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I MA rcatori VI sivi

3.1. Come nasce l’esperienza dei marcatori

Per parlare della genesi del lavoro che ha portato all’attuale definizione del protocollo di marcatura testuale, non si può non riferirci al settembre del 2003. Due studenti sordi, che frequenta-vano il Corso di Laurea in Storia, sostennero, senza superarlo, il test obbligatorio sulla verifica delle abilità di scrittura della Fa-coltà di Lettere dell’Università degli Studi di Torino. Tutti coloro che non superavano il test dovevano frequentare un laboratorio di scrittura presso l’ateneo.

A quel punto i nostri “eroici” studenti richiesero di poter fre-quentare un laboratorio in cui si potesse tener conto delle loro particolari difficoltà di scrittura, che non potevano essere equipa-rate a quelle dei coetanei udenti. Il professor Fabio Levi (refe-rente della facoltà per la disabilità) e la linguista Patrizia Faudella (referente dei laboratori di scrittura), grazie alla loro sensibile in-telligenza, compresero che per dei ragazzi sordi sarebbe stato poco proficuo frequentare il previsto laboratorio di scrittura, pen-sato al recupero di abilità di gestione del testo indirizzato a stu-denti ustu-denti.

Fu quindi così che fu avviato un laboratorio sperimentale aperto agli studenti sordi iscritti alla Facoltà. A noi fu chiesto di condurre il laboratorio in qualità di esercitatori.

Dopo un primo periodo di osservazione e di confronto, si giunse ad una proposta didattico–educativa, che portava a sintesi le competenze della linguistica e della pedagogia. Con Patrizia

Faudella, rilevammo l’importanza di lavorare sul cambiamento dell’approccio al testo che i ragazzi sordi adottavano nel processo di lettura. Avevamo notato, infatti, che la totalità degli studenti iscritti al laboratorio avevano la tendenza a ricercare la compren-sione delle singole unità lessicali, facendo inferenze basate esclu-sivamente sul loro bagaglio enciclopedico, in modo scollegato dalle indicazioni fornite dalla sintassi. Ipotizzammo che sarebbe stato importante rendere loro visibili i collegamenti di coesione e coerenza impliciti nella struttura testuale. E così facemmo.

Avendo lavorato per molti anni con i sordi, sapevamo bene quanto fosse importante utilizzare il canale visivo come “veico-lo didattico”. Ispirati inoltre dalla metafora del texus come in-treccio (da etimologia stessa della parola), cominciammo a pen-sare di poter delineare tracce grafiche di questi legami.

Iniziammo a “marcare” i testi con colori, frecce e archetti, per evidenziarne le strutture di coesione testuale. Iniziò così il nostro lavoro.

Figura 1. Esempi di primi esperimenti di marcatura nel labo-ratorio universitario.

III. Educare alla lettura con i MA.VI. 63

La reazione degli studenti fu estremamente positiva. Mostra-vano lo stupore di chi scopre per la prima volta qualcosa di estre-mamente significativo, al fine di migliorare la qualità della pro-pria comprensione dei brani.

La notizia del laboratorio si diffuse, e anche i sordi che fre-quentavano altre Facoltà chiesero di partecipare. Il laboratorio, negli anni successivi, fu aperto a tutti gli studenti sordi iscritti presso l’Ateneo torinese, consentendo ad un numero significativo di loro, durante i setti anni accademici in cui è stata ripetuta l’esperienza, di partecipare attivamente, portando il loro contri-buto e fornendo interessanti suggerimenti sull’uso di questi segni grafici che cominciammo a chiamare marcatori visivi. Ci hanno consigliato ad esempio di rendere flessibile l’uso della marcatura per personalizzare la fruibilità del testo ad ogni singolo allievo.

Inoltre ci hanno suggerito l’idea di una “doppia marcatura” del pronome clitico, per quegli alunni che hanno difficoltà a distin-guerlo dall’articolo e riconoscerlo nella sua “doppia referenza te-stuale”26.

Negli anni in cui abbiamo condotto i laboratori abbiamo avuto anche dei riscontri su quello che aveva significato per loro averli frequentato.

Uno di loro ha dichiarato:

«Rispetto a prima, quando mi metto a leggere, riesco a vedere i collegamenti tra le parole, adesso quando leggo provo delle emozioni».

