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La modernità e il nuovo: la mistica della merce

L’impostazione del presente studio parte da un’evidenza innegabile, ovvero dal fatto che il consumo moderno (e se si vuole postmoderno) si basa essenzialmente sul consumo di oggetti nuovi. Il ciclo della cultura materiale (Secondulfo, 2012), sistematizza la segregazione dello scambio di oggetti usati, definisce il nuovo come qualsiasi oggetto che passa dalla produzione, attraversa la distribuzione, e arriva al consumatore.

L’affermarsi storico della società industriale, della produzione seriale, dell’innovazione tecnologica e dell’obsolescenza programmata sono tutte caratteristiche incardinate nelle società industriali e post-industriali, che guidano le stesse modalità di consumo. In questo senso non intendiamo prediligere una direzione o l’altra rispetto all’interpretazione dello sviluppo della società dei consumi. Come sintetizzato da Sassatelli in Consumo, cultura e società (2004), le interpretazioni principali del consumo moderno possono essere schematizzate come tesi produzioniste, ovvero approcci teorici classici che prediligono l’interpretazione prevalente secondo la quale i fattori economici legati alla produzione hanno guidato il dispiegarsi della modernità e dei consumi moderni, alle quali si sono contrapposte tesi che, sempre Sassatelli, definisce

antiproduzioniste, promosse dagli studi storici sulla cultura materiale tra i quali

quelli di Fernand Braudel (1979) che hanno “inaugurato lo studio della domanda intesa non come un fenomeno economico separato ma come parte integrante della cultura e della vita materiale dei soggetti, [gli storici] hanno cominciato a considerare lo sviluppo della cultura materiale e anzi ad assegnargli un ruolo propulsivo nel processo storico” (Sassatelli, op. cit., p. 24). Gli studi sociologici che ne conseguono pertanto puntano a dimostrare che la domanda è un fattore almeno altrettanto importante nel processo economico e culturale rispetto alla

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produzione. Il consumo non va perciò catalogato in un atto di mera risposta condizionata dalla struttura produttiva, ma come un ambito d’azione autonomo attraverso il quale gli attori e la società giocano un ruolo anche attivo al pari di quello produttivo. In questo contesto l’usato è una chiave interessante di analisi, che permette riflessioni ulteriori sulla dinamica consumo-produzione che verranno sviluppate successivamente (vedi paragrafo 6 del primo capitolo). In questo quadro è pertanto necessario considerare il nuovo non tanto come un fattore imposto dalle successive rivoluzioni industriali, necessario per espandere il comportamento consumista, quanto come un fattore culturale a sé stante che è diventato uno degli elementi chiave della società dei consumi moderna. Eliminando ogni direzione al vettore del nuovo è possibile esplorarne i significati per comprendere al meglio le origini, le funzioni, le radici storico- sociali e la posizione nelle relazioni sociali legate ai consumi.

Il concetto di nuovo si collega con forza a un altro concetto tipico della sociologia dei consumi e della modernità, ovvero la Moda. A partire da Simmel, con il suo saggio sulla moda del 1895, in poi, il concetto di moda è stato un oggetto di analisi significativo e cruciale per buona parte degli studi culturali che si occupa di comprendere e analizzare la società dei consumi di massa, e la modernità stessa16. Uno degli elementi cruciali che rende la moda un fenomeno interessante ed esplicativo della modernità è la sua ambivalenza ed in parte ambiguità, come afferma Kawamura:

“Anche la novità è inclusa fra le componenti essenziali della moda, e certamente è tra le sue caratteristiche più apprezzate culturalmente. König (1971) usa il termine

neofilia per definire l’adesione entusiastica alle novità della moda e afferma che la

16 Da Georg Simmel in poi l’analisi dei fenomeni legati alla moda ha prodotto una mole enorme di studi e ricerche. Per una prima rassegna di studi sociologici sulla moda si rimanda a: Kawamura Y., Fashio-ology. An Introduction to Fashion Studies, Oxford-New An Introduction to

Fashion Studies, Oxford-New York, Berg, 2005, trad. it.: La Moda, Il Mulino, Bologna, 2006.

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ricettività del genere umano verso tutto ciò che è nuovo è in qualche misura un fattore essenziale del comportamento ricettivo al dettato della moda” (Kawamura, op. cit. p. 13).

Analogamente, Barthes collega la Moda alla novità affermando che:

“La Moda fa indubbiamente parte di tutti i fatti di neomania che sono apparsi nella nostra civiltà probabilmente con la nascita del capitalismo: il nuovo è, in un modo affatto istituzionale, un valore che si compra. Ma il nuovo di Moda sembra avere nella nostra società una funzione antropologica ben definita, dipendente dalla sua ambiguità: a un tempo imprevedibile e sistematico, regolare e sconosciuto (Barthes, 1967; trad. it. 1970, pp. 304-305)”.

