PARTE I. SIGNORI RURALI, COMUNE E VESCOVO NEL
3.1. La nascita del Comune e l’aristocrazia consolare a Reggio
La formazione del Comune di Reggio Emilia viene fatta risalire agli
anni ’20/’30 del XII secolo: infatti, nel 1130 vennero menzionati per la
prima volta i consules Regii, cioè Eribertus filius Advocati e Albertus de
Malberto . Il documento, edito da Girolamo Tiraboschi nel XIX secolo e
482non reperibile in originale, riportava la concessione della chiesa e
dell’ospitale di S.to Stefano di Reggio Emilia da parte di Everardo, prevosto
della canonica di S. Prospero infra castrum Regii, ad Alberto, abate del
monastero di S. Claudio di Frassinoro, pro magno et honestissimu servicio,
quod toti Civitati nostre cotidie conferebat . La decisione venne presa con
483il consenso del vescovo (in quel tempo Adelmo ) e quoque Civium tam
484Laycorum quam Clericorum confirmatione et colaudazione. L’atto venne
rogato alla presenza di multi cives: i consoli, diversi esponenti della famiglia
dei Guarini, cioè Michael, Petrus, Anzelus et Albetus, e poi Albertus de
Arcimixio e suo fratello Pietro, Romanus con i figli, Everardo da Monticulo,
Regolosus, Manfredus de Campagnola, Candela, Gregorius e Obertus
Opizonis. La chiusura del documento è indicativa: approvarono la
concessione del prevosto i testimoni presenti qui ad Ecclesiam predictam
conveniebant, verum etiam ex una parte Civitatis et majores et meliores id
COD. DIPL. MOD., III, CCCXLIV, anno 1130, p. 3. Gli studi su questo tema non sono482
molti: ROMBALDI 1964; ROMBALDI 1982, pp. 53-82; BORDINI 2011. Brevi interventi a
riguardo si trovano in: GOLINELLI 1980, pp. 123-125; RINALDI 2001, pp. 251-255, in
particolare p. 254, n. 67; RINALDI 2012, pp. 87-89.
Girolamo Tiraboschi riportava che l’atto, una copia autenticata, era conservato presso
483
l’Archivio Capitolare della Canonica di S. Prospero di Reggio (COD. DIPL. MOD., III, p. 121). Attualmente presso questo archivio è stato possibile reperire solo una trascrizione del documento databile al XVII secolo (ACSP, I, 23 febbraio del 1130, copia di XVII secolo) e non la copia citata dal Tiraboschi. C’è da dire che, forse, lo storico non vide mai direttamente questo l’originale, in quanto gli atti dell’Archivio del Capitolo della Canonica di S. Prospero in Castello vennero trascritti per il Tiraboschi dal prevosto di quella canonica, il conte Gaetano Rocca (ACSP, DCXXV, anno 1781).
Vescovo tra il 1123 e il 1139 (SACCANI 1902, p. 64).
uno ore laudaverunt: la decisione, presa con il consenso del vescovo e dei
consoli, venne supportata anche dai maiores civitatis.
Prima di questa data, potrebbe essere stata indicativa la comparsa a
partire dagli inizi del XII secolo della qualifica di civis regiensis per alcuni
degli attori dei documenti, una definizione prima mai utilizzata e che
potrebbe alludere a una forma di autocoscienza cittadina .
485Un discorso a parte va fatto per un documento che è sopravvissuto fino
ai giorni nostri solo nella trascrizione di uno storico reggiano, attivo tra la
fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, Prospero Fontanesi. Lo studioso
collaborò con Girolamo Tiraboschi, mentre quest’ultimo era impegnato
nella stesura delle “Memorie Storiche Modenesi”, e lavorò tra il 1791 e il
1793 all’Archivio della Canonica della Cattedrale di Reggio Emilia . Nel
486corso di quegli anni procedette al riordino dell’archivio dei canonici, per la
prima volta numerando e sistemando in ordine cronologico la
Il primo documento in cui comparve un civis reggiano risale al 1106 (REG. CAP. RE., A
485
123, p. 455); prima del 1130 si registra solo un altro caso simile (REG. CAP. RE., A 144, anno 1125, p. 457). La definizione di civis divenne leggermente più diffusa nei decenni successivi, per esempio: REG. CAP. RE.,A 148, anno 1131, p. 458; A 158, anno 1139, p. 459; A 184, anno 1148, p.461; A 240, anno 1158, p. 463.
