Kelvin (in Fig. 37) e il logaritmo delle densità numeriche (in Fig. 38) in cm-3 di:

- N2, in rosso; - O2, in arancione; - O, in giallo; - Ar, in verde; - He, in blu; - H, in rosa;

- la somma di tutte le componenti precedenti, in nero; - il peso molecolare (in grammi), in viola.

Riguardo alla Fig. 37, si è deciso di passare alla scala logaritmica sulle altitudini per poter meglio apprezzare il profilo di temperatura a bassa quota. Il picco che si trova intorno ai 50 km è quello della stratopausa, in corrispondenza del buco nell’ozono, dove l’ossigeno assorbe i fotoni solari UV, riscaldando l’ambiente circostante. Procedendo verso l’alto, dopo il minimo nella mesopausa, la temperatura torna a salire fino a tendere asintoticamente ai 1000 K.

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Figura 36 – Profilo di temperatura (in K) dal livello del mare ad un’altezza di 2500 km (in logaritmo nel grafico, per poter meglio apprezzare l’andamento alle basse altitudini).

Guardando la Fig. 38, invece, ci accorgiamo come due componenti (O e

H), abbiano una densità praticamente nulla sul livello del mare, mentre

le altre sono già tutti discendenti. Nel caso dell’ossigeno atomico, in particolare, viene già imposto dal programma come la sua densità debba essere zero al di sotto dei 150 km d’altezza. L’andamento del peso molecolare è un po’ irregolare e decresce con la quota. Ciò è correlato con il fatto che la temperatura cresce: più si sale, più le molecole saranno esposte alla radiazione solare e avranno una maggiore probabilità di essere foto-dissociate, passando allo stato atomico.

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Figura 37 – Profili logaritmici di densità di alcune specie atomiche e molecolari (N2, in rosso; O2, in arancione; O, in giallo; Ar, in verde; He, in blu; H, in rosa; somma di tutte le componenti precedenti, in nero) e del peso molecolare in grammi (in vola) in funzione dell’altitudine.

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