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Il modello dualistico e la sua contestualizzazione nella realtà bancaria

3. Dalla funzione al Sistema: il controllo e l’organo a questo deputato tra

3.4. Il modello dualistico e la sua contestualizzazione nella realtà bancaria

Al di là di quanto finora affermato in merito agli altri modelli di governo

societario, è noto come il sistema di amministrazione e controllo dualistico (

179

) – che

per natura più di altri pone in essere un’«usurpazione della funzione gestoria» (

180

), per

di più implementabile dalla possibile attribuzione al consiglio di sorveglianza della

funzione di alta amministrazione, rectius

,

di supervisione strategica – costituisca il nodo

centrale di un agire, quello della Banca d’Italia, che come diffusamente esposto è

innanzitutto inteso a portare a termine una rigida separazione funzionale ed una chiara

ripartizione delle responsabilità tra i diversi attori della governance bancaria.

Per quanto attiene al merito della regolamentazione, è noto come lo sforzo operato

da Bankit – che nei modelli alternativi quasi viene a configurare un organo di controllo

«ad hoc», che si discosta in varia misura dal modello-base civilistico (

181

) – si evolva

(177) Terminologia utilizzata da CERA M., I controlli nelle società di capitali chiuse fra modelli

legali ed evoluzioni della realtà, in Giur. comm., 2006, p. 371, ma v. anche GHEZZI F., RIGOTTI M.,

Commento sub art. 2409-octiesdecies, in Sistemi alternativi di amministrazione e controllo, MARCHETTI

P.,BIANCHI L.A.,GHEZZI F.,NOTARI M., (diretto da), in Commentario alla riforma delle società, Milano,

2005, p. 52 e s.; RIOLFO G., Il sistema monistico nelle società di capitali e cooperative, in GALGANO F. (diretto da), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economica, 2010, p. 97.

(178) Quali sono i sindaci e i consiglieri di sorveglianza.

(179) Tema, questo, di rilevanza cruciale già a far data dalla riforma del 2003, ed oggi ancora al

centro delle riflessioni di studiosi e non solo, per l’appunto intenti a identificare un corretto equilibrio tra esigenze di Vigilanza ed autonomia statutaria degli operatori.

(180) Questa l’efficace espressione utilizzata da LOPREIATO S., (nt. 3), p. 494.

seguendo due linee guida precise e distinte, l’una volta ad implementare, sotto un punto

di vista operativo, una fisiologica ed efficace estrinsecazione della funzione di controllo,

l’altra invece intesa a disporre precise precauzioni nel caso in cui, come detto, questa

venga sovrapposta (e quindi, in parte, imbastardita da) a quella di supervisione

strategica in applicazione dell’art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f bis), cod. civ.

Con riferimento al primo profilo – che potremmo definire di controllo puro –

l’Autorità di Vigilanza da un lato tende quindi a garantire al consiglio di sorveglianza

un’adeguata stabilità e dall’altro concede a questo precisi poteri di intervento, così

attuando, anche in tal caso, una parziale sindacalizzazione della fattispecie, già nota al

modello monistico.

In particolar modo, a fronte di misure intese a richiedere alle banche di prevedere

statutariamente – a mo’ di integrazione della disciplina codicistica (

182

) – che «la revoca

dei componenti del consiglio di sorveglianza, ovvero dei soli componenti del comitato

di controllo interno ove costituito sia debitamente motivata», Banca d’Italia auspica

infatti che «i consiglieri di sorveglianza possano richiedere ai consiglieri di gestione

notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari», così ponendosi in

linea con la disciplina speciale dettata per le società quotate dall’art. 151 bis, t.u.f. (

183

)

ma in contrasto con quanto invece previsto per le società di diritto comune, laddove di

contro un tale potere sembrerebbe infatti esclusivamente essere ricondotto all’organo

nel suo intero, con possibili variazioni in punto responsabilità (

184

).

Tali previsioni certamente hanno l’effetto di rafforzare il peso dell’organo con

funzione di controllo del sistema dualistico, pur lasciando aperte talune questioni di

compatibilità tra disposizioni regolamentari e modello legale (

185

), nonché di

applicazione pratica del dettato regolamentare (

186

), di non secondaria importanza.

(182) Che, infatti, non attua un richiamo specifico all’art. 2400, comma 2, cod. civ., inteso a richiedere che la revoca dei sindaci avvenga solo per giusta causa.