Il problema dell’origine del Comune cittadino è attuale e contrassegnato da una lunga tradizione storiografica; per un riepilogo si rimanda in primo luogo a: CASSANDRO 1977;
GRILLO 2001B; MILANI 2005; VALLERANI 2011. Si veda anche: BORDONE 1983; BORDONE,
JARNUT 1988, pp. 25-43; VALLERANI 1994, pp. 165-230. Riassumendo, la tendenza attuale
è quella di riconoscere le radici del Comune cittadino nel processo di presa di coscienza dei cives che ebbe luogo nel corso dell’XI secolo e nelle concessioni che essi rivendicarono e ottennero in questo periodo. In questo senso si veda: TABACCO 1979; TABACCO 1989;
TABACCO 1993, pp. 320-338; BORDONE 2004.
Limitandoci allaPianura Padana, segnaliamo alcuni studi sulle origini di specifici Comuni cittadini. Per Mantova: GARDONI 2007. Per Ferrara: CASTAGNETTI 1991. Per Parma:
SCHUMANN 1973, pp. 177-265; GRECI 2009; SILANOS 2009; GRECI 2010. Per Bologna:
WANDRUSZKA 1993, in particolare pp. 57-70, 167-179 e 269-371; LAZZARI 2004; VASINA
2007, PIO 2011. Per Milano: ZANETTI 1933; KELLER 1970 e 1995; VIOLANTE 1976B; seppur sbilanciato sull’analisi del periodo compreso tra la fine del XII e il XIII secolo utile anche GRILLO 2001A. Per Modena: ROLKER 1997. Per Piacenza: RACINE 1984A 1984B
1984C e 2009. Per Cremona: MENANT 2004.
Per una sintesi della storia delle istituzioni comunali a Parma, Piacenza e Reggio Emilia:
BORDINI 2011.
Storico e archeologo reggiano nato a Cadelbosco di Sopra (Re) nel 1752 e morto a
486
Reggio Emilia nel 1817. Cfr.: MAZZAPERLINI 1970, p. 400; RAZZOLI ROIO 1997;
documentazione, nonché trascrivendo diversi atti . Il documento da lui
487trascritto, poi andato perso, a cui si faceva cenno, era un breve recordacionis
non datato in cui si enumeravano le violenze perpetrate a Rivalta dai servi
dei signori della famiglia dei da Palude, questi ultimi detti filii Gandulfi,
contro gli uomini della regina ecclesia. Il documento si apriva con questa
frase “Notum sit omnibus hominibus majoribus et minoribus” e si chiudeva
invece in questo modo “Nunc autem iterum deo omnipotenti et beate Marie
cuius res iniuste tenetur ac suis dominis ceterisque consolibus et bonis viris
istius urbis civibus lamentamur, quatenus dei et Sancte Marie amore et
timore ecclesie sue iusticiam faciant” . Dallo storico venne accostato a un
488secondo documento, con contenuti simili, e trascritto anche da Girolamo
Tiraboschi, il cosiddetto “polittico delle malefatte”, documento analizzato
da Vito Fumagalli e da Gloria Casagrande; anche in questo caso l’originale
era andato perso .
489Se il Fontanesi non avesse datato con sicurezza il primo dei due
documenti descritti alla metà dell’XI secolo, lo si sarebbe potuto benissimo
ritenere ascrivibile a una fase matura del Comune reggiano, per lo meno la
seconda metà del XII secolo, visti i contenuti, con la richiesta di giustizia
avanzata dalla Chiesa reggiana ai consoli e ai cives, un’inversione di ruoli
nell’amministrare la giustizia nel territorio suburbano che parrebbe quasi
Citiamo alcuni dei numerosi manoscritti del Fontanesi conservati presso la biblioteca
487
municipale di Reggio Emilia “A. Panizzi”, collocazione “Manoscritti Reggiani”: P.
FONTANESI, Copie di documenti interessanti la storia di Reggio Emilia; P. FONTANESI,
Copie di varie carte e documenti antichi riguardanti la cattedrale di Reggio, ricavati da diversi archivi e libri manoscritti e stampati. Dall'anno 781 all'anno 1574.
CASAGRANDE 1979, p. 129-130, dove viene riportata la trascrizione del Fontanesi di
488
questo documento, che lo storico ritenne originale, datandolo all’incirca all’anno 1040 (P.
FONTANESI, Copie di documenti interessanti la storia di Reggio Emilia, I, 19, ms. presso la
Biblioteca Municipale di Reggio Emilia).
Si tratta di un secondo breve recordacionis che ricorda altri soprusi perpetrati dai da
489
Palude contro la Chiesa di Reggio e i suoi uomini. Fu Vito Fumagalli a definirlo per la prima volta in questo modo (FUMAGALLI 1969B, pp. 423-424; FUMAGALLI 1971A, pp.
