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3.3 Modelli multibody tridimensionali

3.3.2 Modello del carro

Il modello del carrello Y25 è costituito da un corpo rigido per il telaio, 2 per le sale e 4 per le boccole, collegate agli assili per mezzo di revolute joint. Le molle ad elica delle primarie sono costituite da elementi di tipo suspension element che permettono di inse- rire un valore costante di rigidezza. A rigore avremmo dovuto utilizzare un elemento che permettesse l’inserimento di una rigidezza bilineare dato che le molle interne non lavo- rano per un certo range di deflessione attorno al carico di tara (paragrafo 3.1.1). Poiché le configurazioni di carico che abbiamo analizzate (50 t e 80 t) sono ben superiori alla tara, ci si aspetta che l’escursione della molla sia sempre tale da farla rimanere compressa.‡

Gli elementi visualizzati in colore scuro in fig. 3.12, posti verticalmente in corrispon- denza del centro delle boccole, sono gli elementi di tipo friction damper che modellano i

Lenoir link.

Come si può vedere dallo schema di fig. 3.13 con questi elementi si collegano i due corpi con due molle in parallelo delle quali una è posta in serie ad un elemento che si- mula lo strisciamento fra due corpi generando la forza tangenziale come prodotto di un coefficiente d’attrito per una forza normale; quest’ultima può essere impostata ad una costante oppure, come nel nostro caso, crescente in funzione dell’escursione.

Ci siamo ovviamente premurati di verificare l’escursione della molla in tutte le analisi svolte per

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Fig. 3.13: Principio di funzionamento di un friction damper.

Per la verità, il primo approccio che abbiamo seguito, peraltro già ampiamente de- scritto in letteratura[4], è stato quello di implementare in ADAMS una funzione analitica che riproducesse l’attrito sulle superfici della boccola, valutando il carico normale dalle escursioni delle molle.

L’utilizzo del friction damper si è dimostrato di più rapida attuazione perché imple- menta di per sé una legge d’attrito resa continua da opportune funzioni analitiche che garantiscono una maggiore stabilità del solutore; inoltre, per il suo stesso principio di fun- zionamento, impostando opportunamente la rigidezza k1, si può controllare la gradualità

con cui la forza d’attrito cambia verso al cambiare del segno della velocità.

Per quanto riguarda il collegamento fra cassa e carrello sia la ralla che i pattini sono stati modellati con elementi di tipo bushing, in quanto permettono di impostare caratte- ristiche di rigidezza secondo le esigenze. Per la ralla si è preferito utilizzare un bushing ad elevate rigidezze di traslazione (108N/m) piuttosto che uno spherical joint in quanto

garantisce un comportamento meno “brusco” in simulazione.

Per quanto riguarda le molle dei pattini, la loro legge di funzionamento verticale è pre- sentata in fig. 3.14. Si individuano tre spezzate per le quali si possono svolgere le seguenti considerazioni:

• in corrispondenza di escursione della molla nulla il carico su di essa è di 16 kN, pari al precarico;

• per compressioni fino a 12 mm la rigidezza è pari alla rigidezza della molla;

• quando il bushing si comprime oltre i 12 mm la rigidezza aumenta a valori molto elevati, simulando l’azione del tampone di fine corsa;

• se il bushing si distende fino a circa 3 cm, la rigidezza è ancora quella della molla; • se si distende ulteriormente, la rigidezza diviene nulla, il bushing smette di funzio-

nare. A questo punto la molla si è infatti distesa fino alla sua massima altezza e le due superfici dei pattini non sono più a contatto: la molla non esercita nessuna forza di richiamo.

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Fig. 3.14: Caratteristica di lavoro verticale dei bushing che modellano i pattini laterali.

