• Non ci sono risultati.

N 12 LINWCF 41 Liem DEL MESEBB ' A

LEGGERE YEHOSHUA, a cura di Emanuela

Trevi san Semi, pp. 316, €18, Einaudi, Torino

2006

Questo volume raccoglie gli atti del convegno "Sguardi incrociati su A. B. Yehoshua" tenutosi all'Università Ca' Fo-scari nel 2005, in collaborazione con l'U-niversità Ben Gurion del Negev. È im-possibile riferire in questa sede di ogni singolo contributo. Ci si limiterà a se-gnalare che gli articoli cercano di copri-re sia l'attività letteraria e teatrale che quella più politica di Yehoshua, e l'in-treccio tra le due, attraverso diverse chiavi di lettura. I temi che sembrano creare un filo rosso fra i vari interventi sono in particolare quelli dell'identità, del rapporto con la storia ebraica e con l'esistenza di una realtà nazionale e quindi con la dimensione politica della scrittura (Marcella Simoni, Yedidiah Yitzhaki, Dan Laor, Amir Banbaji, Dror Mishani, Trevisan Semi, Risa Domb, Ra-chel Albeck-Gidron, Ernesto Franco); del legame con la geografia, della fuga dai confini definiti, del viaggio e della ri-cerca, al tempo stesso, di precisi riferi-menti spaziali (Ephraim Riveline, Avidov Lipsker, Vered Shem Tov, Albeck-Gi-dron); del rapporto con la tradizione let-teraria ebraica, in particolare con Kafka, Agnon, Shabtai (Nissim Calderon, Li-psker, Nitza Ben Dov, Doreet Hopp). Completano il volume gli interventi di Ruben Verhasselt, Marinella Colummi Camerino, Camilla Valletti, Andrea Ca-nobbio, Avidov Lipsker, Gabriella Steindler Moscati, Zahava Kaspi, Eli Shay, Ayelet Shamir Tulipman, Anna Lis-sa. In Italia i romanzi e i saggi di Yeho-shua sono letti e apprezzati. Manca tut-tavia la possibilità di dare una valutazio-ne complessiva della sua opera. Una raccolta di interventi di studiosi italiani e israeliani sulla sua opera viene pertanto a colmare una lacuna. Dal momento che non c'è in italiano una storia della lette-ratura ebraica moderna e riviste specifi-che sull'argomento, il volume rappre-senta un punto di riferimento che per-mette di gettare uno sguardo non solo sulla letteratura critica su questo autore, ma soorattutto sul suo posto all'interno della cultura Israeliana e, se pur molto

parzialmente, sulla produzione scientifi-ca delle università israeliane. Resta il ri-tratto di uno degli scrittori più importanti della Israele di oggi, un intellettuale mol-to amamol-to e molmol-to odiamol-to, capace di su-scitare reazioni forti, impegnato nel pro-getto della costruzione di una "normale" letteratura nazionale, che contribuisce in modo significativo a un dibattito israelia-no che israelia-non risparmia niente e nessuisraelia-no, secondo la nota tradizione iconoclastica dell'ebraismo europeo.

CLAUDIA ROSENZWEIG S T R U T T U R E D E L L ' I M M A G I N A R I O . P R O F I L O DEL NOVECENTO LETTERARIO ITALIANO, a

cu-ra di Rocco Mario Mocu-rano, pp. 536, € 28, Rubbettino, Soneria Mannelli (Cz) 2007

Nato da un corso di aggiornamento per docenti delle scuole superiori e de-stinato nello stesso tempo alla didattica universitaria, il volume si presenta come una sistematica rivisitazione della nostra letteratura novecentesca attraverso nu-merosi approfondimenti saggistici. La sezione intitolata Diacronie esamina le

tappe principali del ro-manzo e della poesia fra le avanguardie storiche e il secondo dopoguerra; la seconda parte dedicata a

