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Giuse Lazzari, I L GRIDO DELLA CATALPA, pp.115, € 11,50, Passigli, Firenze-Antella 2004
Un romanzo sul ritorno e sul cambiamento, sulla fine della modernità e della gioventù, sul-la provincia e su quel che nasconde. L'edito-re Passigli lo pubblica in una collana di my-stery scelti da Raffaele Crovi, un esperto del genere. E lo presenta in copertina Bruno Gambarotta, un esperto di provincia. Ma qua-le provincia che possa riguardarci ha scelto Giuse Lazzari nel pulviscolo del mondo? Il pri-mo capitolo, con il funerale del protagonista, disegna una cornice e nomina non meno di una ventina dì partecipanti, dal maresciallo Talevi a Marta Antonia Vittoria. Sono per ora soltanto nomi, a cui dà seguito la narrazione sviluppando le singole storie e avvolgendole attorno alla ricorrente scena del funerale e al-la strana morte di Jos Asad. La lentezza im-posta dalla complicata struttura non sembra tuttavia tempo perso. Questo infatti è un libro intelligente, pieno di verosìmili donne con bel-le teste e ardui amori. La realtà romanzesca consiste invece principalmente nella vita e morte di Jos, giamaicano di Trinidad, che a vent'anni scappa in Inghilterra e poi gira il mondo, è un militante politico, forse un assas-sino, è un suonatore, uno scrittore, un prota-gonista, forse solo un
bugiardo, e infine arri-va e cerca casa a Bor-go San Giustino di Ivrea, e una notte, con la bicicletta, cade. At-traverso il segreto dì una vita, o della vita, Giuse Lazzari fa lam-peggiare visioni allar-gate, storiche. La prin-cipale è l'incontro di culture, il grido silen-zioso dei migranti. La seconda è una storia degli anni settanta, strani movimenti e speranze di strana gente. Poi c'è la storia di Ivrea e il ricordo del-la Fabbrica (con del-la maiuscola nel testo,
perché è sempre l'Olivetti dì Volponi e del Me-moriale, una vana metafora della razionalità) e il tentativo di interpretarne globalmente la per-dita: 1999, attacco alla Siria e ultimi licenzia-menti a Scarmagno. Questo è un libro ambi-zioso. Oppure è soltanto un bel romanzo di uomini che picchiano donne. L'autrice Giuse Lazzari, nota finora per aver pubblicato rac-conti e saggi, vi convoglia una ricca esperien-za e operosità. Vive a Ivrea.
LIDIA D E FEDERICIS
presenza non più rimovibile. Compito di Delia è instillarle il dubbio che il suo odio antico per un uomo che, a suo dire, ha lentamente ucci-so la madre adorata, sia ampiamente ingiusti-ficato. Che ora sia un vecchio insopportabile è l'atroce verità che le leggi del degrado fisi-co (e lo sguardo limpidamente materialistifisi-co dell'autrice) impongono: ma, per Delia, Adria-na ha il duplice dovere di difendere se stessa e la sua indipendenza dalla forza centripeta (e distruttiva) che la necessità dell'assistenza al padre esercita. L'uomo, peraltro, si rivela dop-piamente intruso: fra Adriana e i suoi ricordi, ma anche fra le due amiche, che spesso si trovano a litigare a causa sua. E anche questa doppia possibilità di lettura, in fondo, va all'at-tivo del romanzo.
GIUSEPPE TRAINA
sercizio: "Alla maniera di John Dos Passos, 42° parallelo"). Anche se nella seconda par-te del racconto il narratore ritorna tra la gen-te (congen-templa la ragazza che è entrata nel-l'ambulatorio davanti a lui, e cerca il discor-so con lei), il tòno rimane leggero ed ediscor-sor- esor-nato, perché strettamente personale, ironico e autoìronico: "Con discrezione (...) accen-nai alla calura di quell'agosto (...) 'Per fortu-na degli studenti che almeno non hanno do-vuto soffrire in periodo di esami' insinuai. Malgrado tale mia galeotta allusione (...), al contrario della manzoniana monaca di Mon-za, la sciagurata non rispose". Così Canali gioca la sua partita con il reale, e con le pro-prie sovrastrutture colte; trasmigrando dalla cultura classica che gli è propria alle media-zioni moderne e modernistiche, con piena consapevolezza di queste ultime e dei propri mezzi.