Per quanto riguarda le azioni d’attrito sui pattini, ricordiamo che la loro funzione prin- cipale è quella di smorzare l’imbardata della cassa, per cui si rende molto più agevole ri- durre l’attrito nei pattini ad una coppia di imbardata sulla ralla piuttosto che implemen- tare una forza d’attrito agente sulle superfici dei pattini. Il momento d’attrito sull’asse z della ralla segue pertanto una legge che dipende dal carico istantaneo sui due bushing del tipo: Tz = −0,85µp ωz kωzk + ε € kFdx z k + kF sn z k Š (3.1) Il significato dei simboli è evidente; precisiamo che 0,85 m è la distanza dei pattini dal centro del carrello (si riveda la tab. 3.3 a pag. 50) mentreε = 10−4rad/s è stato inseri-

to nella funzione segno sgn(ωz) =

ωz kωzk

per renderla continua e impedire che si annulli il denominatore: valori inferiori a quello scelto, pur portando ad approssimare meglio la funzione matematica sgn(ωz), avrebbero comportato tempi di calcolo decisamente superiori.

Le azioni frenanti sono state inserite nel modello del carrello come coppie agenti sul baricentro dell’assile e dirette come il suo asse, ovviamente con verso opposto al moto: in questo modo si può sfruttare appieno il modello di aderenza implementato da VI-Rail nel contatto ruota-rotaia. L’unica componente del torque vector inserito su ogni assile ha la forma:

T = 0,25µ(F,V )pCF

Fmax

pCFmax

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dove con r = 0,46m (tab. 3.3) si è indicato il raggio nominale delle ruote, con µ(F,V ) il coefficiente d’attrito ceppo-ruota che segue la legge di Karwatzki (eq. (2.2) a pag. 42), con pCF la pressione nel cilindro freno come calcolate da AMESim e con Fmax/pCFmax il guadagno della timoneria calcolato dalle caratteristiche del freno come il rapporto fra lo sforzo frenante massimo complessivo§ e la pressione di saturazione del cilindro freno;

questo valore di sforzo complessivo va poi ripartito su tutti gli assili (da cui il fattore 0,25). La pCFè stata inserita nel modello come una general spline che estrapola per ogni step

di integrazione il valore di pressione agente sul cilindro freno del carro da una matrice salvata in file di testo: l’output di AMESimTM è stato infatti raccolto in più file di testo

(uno per ogni carro) in ciascuno dei quali è scritta una tabella che riporta su due colonne distinte il tempo di simulazione e il corrispondente valore di pressione al CF.

La modellazione della cassa è abbastanza semplice trattandosi di un unico corpo ri- gido di proprietà inerziali come derivanti dalle due configurazioni di carico analizzate (tab. 3.8).

Tab. 3.8: Proprietà inerziali impostate per il body della casse per le due configurazioni di carico analizzate.

Massa totale carro (t) Proprietà inerziale Valore

50 Massa della cassa 40,5 t

Momento Ix x 1,7· 104kg m2 Momento Iy y 4· 105kg m2 Momento Iz z 4· 105kg m2

80 Massa della cassa 70,5 t

Momento Ix x 2,1· 104kg m2 Momento Iy y 6,4· 105kg m2 Momento Ix x 6,4· 105kg m2

In realtà il modello della cassa non si riduce al solo body di cui sopra, ma, per lo studio della dinamica longitudinale e la composizione di più carri, assume molta importanza una corretta modellazione degli organi di trazione e repulsione montati sul veicolo. Nella fattispecie, sui carri Shimmns considerati per le analisi sono montati:

• Respingenti tipo 620 105 categoria A da 50 kJ; • Tenditore tipo U FS2.

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Fig. 3.15: Vista dell’accoppiamento fra due carri nel modello in VI-Rail.

Per poterne valutare la dinamica tridimensionale, il modello multibody dell’accop- piamento fra due carri è composto da quattro general part per i respingenti, alle quali sono state associate le geometrie (semisferiche) delle teste (fig. 3.15): ciascuna delle quat- tro parti è connessa alla rispettiva cassa per mezzo di giunti prismatici che modellano la guida in cui scorrono i corpi dei respingenti.

Fra le geometrie a contatto è stata inserita una funzione d’attrito di tipo IMPACT mes- sa a disposizione dal sofware: con questa funzione si modella il contatto fra corpi come un sistema meccanico che, valutato il valore di compenetrazione, risponde con una forza elastica e viscosa nel verso della compenetrazione; contemporaneamente fra le geome- trie dei corpi agisce una funzione d’attrito che tiene conto anche del coefficiente statico di primo distacco secondo lo schema di fig. 3.16. I valori impostati per questa funzione sono riassunti in tab. 3.9.