Teatro, cinema e letteratu-ra sottolinea

opportuna-mente gli incroci e le con-taminazioni fra linguaggio spettacolare e visivo e

lin-guaggio verbale (soprat- j [ , tutto narrativo); una terza

sequenza di contributi tenta un bilancio a più vo-ci delle metodologie criti-che, dando particolare ri-salto al rapporto con la tradizione e alle tecniche

citazionali; la sezione conclusiva inseri-sce quindi la letteratura italiana nella

Weltliteratur e offre dei contributi

com-paratistici particolarmente stimolanti e aggiornati. Chiudono il volume alcune pagine dedicate agli spinosi problemi dell'insegnamento della letteratura italia-na, oggi in bilico fra gli strumenti

tradi-zionali e quelli informatici, ma sempre le-gato all'imperativo testuale, alla neces-sità di un'analisi ravvicinata e appassio-nata degli autori e delle opere. La molte-plicità dei punti di vista e dei metodi, sia nell'ambito teorico che in quello applica-tivo, è da molti anni una caratteristica dominante della critica letteraria, ne ga-rantisce il legame profondo con la mo-dernità. Aver accordato tale plurivocità a una rigorosa periodizzazione storiografi-ca costituisce il merito principale di que-sto libro curato da Morano, che si pre-senta perciò con una duplice funziona-lità didattica: da un lato come organico panorama della cultura di un secolo, dall'altro come informatissima riflessione sugli strumenti interpretativi oggi dispo-nibili.

MARIOLINA BERTINI

Romano Luperini, I L FUTURO DI FORTINI,

pp. 112, € 12, Mannì, Lecce 2007

Ci si potrebbe chiedere il motivo per cui viene ripubblicato un volume edito nel 1986 da Editori Riuniti con il titolo La

lotta mentale. Si potrebbe intendere la

raccolta di saggi di Romano Luperini come un omaggio a quello che fu un collega negli anni di insegnamento a Siena, nonché un interlocutore, un ami-co, con il quale non sempre c'era con-divisione di posizioni. Ma la novità di questo volume consiste nell'aggiunta,

rispetto all'edizione del 1986, di tre sag-gi, e nel titolo. Titolo che fa pensare a chi porterà avanti nel tempo il pensiero e le posizioni di Fortini. Se i destinatari di Fortini sono coloro che "una passione muove o rode non troppo diversa da quella dell'autore", a chi può interessa-re oggi il punto di vista di un intellettua-le della sinistra italiana, morto ormai da più di dieci anni, uno degli ultimi esem-pi di intellettuali completi, capaci di scrivere poesìa come prosa, di svolgere critica letteraria, di occupare una posi-zione preminente nell'opinione pubblica e nella cultura italiana? La risposta si trova nei saggi raccolti in venticinque anni e più da Romano Luperini, dove emerge un profilo chiaro e completo di Fortini. Nell'analisi luperiniana di Fortini poeta, critico culturale e sociale, esce anche un ritratto della personalità uma-na: la caparbietà, la provocatorietà, il ri-gore morale e intellettuale, il permanen-te bisogno di verifica del presenpermanen-te. Il "futuro di Fortini" sta nella comprensio-ne dei suoi scritti più recenti, quelli ap-parsi sul "Corriere della sera", dove scrisse a partire dalla seconda metà de-gli anni settanta. Nel saggio luperiniano

Fra Calvino e Pasolini. I giovani, la me-moria, l'oblio, il delitto del Circeo del

1975 diventa lo spunto per la discussio-ne sociologica e morale tra le voci più autorevoli del panorama italiano di que-gli anni. Fortini interviene nel dibattito ri-volgendosi in modo particolare ai giova-ni, ammonendoli a non dimenticare, perché "l'oblio è uno dei più spietati strumenti di potere". E vi contrappone la memoria, che altro non è che giudizio storico, ovvero capire quello che si ha davanti, non solo quello che sta alle spalle. Questo messaggio di extrema ratio di un intellettuale tra i più

provoca-tori - e per questo più incompreso e iso-lato - del secondo Novecento italiano vale ancora oggi, forse ancor più oggi, nell'epoca del trionfo del privato e dello sfrenato edonismo consumistico. Per questo l'omaggio di Luperini a Fortini è un rinnovato invito ai giovani - e a chiunque senta l'esigenza di verifica della storia - a prendere posizione e a contrastare l'inerzia del presente.

