2.5 Tipi notevoli di moti continui
2.5.3 Moti rigidi
I moti rigidi sono quelli per cui le distanze tra le particelle sono costanti durante
il tempo.
2.5.8 Definizione. Un moto continuo C : T × D → P `e detto rigido se
C(s,t) : Dt→ Ds, ∀s, t ∈ T ,
`e una trasformazione rigida.
In altre parole, un moto continuo `e detto rigido se, per ogni coppia di particelle, la
loro distanza rimane costante durante il tempo.
2.5.9 Teorema. I moti continui rigidi sono del tipo
C(t,p)(s) = C(t,o)(s) + ˆR(s,t)(p − o) , ∀(s; t, p) ∈ T × D ,
dove (t, o) ∈ D sono i dati iniziali di una qualunque particella del continuo,
C(t,o) : T → P
`e un qualunque moto di tale particella e
ˆ
R(s,t) : ¯P → ¯P
`e una trasformazione ortogonale qualunque, che non dipende da p (e da o), tale che
ˆ
R(t,t)= idP¯ , ∀t ∈ ¯P ,
ˆ
R(r,s)◦ ˆR(s,t) = ˆR(r,t), ∀r, s, t ∈ T .
Dimostrazione. Segue facilmente dalla Proposizione1.3.26. QED
Dunque, un moto continuo rigido `e caratterizzato dal moto di una sua particella
(comunque scelta), che chiameremo “polo” (sul quale non `e imposta nessuna condizione),
e da un operatore di rotazione, che dipende solo dal tempo (e non dipende dalla particella
considerata o dal polo).
Dunque, i moti rigidi hanno solamente 6 gradi di libert`a, di cui 3 dovuti al moto del
polo e 3 all’operatore di rotazione (mentre un qualunque moto continuo ha infiniti gradi
di libert`a).
2.5.10 Corollario. Se C `e un moto continuo rigido, allora abbiamo
ˆ
D = idP¯ , G
¯ = g¯, E
¯= 0 , det ˆJ = det ˆR = det ˆD = 1 ,
δ ˆJ = ˆD¯v= ˆω , = 0 ,ˆ div ¯v= 0 .
Dimostrazione. Tutte le formule precedenti seguono facilmente da ˆJ = ˆR . QED
2.5.11 Proposizione. Sia C un moto continuo rigido. Si considerino due istanti
s, t ∈ T .
Allora, ˆR(s,t) `e un operatore di rotazione attorno al suo asse principale ¯r(s,t) con
autovalore 1, detto asse di rotazione relativo agli istanti t ed s .
Studiamo ora un moto continuo analizzando la sua velocit`a.
2.5.12 Corollario. Se C `e un moto continuo rigido, allora la velocit`a `e del tipo
¯
dove o ∈ Dt `e un qualunque punto del dominio iniziale del continuo, ¯vt(o) ∈ ¯P `e un
qualunque vettore, che dipende da o ed ¯Ωt ∈ ¯P `e un qualunque vettore, che non dipende
da o (e da p).
Dimostrazione. Segue immediatamente dal Teorema 2.5.9, considerando la derivata particellare
dell’espressione del moto rigido. QED
Dunque, la velocit`a di un moto continuo rigido `e caratterizzata dalla velocit`a di una sua
particella (comunque scelta), che chiameremo “polo” (sulla quale non `e imposta nessuna
condizione) e dalla velocit`a angolare, che dipende solo dal tempo (e non dipende dalla
particella considerata o dal polo).
Dunque, le velocit`a dei moti rigidi hanno solamente 6 gradi di libert`a, di cui 3 dovuti
alla velocit`a del polo e 3 alla velocit`a angolare (mentre la velocit`a di un qualunque moto
continuo ha infiniti gradi di libert`a).
2.5.13 Nota. La formula della velocit`a di un moto rigido pu`o essere immediatamente
estesa a tutti i punti dello spazio, ottenendo cos`ı la formula
¯
vt(p) = ¯vt(o) + ¯Ωt× (p − o) , ∀(t, p) ∈ T × P ,
che rappresenta la velocit`a del moto continuo rigido di un continuo, il cui dominio spaziale
`e esteso a tutto lo spazio, e che `e “trascinato” rigidamente dal continuo originale.
Per semplicit`a, riferiamoci a tale moto continuo il cui dominio spaziale `e esteso a tutto
lo spazio.
2.5.14 Proposizione. Sia C un moto continuo rigido. Si consideri un istante t ∈ T .
1) Se ¯Ωt= 0 , allora abbiamo
¯
vt(p) = ¯vt(o) , ∀(t, p) ∈ T × P ,
dove o ∈ P `e un punto qualunque.
Dunque, in questo caso la velocit`a `e traslatoria, ossia non dipende dal punto p ∈ P .
2) Se ¯Ωt6= 0 , allora possiamo decomporre la velocit`a in una componente parallela ad
¯
Ωt ed in una componente ortogonale ad ¯Ωt, mediante la formula
¯
vt(p) = ¯vkt(p) + ¯v⊥t(p) , ∀(t, p) ∈ T × P ,
dove
¯
vkt(p) = ¯vkt(o) ,
¯
v⊥t(p) = ¯v⊥t(o) + ¯Ωt× (p − o) ,
dove o ∈ P `e un punto qualunque.