Le caratteristiche elastiche del gancio e dei respingenti sono modellate con cinque elementi spring alle quali sono associate caratteristiche di rigidezza e smorzamento svi- luppate appositamente. Innanzitutto è d’uopo chiarire che le caratteristiche elastiche fornite a documentazione tecnica degli organi montati sui carri Shimmns erano relative

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Fig. 3.16: Legge d’attrito per la funzione IMPACT di VI-Rail.

Tab. 3.9: Parametri impostati per la funzione IMPACT di VI-Rail.

Parametro Valore

Rigidezza 109N/m

Smorzamento 107N s/m

Compenetrazione massima 10−4m

Coeff. d’attrito staticoµs 0,25 Coeff. d’attrito dinamicoµd 0,2 Stiction transition velocity Vs 10−3m/s Friction transition velocity Vd 1,5· 10−3m/s

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solo a carico statico. D’altra parte, le normative internazionali impongono dei criteri per stabilire quale debba essere la risposta di questi elementi quando sono sottoposti a de- terminate prove sia statiche che dinamiche. Riprendendo le indicazioni delle norme in questione e partendo dalle caratteristiche statiche fornite, ci siamo così ricostruiti delle risposte dinamiche che fossero quantomeno attendibili. Vediamo adesso di chiarire le imposizioni delle norme che abbiamo seguito.

Per un respingente di corsa di tamponamento 105 mm, come quello montato sugli Shimmns, la norma [20] impone che in una prova statica siano soddisfatti i seguenti criteri:

• Sforzo prodotto:

– iniziale: compreso tra 10 e 50 kN;

– dopo una corsa di 25 mm: tra 30 e 130 kN; – dopo una corsa di 60 mm: tra 100 e 400 kN; – dopo una corsa di 100 mm: tra 350 e 1000 kN;

• Energia immagazzinata (We) per uno sforzo pari a 1000 kN: maggiore o uguale a 12,5 kJ;

• Energia dissipata (Wa) dopo un ciclo completo di compressione e rilascio, sia alme- no il 50% di quella immagazzinata nella corsa di compressione.

Durante la prova, la fase di decompressione deve seguire immediatamente la compressio- ne e in entrambe le fasi la velocità di deformazione deve mantenersi tra 0,01 e 0,05 m/s; a fine ciclo, le condizioni iniziali devono essere ristabilite. Per i requisiti dinamici, sono richieste una serie di prove di tamponamento a velocità (tra 7 e 10 km/h) e masse (tra 20 e 90 t) dei rotabili diverse: si dovranno rispettare, a seconda del caso, limiti di accelerazione o di massimo sforzo o di minima energia dissipata. In ogni caso, però, il respingente deve immagazzinare una quantità di energia di almeno, nel nostro caso, 50 kJ.

Sui ganci la UIC 520[19] impone soltanto criteri statici: • Valore finale dello sforzo dopo una corsa di 50 o 60 mm:

– valore minimo obbligatorio: 400 kN; – valore minimo raccomandato: 400 kN;

• Precompressione:

– valore minimo obbligatorio: 10 kN; – valore minimo raccomandato: 20 kN;

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• Energia immagazzinata:

– valore minimo obbligatorio: 8 kJ;

– valore minimo raccomandato (generico): 10 kJ;

– valore minimo raccomandato (treni molto pesanti): 20 kJ;

• percentuale di energia dissipata: 30%;

Una volta chiarite le procedure di prova previste per questi elementi, si sono sviluppati due modelli SimulinkTM con i quali si sono messe a punto le caratteristiche di lavoro di

gancio e respingente simulando prove sia statiche sia dinamiche.