MARIA GIOVANNA ZINI

E • i o E ^ i o

io

o

• io

io

co

• io

9

co

S J

t / 3

Miroslav Krleza, L E BALLATE DI PETRICA K E -REMPUH, ed. orig. 1956, a cura di Silvio Ferra-ri, prefaz. di Predrag Matvejevic, con uno scrit-to di Joza Skok, pp. 251, tesscrit-to croascrit-to a fronte, € 15, Einaudi, Torino 2007

Miroslav Krleza (1893-1981) scrittore croato, jugoslavo e mitteleuropeo, ha in-fluenzato in modo significativo l'ambien-te culturale e letl'ambien-terario della sua patria a partire dagli anni venti fino alla morte. Dotato di una forte

personalità, di uno spirito ribelle e con-traddittorio, era il più importante intel-lettuale della sini-stra nel periodo del-le avanguardie del- let-terarie tra le due guerre, ma contem-poraneamente an-che un forte opposi-tore del "realismo socialista" e del dik-tat sovietico che nel

1948 cercava di "prescrivere"

impo-nendo leggi alla letteratura. Krleza si op-poneva invece a qualsiasi propaganda politica nell'arte e nella letteratura, impe-gnandosi per l'autonomia creativa e le li-bertà espressive. In Italia le sue opere incominciano a essere conosciute e ap-prezzate a partire dagli anni sessanta, quando su riviste come "L'Europa lette-raria" e la "Nuova Rivista europea" viene presentato con testi critici o brevi

tradu-zioni. Negli anni ottanta vengono tradot-te da Silvio Ferrari le sue opere migliori presso varie case editrici: Studio Tesi pubblica II Dio Marte croato nel 1981, Il ritorno di Filip Latinovicz nel 1983, Sul-l'orlo della ragione nei 1984, Costa &

Nolan la pièce teatrale I Signori Glem-bay nel 1987 e un volume di saggistica

critica Bellezza, arte e tendenza politica

nel 1991. Nell'antologia curata da Luigi Salvini Poeti croati moderni (Garzanti,

1942), appare un primo, parziale tentati-vo di traduzione delle Ballate di Petrica Kerempuh, alla cui stesura l'autore

ave-va lavorato negli anni 1935-36. Questa edizione integrale presenta invece tren-taquattro componimenti, disomogenei per struttura (da liriche costituite da po-chi versi a lunghe poesie, assimilabili ad autentici poemi), ma compatti per il filo conduttore che li lega. Krle2a ha qui

adottato non soltanto un genere lettera-rio di origine popolare, le ballate appun-to, bensì anche un linguaggio inconsue-to. Si tratta di una forma arcaica, dialet-tale del kaikavo, diffusa nella regione a nord di Zagabria. Diversa dalla lingua letteraria o dalle forme dei dialetti urba-ni, risulta più vicina alla lingua dei con-tadini o a quella degli antichi libri di pre-ghiere. Il linguaggio delle Ballate è

quin-di il frutto quin-di una scelta precisa e origi-nale dell'autore, una sintesi di diverse fonti, ricca dal punto di vista fonetico, morfologico e lessicale, perché meglio corrisponde alle capacità espressive del protagonista principale Petrica Kerem-puh che, rappresentante dello spirito popolare, ma anche poeta dotto, è un vagabondo allegro e spensierato pur se melanconico e triste, perseguitato in tut-ti i tempi e in diversi modi. Con i versi di Kerempuh il lettore percorre il destino del singolo e di tutto un popolo: la tragi-ca rivolta contadina guidata da Matija Gubec nel 1573, le lotte e le devastazio-ni delle terre da parte dei turchi, fino al-la comparsa del fascismo e agli avveni-menti che portano alla seconda guerra mondiale. La storia è dunque protagoni-sta della narrazione poetica, dai versi in-troduttivi Petrica e gli impiccati, scanditi