COSMA SIANI Luca Canali, P O T R E S T I AVERLI GIÀ INCONTRATI A
UNA FERMATA D'AUTOBUS, pp. 189, € 14, Manni,
Lecce 2004
Si arriva a pagina 79 di questi racconti con la convinzione che l'autore sia interessato a lacerti naturalistici di realtà proiettati in nar-razioni brevi. Infatti, confortati da quanto di-ce il titolo e ribadisdi-ce la quarta di copertina ("Canali ha conosciuto da vicino decine di situazioni diverse e migliaia dì persone"), si
Carla Cerati, L'INTRUSO, pp. 173, € 13, Marsilio, Venezia 2004
Come I pupi di Stoccolma di Vincenzo Lui-si, un altro recente romanzo edito da Marsilio, quest'Intruso della grande fotografa Carla Ce-rati pare proprio una bella invenzione narCe-rati- narrati-va sciupata da una scrittura povera di rielabo-razione formale. Il suo maggior pregio, per il lettore che chieda capacità di sincero scavo psicologico (e anche il suo limite, per chi ab-bia gustijetterariamente più scaltriti), sta infat-ti nell'immediatezza con cui svela la comples-sità di un rapporto padre-figlia. L'intruso sci-vola via con la scorrevolezza di una lunga conversazione tra due amiche, molto somi-gliante a un setting analitico, visto che quasi sempre è Adriana ad aver bisogno dell'amica Delia per meglio capire se stessa. Non si trat-ta, invero, di un ininterrotto dialogo, ma anche le parti in cui il narratore esterno riprende la parola sembrano presupporre un'interlocutri-ce, e molte sono le trascrizioni di lettere o te-lefonate. Una bell'argomento, dunque: un pa-dre odiato per tutta la vita che. ormai cente-nario, vedovo per la seconda volta e malan-datissimo in salute, diventa per Adriana una
direbbe ci sia qui il desiderio di rispecchiare storie di vita. Una per tutte II palestrita, vita e imprese di un cascatore del cinema, super-sexy ricercato da attrici prima, da signore che frequentano la sua palestra poi, deluso dalla donna della sua vita, la prostituta Vera, che se ne va in Messico col suo nuovo ami-co Toni. Essendo questa la sua tensione maggiore - un rispecchiamento della varietà umana del mondo - , Canali concede ben poco al testo in quanto parola: al massimo una ricerca del vocabolo esatto o lievemen-te prezioso senza forzare la colloquialità del dettato, e nulla a quanto possa giocare sul lessema; tutto scorre dettagliando momenti di vita, oppure sorvolando vite intere, come fa appunto il padre del realismo naturalistico Zola quando incastona medaglioni di intere esistenze nell'architettura narrativa maggio-re. Ma giunti alla pagina detta si apre im-provvisa una narrazione, Sala d'attesa, che sembra sovvertire il suo modulo: un pastiche ricavato dalla cronaca giornalistica, ricama-to di raffinati orpelli verbali e del pensiero. Ci coglie di sorpresa, questo cambiamento di registro, e segna come il passaggio a mag-giore freschezza verbale: è la libertà del gio-co gio-con la realtà rispetto all'impegno di ripro-durre una realtà materiale e psichica, e sof-frire con essa: "La Quercia è divisa, l'Abete (Luigi, Confindustria) anch'egli plaude, la scala mobile perde, la scala reale o all'asso o alla regina vince". La sensazione è libera-toria; ma proseguendo nel racconto scopria-mo il gioco; siascopria-mo in un ambulatorio medico e il narratore-paziente sta sfogliando dei giornali che lo immergono nei fatti del mon-do (la storia, a ben vedere, comincia col ri-ferimento "naturalistico" alla rubrica che il narratore legge: '"Occhio sul mondo', n. 1, agosto 1992", e con epigrafe che svela
l'e-G i o v a n n a l'e-G i o r d a n o , IL MISTERO DI LLTHIAN,
pp. 245, € 16, Marsilio, Venezia 2004
L'ultimo romanzo di Giovanna Giordano, come i precedenti, appare all'insegna di una scrittura fortemente immaginifica e surreale: legata a un registro magico-fiabesco (alla Saint-Exupéry) e a una prosa lussureggiante,