In queste brevi citazioni riportate emergono alcune delle questioni principali riguardanti il concetto di nuovo. In primo luogo, come ben approfondito in uno studio empirico dedicato condotto da Francesca Setiffi (2009), il concetto di consumo del nuovo si articola in tre sottoinsiemi di significato quali: il nuovo come “oggetto di consumo, la cui esistenza deriva dalla sua contrapposizione al termine usato, suo opposto semantico” (Setiffi, op. cit., p. 168), la novità a sua volta suddivisa in oggettiva e soggettiva (ovvero come novità percepita dal soggetto oggettivamente in quanto nuovo oggetto presente nel mercato, oppure soggettivamente in quanto oggetto nuovo acquistato) e il Nuovo inteso come comportamento di consumo. Confondere queste dimensioni può sviare l’analisi e in questo lavoro, quando si tratterà di nuovo, esso verrà inteso nella sua ultima accezione, ovvero come comportamento generale di consumo come “fonte di valore per il consumatore”, che rappresenta “sia la partecipazione dell’individuo alla crescita economico-sociale, sia il suo contributo al consolidamento della distinzione sociale” (ibidem, p. 195). Come già riportato da Barthes il nuovo diventa una fonte di valore in sé, una forma di consumo

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pervasiva e caratterizzante i consumi moderni, che si oppone semanticamente all’usato e in qualche modo lo scalza qualificandosi come modalità di consumo pervasiva della modernità.

Allo stesso modo, il nuovo incamera le ambiguità tipiche della modernità, ovvero riesce in quanto concetto a sintetizzare ciò che è imprevedibile con ciò che è sistematico, ciò che è regolare con ciò che è sconosciuto. Interessante il passo sulla novità ripreso ancora da Kawamura:

“la novità, che […] è l’essenza della moda, è anche una cifra tipica della cultura della modernità e persino della postmodernità. Il desiderio di cambiamento è tipico della vita culturale nel capitalismo industriale che la moda esprime così efficacemente (Wilson, 1985); allo stesso tempo la società postmoderna è spinta a creare non solo novità ma un’inesauribile sete di bisogni e di incessante differenziazione (Barnard, 1996). Le caratteristiche stesse della moda vengono usate sia per descrivere la modernità sia la postmodernità. Inoltre, sia le società cosiddette moderne sia quelle definite postmoderne sembrano rendere possibile e desiderabile la mobilità; e, come ribadisce Baudrillard (1972), la moda emerge solo nelle società caratterizzate da mobilità sociale, anche se non è presente in tutte le società caratterizzate da una struttura di classe aperta. Secondo Baudrillard (ibidem; trad. it. 1974, p. 35) la moda è “caratteristica delle società moderne” perché “realizza un compromesso tra la necessità di innovare e quella di non cambiare nulla dell’ordine fondamentale. Il risultato è perciò un gioco al cambiamento”” (Kawamura, op. cit., p. 41):

Questo breve passo introduce alcuni elementi fondamentali nello studio del nuovo, dell’usato rapportati al fenomeno della moda. Il fatto che la ricerca del cambiamento sia un assetto fondante della modernità e della post-modernità, viene temperato con un elemento culturale fondamentale, ovvero il gioco al cambiamento. In questo senso è interpretata da Baudrillard la dimensione della continua ricerca espressiva attraverso il consumo da parte degli individui nella postmodernità. La società post-industriale, con il progressivo sradicamento

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degli individui da ancoraggi culturali solidi quali le classi sociali e i riferimenti culturali di appartenenza a una cultura definita, apre al gioco del consumo e della ricerca del sé attraverso l’acquisizione.

La moda, il nuovo e la modernità sembrano perciò essere dimensioni di un assetto sociale coerente, il capitalismo industriale e post-industriale, che alimentano attraverso l’innovazione il gioco al cambiamento, un gioco per il quale simbolico e sociale hanno uno scollamento. Lungi dal trarre simili conclusioni nell’analisi dell’usato rispetto al nuovo, è opportuno però ricordare come l’usato sia reinserito nei contesti del nuovo spesso con la veste di consumo di moda, il fenomeno del vintage ne è l’esempio più eclatante, e come nelle classi sociali più abbienti l’usato diventi una pratica in cui è maggiore la spinta alla scoperta e alla ricerca dell’oggetto insolito piuttosto che soddisfazione di un bisogno (necessità) (Williams, 2003).

