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Modelli non standard

Nel documento Un nuovo modo di contare l'infinito (pagine 52-55)

Il risultato da cui trae spunto il resto di questa sezione è l'esistenza di una corrispondenza biunivoca tra ideali convessi propri di ZN e ltri su N.

Dato un ltro F, sia

IF = {s ∈ ZN| ∃A ∈ F | (s(n) = 0 ⇔ n ∈ A)}

Dato un ideale I proprio convesso di ZN, deniamo

FI = {A ⊆ N | ∃s ∈ I(s(n) = 0 ⇔ n ∈ A)}

Proposizione 3.3.1.

Per ogni ltro F, IF è un ideale proprio convesso di ZN; viceversa, per ogni I

ideale proprio convesso di ZN, F

Iè un ltro su N. Inoltre, queste associazioni

mappano ideali primi in ultraltri e viceversa.

Dim: Sia I un ideale convesso. Dimostriamo che FI è un ltro su N. Il

vuoto non vi appartiene: supponiamo sia data s ∈ I, con s(n) 6= 0 ∀n ∈ N. Possiamo supporre, senza perdita di generalità, che s(n) > 0 ∀n ∈ N. Però questa condizione, unita alla convessità, ci assicura che la successione costan- te 1 debba stare in I, il che è assurdo perchè I è un ideale proprio; N ∈ F perchè è il luogo degli zeri della successione che vale costantemente 0. FI è chiuso per soprainsieme: sia A ∈ FI, e A ⊂ B. Sia sA una successione

in I avente A come luogo di zeri. Deniamo s0 come s0(n) = 0 se n ∈ B \ A;

s0(n) = 1 altrimenti. sA· s0 sta in I per proprietà di ideale, e il suo luogo

degli zeri è esattamente B, quindi B ∈ FI.

FI è chiuso per intersezioni: siano A, B ∈ FI, sA, sB ∈ I come sopra. Pos-

siamo supporre che sA ed sB siano successioni a valori non negativi, a meno

di moltiplicarle per un qualche elemento di ZN. I ideale, quindi s

A+ sB ∈ I,

e l'insieme di zeri di sA+ sB è esattamente A ∩ B.

Sia ora I primo. Siano dati A, B con A ∪ B ∈ FI. La successione sA∪B si

può scrivere come prodotto di sA ed sB: sA(n) = 0 ⇔ n ∈ A, sA(n) = 1

altrimenti; sB(n) = 0 ⇔ n ∈ B, sB(n) = 1 se n ∈ A \ B, sB(n) = sA∪B(n)

altrimenti. Vale che sA∪B = sA · sB, perciò deve essere sA ∈ I o sB ∈ I,

quindi almeno uno tra A e B sta in F, cioè F è un ultraltro.

Sia ora F un ltro. Dimostriamo che IF è un ideale proprio di ZN: è proprio

sta in F; siano sA, sB in IF, con A, B insiemi di zeri. Allora sA+ sB ha

come insieme di zeri un soprainsieme di A ∩ B, e quindi sta in I. Data poi s qualsiasi, il luogo di zeri di s · sA include A, quindi nuovamente s · sA∈ I.

Inne, se sA sta in F anche −sA deve starci perchè hanno lo stesso insieme

di zeri. E' convesso perchè, se sA≥ 0è un suo elemento (e supporremo senza

perdita di generalità che sA(n) ≥ 0 ∀n ∈ N), ogni s tale che 0 ≤ s ≤ sA ha

come insieme degli zeri un soprainsieme di A, e quindi sta in IF.

Sia ora F un ultraltro. Se sA· sB sta in I, e come al solito A e B sono i

rispettivi insiemi di zeri, si ha che {n ∈ N | sA(n) · sB(n) = 0} = A ∪ B ∈ F.

Per proprietà di ultraltro quindi almeno uno tra A e B sta in F, cioè almeno una tra sA e sB sta in I, quindi I è primo.

Data s ∈ ZN, denotiamo Z

s= {n ∈ N | s(n) = 0}.

Proposizione 3.3.2.

Sia I un ideale primo, proprio e convesso di ZN. Sia s ∈ I, e sia t ∈ ZN.

Allora Zs = Zt⇒ t ∈ I.

Dim: Come già osservato, si può supporre senza perdita di generalità che 0 ≤ s. Si può pure supporre 0 ≤ t. Infatti, sia A = {n ∈ N | t(n) < 0}. Sia γ la successione che vale 1 su Ac, -1 su A. γ · t ≥ 0. Se γ · t ∈ I, t ∈ I, perchè γ

non può starci (come visto nel corso della dimostrazione della proposizione precedente), ma I è primo, quindi almeno t deve essere un suo elemento. Sia quindi 0 ≤ t, 0 ≤ s. Siano A = {n ∈ N | t(n) ≤ s(n)}, B = {n ∈ N | s(n) < t(n)}. Deniamo α così: se n ∈ A, α(n) = 1; se n ∈ B, α(n) =min{k ∈ N | k · s(n) > t(n)} (la denizione è ben posta per archimedeicità di N). Per proprietà di ideale, s · α ∈ I. Per costruzione però 0 ≤ t ≤ s · α, da cui per convessità concludiamo t ∈ I.