Per le prime, il modello è costituito da un elemento di forza con caratteristiche sia elastiche che smorzanti: un’estremità viene tenuta fissa, l’altra viene fatta muovere con legge sinusoidale di pulsazione 1 rad/s e mantenendo la velocità di deformazione entro i limiti imposti dalla norma. A seconda del segno assunto nel ciclo dalla deformazio- ne, viene attivata la caratteristica o del respingente o del gancio. In realtà, la procedura di prova sperimentale può differire notevolmente da quella simulata in questa sede, ma mancando dati più precisi si ritiene ragionevole la scelta fatta.

Per le prove dinamiche il secondo modello sviluppato è costituito da due masse con- nesse con un elemento elastico con la caratteristica da definire per i respingenti, solo per i quali sono previsti criteri di risposta dinamica. L’urto è riprodotto impostando sempli- cemente una velocità uguale a zero per una massa e diversa da zero, con i valori suggeriti dalla norma, per l’altra. Seguendo l’evoluzione, si può tracciare un diagramma completo di compressione e rilascio anche in questo caso.

L’elemento di forza implementato nei modelli di prova si suppone abbia una risposta, sia per il gancio che per il respingente, del tipo:

F = k5x5+ k4x4+ k3x3+ k2x2+ k1x+ k0+ c1x+ c0 ˙x (3.3)

dove x e ˙x sono rispettivamente la deformazione e la velocità di deformazione.

Sostanzialmente è costituito da una molla la cui caratteristica approssima quella sta- tica fornita dalla documentazione tecnica relativa agli Shimmns (presenta una rigidezza crescente con la deformazione) posta in parallelo con uno smorzatore che ha, a seconda del caso, la sola componente viscosa ovvero anche un termine che dipende dalla defor- mazione: i due modelli con cui si sono fatte le prove normalizzate servono proprio a de- finire i coefficienti di questo smorzamento. I coefficienti della (3.3) per i due organi sono riportati in tab. 3.10 e le curve di lavoro che ne derivano in figg. 3.17 e 3.18.

Come si osserva dalla tab. 3.10, il coefficiente k0 è nullo per entrambi gli elementi,

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Tab. 3.10: Valori assunti dai coefficienti del polinomio(3.3)nel caso del gancio e del respingente.

Valore

Coefficiente Gancio Respingente

k5(N/mm5) 3,35· 10−4 9,1· 10−5 k4(N/mm4) −8,15 · 10−2 −1,9 · 10−2 k3(N/mm3) 6,98 2,44 k2(N/mm2) −214 −73 k1(N/mm) 2,93· 103 2,94· 103 k0(N) 0 0 c1(N s/m2) 9,24· 106 0 c0(N s/m) 0 2,07· 106

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Fig. 3.18: Caratteristica di lavoro impostata per il gancio di trazione.

dalla norma.¶ D’altra parte, l’inserimento di un offset nella funzione avrebbe comportato

una discontinuità ben problematica da gestire numericamente; soluzioni alternative so- no possibili (come per esempio impostare una caratteristica iniziale estremamente rigida fino al valore di precarico e da lì ripartire con la funzione scritta) ma di scarso interesse dato che il nostro obbiettivo è valutare gli sforzi in una manovra d’emergenza (e, quindi, per grosse deformazioni) e fino all’arresto completo (non pone grosso problema il fatto che qualche respingente possa rimanere compresso).

La differenza sostanziale fra le due curve ottenute (al di là ovviamente dei coefficienti

ki che approssimano semplicemente due caratteristiche di rigidezza differenti) sta nel- la forma che assume la parte viscosa. È evidente che, essendo nullo c1, il respingente si

comporta come un perfetto smorzatore viscoso: difatto, con le simulazioni svolte, abbia- mo individuato il valore c0di smorzamento viscoso equivalente che, in un ciclo completo,

dissipa la stessa energia che i molleggi in gomma dissipano in realtà per isteresi. Il gancio, invece, ha nullo proprio il coefficiente c0: fintanto che la sua deformazione è piccola, la

sua caratteristica si riduce a quella di una molla poco smorzata. Col crescere della de- formazione (e della rigidezza), però, cresce il contributo dello smorzamento: se così non fosse si rischierebbe di avere dei moti molto pochi smorzati in una configurazione in cui

In questo modo infatti ci si assicura che l’organo possa ritornare nella configurazione iniziale e non

rimanere bloccato (a causa dell’attrito e dell’isteresi) in una configurazione intermedia, con rischio di successivi “strappi”.