Inoltre, i punti o0 ∈ P , per i quali
¯
appartengono ad una retta rt parallela ad ¯Ωt, detta asse di rotazione istantanea. Se,
scegliamo come polo un qualunque punto o0 ∈ rt, allora l’espressione della velocit`a diventa
¯
vkt(p) = ¯vkt(o0) ,
¯
v⊥t(p) = ¯Ωt× (p − o0) .
Dunque, in tal modo la velocit`a `e decomposta in una componente traslatoria, parallela
all’asse di rotazione istantanea, ed in una componente di rotazione attorno all’asse di
rotazione istantanea.
L’asse di rotazione istantanea `e il limite dell’asse di rotazione
rt= lim
s→tr(s,t).
Dimostrazione. La decomposizione della velocit`a segue immediatamente dal fatto che ¯Ωt× (p − o)
`e ortogonale ad ¯Ωt.
Consideriamo ora il caso 2) e cerchiamo il luogo dei punti o0per i quali ¯v⊥t(o) = 0 . Dobbiamo dunque
risolvere l’equazione lineare
¯
Ωt× (o0− o) = −¯v⊥t(o) ,
nell’incognita o0∈ P , associata all’operatore lineare
ˆ
f : ¯P → ¯P : (o0− o) 7→ ¯Ωt× (o0− o)
ed al termine noto −¯v⊥t(o) .
Tale equazione ammette soluzioni perch´e l’immagine dell’operatore lineare ˆf `e il piano ortogonale ad
¯
Ωted il termine noto −¯v⊥t(o) appartiene all’immagine.
Inoltre, il nucleo dell’operatore lineare ˆf `e la retta ¯rt⊂ ¯P passante per 0 ∈ ¯P e parallela ad ¯Ωt.
Perci`o le l’insieme delle soluzioni dell’equazione `e la retta
rt= o0+ ¯rt,
dove o0 `e una soluzione particolare dell’equazione.
Abbiamo visto che, per un moto continuo rigido, abbiamo E
¯ = 0 e ¯= 0 . Viceversa,
queste due propriet`a caratterizzano i moti rigidi.
2.5.15 Proposizione. Consideriamo un moto continuo C : T × (T × P ) → P . Se
E
¯ = 0 , allora il moto `e rigido.
Dimostrazione. L’idea intuitiva `e la seguente. Se E¯ = 0 , allora le lunghezze dei vettori infinitesimi
sono conservate lungo il moto. Ma questo implica anche che le lunghezze dei vettori finiti sono conservate
lungo il moto.
Pi`u rigorosamente dimostriamo la tesi come segue.
Facciamo innanzitutto un’osservazione preliminare. Si considerino due istanti s, t ∈ T , All’istante
t ∈ T , si consideri una curva
ct: [0, 1] → P .
All’istante s ∈ T , tale curva `e trasformata, per effetto del moto, nella nuova curva
cs:= C(s,t)◦ ct: [0, 1] → P .
Si pu`o dimostrare che, dato che il tensore metrico `e conservato dal moto, allora questa trasformazione
di curve manda geodetiche in geodetiche e quindi rette in rette.
Si considerino ora due istanti s, t ∈ T , un punto p ∈ P ed un vettore ¯h ∈ ¯P . All’istante iniziale t ,
si consideri la curva rettilinea
ct: [0, 1] → P : λ 7→ p + λ k¯hk ,
che collega il punto p ed il punto p + ¯h .
Per effetto del moto, tale curva si trasforma, all’istante finale s , nella curva rettilinea
cs: [0, 1] → P : λ 7→ C(s; t, p + λ k¯hk) ,
che collega il punto C(s; t, p) ed il punto C(s; t, p + ¯h) .
Per le nostre ipotesi abbiamo
Dct(λ) = k¯hk e Dcs(λ) = D(C(s,t))(k¯hk) = ˆR(s,t)(k¯hk) = (k¯hk) .
Possiamo esprimere la lunghezza Lt della curva ct (ossia la lunghezza del vettore ¯h) e la lunghezza
Lsdella curva cs(ossia la lunghezza del vettore C(s; t, p + ¯h) − C(s; t, p)) come segue
Lt= k¯hk =
Z
[0,1]
Dctdλ e Ls= kC(s; t, p + ¯h) − C(s; t, p)k =
Z
[0,1]
Dcsdλ .
Dunque, abbiamo
Lt= Ls.
Tale uguaglianza vale qualunque sia il punto p ed il vettore ¯h scelti.
Abbiamo dunque dimostrato che le distanze tra le particelle sono costanti lungo il moto. Dunque il
moto `e rigido. QED
2.5.16 Corollario. Consideriamo un moto continuo C : T ×(T ×P ) → P . Se
¯= 0 ,
allora il moto `e rigido.
Dimostrazione. Lungo il moto di ciascuna particella, abbiamo
0 = ˆ = δ ˆD e Dˆ(t,t)= idP¯ .
Perci`o, per il teorema di esistenza ed unicit`a delle equazioni differenziali del prim’ordine, otteniamo
ˆ
D(s,t)= idP¯ .
Dunque, abbiamo identicamente E
¯ = 0 . Allora, il Corollario segue dalla Proposizione
preceden-te. QED
Nel documento
Introduzione alla Meccanica dei SISTEMI CONTINUI
(pagine 144-149)