mediterranea, accesa di passioni, sprazzi di lirismi, nonché resa fe-lice da un vero e pro-prio scialo di metafo-re. La lingua è un ita-liano ibridato di siculo (nel solco di D'Arrigo e Camilleri). La storia ha trama alquanto va-riegata, intricata ma scorrevolissima, che inizia a Katania (sic), in una notte del 2062, quando "le stelle verdi saltavano nel vento" e l'Etna eruttava ga-gliardo. Lì Giovanna, la protagonista, incon-tra Samuel, sorta di ebreo errante profugo da una Gerusalemme occupata dai "mamelucchi", il quale vaga per terra e per mare con un chiodo fisso: scoprire il mistero dell'ineffabile Lithian se-guendo le indicazioni disseminate qua e là per la Trinacria dal cabalista medioevale Abulafia. Questo il pretesto narrativo per una fiaba per adulti sulla ricerca d'un luogo utopico che nello specifico si rivelerà poi es-sere Gerusalemme: "centro della terra" in quanto città abitata da varie tradizioni reli-giose, crocevia di culture e metafora del-l'opportunità di convivenze inedite, disposte a riconoscere e accettare la diversità. Ma, per giungere alla meta, Giovanna e Samuel (come accade in ogni testo fiabesco) do-vranno superare innumerevoli prove e vicis-situdini in uno scenario fantasmagorico da Mille e una notte, fra varie isole debitamente vulcaniche, viaggi nel deserto, prigioni, astronavi ed eremiti. Il tutto descritto me-diante un ritmo vivace e scoppiettante, an-che grazie a innumerevoli dialoghi più o me-no straniami, più o meme-no pervasi da un'ironia giocosa e dissacratrice. Ancora, questa fia-ba di Giordano è insieme racconto d'altri tempi, odierno e futurìbile. Non mancano prestiti e citazioni da Omero a Virgilio a Bia-de Runner, né rimandi d'attualità al conflitto israelo-palestinese, né infine sia pur giocosi scenari fantascientifici; ingredienti narrativi, questi, che fanno del Mistero di Lithian una vera e propria sfilza pirotecnica d'invenzioni romanzesche le quali infiammano il romanzo di meraviglia per un "mondo così bello". Mondo senz'altro pervaso da un vitalismo ot-timistico (a onta dei lutti e travagli in cui i due personaggi principali incappano) e ani-mato dalla presenza dì una pittoresca fauna e flora dai colori e dagli afrori intensi e stor-denti.
N. 2 I D E I L I B R I D E L M E S E | 40 1 O i o CO CO
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Marguerite Yourcenar, D A L L A STORIA AL CO-SMO. INTERVISTE SULL'OPERA E SUL DIVENIRE 1971-1979, ed. orig. 1972 e 1999, a cura di Ca-millo Faverzani, pp. 231, €15, Bulzoni, Roma 2004
Dall'ampio corpus delle interviste yource-nariane, questo volume estrapola due bloc-chi di taglio diverso e di ben diverso valore: da un lato le sei "conve'rsazioni radiofoni-che" con Patrick de Rosbo, del 1971, e dal-l'altro il lungo entretìen, egualmente desti-nato alla radio, del 1979, con Jacques Chancel, Se nel dialogo con Jacques Chancel - che andò a trovare la scrittrice nel suo rifugio "in capo al mondo", a Mount Desert Island - trovano spazio la vita quoti-diana, le letture di predilezione e un'impre-vista simpatia per Bob Dylan, è nelle con-versazioni, ben più meditate ed emozio-nanti, con Patrick de Rosbo, che Yourcenar espone la genesi di alcune sue opere e la propria ars poetica, con la stessa lucidissi-ma eleganza che caratterizza le sue miglio-ri pagine saggistiche. De Rosbo sa fare emergere dalla memoria della sua interlo-cutrice frammenti di autobiografia dei più suggestivi: come quello dal quale appren-diamo che II colpo di grazia è stato scritto nell'autunno del '38 a Sorrento, "nella ca-mera in cui Ibsen aveva scritto Gli spettri, affrescata probabilmente da un pittore del paese con schizzi naif che rappresentava-no Ibsen con barba, occhiali e redingote, incoronato dalle Muse nel più puro stile li-berty". Ma è soprattutto là dov'è questione della poetica del romanzo storico che il di-scorso di Yourcenar si fa illuminante: "Ogni epoca, ogni ambiente ebbe il proprio para-metro per interpretare la vita (...) Oggi non pensiamo più esattamente come si
pensa-va nel 1950. Allora è affascinante ritropensa-vare a una data precisa del passato il modo in cui vennero affrontati gli stessi problemi. Così la storia diventa scuola di libertà, insegnan-doci a guardare con occhio nuovo ai pro-blemi e alla routine del presente".
