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MODELLI DI SVILUPPO DELL’INDUSTRIAL HERITAGE

6.1. Il modello di Xie Feifan Philip.

Tab. 2. Modello del ciclo di vita dello sviluppo dell’industrial heritage a cura di Xie Feifan Philip. Tratto da Xie Feifan, Philip. 2015. “A life cycle model of industrial heritage development”. Annals of Tourism Research 55, no. 10, 142.

Nel suo modello, il turismo industriale è un punto molto importante. Con lo sviluppo di queste aree spaziali, si ha avuto un grande sviluppo del cosiddetto turismo industriale,

Riterritorializzazione

(creative industry)

Territorializzazione

(territori industriali

abbandonati)

Deterritorializzazione

(turismo e

rigenerazione)

che vede in queste strutture una testimonianza importante del passato. Questi spazi rappresentano per il turista, luoghi di memoria affettiva e collettiva della società e del paese, nonché simboli di forte gusto underground. La crescita del turismo industriale ha fatto si che il fenomeno dell’industrial heritage crescesse di importanza. Il turismo industriale è largamente caratterizzato da uno spirito di nostalgia che pervade questi luoghi, e interpretano lo spazio urbano come un luogo di consumo, di svago, dove passare del tempo libero. Queste caratteristiche estetiche e di marketing si vanno a contrapporre alla vera funzione dei siti industriali. Si pongono quindi diverse questioni a riguardo e attraverso questo modello, l’autore vuole fornire uno strumento di lettura concreto. Il modello si suddivide secondo tre stadi:

• “Territorialization” (Xie 2015, 144): è il processo di conversione di un vecchio luogo abbandonato, in un luogo di preservazione e conservazione ad uso produttivo. Un territorio è uno spazio che nasce dall’agglomerazione di una serie di attività sociali, il quale può essere pianificato al fine di influenzare il pubblico in diversi modi. L’identità di quel territorio viene identificata dal pubblico con un nuovo significato durante il momento di trasformazione dell’edificio o dell’ area. Quindi è chiaro che quel luogo sarà identificato con una serie di emozioni, sentimenti, segni e simboli che ne ridefiniscono una nuova identità. Questi ex edifici industriali sono quindi pronti a cambiare la loro conformazione, da terreno sprecato e vuoto ad una nuova morfologia. È uno spazio che nasce con una nuova identità, che però non si dissocia completamente dalla precedente. La territorializzazione ha anche l’obiettivo di mettere in luce la diversità insita e ereditata dallo spazio. Si parla a proposito di “industrial sublime”(Xie 2015, 144), ossia di un senso di nostalgia verso il luogo, la volontà di conservare il tutto come era un tempo.

• “Deterritorialization” (Ibidem.): si tratta della fase in cui qualsiasi relazione esistente precedentemente in quel luogo viene decontestualizzata, al fine di ridefinirne l’identità. Si tratta di una identità completamente nuova rispetto la precedente, ma che non se ne distacca radicalmente. La deterritorializzazione può essere sviluppata su quattro stadi: 1) il luogo, prima che diventi di consumo di un pubblico più ampio, è ben identificato territorialmente e possiede una sua identità; 2) Delineazione di nuovi significati e rappresentazioni di quel luogo; 3) Necessità di incrementarne il turismo e migliorare le infrastrutture, al fine di far

conoscere il progetto ad un pubblico più ampio possibile; 4) Finalmente all’ultimo stadio, la struttura ha acquisito una identità completa fatta di legami sociali e basi materiali. Questi fattori vengono continuamente rinnovati al fine di attrarre maggior turismo e opportunità di business. Quindi la deterritorializzazione consiste nella distruzione della vecchia e ormai passata identità del luogo e l’identificazione di nuovi valori che possano decretarne una nuova identità finale.

• “Reterritorialization”(Xie 2015, 145): si tratta della realizzazione finale della progettualità, quella in cui finalmente si vede completata la creative industry, che deve essere fatta secondo una pratica sostenibile attraverso l’uso di un riuso positivo, al fine di rispettare e preservare l’edificio. Oltre ad un bilanciamento tra uso adattivo e preservazione del luogo, è necessario la valorizzazione di questi spazi obsoleti, al fine di preservarne in toto la sua storia e il patrimonio. Si tratta spesso di luoghi curati nei minimi dettagli, al fine di creare un ambiente creativo ed elettrizzante per chi lo frequenta.

6.2. Modello di David Throsby.

Tab. 3: Modello dei cerchi concentrici di Throsby. Tratto da Throsby, David. 2008. “ The concentric circles model of the cultural industries”. Cultural Trends 17, no. 3, 150.

La premessa a questo tipo di modello è che i prodotti culturali sono caratterizzati da due valori: quello culturale e quello economico. Il valore che essi producono è la vera caratteristica innovativa. I prodotti culturali non hanno tutti lo stesso contenuto culturale rispetto al loro valore commerciale: il modello suggerisce che più il content culturale è presente, più sarà da considerarsi caratteristico e appartenente strettamente al campo delle cultural industries. Nel modello quindi lo troveremo posizionato più vicino al nucleo centrale. Quindi al centro troveremo tutti quei cultural content che in proporzione con il loro valore commerciale, sono considerati come il più alto livello e quelli da considerarsi strettamente dei veri prodotti culturali. Man mano che ci si allontana dal nucleo centrale, il contenuto culturale va sempre più sfumando affermandosi fermamente il valore commerciale del prodotto. Il modello si sviluppa in tale maniera: al centro troviamo le categorie della letteratura, musica, arti performative e arti visive. Un cerchio oltre al nucleo centrale troviamo il secondo cerchio che comprende i film, i musei/gallerie/ librerie e la fotografia. Nel terzo cerchio troviamo

quelle attività che si staccano notevolmente con le attività del nucleo centrale e sono i media pubblicitari e di stampa, radio e televisione e infine video e videogiochi. All’ultimo cerchio, il più lontano dal nucleo e dalle sue attività, sono l’architettura, il design, il fashion e l’advertising. Nonostante, si tratti di cerchi di azione ben distinti, lo scambio di conoscenze e informazioni è comunque presente, dato dal fatto che chi crea idee, lavora su diversi settori disciplinari.

7. LA TEORIA SULLA CLASSE CREATIVA DI RICHARD FLORIDA

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