In ogni caso, la riflessione che più di tutte ci ha stimolato ad un uso più esteso dei marcatori riguardava il loro “rammarico”

per non aver ricevuto un simile input educativo quando hanno imparato a leggere e frequentavano le scuole elementari.

Per procedere con gradualità, abbiamo quindi iniziato a speri-mentare empiricamente l’utilizzo dei marcatori con studenti di scuole di ordini inferiori. Un’esperienza significativa è stata

26Nella frase il bambino correva nel parco e la mamma lo sgridò il pronome clitico è sia una sostituzione di bambino, ma riguarda anche un’azione compiuta dalla mamma.

quella fatta con gli studenti sordi dell’ISISS Magarotto di Torino in cui, per quattro anni, abbiamo condotto laboratori di educa-zione alla lettura e alla scrittura, usando i MA.VI. sia per lavorare sull’approccio alla lettura che per produrre testi.

Figura 2. La marcatura del testo pensata dai ragazzi.

A questo punto, avevamo un protocollo sperimentale da pro-porre nel lavoro con i bambini delle scuole primarie e, grazie al Servizio Disabili Sensoriali del Comune di Torino, abbiamo ini-ziato a condurre laboratori MA.VI. con gruppi integrati di alunni sordi e udenti in diverse scuole della città.

Dopo diversi anni, nei quali avevamo avuto modo di iden-tificare quali fossero le specifiche conseguenze che le limitate abilità linguistiche potevano produrre nell’autonomia di com-prensione del testo, abbiamo lavorato con i più piccoli in modo mirato. Abbiamo individuato i possibili ambiti di lavoro di mar-catura, sia nel livello di riconoscimento della morfologia flessio-nale, sia in quello della ripresa anaforica del testo.

Dalle verifiche effettuate, sono emersi cambiamenti non solo nell’approccio durante la fruizione del testo, ma anche nelle com-petenze di produzione scritta. Nei laboratori abbiamo sempre mantenuto un atteggiamento di osservatori partecipanti e questo ci ha permesso in questi quindici anni di individuare potenzialità e criticità del metodo fino ad arrivare ad una definizione di pro-tocollo che rappresenti il canovaccio di quello che deve comun-que essere una proposta individualizzata.

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Ai fini della nostra breve ricostruzione storica, riteniamo che valga la pena menzionare l’uso dei MA.VI. nella produzione edi-toriale: sono stati pubblicati, infatti, tre libri speciali per la disa-bilità, che contengono rielaborazioni di fiabe indirizzate a tre di-verse fasce d’età, che oggi fanno parte della mostra di libri pen-sati per la disabilità, “Vietato non Sfogliare” a cura di AREA On-lus27.

Figura 3. La copertina di uno dei tre libri28.

Anche se questo non rappresenta l’ambito privilegiato di ap-plicazione, in quanto la vera potenzialità del metodo sta nell’uso diretto e individualizzato che fa l’educatore per rendere fruibile autonomamente il testo al suo allievo, riteniamo che questi libri possano rappresentare un modello di lavoro per insegnanti ed educatori che vogliano cimentarsi con il metodo dei MA.VI.

In questi anni, il percorso che abbiamo cercato di sviluppare nel nostro lavoro, senza alcuna pretesa di “genialità inventiva”, è stato quello di sistematizzare le possibili marcature delle strutture morfologiche e sintattiche, cercare di individuarne i criteri guida, i tratti grafici più funzionali e un possibile protocollo esportabile

27 http://www.areato.org/progetti-speciali/vns/

28 http://www.arcaedizioni.it/shop/3-arte-letteratura-poesia

e riproducibile, con lo scopo di rendere fruibile il testo ai lettori sordi.

Da alcune ricerche svolte, abbiamo visto che anche altri, tra cui logopediste e educatori, avevano utilizzato la colorazione di alcune referenze grammaticali.

In particolare ci sembra importante segnalare alcune “marche tipografiche” che abbiamo trovato in libri di testo per sordi29della seconda metà dell’Ottocento, fatte con i caratteri grafici disponi-bili al tempo, relativi ad elementi morfologici.

Ne riportiamo di seguito alcuni esempi:

per differenziare il verbo essere dalla congiunzione;

Figura 4. Esercizi graduati di scrittura, Volume 2, pagina 18.

⎯ per evidenziare le concordanze di numero;

Figura 5. Esercizi graduati di scrittura, Volume 1, pagina 22.

29G. FERRERI, Esercizi graduati di Lettura, proposti ai sordomuti italiani, Tip. Ar-civ. S. Berrnardino Edit., Siena 1988–89.