(183) Che, come è noto, prevede che i componenti del consiglio di sorveglianza possano, anche

individualmente, chiedere notizie ai consiglieri di gestione, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate

(184) Nel senso che anche tali compiti aggiuntivi non potrebbero che ricadere nel regime di

responsabilità dettato per i consiglieri dall’art. 2409-terdecies, cod. civ.

(185) Vedi, infatti, le osservazioni di CALANDRA BUONAURA V., (nt. 6), Crisi, p. 679 e ss., che sottolinea come «il depotenziamento della funzione di controllo che deriva dalla mancanza, in chi la

esercita, della garanzia di stabilità di cui godono i sindaci nel sistema tradizionale ai sensi dell’art. 2400, comma 2°, c.c., rappresenti un connotato intrinseco ed inalienabile dei sistemi alternativi che

Per quanto attiene, invece, al secondo profilo – relativo alla commistione fra

supervisione strategica e controllo – è già stata evidenziata l’attenzione della Circolare

a che nelle banche che adottano un modello dualistico venga istituito un apposito

«comitato per il controllo interno» in seno al consiglio di sorveglianza che sia dotato,

altresì, del compito di alta amministrazione (o comunque caratterizzato da più di sei

consiglieri).

Tale disposizione riveste un’importanza fondamentale e, pur essendo già stata

diffusamente oggetto di taluni autorevoli apprezzamenti di stampo dottrinale (

187

),

parrebbe ancor oggi aprire la porta ad alcune perplessità degne di nota, nello specifico

riferibili alla composizione del comitato in parola, ai poteri attribuitigli dalla normativa

speciale nonché, e più in generale, al rapporto intercorrente tra organo di controllo

interno e consiglio di gestione (

188

)(

189

).

prescinde dal modo con il quale essi sono stati disciplinati nel nostro ordinamento» essendo la

revocabilità ad nutum dei membri del consiglio di sorveglianza «funzionale all’esigenza di consentire la

sostituzione dei gestori in caso di cambiamento del controllo».

(186) Condivisibile, infatti, l’opinione di DE PRA A., (nt. 12), p. 560, che sottolinea come «alla luce

della richiesta stabilità nella carica dei componenti dell’organo con funzione di controllo [venga] da chiedersi quale valore possa essere attribuito (..) alla previsione (..) più specifica allorquando si verifichi, nell’ipotesi di revoca, un caso di insufficiente o inesistente motivazione. L’opinione che pare più conforme al testo della norma è che una motivazione insufficiente o assente non possa comportare l’invalidità delle deliberazioni assunta dall’assemblea ma, semmai, possa dare luogo a un intervento sanzionatorio dell’Autorità di Vigilanza. Il fondamento di tale posizione mi pare possa essere tratto da altre circostanze in cui l’ordinamento societario richiede che una determinata decisione debba essere motivata in modo compiuto. Se si pone mente a quanto previsto dall’art. 2391, comma 2°, c.c. la mancanza di un’adeguata motivazione comporta, in quel caso e per espressa previsione normativa, la sanzione dell’invalidità delle deliberazioni consiliari, mentre nell’ipotesi dell’art. 2497 ter c.c., ai sensi del quale è richiesta una “analitica motivazione”, la sanzione non è prevista. Da tali norme mi pare possibile ricavare che, in termini generali, laddove una deliberazione non sia supportata da un’idonea motivazione, sia pure normativamente richiesta, non si possa concludere che la decisione risulta essere necessariamente viziata e possa essere privata di effetto, a meno di un’esplicita sanzione in questo senso».

(187) Sul punto chiare le parole di MARCHETTI P., (nt. 176), p. 160, il quale sottolinea come «la

controfaccia Consiglio di Sorveglianza, attraverso il filtro del Comitato di controllo, d’altro canto, pare più attrezzata proprio perché (ed in quanto munita) della funzione di indirizzo/supervisione strategica, per un controllo che tenga doverosamente conto della coerenza con la politica dei rischi. A me pare, insomma, che, attraverso, beninteso, una virtuosa utilizzazione del Comitato per il controllo interno costituito in seno al Consiglio di sorveglianza, si possa sviluppare un sistema di controllo più ricco di quello assicurato dal Collegio sindacale e dal Comitato di controllo di Consiglio di amministrazione del sistema tradizionale».

