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Conoscenza della struttura

2.2 Monitoraggio strutturale

Una delle più importanti peculiarità delle strutture storiche è certamente rappre-sentata dalla necessità di coniugare la scelta degli interventi, volti alla riduzione della vulnerabilità, con il rispetto dell’integrità storica del bene da conservare.

Quindi, a causa della sua non invasività, il monitoraggio strutturale (in inglese SHM-Structural Health Monitoring) è particolarmente apprezzato in questo campo.

Infatti, grazie a questa metodologia non distruttiva si riescono ad avere informazioni

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circa il comportamento strutturale, statico e dinamico, del manufatto e si può anche procedere al controllo nel tempo della risposta attraverso un monitoraggio dinamico continuo in grado di rilevare variazioni che possano aumentarne la vulnerabilità.

2.2.1 Definizione ed obiettivi del monitoraggio strutturale

Il processo di implementazione di una strategia di individuazione del danno su una struttura o infrastruttura civile, meccanica o aerospaziale è oggi definito come Structural Health Monitoring (SHM). I sistemi di SHM consentono di monitorare in maniera continua lo stato di salute delle strutture e quindi di programmare al meglio gli interventi di manutenzione ottimizzando tempistiche e costi. Il danno può essere invece definito come un’alterazione del sistema strutturale che va ad influenzare in maniera negativa le prestazioni in esercizio dello stesso [5]. Se una struttura è danneggiata significa che c’è stata una variazione del sistema dallo stato iniziale, stato considerato non danneggiato. Il danno strutturale, se degenera può causare dal non più corretto funzionamento della struttura fino alla riduzione della vita utile o addirittura al collasso.

L’SHM segue un modello che può essere rappresentato mediante quattro fasi:

valutazione operativa, acquisizione, fusione e pre-trattamento dei dati, estrazione delle informazioni ed elaborazione delle stesse mediante opportuni modelli [6].

L’obiettivo del monitoraggio strutturale è lo studio delle condizioni strutturali dell’opera in esame e soprattutto la definizione dell’evoluzione nel tempo dei para-metri e delle grandezze fisiche tenute sotto osservazione. Infatti, possono essere rilevate eventuali modifiche di comportamento strutturale imputabili a danneggia-menti provocati da eventi sismici ripetuti o dal decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali. K. Worden e G.Manson [7] riportano due grandi classi di metodi per l’individuazione del danno:

Model-driven approach: si stabilisce un modello fisico ad alta fedeltà della struttura, di solito mediante analisi agli elementi finiti, e poi viene definita una metrica di confronto tra il modello e i dati misurati dalla struttura reale.

Se il modello è per un sistema o una struttura in condizioni normali (cioè senza danni), qualsiasi scostamento indica che la struttura ha deviato dalle condizioni normali e il danno viene identificato.

• Data-driven approach: anche in questo caso viene stabilito un modello, ma questo è di solito una rappresentazione statistica del sistema (una funzione di densità di probabilità della condizione normale). Si ha dunque un riferimento non rappresentativo della natura fisico-meccanica della struttura ma solo della relazione azioni-risposte.

Di solito, gli approcci data-driven necessitano di un’enorme quantità di informa-zioni provenienti da sistemi di monitoraggio permanenti o da simulainforma-zioni, quando il

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comportamento dinamico della struttura può essere facilmente identificato e ripro-dotto. In questi approcci, i modelli statistici del sistema sono facilmente definiti, e i livelli di rumore e le variazioni ambientali sono stabiliti naturalmente. Al contrario, gli approcci model-driven, guidati da modelli ad alta fedeltà della struttura, possono potenzialmente funzionare senza un modello di danno convalidato, ma il rumore e altri effetti ambientali sono difficili da incorporare. L’identificazione del sistema è il nucleo di qualsiasi approccio SHM model-driven. Infatti, tecniche e algoritmi di identificazione sono indispensabili per produrre un modello realistico di una struttura, specialmente quando si ha a che fare con materiali e schemi struttu-rali che non possono essere facilmente identificati. Nei sistemi di monitoraggio permanente, i parametri variati o anomali sono direttamente associati al danno, e l’affidabilità può essere definita come una funzione di quantità identificate che riflettono il danno, denominate sintomi. In alternativa, soprattutto quando gli edifici analizzati presentano uno schema strutturale complesso, un modello numerico può essere aggiornato sulla base dei parametri identificati utilizzando tecniche di model updating, al fine di simulare il reale comportamento della struttura e per ridurre l’incertezza [8].

2.2.2 Tipologie di monitoraggio

In base a differenti classificazioni, si possono individuare varie tipologie di sistemi di monitoraggio.

In funzione della durata e della frequenza delle misurazioni possiamo dividere in monitoraggio a breve termine e monitoraggio a lungo termine. Generalmente si ricorre al primo quando il fenomeno strutturale deve essere valutato in un momento specifico e non è necessario avere un monitoraggio permanente. In questo caso la mole di dati da analizzare è di molto inferiore rispetto al monitoraggio a lungo termine e questo comporta una più facile gestione. Se però si vogliono indagare i cambiamenti del comportamento strutturale nel tempo o seguire l’evoluzione dei danneggiamenti allora è auspicabile un monitoraggio a lungo termine.

In funzione dei carichi applicati si può ricorrere al monitoraggio statico o al monitoraggio dinamico. Si ricorre ad un monitoraggio statico nel caso in cui si intendano controllare dei parametri variabili lentamente durante il periodo di osservazione. Si andranno quindi a misurare le variazione nel tempo di quelle grandezze considerate significative nello specifico caso. Questo ci fornisce delle misure puntuali e non globali della struttura e risulta idoneo per la valutazione della variazione nel tempo di danneggiamenti localizzati come ad esempio l’apertura di una fessura. Il monitoraggio dinamico, che è quello di cui ci occuperemo, è invece mirato alla misura delle vibrazioni della struttura mediante il posizionamento, di un opportuno numero ed in opportune posizioni, di accelerometri, velocimetri o sismometri. L’eccitazione da fornire alla struttura per consentire le misurazioni

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può essere di due tipologie differenti: ambientale ed artificiale. Con il termine eccitazione ambientale ci si riferisce a tutte le vibrazioni dovute ai cosiddetti carichi ambientali come traffico veicolare, sia stradale che ferroviario e sia in superficie che in sotterraneo; rientrano in questi carichi anche le attività industriali, il vento ed i terremoti. Mentre l’eccitazione artificiale è realizzabile mediante l’utilizzo di particolari dispositivi, anche di grosse dimensioni e per questo non sempre è possibile farne uso. Si ricorre ad essa quando l’eccitazione ambientale è assente oppure poco consistente per ottenere risultati significativi. L’utilizzo di queste eccitazioni comporta chiaramente dei costi più o meno elevati, tuttavia, conoscere e stabilire l’input dinamico permette di poter indagare sulla banda delle frequenze di interesse. Un vantaggio del monitoraggio dinamico rispetto a quello statico è che i parametri che si ottengono sono rappresentativi della risposta globale della struttura.

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