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⎯ per mostrare i meccanismo della rinominalizzazione attra-verso il pronome.

Figura 6. Esercizi graduati di scrittura, Volume 1, pagina 18.

Davvero straordinario, soprattutto se si tiene conto che la lingui-stica come scienza doveva ancora strutturarsi.

Riteniamo che i progressi fatti negli studi di linguistica e la maggiore consapevolezza pedagogica sui processi di apprendi-mento abbiano reso possibile l’ulteriore passo avanti fatto, ri-spetto agli esempi che abbiamo mostrato, nei termini di una si-stematizzazione organica delle modalità di rielaborazione dei te-sti per renderli accessibili e fruibili autonomamente.

Il nostro protocollo quindi si propone come vademecum attra-verso il quale esportiamo le nostre esperienze, rendendole dispo-nibili ad altri educatori ed insegnanti che potranno utilizzarle per i loro allievi sordi.

Tornando al 2003 e agli obiettivi che ci eravamo dati nei la-boratori sperimentali di scrittura, abbiamo proseguito il nostro lavoro di ricerca nella direzione di una sempre più chiara e fun-zionale individuazione del modo in cui gli elementi grammaticali e linguistici che strutturano il testo possano essere resi visibili:

ecco come siamo giunti al nostro protocollo MA.VI.

3.2. I MA.VI.e il loro utilizzo

Cisotto (2013) ci ricorda che «è opportuno che gli insegnanti ren-dano accessibili testi complessi adattandoli agli alunni con difficoltà di comprensione, in modo tale che questi non siano pri-vati della possibilità di fruirli anche in autonomia» (p. 121).

Più facile a dirsi che a farsi! La complessità del problema è, infatti, tale per cui si potrebbe essere indotti ad affrontare il la-voro sul testo attraverso modalità che definiamo “assistenziali”:

si lavora a posteriori della lettura, fornendo spiegazioni conte-stuali dei significati di quel testo, hic et nunc.

Un autentico lavoro educativo, invece, dovrebbe mettere lo studente nella condizione di fruire il testo, rendendoglielo acces-sibile. È quindi a priori, che occorre predisporre il testo.

Lo abbiamo già detto, ma vogliamo ripeterlo: il lavoro di rie-laborazione del testo al fine di renderlo fruibile autonomamente ad uno studente sordo, deve necessariamente essere ipotizzato a partire dalla conoscenza delle difficoltà specifiche che egli ha, e che probabilmente caratterizzano il suo approccio alla lettura.

È quindi necessario, prima di tutto, effettuare un’accurata analisi dei bisogni, per poi individuare obiettivi educativi con-creti, valutando quali possano essere le strategie didattiche più efficaci.

Analisi dei bisogni

Per esperienza sappiamo bene che parlare di generiche difficoltà di comprensione del testo ha un limitato valore operativo. Rite-niamo quindi che prima di tutto andrebbe effettuata un’analisi linguistica per identificare quali siano le competenze specifiche da sviluppare. Uno dei modi da noi adottato è il seguente que-stionario strutturato:

⎯ riconosce e sa usare la flessione nominale di nomi e agget-tivi (concordanze di genere e di numero)?

⎯ riconosce e sa usare la flessione verbale (concordanza di persona)?

⎯ riconosce e sa usare la funzione di articoli, preposizioni e pronomi?

confonde i pronomi clitici lo/la/gli con gli articoli?

⎯ riconosce il morfema lessicale anche se la parola è trasfor-mata dalla morfologia flessionale?

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⎯ sa usare la concordanza per seguire la traccia della ripresa anaforica?

⎯ identifica i referenti testuali anche nella sostituzione rea-lizzata da rinominalizzazioni, pronomi, sinonimi, iponimi e iperonimi?

⎯ riesce a riconoscere la ripresa anaforica testuale anche in brani lunghi?

⎯ interpreta i connettivi testuali come unità semantiche?

⎯ possiede le conoscenze enciclopediche necessarie ad atti-vare le inferenze per comprendere quel determinato testo?

Queste domande possono fornire una traccia per comprendere quali siano nello specifico le difficoltà su cui è necessario lavo-rare. Esse procedono dall’analisi del testo di superficie a consi-derazioni sul potenziale di inferenza che l’allievo può essere in grado di fare sui significati più profondi del testo.