dalla mandola di Kerempuh, fino al Pla-netarium, nel quale cade la maschera

del protagonista a rivelare il poeta stes-so: "Nel buio, in cantina, (...) / mi sono messo a latrare come un cane solitario, / che sanguinando muore per davvero".

LJILJANA BANJANIN

Else Lasker-Schiiler, I L MIO PIANOFORTE AZ-ZURRO, ed. orig. 1943, a cura di Fernanda Ros-so ChioRos-so, pp. 107, testo tedesco a fronte, € 10, Manni, Lecce 2007

In quell'inizio di Novecento che vide l'ar-te, in Germania, rivendicare per sé la verità della visione, Else Lasker-Schuler non esitò a schierarsi dalla parte del sogno, ricon-quistando alla poesia la sua vocazione uto-pica. Tutto ciò, con il rischio di essere frain-tesa, intesa soltanto quale personaggio ec-centrico, come pensava di lei Kafka, una di quelle apparizioni che, nella Berlino degli anni venti del Novecento, faceva una parte scontata nel variopinto teatro della vita arti-stica. A dissipare simili pregiudizi non ba-stò neppure la fortuna critica delle sue poesie e dei suoi romanzi, che soprattutto a partire dagli anni settanta suscitarono tanto interesse nelle discussioni sulla co-siddetta "scrittura femminile". Soprattutto i versi di Else Lasker-Schuler restano anco-ra da scoprire. Un aiuto viene oanco-ra dalla pubblicazione della sua ultima raccolta liri-ca, Il mio pianoforte azzurro, apparsa a

Gerusalemme nel 1943. L'edizione, con te-sto tedesco a fronte e a cura di Fernanda Rosso Chioso, alla quale si deve anche l'i-spirata traduzione italiana, comprende una delle più coraggiose proteste contro la Germania nazista, i versi azzurri e sconso-lati della lirica che dà il titolo alla raccolta e che consente di comprendere perché Gottfried Benn riconobbe in Else Lasker-Schuler "la più grande poetessa che la Germania abbia mai avuto".

AMELIA VALTOLINA E • K> CO OD «

GQ

L'INDICE

• • D E I L I B R I D E L M E S E B H

o

C

o

o

o

C O

Michele Alacevich, L E ORIGINI DELLA BANCA M O N D I A L E . U N A DERIVA CONSERVATRICE,

pp. 261, €24, Bruno Mondadori, Milano 2007

A maggio 2007 la Banca mondiale ha celebrato sessant'anni di attività operati-va, dal primo prestito effettuato (alla Francia) nell'ambito dei processi di rico-struzione post-bellica. C a d e d u n q u e particolarmente opportuno il bel libro di Alacevich, a ricordarci la complessa vi-cenda sottesa al passaggio di fase del-la banca, a cavallo degli anni quaranta, dal sostegno alla ricostruzione alla "sua seconda missione, ovvero il sostegno al-lo sviluppo dei paesi membri economi-camente arretrati". È una vicenda, mo-stra l'autore, intessuta di conflitti e pole-miche, ideologici,

istituzionali e per-sonali. Non senza q u a l c h e ridon-danza di echi teo-rici (incluso un ri-ferimento alquan-to estrinseco ai travagli creativi di Brecht), che ne d e n u n c i a n o l'ori-gine in una tesi di

dottorato, il libro combina efficacemente una buona padronanza della letteratura di sociologia economica e istituzionale, lontana e vicina (da Merton a Granovet-ter), con una vasta esplorazione negli archivi della banca. E fornisce dunque un contributo originale, che copre un vuoto nella storia economica e del pen-siero economico. La "deriva conservatri-ce" del titolo allude all'affermarsi, negli anni indicati, di una linea strettamente informata ai dettami dell'establishment

di Wall Street ("Non possiamo perdere tempo con l'istruzione e la salute! Siamo una banca!") rispetto alla possibilità di accogliere "anche punti di vista più aperti e più vicini alla complessa realtà non solo economica, ma anche sociale, dei paesi in cui la banca intendeva in-tervenire".