65-66; CASAGRANDE 1979; CAMPANINI 2003, pp. 22-25). Per la trascrizione parziale del
“polittico delle malefatte” si veda COD. DIPL. MOD., II, XCV, circa 1040, p. 242. Per la
trascrizione integrale dell’atto per mano di Prospero Fontanesi si veda CASAGRANDE 1979,
pp. 124-127 e P. FONTANESI, Elenchi di documenti vari, 15, manoscritto conservato sempre
presso la Biblioteca Municipale di Reggio Emilia; secondo Fontanesi si trattava di una copia di XII secolo. Cfr. anche nota 360, capitolo 2, paragrafo 1.
inverosimile per la metà dell’XI secolo . Se invece dessimo ragione alla
490datazione avanzata dal Fontanesi avremmo sorprendentemente una prima
attestazione dei consoli reggiani già alla metà dell’XI secolo, mentre meno
sorprendenti sarebbero gli altri elementi, la menzione dei cives con i boni
vires, componenti di spicco di una comunità cittadina divisa tra maiores e
minores . Purtroppo, in mancanza dell’originale letto da Prospero
491Fontanesi, si è costretti a lasciare in sospeso questo problema.
La cronologia della prima menzione certa dei consoli reggiani non si
discosta di molto da quella degli altri Comuni vicini: a Bologna i consoli
Gloria Casagrande ha supposto, addirittura, che il documento fosse più antico del 1040,
490
la datazione ipotizzata da Prospero Fontanesi, poiché in esso venivano citati i servi dei filii Gandulfi; secondo la Casagrande si potrebbe fare riferimento ai figli di Gandolfo, conte di Piacenza (930-q. 980), cioè Arduino I, Gerardo I, Guido I da Palude (vassallo di Tedaldo di Canossa) e Ugo. Tra i soggetti citati nel breve vi era un castellano di Rivalta, il dominus Gibertus, signore dei servi che commisero i soprusi, e un Anselmus e Teuzo filii Euvardi domini. Nella genealogia dei da Palude, tra XI e XII secolo, è stato documentato un solo Gibertus da Palude, in vita alla fine del XII secolo (vedi genealogia della famiglia da Palude).
Su questo documento si veda RINALDI 2001, p. 232. Glauco Cantarella, sempre in
491
relazione a questo atto, ricordava esempi datati all’XI secolo di simile stratificazione urbana: CANTARELLA 2012, pp. 526-527.
sono attestati per la prima volta nel 1123 , a Mantova e a Piacenza nel
4921126 , a Modena nel 1134 e a Parma nel 1149 .
493 494 495Il contesto storico di queste attestazioni è da un punto di vista politico
caratterizzato dalla fine della dinastia attonide, con la morte della contessa
Matilde, e dal contrasto tra il Papato e l’Impero, scontro che continuò a
trascinarsi anche dopo il 1122, l’anno del concordato di Worms.
Il baricentro del potere territoriale dei Canossa era di certo posto nelle
campagne, basandosi sul possesso di un vasto patrimonio fondiario, il
controllo dei castra e di una vasta clientela vassallatica, nonché delle
istituzioni ecclesiastiche rurali. L’unica appariscente eccezione a questa
tendenza fu la politica attuata da Bonifacio di Canossa nei confronti della
città di Mantova: infatti, nel corso della prima metà dell’XI secolo il
marchese tentò di farne una sorta di “capitale” padana dei suoi territori,
probabilmente cercando di controllare parte dei proventi generati dal
commercio praticato dai cives mantovani . Le città e i loro vescovi, nella
496maggior parte dei casi dotati di prerogative pubbliche, “minavano” così “la
REGISTRO GROSSO I, 7, anno 1123, p. 15. Su questo documento si veda FASOLI 1934;
492
VASINA 2007, pp. 447-448.
Per Mantova: COD. DIPL. POL., II, 1, anno 1126, pp. 1-3; si veda anche la precedente
493
edizione del documento in GARDONI 2007, pp. 349-350. Per Piacenza: REGISTRUM
MAGNUM, I, 53, anno 1126, p. 120; su questo si veda RACINE 1984, p. XIX; RACINE 2009.
REG. PONT. ROM., KEHR, V, 13, anno 1134, pp. 303-304: si tratta di una lettera di
494
Innocenzo II al clero modenese, in cui il Papa minacciava la città di scomunica per i misfatti compiuti dai consoli e dal populus modenese contro l’abbazia di Nonantola. Sul documento e per la sua datazione al 1134 si veda: ROLKER 1997, pp. 132-133, in particolare
alla n. 58. Secondo Roland Rolker potrebbe essere antecedente a questo documento una testimonianza epigrafica incisa su uno dei lati del sarcofago di Azo de Conrado, morto dopo il 1119, e definito nell’epigrafe funeraria rector urbis e miles perfectus sapiens generosus honestus. Azzo, in vita, fu anche al fianco di Matilde di Canossa ,annoverato tra i boni
homines (ROLKER 1997, p. 131).