Definizione degli obiettivi educativi

Una volta identificati i bisogni educativo–linguistici su cui lavo-rare si dovranno definire gli aspetti su cui intendiamo concen-trarci. Focalizzando il lavoro, all’interno di un determinato pe-riodo, su un singolo obiettivo, una volta che questo sarà rag-giunto, si potrà passare al successivo. Suggeriamo di fare un’ipo-tesi progettuale che preveda una gerarchia delle difficoltà emerse per definire obiettivi a difficoltà crescenti, che potranno essere conseguiti gradualmente, in modo progressivo. Ad esempio, in una fase iniziale, si potrebbe usare la marcatura come strumento complementare all’acquisizione di conoscenze grammaticali. In una seconda fase, invece, la si potrebbe utilizzare per favorire il riconoscimento delle strutture sintattiche. Questo rappresente-rebbe una concreta possibilità di affiancare il lavoro educativo a quello scolastico.

Naturalmente l’obiettivo prevalente rimane, lo ripetiamo, quello di educare alla lettura con un approccio che consenta il piacere della comprensione del testo.

Metodologia

Definiti gli obiettivi si potrà iniziare il lavoro con i MA.VI. Se il lavoro riguarda la marcatura morfologica, si potrebbe la-vorare con piccoli brani, strutturati in frasi coordinate, in cui mar-care la flessione degli elementi su cui intendiamo porre l’atten-zione.

Se invece il lavoro riguarda la marcatura di testi complessi, saranno necessari alcuni accorgimenti propedeutici alla marca-tura, per adattare brani particolarmente lunghi:

⎯ inserire nel testo immagini semanticamente pertinenti;

⎯ esplicitare inferenze;

⎯ strutturare il periodo in modo da avere prevalentemente frasi coordinate;

⎯ rendere esplicita la connessione tra i periodi riprendendo i significati impliciti.

Una volta predisposto il contenuto testuale, si potranno utiliz-zare marcatori grafici per rendere visibili i legami di coesione e di coerenza del testo. Essi potrebbero essere usati parallelamente al percorso di apprendimento della lettura.

I tre livelli sui quali si può ipotizzare la marcatura sono:

morfologico (concordanza);

testuale (sostituzione);

logico (connettivi).

I marcatori del protocollo MA.VI. sono colori, caratteri tipo-grafici, frecce ed archetti realizzabili con un semplice word pro-cessor e, su cartaceo, con pennarelli.

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La marcatura morfologica

Essa consiste nel marcare gli aspetti morfologici che potrebbero rappresentare elementi di difficoltà: illustriamo quali sono, a no-stro avviso, i possibili tipi di marcatura morfologica.

⎯ Flessione di articoli, nomi e aggettivi:

la marcatura degli articoli, messa in relazione alla marca-tura della morfologia flessionale del nome e del relativo aggettivo, permetterà all’allievo di focalizzare l’attenzione su quegli aspetti della lingua di solito ignorati in un ap-proccio lessicale.

la festa bella le numerose feste

il compito noioso i tanti compiti

Questo permetterà anche di visualizzare e memorizzare progressivamente i casi “particolari” di flessione dei nomi e degli aggettivi.

la città grande le città grandi

un numero pari dei numeri pari

⎯ Flessione verbale:

i marcatori diventano un utile strumento per evidenziare la morfologia grammaticale, mettendo in evidenza la corri-spondenza tra soggetto e forma verbale.

io prendo la macchina noi prendiamo la macchina

⎯ Le preposizioni30:

dato che il loro ruolo è quello di mettere in relazione di significato due elementi testuali, il marcatore più adatto è, a nostro giudizio, quello di due archetti che uniscano la preposizione ai termini di riferimento31.

La casa di Chiara

Nel caso delle preposizioni articolate, si potrà marcare l’articolo e la flessione del nome a cui si lega.

La casa delle bambole

Il livello di concordanza morfologica è il primo, in termini cronologici, che consigliamo di utilizzare in fase di iniziale alfa-betizzazione, quando, cioè, il bambino sordo non è ancora impe-gnato nella lettura di veri e propri testi, ma soltanto di frasi dalla struttura grammaticale piuttosto semplice.

La marcatura permetterà di avviare precocemente quella meta–riflessione che è l’obiettivo del nostro lavoro, evitando l’in-sorgere e la successiva “fossilizzazione” dell’approccio lessicale.