FERDINANDO FASCE

l'impianto complessivo, che avrebbe ri-chiesto una nuova introduzione o almeno una nota redazionale esplicativa.

( F . F . )

Serge Latouche, L A SCOMMESSA DELLA DE-CRESCILA, ed orig. 2006, trad. dal francese di Matteo Scianchi, pp. 218, €16, Feltrinelli, Mi-lano 2007

"Siamo letteralmente invasi dagli ogget-ti, in media ne possediamo 10.000 contro i 236 dei navajo! In Francia, negli scaffali dei grandi centri commerciali ne sono di-sponibili 15.000 diversi". Come nella mi-gliore tradizione dell'immaginazione

so-Giovanni Arrighi e Beverly J . Silver, CAOS E GOVERNO DEL MONDO. COME CAMBIANO LE EGEMONIE E GLI EQUILIBRI PLANETARI, ed.

orig. 1999, trad. dall'inglese di Michele Alace-vich, Luigi Garanti, Raffaella Chelotti e Mari-nella Giambo, pp. 374, € 12, Bruno Mondado-ri, Milano 2007

Una dozzina d'anni fa l'economista e sociologo Giovanni Arrighi, da anni tra-piantato negli Stati Uniti, gettava nel di-battito sul "secolo breve" la documenta-tissima provocazione del "lungo XX se-colo", come titolava un volume di quasi cinquecento pagine, prontamente tra-dotto in italiano, che inseriva il "secolo americano" in una complessa trama di precedenti cicli egemonici (genovese, olandese e britannico). Cinque anni do-po, Arrighi e alcuni suoi colleghi tornava-no sul tema, rileggendo quattro grandi controversie in corso a fine millennio alla luce delle due ultime "compiute transi-zioni" egemoniche moderne, dall'Olanda alla Gran Bretagna e da questa agli Sta-ti UniSta-ti. Quel libro arriva oggi in traduzio-ne italiana, in quattro densi capitoli dedi-cati, rispettivamente, ai processi dì sosti-tuzione di uno stato egemonico da parte di un altro, al rapporto fra stati e forze economiche all'interno degli stati egeni, al ruolo del conflitto sociale nel mo-dellare le egemonie mondiali e ai cam-biamenti "nell'equilibrio di potere tra ci-viltà, associati alle transizioni egemoni-che". Il risultato, corredato da cinque "enunciati" conclusivi sulla fine millennio, è un libro ricco di dati e idee. Ma che purtroppo risente degli anni trascorsi dall'edizione originale pre 11 settembre. Ne esce esaltata una certa rigidità

del-ciologica, Latouche parte da piccole, cru-ciali osservazioni che affondano nella quotidianità per tessere pazientemente una tela di analisi e di denuncia ispirata anzitutto al buon senso. È il buon senso che apre una salutare finestra sulle tante irrazionalità di scelte ispirate a miopi de-terminismi economici, con conseguenti sprechi dei quali si parla solo quando l'e-mergenza rifiuti ha superato ogni limite di guardia. Basti pensare che "in Italia, il 15 per cento della carne, il 10 per cento del pane e della pasta prodotti finiscono nella spazzatura, ovvero 1400 tonnellate al giorno e 5 milioni di tonnellate all'anno di pane, e 1,5 milioni di tonnellate di pasta". Di qui la proposta della "decrescita" inte-sa come sforzo "di abbandonare la fede e la religione della crescita, del progresso e delio sviluppo" e di "suscitare un numero sufficiente di comportamenti virtuosi in fa-vore di una soluzione ragionevole: la de-mocrazia ecologica". Non immune da una certa genericità e da qualche involontaria caduta retorica - "la crescita (...) un terri-bile virus e una droga" - , la proposta del-l'autore snocciola tuttavia una tale am-piezza di concreti disastri provocati dal conformismo e dalla mancata innovazione sociale da compensare ampiamente le forzature o l'assenza di approfondimento di questo significativo lavoro.