MARIOLINA BERTINI
Jean Giono, N O T E SU MACHIAVELLI. C O N UNO SCRITTO SU FIRENZE, prefaz. di Mario Pozzi, pp. 76, €11,50, Medusa, Milano 2004
Queste Note su Machiavelli, scritte nel 1954-1955 dal romanziere francese Jean Giono (il suo famoso Le Hussard sur le toit è del 1951), e ora tradotte con la descrizio-ne di un viaggio a Firenze descrizio-nel 1953, ci for-niscono un colorito ritratto psicologico di Machiavelli, ma ci dicono pochissimo delle sue grandi opere politiche. Giono si basa infatti sulle lettere familiari e sulle missive di-plomatiche (con particolare attenzione per l'ambasceria in Francia del 1500) e in minor misura sulle Istorie fiorentine. Sono appunti "pittoreschi", che si soffermano sul rifiuto machiavelliano dell'amore e sulla sua miso-ginia, riducendo spesso il pensiero politico a una questione di "temperamento". E non mancano approssimazioni o semplificazio-ni ("S'interessa a una massa. Scrive il ro-manzo della Massa, delle classi', "Il proce-dimento di Machiavelli consiste nel prende-re isolatamente un certo numero di fatti sto-rici, e in particolar modo a inserire i fatti nei comportamenti umani"). Vero ispiratore di questa lettura "sentimentale" è Stendhal, che l'autore cit^tre volte nelle Note e utiliz-za ampiamente in Firenze (esemplare la pagina sulla mancanza di "spirito" nella
conversazione dei Fiorentini come "gente passionale", che parafrasa le famose dia-gnosi di Rome, Naples et Florence). In que-sto dittico, allora, è proprio il resoconto di viaggio a rivelare il tono più autentico di Giono innamorato
dell'Ita-lia. Come quando passeg-gia per Lungarno degli Ar-chibusieri alle sette di sera ("neanche un gatto", nel fortunato 1953) e s'interro-ga su Machiavelli e la ri-cerca del "piacere" o della "felicità": poiché solo que-sto conta, "essere felici", e non le formule politiche o "prendere Pisa". L'entusia-smo di Machiavelli per la vita, romanticamente, si sovrappone a quello del turista Giono per "due pic-coli Chardin" agli Uffizi ("le teste di un bambino e di una bambina"): è
quest'a-more per la bellezza, per il fascino sublime del corpo, a spiegare il Machiavelli non po-litico ma "romanziere" di Giono.
RINALDO RINALDI
Roger Caillois, S P A Z I O AMERICANO, ed. orig. 1983, trad. dal francese di Agnese Silvestri, in-trod. di Vanni Blengino e Annamaria Laserra, pp. 68, € 9, Città Aperta, Traina (En) 2004
Per Roger Caillois, nei primi anni qua-ranta, la scoperta degli immensi spazi lati-noamericani - dalla superficie "lunare" del-le zone minerarie del Cidel-le aldel-le distese roc-ciose della Patagonia, coperte di un
mu-schio "più duro del ferro" - costituisce una svolta importantissima. Se in Europa la sua riflessione nell'ambito dell'esoterico Collè-ge de sociologie aveva avuto per obiettivo polemico la desacralizzata civiltà
moder-na, bisognosa di rigore e di rinnovato eroismo, la contemplazione dell'im-mensa pampa e delle rive desolatissime della Terra del Fuoco la orientano in una direzione del tutto nuova: quella dell'apolo-gia dello sforzo, che, in condizioni spesso estre-me, "consacra la vita del-l'uomo a un compito dal quale essa riceve la sua grandezza". È proprio al-l'incontro tra questo sfor-zo civilizzatore, cantato dal suo poeta prediletto, Saint-John Perse, e la ter-ra sconfinata che "nella sua lunghezza raggiunge quasi la misura dell'intero globo", dispiegando "l'intera gamma climatica fino in prossimità delle fredde e brumose solitudini attraversate dall'asse del pianeta", che sono consacra-te' le pagine di Spazio americano, redatte nel 1949, dopo il ritorno in Europa. Que-st'accurata edizioncina le presenta corre-date da un'introduzione di Annamaria La-serra, che le inserisce nell'evoluzione del pensiero di Caillois, da un saggio di Vanni Blengino sul contesto letterario latinoameri-cano e da una bibliografia dei testi di Cail-lois. e su Caillois apparsi, fra il '39 e il '67, sulla rivista argentina "Sur", fondata dalla sua amica Victoria Ocampo.
