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3 CAPITOLO – MORFOMETRIA FLUVIALE E ANALISI DIGITALI

3.2 Morfometria d’alveo

I fiumi sono considerati delle strutte attive, in quanto soggette a continue modifiche nel tempo. Possiamo definire in equilibrio dinamico un alveo che in un intervallo di tempo di 10-15 anni mantiene mediamente invariate le sue caratteristiche, mentre verrà definito instabile se varia significativamente la sua forma (Rinaldi et al., 2011). Un alveo reso instabile da cause naturali o antropiche, può cercare di ristabilire il suo equilibrio attraverso variazioni latero-verticali (ristringimenti-approfondimenti), attraverso cambiamenti del percorso e attraverso variazioni morfo-sedimentologiche.

Lo studio dei fenomeni di trasporto e sedimentazione, deve essere in grado di valutare gli effetti della mobilità dei sedimenti costituenti gli alvei. Generalmente,

vengono analizzate portata liquida, natura del sedimento, caratteristiche morfometriche del materiale lungo tutto il percorso (granulometria e forma), e modifiche geometriche dell’alveo, per valutare l’evoluzione del corso d’acqua nello spazio e nel tempo.

Le maggiori modificazioni sono rappresentate dalla movimentazione del materiale di fondo, il quale determina una serie di variazioni planimetriche e altimetriche.

Le variazioni planimetriche più comuni sono identificate nella migrazione delle barre, nella variazione del raggio di curvatura del fiume, nell’abbandono di meandro e nelle variazioni di larghezza e sinuosità del corso. Ciò porta ad una modificazione dell’andamento planimetrico del fiume, cioè il percorso della corrente varia nel tempo ad una stessa quota.

Se il materiale di fondo non è in equilibrio, e quindi l'alveo è sottoposto ad un processo erosivo, i sedimenti sottratti vengono depositati più a valle, diminuendo la pendenza dell'alveo. Di conseguenza, a parità di portata, diminuiscono le velocità e quindi diminuisce la capacità di trasporto, fino a raggiungere l'equilibrio altimetrico tra il sedimento eroso e quello deposto.

I fenomeni di erosione e deposito, oltre a modificare la planimetria e l’altimetria dell’alveo, possono essere causa di variazioni di forma della sezione trasversale (Rinaldi et al., 2011), e quindi delle caratteristiche della corrente. La sezione trasversale di un corso d’acqua dipende essenzialmente dal materiale incassante e dalla pendenza. Si parlerà di alvei a fondo fisso quando si avranno fiumi ad elevata pendenza impostati su roccia massiva pressoché privi di sedimenti ad esclusione di grandi blocchi che invadono l'alveo. Parleremo invece di alvei a fondo mobile, quando si avranno pendenze relativamente basse e il letto è inciso in sedimenti incoerenti o poco coerenti con sponde dello stesso materiale o roccia massiva. Gli alvei principali di un bacino idrografico rientrano in questo gruppo in cui i sedimenti presenti in alveo o nella pianura alluvionale possono essere trasportati, costituendo essi stessi una sorgente di sedimenti che si somma a quella dei versanti.

Dal punto di vista granulometrico, si ha una differenziazione da monte verso valle. Le dimensioni del sedimento diminuiscono all’aumentare della distanza dell’area fonte, per usura e dissoluzione dei minerali più solubili. Ma la più importante causa di questa differenziazione è il trasporto selettivo, cioè dalle variazioni di capacità di trasporto della corrente. Al diminuire della corrente con la pendenza, diminuisce anche la capacità di carico e quindi, i materiali più grossolani vengono depositati a monte, mentre arrivano a valle i materiali più fini. Per descrivere questa variazione è stato

introdotto a livello internazionale il termine downstream fining che esprime la differenza del diametro dei grani procedendo da monte verso valle.

La granulometria viene definita come la caratterizzazione in termini statistici di una miscela di particelle di sedimento. Tali particelle sono classificate per categorie convenzionali di differente diametro.

Per ottenere la misura delle dimensioni dei granuli di un sedimento sciolto si ha a disposizione una serie di classificazioni di scale granulometriche (Shepard, 1984; Friedman & Sanders, 1978). Una delle più usate è la scala proposta da Udden- Wentworth (1922), in cui i limiti fra le frazioni granulometriche sono:

> 2 mm per la ghiaia 2 mm – 0,062 mm per la sabbia 0,062 mm – 0,0039 mm per il silt

< 0,0039 mm per l’argilla

Un’ulteriore metodologia di classificazione è quella proposta da Krumbein (1934), il quale propone come unità phi (logaritmo negativo in base 2 del diametro delle particelle espresso in mm). Così facendo, phi (φ) diventa una quantità adimensionata che meglio approssima le caratteristiche logaritmiche della distribuzione dei sedimenti.