La marcatura testuale

30 Le preposizioni non fanno parte degli elementi di concordanza, tuttavia esse rap-presentano un nodo critico nel processo di comprensione dei testi per i lettori sordi. Ab-biamo ritenuto, quindi, di inserirli nel protocollo.

31 Nella nostra riflessione abbiamo anche provato ad ipotizzare di marcare in modo diverso le diverse preposizioni. Tuttavia, ciò non è stato possibile dal momento che una stessa preposizione assume significati diversi a seconda del contesto.

III. Educare alla lettura con i MA.VI. 73

Dopo aver consolidato il lavoro sulla concordanza, man mano che il testo da leggere e comprendere si complessifica, potremo passare ad un lavoro più specifico sulla testualità.

I MA.VI. a questo livello marcheranno sia i referenti testuali che le loro sostituzioni (pronomi, rinominalizzazioni e sinonimi).

Questi referenti testuali potranno essere marcati da un colore che sarà utilizzato anche per segnalare altri elementi linguistici ad esso riferiti.

Il bambino e la mamma giocano. Lui è contento

Con questo tipo di marcatura si mostreranno i fili invisibili che legano le parole del testo e che permettono di riferirsi ai referenti all’interno delle diverse frasi senza doverli ripetere continua-mente.

Lì Pinocchio incontrò altri burattini come lui e ne diventò amico.

All’improvviso però, tutti i burattini cominciarono a tre-mare perché… stava arrivando il terribile burattinaio Mangiafoco!

Pinocchio si fece coraggio e gli raccontò la sua storia.

Per quanto riguarda i pronomi, come da esplicita richiesta dei ragazzi sordi, in difficoltà in particolare con i pronomi clitici, po-tremmo inserire l’utilizzo della freccia che esplicita ulterior-mente il referente dell’azione a cui il pronome fa riferimento.

ho visto l’auto: la guidava Gianni.

Questo anche nel caso in cui i pronomi siano incorporati nel verbo.

Gianni, vedi la borsa? Prendila per favore La marcatura logica

Un terzo meccanismo di coesione del testo sono i connettivi. Essi sono preziosi indicatori che guidano il processo inferenziale per l’individuazione della coerenza.

Per connettivi, come abbiamo già detto, non si intendono solo le congiunzioni, ma tutte le espressioni che veicolano la com-prensione della struttura del testo: essi possono cioè provenire da categorie grammaticali molto diverse, come ad esempio verbi, avverbi, locuzioni ecc.

Queste forme «non vengono adoperate per il loro valore se-mantico proprio: tendono anzi a svuotarsi di significato per assu-mere la sola funzione di elementi di coesione testuale» (Serianni 1989 p. 362).

Marcare queste strutture significa segnalare all’allievo questo

“svuotamento” della parola, guidando il focus sul riconosci-mento della funzione di questi elementi e non sul loro significato.

Un esempio chiaro è l’espressione C’era una volta, che non dovrà essere interpretata come “esserci una volta (e non due)” ma come connettivo che denota l’inizio di una fiaba.

Facciamo altri esempi:

Lì Pinocchio incontrò altri burattini come lui e ne diventò amico.

All’improvviso però, tutti i burattini cominciarono a tre-mare perché… stava arrivando il terribile burattinaio Man-giafoco!

Pinocchio si fece coraggio e gli raccontò la sua storia.

Questo tipo di marcatori sono fondamentali quando il bam-bino si approccia ai testi di una certa complessità in cui dovrà non solo comprendere il significato generale, ma anche individuarne la struttura e le relazioni logiche tra le varie parti.

Illustrati i vari tipi di marcatura, per comodità di consulta-zione, riportiamo di seguito la tabella dei marcatori da noi speri-mentati.

Tabella 14. Protocollo MA.VI.

III. Educare alla lettura con i MA.VI. 75

tipo di marcatura

classe di

parola tipo/i di marcatore/i esempio

morfolo-gica

nome

marcatura dei morfemi flessionali (eventuale di-versa marcatura per i

mor-femi derivativi)

stessa marcatura per il morfema flessionale dell’aggettivo e quello del

nome corrispondente

bimbo bravo

verbo

stessa marcatura tra mor-fema flessionale del nome

e quello del verbo (even-tualmente diversa marca-tura per il morfema indi-cante modo e tempo)

il bimbo gioca il bimbo giocava

preposizione

archetti per collegare la preposizione ai due

ele-menti che essa lega

la casa delle

la casa delle

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