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Modello sistemico-relazionale e progettazione sostenibile:

Come abbiamo osservato precedentemente, il servizio sociale e la progettazione sostenibile sono accomunati non solo da obiettivi di fondo abbastanza similari (come promuovere l'autonomia dei soggetti attraverso processi di empowerment individuali e collettivi) ma anche da basi teoriche implicitamente orientate a prospettive ecologico- sistemiche.

Una tale configurazione potrebbe aprire numerose strade di riflessione. In tale sede non

63 Per approfondimento vedi Watzlawick et al., op. cit., pp. 60-64. 64 Cfr. G. Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976,

possiamo sicuramente pensare di poter intraprendere ogni possibile percorso di ricerca, ma nonostante ciò siamo intenzionati ad elaborare un seppur minimo contributo, capace forse di ridurre le distanze teoriche ed epistemologiche intercorrenti tra la progettazione sociale ed il servizio sociale, rinviando la trattazione della dimensione operativa che verrà esaminata all'interno della descrizione concreta del processo di progettazione (oggetto del capitolo IV). Un tale lavoro si rende possibile solo attraverso la messa in dialogo, lo scambio e la reciproca crescita di queste due realtà, che nondimeno sembra percorrano percorsi paralleli che mai si intersecano. In tal senso cercheremo di mettere in sinergia la basi teoriche del modello sistemico-relazionale, in quanto modello maggiormente coerente con il servizio sociale italiano, e i principi afferenti alla progettazione sostenibile (Siza e Amirian).

All'interno del primo capitolo, applicando ai sottosistemi individuati da Siza (apparato pubblico, privato profit, terzo settore, famiglia e rapporti informali) la Teoria generale

dei sistemi di V. Bertalannfy, abbiamo ipotizzato l'esistenza di un sistema progetto

all'interno del quale i sottosistemi sopra descritti interagiscono, si scambiano informazioni e sviluppano relazioni di reciproca interdipendenza. Tali sottosistemi, ovviamente aperti, ipotizziamo funzionino attraverso modalità tipiche dei sistemi viventi (autoregolazione, circolarità, retroazione, omeostasi, perdita di equilibrio, cambiamento). Le attività progettuali, come afferma Siza, entrano in gioco quando le capacità di autoregolazione di ogni sottosistema non funzionano adeguatamente, recando una disfunzione al sistema generale. Il sistema progetto ha dunque l'obiettivo di sviluppare processi di coordinamento e regolazione al fine di ri-stabilire l'equilibrio complessivo attraverso il cambiamento. In seconda istanza sia Amirian che Siza ravvisano la necessità di sviluppare attività progettuali maggiormente focalizzate sulla dimensione sociale, relazionale, e comunicativa. La progettazione non può dunque limitarsi alla semplice stesura del progetto (Sordelli, 2009), ma al contrario deve concretizzarsi in un continuo processo di negoziazione, interazione, dialogo confronto continuo con le comunità locali che non devono solamente “accettare” il progetto ma

utilizzare quest'ultimo come proprio strumento di emancipazione (empowerment comunitario) (Siza, 2002). Se tali argomentazioni sono valide per tutti i progetti che si

sviluppano nel sociale, sono ancora più importanti, secondo Amirian, per la

progettazione dei servizi sociali all'interno della quale le relazioni costituiscono sia lo

strumento principale che l'oggetto di intervento (Amirian, 2012). Come si è visto, Amirian ha posto forte enfasi sulle dimensioni emotive e relazionali della progettazione. Se la dimensione emotiva è stata indagata all'interno del primo capitolo, la dimensione relazionale e comunicativa non è stata, finora, oggetto di particolari approfondimenti.

La domanda che ci poniamo dunque è: quali sono i processi attraverso i quali le parti dei sottosistemi comunicano all'interno e all'esterno? Sulla base di quali principi chi presidia il progetto (funzione diffusa) (Amirian 2012) può leggere, tradurre e indirizzare tali relazioni?

Per rispondere a queste domande, facendo esplicito riferimento al modello sistemico- relazionale, possiamo avvalerci degli Assiomi della comunicazione umana elaborati da Watzlawick. In tal senso i sottosistemi (pubblico, privato profit, terzo settore, famiglia e rapporti informali) in quanto sistemi umani, nel comunicare seguirebbero le regole descritte dagli Assiomi (è impossibile non comunicare, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, la natura delle relazioni dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti, la comunicazione può essere verbale e analogica, tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulle differenze).

Nello sviluppo di attività progettuali un'importante elemento da tenere in considerazione, a nostro avviso, è infine rappresentato dal contesto. La definizione di quest'ultimo, anche se non può essere mai definitiva in quanto è soggetta a continue revisioni, risulta imprescindibile per avviare processi di progettazione che siano il più possibile chiari, coerenti e condivisi. Anzitutto, come abbiamo affermato in precedenza, se postuliamo che “un sistema costituisce col suo ambiente l'universo di tutte le cose interessanti di un dato contesto” e che “la suddivisione di tale universo in due insiemi, sistema e ambiente, si può fare in molti modi ma sono in realtà del tutto arbitrari” (Watzlawick, et. al., 1971), possiamo ipotizzare che sia proprio grazie alla definizione del contesto che il progettista individua i sottosistemi implicati e l'ambiente della

progettazione.

Come afferma Lanzara l'ambiente del compito (nel nostro caso il compito è la progettazione) non è un qualcosa di separato dalla persona ma è “un medium, un substrato, che tiene quasi in ostaggi gli oggetti materiali, le informazioni, i significati, le azioni e l'attore stesso”, se questo cambia viene modificato “l'intero sistema di attività pratiche nel e col quale l'attore opera” (Lanzara, 1993).

Il contesto, inoltre, ha un ruolo pregnante nella definizione e nello sviluppo della

competenza intesa come “qualità” investita nelle attività progettuali. Riprendendo di

nuovo Lanzara, possiamo affermare che questa non è una qualità individuale, ma si sviluppa e viene riconosciuta proprio all'interno di un determinato contesto di significati. Il contesto, in sostanza, rappresenta il canale attraverso il quale la persona può comprendere quali abilità funzionano e quali no, le regole, le credenze, gli strumenti, ecc. (Lanzara, 1993). In tal senso se supponessimo, come fa anche Lanzara,

che gli esiti del processo di progettazione dipendono “dalla capacità di apprendimento e di indagine degli attori che ne sono coinvolti” (Lanzara, 1993), risulta ovvio che tale processo non possa prescindere dalla coerenza di contesti tra i vari attori, in quanto questa si traduce in coerenza di significati, e, magari, in convergenza di prospettive.