Una significativa considerazione sulle caratteristiche morfometriche legate alla distanza dall’area fonte e alla tipologia di materiale (Fig. 3-3), è importante ai fini di produzione di sedimento (Pettijohn, 1957; Le Pera & Critelli, 1997). Ciò potrebbe portare a delle perdite di materiale in soluzione, non più utile ai fini delle dinamiche intra alveo. Nel diagramma seguente viene illustrato come variano le forme e le dimensioni di un frammento di roccia calcarea al variare della distanza percorsa. La diminuzione della granulometria e l’aumento della sua sfericità e dell’arrotondamento in relazione alle perdite di peso, ci permette di intuire che non tutto il materiale prodotto per erosione contribuisce alle dinamiche d’alveo o di unità fisiografica costiera.

Fig. 3-3 Variazione delle dimensione della sfericità e dell’arrotondamento in funzione della distanza percorsa da particelle calcaree. Tale variazioni sono espresse in perdite di peso (Pettijohn, 1957).

Gli elementi che costituiscono gli alvei fluviali, descritti nel paragrafo precedente, combinati tra loro, rappresentano il fattore distintivo tra le varie tipologie di fiume a fondo mobile.

La tipologia di alveo dipende essenzialmente dalla litologia drenata, dalla pendenza, dal trasporto solido e dalle portate.

Una distinzione di base, che generalmente viene eseguita, è quella di suddividere i corsi d’acqua in due categorie, menzionate in parte nel paragrafo precedente; alvei a fondo fisso e alvei a fondo mobile. I primi scorrono sulla roccia e sono pressoché privi di sedimenti. La loro morfologia dipende in gran parte dalle caratteristiche geologiche del terreno. In tali alvei la capacità di trasporto è in genere maggiore rispetto alla quantità di sedimento disponibile e i sedimenti sono continuamente rimossi e smaltiti. Si tratta, in genere, di alvei di montagna caratterizzati da forti pendenze e spesso in erosione. Gli alvei a fondo mobile hanno una pendenza lieve e al variare delle caratteristiche di portata, manifestano forti variazioni morfologiche. In questi alvei, i sedimenti presenti costituiscono essi stessi una sorgente di materiale ma possono anche essere immobilizzati momentaneamente da fenomeni di corazzamento del fondo.

In funzione della posizione all’interno del bacino si avranno fiumi montani, pedemontani e di fondovalle. Questi carsi d’acqua, in base alle caratteristiche

geometriche degli alvei, in base alle forme di fondo e in base alle dinamiche sedimentologiche, verranno classificati in differente modo.

A causa dell’estrema complessità che contraddistingue i sistemi naturali come i fiumi, si è fatto spesso ricorso all’elaborazione di sistemi di classificazione per dividere le varie tipologie di fiumi in gruppi che condividono caratteristiche fisiche comuni. Una classificazione dei corsi d’acqua si è resa necessaria al fine di fornire una migliore comunicazione tra gli studiosi dei sistemi fluviali e per promuove un’ottimale comprensione dei processi fluviali.

Molte sono state le classificazioni dei corsi d’acqua proposte negli anni, distinte tra loro per i diversi criteri di classificazione adottati dai vari autori che le hanno ideate.

Leopold e Wolman, nel 1957, furono i primi a tentare una classificazione, dividendo i canali in tre categorie: rettilinei, intrecciati e meandriformi, stabilendo dei limiti ben definiti tra una tipologia e l’altra. Questa prima classificazione si è però rivelata spesso inadeguata per descrivere molte morfologie fluviali. Così si è progressivamente affermato il concetto secondo il quale si ha un continuo passaggio da una forma morfologica all’altra, piuttosto che dei limiti ben definiti.

Negli anni successivi, numerosi autori hanno proposto diverse classificazioni nelle quali è stato riconosciuto che, ulteriori fattori influenzano i modelli di canale come la granulometria, il carico di sedimenti, la vegetazione, la larghezza e profondità del canale ecc.

Tra i sistemi di classificazione più utilizzati si ricordano Rosgen (1994, 1996), Billi (1994) e Montgomery e Buffington (1997).