( F . F . )

Tibor Scitovsky, L'ECONOMIA SENZA GIOIA,

ed. orig. 1976, trad. dall'inglese di Viviana Di Giovinazzo, pp. 452, €32, Città Nuova, Roma 2007

Leggere che "molte soddisfazioni che provengono dallo stimolo (...) sono il ri-sultato di un consumo esperto (skilled consumption) e richiedono un investi-mento iniziale di tempo e fatica per au-mentare la nostra capacità di provare piacere per la vita" può risultare oggi quasi scontato, alla luce della letteratura accumulatasi sul ruolo attivo del consu-matore. Tuttavia scriverlo nella prima metà dei settanta, come si faceva in que-sto libro, che compare oggi per la prima volta in edizione italiana, aveva un carat-tere di pionieristica provocazione. L'au-tore era un attempato studioso di origini ungheresi, emigrato in Inghilterra (dove aveva studiato con Hayek e Robbins e stretto amicizia con Kaldor e Kalecki) e poi, dal 1939, negli Stati Uniti. Il forte ta-glio interdisciplinare, cioè psicologico e culturale, dell'analisi economica, che ne fa ancora oggi un possibile punto di inte-resse, condannò Scitovsky a una cronica difficoltà di inserimento accademico.

Giocate attorno alla tensione fra comfort, cioè routine e noia, e novità, nonché alla distinzione, mutuata da Ralph Hawtrey, tra beni "difensivi" (che servono "ad alle-viare una pena, un fastidio o un disagio") e "creativi ("che sono perseguiti al solo scopo del piacere positivo che essi crea-no"), le analisi del comportamento eco-nomico individuale costituiscono, come osserva Marina Bianchi nella sua prefa-zione, "la parte più stimolante e originale di questo libro"; un libro meno organico e scintillante dei lavori di Hirschman sulla tensione pubblico/privato, certo, ma non privo di spunti ancora oggi utili.

(F.F.) Moisés Nai'm, ILLECITO. C O M E TRAFFICANTI, FALSARI E MAFIE INTERNAZIONALI STANNO PRENDENDO IL CONTROLLO DELL'ECONOMIA GLOBALE, ed. orig. 2005, trad. dall'inglese di Paolo Canton, pp. 364, €16, Mondadori, Mi-lano 2007

Viene da sospettare che esistano fonti di reddito "alternative": leggere il libro di Naim alimenta questi cattivi pensieri. È im-pressionante il flusso di denaro sporco, che viene riciclato attraverso operazioni commerciali e attività di piccola impresa gestite da semplici cittadini al di sopra di ogni sospetto. Lo stesso dicasi per il tra-sporto e lo spaccio di droga. La globaliz-zazione ha le sue grosse responsabilità, avendo dato opportunità di espansione ai traffici. L'economia illecita mondiale ha del resto protagonisti maggiori e minori, e sempre più difficile è distinguere la vittima. L'utente finale del prodotto contraffatto o della sostanza stupefacente alimenta quel traffico nel momento stesso in cui perse-gue il proprio utile o piacere personale. La libertà dei movimenti di capitale, come di persone e di merci, è il marchio di fabbri-ca della globalizzazione. Inevitabile che a beneficiarne fossero tanto i commerci leci-ti quanto gli illecileci-ti.

Naim ne offre alcuni esempi. Minaccioso è un fatto: il traffico il-lecito (droga, organi umani, prostituzione

Documenti correlati