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le forza scambiate sono elevate.

Ci restano da fare ancora alcune considerazioni sulle caratteristiche mostrate. Innan- zitutto, abbiamo deciso di modellare il gancio con una semplice spring: in questo modo, viene meno la cinematica effettiva del dispositivo che differisce dalla semplice traslazio- ne longitudinale per la possibilità che ha il gancio di fare anche alcune rotazioni rispet- to all’asse verticale (§1.3.1). D’altra parte, la ricostruzione del moto effettivo del gancio avrebbe comportato, in maniera simile a quanto fatto per i respingenti, l’introduzione nel modello di ulteriori general part e joint opportuni, con una considerevole complicazione del modello (vista la numerosità di carri che devono poi essere composti).

Per la struttura stessa dei modelli che abbiamo utilizzato per definire lo smorzamento (costituiti semplicemente da due masse connesse con l’elemento elastico), le caratteri- stiche di figg. 3.17 e 3.18 sono quelle che esprimono la risposta dell’intero accoppiamen- to, ossia rispettivamente del parallelo fra due coppie di respingenti in serie ovvero del- la serie dei due ganci. Quindi, quelle che abbiamo presentato sono le risposte “globali” dell’accoppiamento: le ragioni di questa configurazione appariranno più chiare quando parleremo del modello SimulinkTM per le prove in rettilineo (paragrafo 3.4). Operativa-

mente, la spring che modella la parte elastica dei singoli componenti ha la caratteristica statica fornita con la documentazione tecnica, mentre lo smorzamento viene inserito con una function scritta appositamente: questa implementa la parte di smorzamento viscoso dell’eq.(3.3) ma con un miglioramento aggiuntivo.

Se riprendiamo infatti la fig. 3.17 osserviamo che in corrispondenza della corsa di ri- torno vi è una saturazione a 0 della forza che in realtà non si avrebbe se usassimo la forza di smorzamento così come l’abbiamo caratterizzata: dal confronto fra la curva di forza elastica (verde) e quella viscosa (rossa), quest’ultima sarebbe abbastanza elevata da por- tare la risposta globale nel quadrante inferiore. Fisicamente, sarebbe come se il respin- gente smettesse di lavorare per compressione e andasse a sviluppare una forza di trazione durante la fase finale di corsa di ritorno: la presenza del precarico interno del molleggio esclude questa eventualità, sia per organi di repulsione che di trazione; da ciò deriva la necessità di un qualche sistema di saturazione che permetta di ottenere la risposta di figura.

Per ottenere questo risultato la funzione che abbiamo scritto per lo smorzamento non calcola semplicemente il valore di forza viscosa che si avrebbe per il dato istante di simu- lazione applicando direttamente il coefficiente calcolato, ma lo confronta con il valore che porterebbe la risposta complessiva a zero; dei due valori restituisce come valore di forza viscosa effettiva il massimo (o minimo, a seconda del segno).

A questo punto, occorre fare in modo che i respingenti non lavorino contemporanea- mente ai ganci; per ottenere questo risultato, la funzione che calcola la forza viscosa è

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stata inserita all’interno di una STEP function del tipo:

STEP(DEF) =      0 se DEF< DEF0,

a DEF3+bDEF2+ cDEF se DEF

0≤ DEF ≤ DEF1,

VISC() se DEF> DEF1,

(3.4)

Nella (3.4) si è indicato con DEF la misura di deformazione dell’elemento (spring del gancio o di un respingente, ha segno opposto nei due casi), con DEF0 il suo valore no-

minale, con VISC() la funzione menzionata che restituisce il valore di forza viscosa. Per ottimizzare il funzionamento del modello dal punto di vista numerico, si è eliminata la di- scontinuità tipica della STEP raccordando i due stati d’uscita con una legge polinomiale della deformazione.

L’impostazione del modello multibody si conclude con la ricostruzione dei traccia- ti utilizzati per le simulazioni e nell’assemblaggio dell’opportuno numero di carri per le varie composizioni prese in esame.

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