Si è così dimostrata l'aermazione lasciata in sospeso nel corso della dimostra- zione del teorema 3.2.4. Inoltre, questa proposizione consente di dimostrare che F = FIF e I = IFI.

I prossimi risultati ci permetteranno di riesprimere il risultato del teorema 3.2.4 in termini di iperestensioni dei naturali. Il lemma fondamentale è il seguente:

Lemma 3.3.3.

Dim: L'idea è che l'isomorsmo non debba essere altro che l'applicazione ϕ tale che, se π1 denota la proiezione di ZN su ZN/I, π2 quella su ZNU, valga

π2 = ϕ ◦ π1. ZNU ZN ZN/I π2 φ π1 Q Q Q Q Q s ? -

Sia data quindi [f]I ∈ ZN/I. Deniamo ϕ([f]I) = [f ]U. La denizio-

ne è ben posta: siano f, g nella stessa classe di equivalenza rispetto ad I. Allora f − g ∈ I, quindi {n ∈ N | (f − g)(n) = 0} ∈ U, che non è altro che la denizione di U-equivalenza. ϕ rispetta sia la somma che il prodotto, essendo queste denite per classi di equivalenza. ϕ è iniettiva: sia f con ϕ([f ]I) = [0]U. Allora l'insieme degli 0 di f sta in U, perciò f sta in I (per

come è denita la corrispondenza tra ideali ed ultraltri), quindi [f]I = [0]I

e ci siamo. La surgettività è evidente, e questo dimostra il teorema. L'inversa di ϕ altro non è che l'applicazione τ([f]U) = [f ]I.

Nel teorema 3.2.3, era stata isolata la proprietà (eu) per l'ideale I. Avendo come obiettivo la riespressione del risultato di quel teorema in termini di iperestensioni dei naturali, dobbiamo per prima cosa tradurre (eu) in una condizione di ultraltro.

Proposizione 3.3.4.

La condizione (eu) per ideali è equivalente alla seguente condizione per gli ultraltri:

(eu)∀f ∈ NN∩ A

h∃U0 ∈ U | ∀m, n ∈ U0 n ≤ m ⇒ f (n) ≤ f (m)

Dim: Supponiamo valga (eu) per gli ideali. Data f come nelle ipotesi, (eu) ci permette di scrivere f = c+p, con c ∈ Ch, p ∈p. Allora f−c ≡ 0modp,

cioè f ≡ c modU, da cui la tesi (perchè per c la tesi è vera per appartenenza a Ch).

Il viceversa procede esattamente allo stesso modo: se vale (eu) per l'ultral- tro, vuol dire che per ogni f ∈ Ah∩ NN ∃g ∈ Ch con f ≡ g modU, cioè f ≡ g

modI, quindi f ∈ Ch+p.

La condizione di ultraltro della proposizione ricorda da vicino una della con- dizioni equivalenti della selettività. Però (eu) è più debole: infatti, si richiede la U-equivalenza con funzioni non decrescenti non per qualsiasi successione di NN, ma solo per quelle successioni che siano polinomialmente limitate da h, e non ogni funzione di NN è polinomialmente limitabile da un'altra assegnata:

Denizione 3.3.5. Sia ssata una successione g ∈ NN. Diremo che un

ultraltro U è g-monotono se, ∀f ∈ NN, f ≤ g ⇒ ∃s non decrescente U-

equivalente ad f. Si dirà poi che l'ultraltro è g-euclideo se è gn-monotono

per ogni n ∈ N.

Ad esempio, ∀n ∈ N, un qualsiasi ultraltro è n-monotono. Osserviamo che ogni ultraltro selettivo è, in particolare, g-euclideo ∀g ∈ NN (e questa è

una condizione chiaramente equivalente alla selettività).

Adesso possiamo riesprimere il teorema 3.2.3 in termini di ipernaturali. La proprietà (eu) dell'ideale, assieme al lemma precedente, ci consente di aer- mare che debba esistere un unico ultraltro H-euclideo (con H l'altezza su L) U tale che num(X) = num(Y ) ⇔ [fX]U = [fY]U. Quindi vale il seguente:

Teorema 3.3.6.

Una funzione num : W → N è una funzione numerosità continua se e solo se esistono un ultraltro U H-euclideo su N e una iniezione isomorfa j di N in NN

U tali che, se F : W → NN indica la funzione che associa ad ogni

insieme la sua counting function, e π : NN → NN

U è la proiezione al quoziente, si abbia π ◦ F = j ◦ num. N NNU W NN num π F j - ? ? - .

U e j sono univocamente determinati dalle condizioni precedenti, l'immagine di j è il semianello convesso generato dalle classi di U-equivalenza di funzioni non decrescenti polinomialmente delimitate da h.

Nel documento Un nuovo modo di contare l'infinito (pagine 52-55)

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