(188) V. anche SCHIUMA L., Il sistema dualistico. I poteri del consiglio di sorveglianza e del

consiglio di gestione, in ABBADESSA P.,PORTALE G.B., Il nuovo diritto delle società, Liber Amicorum

Gian Franco Campobasso, Torino 2007, p. 638 ss.;

(189) Esemplificative, sul punto, le parole di Portale G.B., (nt. 8), p. 56, secondo cui «mentre la

disciplina codicistica muove dall'assunto della centralità del consiglio di gestione (anche) nell'area dell’“alta amministrazione” e permette, per via statutaria, solo di realizzare un certo grado di ingerenza del consiglio di sorveglianza nell'esercizio di compiti che rimangono pur sempre nella responsabilità del

Più in particolare, per quanto attiene ai primi due elementi citati, a destare qualche

riserva sarebbero infatti, ora come allora, da un lato (i) la previsione volta a richiedere –

ai fini di una più corretta equidistanza tra funzioni – l’esclusione dal comitato di

controllo del Presidente del consiglio di sorveglianza che abbia funzione di alta

amministrazione e, dall’altro, (ii) la volontà di conferire al comitato in parola specifici

poteri ispettivi e di controllo, finalizzati alla conforme applicazione dell’art. 52 t.u.b.

Elementi, questi, che tra loro relazionati potrebbero finanche condurre ad

ipotizzare una frammentazione della titolarità della funzione di controllo di certo

inaccettabile, essendo il consiglio di sorveglianza nel suo complesso l’unico detentore di

un tale ruolo, senza necessità, dunque, di dover ipotizzare una possibile ulteriore

distinzione intra-organica, a sua volta capace di compromettere l’attuale allocazione

delle responsabilità in seno al consiglio medesimo (

190

) (

191

).

primo, la normativa di fonte bancaria finisce per realizzare una completa inversione dei ruoli. Più precisamente, nel caso di esercizio dell'opzione ex lett. f-bis), le disposizioni di Banca d'Italia, per un verso, tendono a non agevolare che si venga a realizzare “il coinvolgimento debole” prefigurato dalla disciplina generale e, al contempo, impongono l'adozione di un assetto organizzativo che, a prima vista, non parrebbe consentito dalla normativa generale: in quanto il consiglio di sorveglianza è chiamato, nelle banche, ad assumere decisioni rispetto ad un ampio spettro di materie e, in un certo numero di casi, pure a definire il contenuto delle stesse, con corrispondente svuotamento del ruolo assegnato al consiglio di gestione. Con il dovuto rispetto alla nostra Autorità di Vigilanza, se mi si consente un richiamo storico, la situazione che in questo modo viene a crearsi, con la alterazione che così subiscono consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione, sembra essere un ritorno al passato».

(190) Sottolinea il passaggio critico DE PRA A., (nt. 12), p. 562, il quale supporta una tale considerazione altresì dal fatto che l’attribuzione della funzione ispettiva al comitato per il controllo interno non impedisce che il consiglio di sorveglianza possa decidere lo svolgimento di ispezioni da attuarsi a opera del comitato. Il tema è, comunque, di rilevanza centrale atteso che una possibile distinzione interna al consiglio di sorveglianza – finanche strutturata sulle basi di un rapporto delegante- delegato – potrebbe in astratto riproporre i problemi di coordinamento ed imputazione di responsabilità già noti al consiglio di amministrazione. Ad essersi accorto di questo, tra i tanti v. la lucida analisi di LENER R., (nt. 86), p. 378, che osserva quanto segue: «(..) un po’ provocatoriamente, se il consiglio di

sorveglianza è – nelle esperienze che ci occupano – una sorta di organo misto di gestione e controllo o anche un organo di di indirizzo, è possibile pensare che alla responsabilità del consiglio sia da ricostruire in modo diverso dalla responsabilità dei sindaci nel sistema tradizionale? E se è possibile ricostruire una responsabilità ibrida, a metà fra quella dei sindaci e quella degli amministratori, forse è anche possibile limitarla o escluderla in presenza di deleghe ai comitati interni, quanto meno per le funzioni di indirizzo. Là dove il consiglio di sorveglianza, come nelle grandi banche, tende a essere non già un semplice organo tecnico di controllo, ma una micro-assemblea (o un super-consiglio) degli

optimates, dei soci “migliori”, un luogo di incontro e di confronto fra gli azionisti di riferimento,

