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La moderna concezione di crisi alla base delle finalità della riforma

Le crisi aziendali costituiscono un fenomeno complesso e multidimensionale che, nel rispetto delle proprie specificità, riguarda la vita di qualsiasi impresa, in quanto anche quelle organizzazioni che riescono a non essere colpite dal verificarsi di tale evento ne sono comunque interessate come eventualità e possibilità di rischio futuro. Sulla base delle consapevolezze di tale rischio, l’impresa dovrebbe adottare un atteggiamento di prudente gestione, alla luce del fatto che, anche in condizioni sane, possono verificarsi situazioni che mettano a repentaglio lo stato di salute dell’azienda e, in particolare, minacciano quello che ne rappresenta il principale carattere distintivo, ossia la continuità, intesa come attitudine alla prosecuzione della gestione con capacità autonoma di sopravvivenza e di sviluppo.

La crisi d’impresa così intesa rappresenta quel “fenomeno in grado di provocare l’interruzione della continuità aziendale e quindi rappresenta il più grave stato di pericolo dell’azienda stessa52”.

52 P. BASTIA, Crisi Aziendali e piani di risanamento, Giappichelli, Torino, 2019, p.81

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Da qui la sollecitazione ad un impegno di prevenzione, su cui si concentra l’attuale riforma, che, alla luce dei numerosi elementi di osservazione e comprensione offerti dalle recenti e prolungate crisi economiche generali e intersettoriali e delle ripercussione delle stesse, si basa sulla consapevolezza del fatto che, al di là della complessità del fenomeno in sé, l’emersione tardiva delle crisi ha costituito una caratteristica prevalente, con ridotte possibilità di salvataggio dell’azienda in crisi e con un aggravato pregiudizio degli interessi dei creditori, oltre al diffuso costo sociale nei confronti della collettività variamente considerata.

Vi è, infatti, una correlazione inversa tra percezione anticipata della crisi e danni economici (oltreché) sociali delle crisi aziendali e questo rappresenta il cardine dell’impianto logico su cui è costruita la riforma.

Comprendendo la necessità di un approccio predittivo, è stato necessario riconfigurare i concetti di stato di crisi e di insolvenza per indicare modalità di governo e di gestione e per esplicitare il fabbisogno di idonei presidi organizzativi e di adeguata strumentazione di segnalazione, di informazione e di comunicazione interna ed esterna relativamente a fondati indizi di crisi, anche solo potenziali. 53 La nuova disciplina definisce “crisi” lo squilibrio economico-finanziario54 che rende probabile l’insolvenza del debitore e che si manifesta come inadeguatezza dei

53P. BASTIA, Crisi Aziendale e piani di risanamento, Giappichelli, Torino, 2019, p.84.

54 Tale locuzione presentava in precedenza la dicitura difficoltà economica-finanziaria, che è stata sostituita dal Decreto Legislativo n.147 del 26 Ottobre 2020, al fine di precisare come la nozione di

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flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. Al contrario, l’“insolvenza” è definita come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. 55

Crisi ed insolvenza, già collegate da un rapporto di genere a specie, in cui l’insolvenza rappresenta la forma più grave in cui può manifestarsi la crisi, vengono incorporate all’interno di un percorso involutivo in cui la crisi rappresenta la premessa all’insolvenza, stadio più grave del dissesto aziendale.

L’insolvenza rappresenta, in questa accezione, una declinazione sfavorevole di un precedente stato di crisi e non un momento isolato o isolabile, ma che in esso trova la propria origine e ragion d’essere.

Non è poi necessariamente detto che una fase di crisi sfoci in uno stato di insolvenza, il nesso tra le due è probabilistico e non deterministico56, di conseguenza evitabile, a date condizioni, se la prima viene colta anticipatamente, attraverso opportuni interventi diagnostici e meccanismi regolatori, in grado di stimolare idonei comportamenti correttivi; il ritardo nel percepire i segnali, invece,

crisi sia da intendere in una situazione di ‘‘insolvenza reversibile’’ rispetto ad una situazione prospettica di ‘‘previsione di insolvenza’’.

55 Decreto legislativo n.14 del 12 Gennaio 2019, ‘‘ Codice della crisi e dell’insolvenza di impresa’’.

56 P.BASTIA, Crisi aziendali e piani di risanamento, Giappichelli, Torino, 2019, p. 88.

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nella maggior parte dei casi, conduce alla degenerazione in una vera e propria insolvenza sino a che questa diventa irreversibile.

Nella prospettiva aziendalistica il rapporto tra crisi e insolvenza non è solo sequenziale, ma anche iterativo, in quanto l’insolvenza può innescare o accentuare fattori di crisi non altrimenti presenti.

Come precedentemente accennato, essendovi un rapporto di genere a specie, l’insolvenza può rappresentare una particolare forma della crisi d’impresa e non solo la manifestazione finale. Ciò accade, ad esempio, quando l’insolvenza è dovuta ad un fenomeno di illiquidità di derivazione esterna.

Un criterio utile a distinguere in maniera più chiara i due concetti è quello della natura di fondo sottesa agli stessi, finanziaria per l’insolvenza, in quanto generalmente riconducibile ad uno stato di carenza e di mancanza di liquidità, e extra-finanziaria (tipicamente economica) per la crisi.

In conclusione, ciò che perde di rilevanza è il concetto di crisi effettiva, in quanto difficilmente superabile, per far spazio e attribuire significatività ad un concetto di presumibile crisi, che consente invece margini di intervento compatibili con la continuità aziendale.

Le crisi aziendali presentano, infatti, diversi stadi di gravità che, sulla base di un estesa gamma di sintomi ed evidenze, sono più o meno percepibili. Lo stadio di

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presumibile crisi può essere rintracciato riconoscendo un indebolimento graduale e prolungato delle condizioni di equilibrio aziendale, di economicità, di competitività. Tale fase, detta pre-crisi, se vissuta nella consapevolezza del potenziale rischioso della stessa, non rappresenta una situazione di immediato pericolo per la continuità aziendale, essa può essere risolta dall’impresa dotata di autonome attitudini a risolvere criticità e a conseguire il riequilibrio tramite la messa in atto di interventi riorganizzativi e di riposizionamento competitivo. Se, invece, questa fase tende a stabilizzarsi si tenderà all’indebolimento dell’impresa, dei suoi assetti interni, del suo portafoglio prodotti, della sua capacità competitiva, della fedeltà della clientela, della reputazione, dell’immagine, della fiducia verso il sistema bancario57 raggiungendo, così, uno stato di crisi effettiva che necessita, data la gravità della situazione, di interventi rapidi e drastici e in cui i tempi e le modalità di analisi e valutazione risultano ridotti.

La capacità di accertare precocemente la probabilità d’insolvenza risulta più agevole nella fase di pre-crisi che, oltre a contenere o a prevenire i danni diffusi di una crisi, premette di adottare idonee manovre di prevenzione e di risanamento per scongiurare l’insolvenza. Da qui l’importanza di riconoscere lo stato di crisi in cui versa l’impresa, per anticipare e quindi governare, o accelerare scongiurando il peggio.

57 P. BASTIA, Crisi Aziendale e Piani di risanamento, Giappichelli, Torino, 2019, p.96

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