In questa direzione va l’interpretazione del consumo e del nuovo fornita da Campbell nel suo noto saggio L’etica romantica e lo spirito del consumismo del 1987, nel quale, rifacendosi al saggio di Weber sull’etica protestante e il capitalismo, incorpora anche il consumo e la cultura del consumo tra i vettori che hanno guidato la modernità. In questa chiave modernista Sassatelli colloca il saggio di Campbell, dato che il centro dell’analisi verte sull’interpretazione dei consumi di massa in qualità di continua ricerca del nuovo intesa in senso edonista, in quanto il consumatore moderno “si allontana dalla realtà non appena la incontra, spostando i suoi sogni sempre più avanti nel tempo, attaccandoli a oggetti del desiderio e poi, successivamente, staccandoli da tali oggetti non appena li ha ottenuti e ne ha fatto esperienza” (Campbell, op. cit., p. 87). Un edonismo immaginativo e simbolico quindi, una ricerca del nuovo staccata dai bisogni di sussistenza, dove a prevalere sono la necessità di novità e l’insaziabilità tipica dell’aspetto immaginifico del sogno. Tale interpretazione della ricerca del nuovo è stata oggetto di varie critiche, incentrate sulla

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necessità di storicizzare questo atteggiamento, peculiare delle borghesie urbane affluenti, evitando l’effetto nomotetico di una tesi interpretativa universale, effetto da evitare nella ricerca di qualsiasi spiegazione sociologica ai fenomeni sociali. Per quanto concerne l’interpretazione del nuovo come modalità di consumo impostasi nelle società industriali e post-industriali, è interessante notare come uno dei fattori che abbia contribuito ad affermare l’esigenza del nuovo sia stato con evidenza la spinta edonistica e auto- realizzatrice evidenziata da Campbell, parallelamente alle istanze di distinzione e inclusione tipiche del consumo moderno. Una simbologia così forte associata al nuovo non può far altro che scalzare la modalità di scambio più pervasiva, in termini di frequenza di scambi, delle società pre-industriali, ovvero l’usato17

. L’affermarsi della borghesia come ceto di consumatori dominanti in termini numerici e il combinarsi della disponibilità di merci nuove distribuite in modo capillare hanno scalzato lo scambio dell’usato come pratica pervasiva in epoche storiche precedenti. Il focus della presente tesi non è tanto comprendere quale sia stato il vettore principale che ha comportato la marginalizzazione dell’usato, quanto la comprensione delle dimensioni simboliche del consumo del nuovo utili per approfondire simmetricamente i significati attribuiti all’usato.

L’egemonia del consumo del nuovo può essere pertanto intesa come un

habitus esteso a tutti i gruppi sociali delle società moderne. Per estensione

riteniamo pertanto di poter utilizzare il concetto utilizzato da Marcel Mauss (2002) e da Bourdieu (1983) per indicare l’insieme delle disposizioni che sono proprie della soggettività umana e che danno luogo sia ai modi d’essere della persona che alle abilità individuali. Esso consiste nel meccanismo interno – cioè

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Non ci sono evidentemente dati che confermino tale affermazione, ma basti pensare al fatto che nelle società pre-moderne il consumo e la produzione di oggetti nuovi non erano un fenomeno di massa e non costituivano le fondamenta dello scambio. Per una interessante rassegna e analisi storica del fenomeno second-hand si veda: Stotbart J., Van Damme I., a cura di (2010), Modernity and the Second-Hand Trade, European Consumption Cultures and Practices, 1700-1900, London: Palgrave Macmillan.

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nella strutturazione dinamica di schemi, percezioni, modi d’essere, gusto, ecc. – che è proprio di ogni gruppo di individui ed a cui ogni individuo fa ricorso per interagire nella società. E’ il sistema delle disposizioni durevoli: una sorta di “giacimento di capitale culturale” a cui l’agente sociale fa – volontariamente o involontariamente – ricorso nella vita quotidiana, attribuendosene la paternità, ignorando che è il frutto dell’inculturazione operata – deliberatamente e non – dalle strutture esterne. Il nuovo può essere concepito come un habitus erga

omnes, che ha pervaso le società moderne e ne ha condizionato le azioni di

consumo attraverso la socializzazione continua alla sua esperienza. In questo senso è interessante citare un passo dell’opera di Bauman Consumo, dunque

sono, in cui si riporta l’iniziativa della Mattel “che ha inondato il mercato dei

giocattoli di bambole Barbie, le cui vendite hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari nel solo 1996, che ha offerto ai suoi giovani consumatori uno sconto per l’acquisto di una nuova Barbie a condizione che venga restituita la Barbie in loro possesso, ormai esaurita” (Bauman, 2007 p. 129). In questo senso si socializza al nuovo il giovane consumatore che deve disporre di una visione del mondo all’insegna della possibilità di cambiare, di sostituire il non più nuovo con il nuovo, praticando la sensazione della novità soggettiva, venendo perciò incluso nella società del consumo della novità oggettiva e potendo a pieno titolo sentirsi incluso nella contemporanea società dei consumi.

In questo paragrafo è stato affrontato il significato simbolico che ha assunto il nuovo come modello di consumo pervasivo della modernità. Uno dei cascami che tale modello ha portato con sé è la strutturazione sociale e la distinzione anche nel consumo tra gruppi sociali. L’usato, al pari del nuovo, è diventato pertanto un modo di consumo assoggettato alle differenti modalità di consumo adottate da individui con capitali economici, sociali e culturali differenti. Nel prossimo paragrafo verrà affrontato il modo in cui l’usato nella modernità ha contribuito alla divisione sociale.

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