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Giuseppe Billanovich, I T I N E R A . V I C E N D E DI LIBRI E DI TESTI, a cura di Mariarosa Cortesi, pp. XXIV-756, 2 voli., €39, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2004"Un filologo deve essere preparato al pronto impiego, come i pompieri", dichia-ra il gdichia-rande filologo autore di questi saggi. Ed è precisamente un'appassionante vi-cenda di spostamenti e interventi nello spazio e nei tempo del patrimonio cultura-le europeo, fra medioevo e Rinascimento, che quest'opera postuma di Billanovich descrive con straordinaria vivacità. I suoi Itinera, riecheggiando nel titolo la gloriosa tradizione erudita che da Jean Mabillon giunge fino a Paul Oskar Kristeiler, sono esplorazioni di biblioteche e archivi, con-trolli di manoscritti e documenti, ma anche appassionanti scoperte, come l'identifica-zione del codice liviano di Francesco Pe-trarca e Lorenzo Valla nell'Harleiano 2493 del British Museum. All'eredità medioevale e umanìstica delle Decades è dedicato in-fatti il primo dei due volumi, che raccoglie un gruppo compatto di contributi liviani; mentre il secondo comprende studi di ita-lianistica, ma nel senso più largo di storia della cultura (come nella brillante analisi lessicale su Auctorista, humanista, orator) e sempre con profonda attenzione ai pro-blemi editoriali (come negli studi sulle "canzonette" del quattrocentista venezia-no Leonardo Giustinian). Tutte le pagine, quelle più tecniche e quelle più discorsive, testimoniano un patrimonio di conoscenze e letture straordinariamente ampio: molto più ampio dell'orizzonte a cui si rivolge di volta in volta il critico o il filologo. Paleo-grafia e archivistica, storia della chiesa e delle biblioteche, letteratura latina e volga-re: un immenso patrimonio di erudizione prepara la scrittura, che ogni volta conclu-de con gesto sintetico ed elegante sprez-zatura il grande e spesso invisibile lavoro che la precede. Non è allora un caso se le ricerche di Billanovich, narrate come ap-passionanti romanzi, giungono spesso a rivelare territori inesplorati o a dimostrare un'ipotesi originale.
RINALDO RINALDI
Anusca Ferrari e Paola Ghinelli, BELLEVIL-LE. L ' A L T R A P A R I G I DI D A N I E L P E N N A C , post-faz. di Alberto Giorgio Cassani, pp. 138, € 8,
Unicopli, Milano 2004
Nella collana "Lè città letterarie" esce una guida dedicata al quartiere multietni-co di Belleville, reso celebre dalle avven-ture della tribù Malaussène. Altra Parigi, questa Belleville è la riproposta postmo-derna del più classico mito di Parigi, quel-lo illustrato dai grandi scrittori dell'Otto-cento. Altra rispetto alla Parigi turistica (ma il fenomeno Pennac l'ha trasformata essa stessa in luogo da visitare, come prova l'u-scita di questo libro) e rovesciata rispetto al topos della grande città tentacolare. Un quartiere dal volto umano, dove si sedi-mentano le diverse culture portate dalle ondate di immigrazione che si sono pro-gressivamente riversate in queste zone, le più periferiche ed economiche, tra il di-ciannovesimo e il ventesimo arrondisse-ment. Ma la realtà di oggi
è molto cambiata e i libri di Pennac sembrano nasce-re come nasce-reazione allo sna-turamento subito da un'a-rea condannata dalle ri-strutturazioni a perdere la sua specificità. In effetti, oltre, a rintracciare una precisa topografia dei
luo-ghi fisici sovrapponibili a quelli romanze-schi, il libro documenta efficacemente il carattere nostalgico di questa evocazione: Belleville è divenuta molto appetibile da un punto di vista urbanistico e perciò pre-da di sciagurati architetti ("i becchini di Belleville" secondo La Fata Carabina) che, con il pretesto del risanamento dal "de-grado", trasformano le fatiscenti abitazioni del passato in miniappartamenti molto trendy e costosi, anche grazie, verrebbe da osservare, al nuovo mito bellevìllese della riuscita convivenza delle diversità e delle minoranze. Il libro è corredato da un utile dizionario dei personaggi, che per-mette di orientarsi fra i vari episodi della saga pennacchiana.
PATRIZIA O P P I C I
Mauro Novelli, I L VERISMO IN MASCHERA. L ' A T T I V I T À POETICA DI O L I N D O G U E R R I N I , pp. 269, € 15, Il Ponte Vecchio, Cesena 2004
Con il procedere degli anni, la figura dei romagnolo Olindo Guerrini (1845-1916), autore di un canzoniere tardoromantico dal lirismo esacerbato, ma anche di parodie letterarie, testi satirici d'impronta anticleri-cale e versi socialisti, esce sempre di più dalla memoria collettiva per confondersi nel gruppo, noto ormai soltanto agli specialisti, dei carducciani minori. Eppure, quando, nell'estate del 1877, l'editore Zanichelli mandò in libreria i suoi due primi elzeviri, le carducciane Odi Barbare e Postuma, rac-colta poetica attribuita a un giovane poeta morto di tisi, Lorenzo Stecchetti, ma opera