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LA MODELLISTICA MATEMATICA NELLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO E LA GESTIONE DELLE ACQUE

3.2.1 Modelli fisicamente basati e modelli astratt

Secondo la classificazione di Chow (1972), i modelli idrologici possono essere distinti in : − modelli fisici, poco importanti ai fini della modellazione dell’inquinamento diffuso, sebbene essi siano largamente usati per studiare processi individuali come l’infiltrazione, il deflusso superficiale, l’assorbimento e il rilascio;

− modelli astratti, che cercano di rappresentare la realtà in forma matematica. Questi modelli riproducono le caratteristiche del sistema con adeguate relazioni matematiche. Sono i modelli per lo studio dell’inquinamento diffuso e possono essere, in generale, divisi nei seguenti gruppi base: semplici modelli statistici, modelli idrologici di tipo

deterministico, modelli di tipo stocastico.

Un modello deterministico ignora l’input delle perturbazioni e variazioni casuali (random)

o accidentali dei parametri del sistema e delle variabili di stato. Tali modelli per un dato set di input forniscono solo un set di output, mentre l’output dei modelli stocastici è spesso espresso in termini di significato e variazioni probabilistiche.

largamente usati sono i modelli a parametri costanti (lumped-parameter models), mentre alcuni modelli deterministici più complessi sono basati sul concetto di parametri distribuiti (distributed-parameters).

I modelli a parametri lumped possono essere sia stocastici sia deterministici, essi

considerano il bacino o una significativa porzione di esso come un’unità. Le diverse caratteristiche del bacino sono spesso raggruppate insieme per mezzo di equazioni empiriche; la forma finale e la dimensione dei parametri sono semplificate per rappresentare l’unità modellata come un sistema uniforme. I coefficienti ed i parametri del sistema, per ogni unità omogenea, sono spesso determinati attraverso la taratura e il confronto della risposta del modello con dati di campo estensivi. Per tali modelli la relazione input-output può essere cosi rappresentata:

Y=ΦX

dove

X= vettore di input (singolo o multivariato) Y= vettore di output (singolo o multivariato)

Φ= funzione di passaggio (semplice o complessa).

Per la trasformazione dei dati di input in output, tale funzione richiede complesse operazioni matematiche che rendono complessa anche la sua implementazione.

I modelli a parametri distribuiti implicano la divisione del bacino in piccole unità

omogenee (elementi areali) con caratteristiche uniformi (suolo, colture, pendenza, accessibilità, etc.). Ciascuna unità areale è descritta individualmente con una serie di equazioni differenziali di bilancio di massa. L’input di ciascun elemento areale consiste di

inputs distribuiti, quali precipitazioni piovose, deposizioni atmosferiche, ed output

provenienti dalle celle elementari adiacenti. Le equazioni di bilancio di massa dell’intero sistema sono poi risolte simultaneamente su un piccolo intervallo di tempo ∆t.

Teoricamente, i modelli a parametri costanti (lumped) possono fornire un solo output, mentre i modelli a parametri distribuiti forniscono output diversi per ogni sottounità elementare.

I modelli a parametri distribuiti sono caratterizzati dalla necessità di immagazzinare una grande mole di dati e di eseguire lunghe elaborazioni al calcolatore, oltre che di fornire descrizioni particolareggiate dei parametri del sistema per ciascun elemento.

somma degli output individuali di ogni unità areale.

Le interazioni tra le proprietà idrologiche del suolo, la distribuzione spaziale e temporale della pioggia, il carico di nutrienti, e il riferimento spaziale si possono esprimere proprio grazie all’uso dei modelli di tipo distribuito insieme ai GIS, in una maniera che non è possibile sviluppare attraverso l’utilizzo di modelli a parametri costanti (lumped-parameter

models).

L’uso del GIS consente di descrivere meglio il sistema oggetto della modellazione e di migliorare la stima dei parametri specifici del sito d’interesse. Inoltre, con esso è possibile visualizzare interattivamente i risultati delle modellazioni dell’inquinamento da fonti diffuse e mostrare la localizzazione delle fonti e l’ampiezza dei contributi dei diversi inquinanti alla qualità totale del deflusso.

Un problema per la modellazione distribuita è la scelta dei criteri per la discretizzazione del bacino in elementi della griglia. La maggiore difficoltà nella suddivisione del bacino in aree o celle aventi risposta uniforme è proprio la definizione di cosa si debba intendere per area idrologicamente omogenea.

Una delle principali caratteristiche delle fonti diffuse di inquinamento (NPSP, Non-point

Source Pollution) è la loro variabilità spaziale e la relazione con l’uso del suolo. Pertanto,

il fattore comune per raggruppare e selezionare la grandezza delle celle è proprio il tipo di copertura del suolo. Se però il bacino è di grandi dimensioni, per mantenere un numero limitato di elementi della griglia, l’assunzione di uniformità non è pienamente rispettata. Il più comune approccio ai modelli idrologici è quello di ottenere una risposta per ciascun elemento della griglia (Hydrologic Response from the Unit, HRU), pesando i valori dei parametri relativi all’uso del suolo. Nel fare ciò, la tendenza ad incrementare la grandezza delle celle della griglia per mantenere un numero limitato di elementi è compromessa dalla richiesta di omogeneità, che ridurrà la grandezza delle celle da modellare.

Recentemente è stato sviluppato un nuovo approccio distribuito, basato sul concetto della risposta unitaria raggruppata (Group Response Unit, GRU ) che calcola la risposta per ciascuna classe di copertura del suolo nell’elemento e rende attuabile l’ampliamento della grandezza delle celle. Tale metodo è descritto da Kouwen (1988) ed incluso nel modello idrologico WATFLOOD (N. Kouwen,1999). Con tale approccio si ottiene un metodo semplificato per specificare i parametri in ciascuna cella della griglia e migliorare la modellazione dei NPSP.

Alcuni modelli idrologici consentono la suddivisione del bacino in porzioni di suolo omogeneo di numero minore rispetto ai modelli distribuiti. Ciascuno di questi elementi

omogenei può essere individuato essenzialmente da sottobacini a parametri costanti. L’output, in questo caso, viene definito attraverso la somma degli output di tutti i sottobacini, e non attraverso la risoluzione simultanea del bilancio di massa di un gran numero di elementi areali.

Per quanto concerne le dimensioni, i modelli di bacino possono variare da piccole porzioni uniformi di meno di 1 ettaro, fino a interi bacini di diverse centinaia di km2. L’Agenzia di Protezione Ambientale degli Stati Uniti ha operato una suddivisione dei modelli di carico nelle seguenti tre categorie: − modelli a scala di bacino (> 500 km2);

− modelli di tipo areawide (da 500 a 500 km2); − modelli di campo (< 55 km2).