depurato dei soci “minimi” (..) è evidente che sempre più vi saranno, come negli organi di amministrazione, consiglieri “con deleghe” (tendenzialmente organizzati in comitati) e consiglieri “senza deleghe”, cui i primi si riferiscono. Inevitabilmente si andrà verso una distinzione tra consiglieri con funzioni attive di sorveglianza e consiglieri con funzioni secondarie e di verifiche solo ex post. E di ciò bisognerà tener conto, quanto meno de iure condendo, nel disegnarne poteri e responsabilità».. Al di

là di tali considerazioni, centrale è, poi, la lettura di CALANDRA BUONAURA V., (nt. 6), Crisi, p. 687, secondo cui, a fronte della situazione descritta e dell’intervento del comitato di controllo i consiglieri di sorveglianza potranno forse anche andare esenti da una sanzione amministrativa, ferma restando l’imputabilità in capo a loro ricorrente in quanto organo che comunque mantiene collegialmente la

Per quanto attiene, poi, al terzo profilo (relativo al rapporto tra organo di controllo

e consiglio di gestione), basti sinteticamente osservare in tal sede come tanto la

terminologia usata dalla Vigilanza, e cioè la riproposizione anche in tal caso – e così in

sintonia con la disciplina delle quotate (

192

) – del termine partecipazione (

193

), quanto la

doverosa e summenzionata esclusione del Presidente del consiglio di sorveglianza dalle

riunioni del consiglio di gestione (cui infatti può partecipare solo chi è membro del

comitato per il controllo interno) costituiscano, di certo, un rafforzamento dell’azione di

controllo, al quale però potrebbe in astratto corrispondere un depotenziamento dei

rimanenti consiglieri di sorveglianza i quali, in quanto esclusi dal comitato in parola

(ndr. di controllo interno), rischierebbero di divenire soggetti passivi del suo operato,

nei cui confronti lo stesso Presidente rischierebbe quindi di relazionarsi come mero

spettatore, con conseguente ricorrenza di una grave asimmetria informativa e di

trattamento endo-consiliare.

Ciò disegnando, in ultima analisi, una struttura – quella duale – anch’essa non

immune da potenziali cortocircuiti e da rischiose sovrapposizioni, quali in ultima analisi

potrebbero poi essere, oltre alle summenzionate, tanto quella eventualmente

intercorrente tra comitato per il controllo interno e comitato rischi (

194

), quanto

funzione di controllo.

(191) Con conseguente problema di coordinamento con il principio generale delle Disposizioni in virtù del quale l’istituzione dei comitati non deve comportare una limitazione dei poteri decisionali e della responsabilità degli organi aziendali al cui interno sono costituiti.

(192) Similmente a quanto è previsto, invece, per le società quotate in forza dell’art. 149, comma 4 bis, t.u.f. ai sensi del quale «almeno un componente del consiglio di sorveglianza partecipa alle riunioni

del consiglio di gestione».

(193) Che, come in parte già accennato nelle righe che precedono, sebbene con riferimento ad una

fattispecie distinta, è cosa ben diversa dalla mera assistenza di cui all’art. 2409-terdecies, comma 4, cod. civ., e che implica «un potere-dovere ben più incisivo del corrispondente potere-facoltà sancito dalla

norma codicistica, con una graduazione che pare potersi riverberare anche sul piano delle responsabilità», così MINTO A., (nt. 17), La governance bancaria, p. 211. Ma sul punto v. anche

MAGNANI P., Commento sub art. 2409-quaterdecies, in GHEZZI F. (a cura di), Sistemi alternativi di

amministrazione e controllo, in MARCHETTI P., BIANCHI L.A., GHEZZI F., NOTARI M., (diretto da),

Commentario alla riforma del diritto societario, Milano, 2005, p. 165 e ss., secondo cui è da ritenere che

i consiglieri che assistono alle riunioni del consiglio di gestione «possano intervenire nella discussione e

pronunciarsi in merito alle questioni discusse, non dovendosi limitare a prendere atto di quanto discusso dagli amministratori». Entrambi gli Autori sono altresì richiamati da DE PRA A. (nt. 12), p. 562.

(194) Escluso infatti, a detta di chi scrive, che i due, che hanno carattere fortemente distinto e che

anzi attengono a fasi separate della governance societaria – con conseguente chiara diversità di ruoli (il comitato rischi, si ricordi, non può infatti ricoprire compiti ispettivi, ma solo consulenziali ed istruttori) possano combaciare.

soprattutto, quella tra consiglieri di sorveglianza esclusi dal comitato di controllo

interno e consiglieri di gestione non esecutivi (

195

).