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I nonilfenoli etossilati (NPE) sono oggi ritenuti tra i composti di maggiore rilevanza per il loro potenziale impatto a livello ambientale (Porter and Hayden, 2002; Soares et al., 2008). Essi rientrano nella più vasta categoria degli “endocrine disrupting chemicals” (EDCs) insieme a numerosi composti di origine naturale o antropica, accomunati dalla capacità di interferire con le normali funzioni del sistema ormonale (Laurenzana et al., 2002).

66 Gli studi di laboratorio (Soto et al. 1991, Shelby et al. 1996) e di campo (Tyler et al., 1998) sinora condotti sugli NPE sono stati spesso volti proprio alla comprensione dei meccanismi correlati alla capacità di mimare o interferire con le funzioni estrogeniche, in particolar modo nei Pesci (Flouriot et al. 1995, Sumpter and Jobling 1995).

In questo lavoro vengono riportati per la prima volta i risultati di un’analisi strutturale ed ultrastrutturale del fegato di un anfibio dopo esposizione acuta a nonilfenolo etossilato.

E’ noto che il trattamento con NPE determina, a livello epatico, un aumento dei livelli di espressione di enzimi ad attività ossidativa (Lee et al., 1996; Laurenzana et al., 2000; Masuyama et al., 2000; Hasselberg et al., 2004; 2005; Hernandez et al., 2006) e di proteine ormono-inducibili quale la vitellogenina (Kloas et al., 1999; Mosconi et al., 2002; Yang et al., 2005; Kang et al., 2006), la cui induzione nei maschi è considerata un marker specifico di esposizione ai distruttori endocrini (Sumpter and Jobling, 1995). Tuttavia, l’analisi comparativa condotta di recente da Watanabe e collaboratori (2004) sugli effetti indotti dal nonilfenolo (NP) e dall’estradiolo sull’espressione di geni epatici, ha dimostrato che dosi elevate di NP sono in grado di attivare un maggior numero di geni rispetto all’estradiolo, mettendo così in risalto la capacità di questo contaminante di agire su pathways che non coinvolgono l’azione ormono.simile (Watanabe et al., 2004). Inoltre, molti di questi geni attivati nel fegato esclusivamente dal nonilfenolo, sono coinvolti nel metabolismo lipidico e degli acidi grassi (Watanabe et al., 2004).

Le osservazioni da noi condotte utilizzando concentrazioni di NPE riscontrabili in natura, mostrano una progressiva degenerazione del parenchima epatico in relazione sia alla dose testata che al tempo di esposizione. Le alterazioni nei diversi gruppi sperimentali non si diversificano nella tipologia ma solo nell’intensità e nel tempo di insorgenza.

E’ interessante sottolineare che nonostante venga spesso riportata una maggiore sensibilità degli individui di sesso maschile rispetto alle femmine (Islinger et al., 2003; Yang

et al. 2008), le concentrazioni di NPE utilizzate nel presente lavoro hanno determinato l’instaurarsi di evidenti fenomeni patologici in esemplari di Lissotriton italicus di entrambi i sessi, dimostrando che un eccesso di contaminante produce alterazioni indipendentemente dall’originale assetto ormonale dell’individuo considerato.

L’esposizione ad NPE ha prodotto nel tessuto epatico un incremento degli accumuli lipidici, severe alterazioni a carico dei mitocondri, un ampliamento dell’estensione del reticolo endoplasmatico rugoso (RER) ed un suo successivo processo di frammentazione.

Alterazioni analoghe a carico del RER sono state riportate in esemplari di Carassius

auratus esposti a concentrazioni simili di NP (Yang et al. 2008); gli stessi autori hanno inoltre documentato un’iperplasia del SER ed un anomalo incremento dei lisosomi, che non sono però emersi dalle nostre analisi su Lissotriton italicus.

L’iniziale incremento del RER, che nel Tritone italiano si verifica già nelle prime ore di esposizione al contaminante, potrebbe rappresentare una risposta metabolica degli

67 epatociti alla presenza del surfattante. Come suggerito da Watanabe et al. (2004), l’estensione di questo organulo potrebbe essere correlata, ad un incremento della sintesi proteica.

Nei Pesci e negli Anfibi altri composti ad attività estrogenico-simile (Nicholls, 1968; Hugla and Thomé, 1999) inducono un drammatico incremento del RER, così come osservato dopo somministrazione esogena di 17ß-estradiolo (Islinger et al., 2003).

Una ipertrofia del RER è inoltre riportata in Pesci esposti a contaminati differenti quali sono i bifenili policlorurati (PCB) (Hacking et al., 1978).

Anche la disorganizzazione del RER, la sua frammentazione ed i fenomeni di dilatazione delle cisterne sono già stati descritti e posti in relazione ai meccanismi di detossificazione che si instaurano a livello epatico (Hacking et al., 1978)..

Per quanto concerne gli evidenti fenomeni di steatosi da noi rilevati in tutti i gruppi sperimentali, sono da ritenersi associati alla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Da oltre un decennio è stato dimostrato che i composti nonilfenolici sono in grado di indurre la produzione di ROS in diversi organi e tessuti (Obata and Kubota, 2000; Chitra and Mathur, 2004; Okai et al., 2004; Gong and Han, 2006; El-Dakdoky and Helal, 2007; Hsieh et al., 2009).

La steatosi origina da un insieme di alterazioni metaboliche quali un aumento dell’uptake lipidico e della sintesi di grassi e l’insorgenza di disfunzioni mitocondriali (Meador and Cheville, 2009). I ROS inducono infatti un incremento della permeabilità di questi organuli e il rilascio del citocromo c nel citosol, che a sua volta provoca il disaccoppiamento della respirazione mitocondriale (Meador and Cheville, 2009).

Inoltre, in letteratura è noto che gli estrogeni sono in grado di inibire la ß-ossidazione (Meador and Cheville, 2009); questa condizione porta all’insorgenza di disfunzioni a carico dei mitocondri quali rigonfiamento e comparsa di inclusioni cristalline o granulari all’interno della matrice. In accordo con questi dati, in Lissotriton italicus risultano ben evidenti i fenomeni di “swelling” e di degenerazione del sistema di microcreste.

In generale, tutte le sostanze che aumentano la produzione di radicali liberi a livello mitocondriale rappresentano potenti epatotossine; molti di questi composti sono in grado di innescare i processi di apoptosi attraverso la produzione di elevate quantità di superossidi. Queste specie radicaliche attivano il pathway Trx2/Ask1-tioredoxina2/apoptosi che determina il processo di permeabilizzazione della membrana mitocondriale (Meador and Cheville, 2009).

In aggiunta a quanto riportato sinora, un ulteriore dato a supporto dell’instaurarsi dei fenomeni di morte cellulare programmata è fornito, a livello ultrastrutturale, dagli evidenti segni di condensazione cromatinica e dalla compromissione dell’intero sistema di endomembrane.

68 La cellula morente espone sulla membrana plasmatica residui di fosfatidilserina definiti segnali eat me (letteralmente, mangiami); i macrofagi, possiedono recettori specifici per questo fosfolipide di membrana e risultano responsivi alla presenza di elementi cellulari apoptotici. Questa condizione potrebbe spiegare i fenomeni di infiltrazione macrofagica che si verificano durante il trattamento con NPE e che risultano fondamentali nell’evitare l’instaurarsi di processi flogotici. Fenoglio et al., (2005) hanno riscontrato in esemplari di Rana esculenta provenienti da raccolte d’acqua inquinata, cellule di Kupffer localizzate in prossimità della parete sinusoidale, mentre all’interno del parenchima hanno rilevato la presenza di cellule pigmentate ad attività macrofagica organizzate in cluster e contenenti, all’interno del citoplasma, granuli compatti di melanina.

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