C. PARMENSI, III.1, 194, anno 1149, pp. 162-165. Nel documento venne chiamato in
495
causa anche il Comune di Reggio Emilia e quello di Modena: dall’atto risulta infatti che il Comune di Parma aveva stretto un trattato di alleanza con queste due città. Si veda:
SCHUMANN 1973, pp. 247-258; GRECI 2010, pp. 124-126.
GARDONI 2012, dove si ricordano i soprusi imposti da Bonifacio e dai suoi milites alla
496
popolazione mantovana, imposizioni che portarono alla ribellione della città. Sul rapporto tra Canossa e città padane si rinvia a FASOLI 1978A e al recente RICCI, ROMAGNOLI 2008.
compattezza dello stato matildico, in cui erano inscritti” . Ciononostante,
497in particolare nel corso dell’età matildica, si scorsero i segnali di un
progressivo e sempre più forte interessamento della dinastia attonide alle
vicende dei centri urbani emiliani. Dopo la battaglia di Sorbara (1084) e la
ribellione nel 1093 del figlio di Enrico IV, Corrado, sembra essere finito il
tempo dei vescovi filoimperiali. Matilde non fu di certo estranea alle
trasformazioni politiche che in quegli anni si verificarono nelle città
emiliane.
Il filo-gregoriano Bonizone da Sutri ottenne in un momento compreso
tra il 1089 e il 1090 la cattedra vescovile di Piacenza e nel 1093 questa città
si schierò con Matilde in una lega anti-imperiale, in cui erano comprese
anche le città di Milano, Cremona e Lodi, che sosteneva il figlio ribelle di
Enrico IV, Corrado .
498Nel 1104, invece, a Parma, il cui presule era dotato del titolo comitale
dal tempo di Corrado II, venne eletto vescovo Bernardo degli Uberti, con
l’appoggio di una parte dei cives maiores; ma il vulgus (questo il termine
usato dal cronista Donizone, che descrisse l’episodio), e forse anche la parte
filo-imperiale dell’aristocrazia urbana, si ribellò, generando una serie di
tumulti cittadini nel corso dei quali il vescovo Bernardo venne fatto
prigioniero. Per liberarlo, fu necessario l’intervento dei milites di Matilde .
499FUMAGALLI 1978B, p. 36. Vito Fumagalli individuava nel gruppo dei vescovi emiliani
497
schierati con Enrico IV, Gandolfo di Reggio Emilia, Eriberto di Modena, Eberardo di Parma e Dionigi di Piacenza, il segnale più appariscente della precarietà dello “stato” canossano, richiamando un aspetto che era già stato individuato da Giovanni Tabacco
(TABACCO 1971, p. 430) e ripreso poi da Ovidio Capitani (CAPITANI 1977, p. 33), i quali
attribuivano a tale costruzione territoriale un “carattere incoativo”. Non fu un caso che nelle due città in cui i Canossa e i loro milites penetrarono più profondamente, Mantova e Ferrara, i vescovi non avessero mai ricevuto dagli Imperatori la concessione di prerogative pubbliche, poteri che rimanevano così nelle mani dei Canossa (FASOLI 1978A, per Mantova
pp. 57-60, per Ferrara pp. 60-61).
FASOLI 1978A, pp. 61-62, in cui si cita il riferimento al BERNOLDI CHRONICON, v. 456.
498
Su Bonizone di Sutri si veda la voce “Bonizone” in DBI: MICCOLI 1971.
FASOLI 1978A, p. 63; NASALLI ROCCA 1963; GRECI 2010, pp. 123-124. Fu Donizone a
499
riportare questo episodio in una lunga e precisa descrizione (VITA MATHILDIS, II, 957-1021).
Sempre Donizone fornì alcune informazioni su Bernardo, che presso Matilde rivestiva l’incarico di rappresentante papale e consigliere ecclesiastico (“eum quasi papam / caute
suscepit parens sibi mente fideli”, VITA MATHILDIS, II, v. 952), sottoscrivendo con lei diversi
Pare, però, che dall’episodio fosse scaturita una nuova concordia sociale
cittadina, ritenuta fondamentale per il proseguo del processo di formazione
delle istituzioni comunali parmensi .
500Per quanto riguarda Bologna, furono diverse le famiglie cittadine che si
legarono a Matilde e che furono presenti anche ai suoi placiti ; sono
501innegabili anche gli stretti rapporti tra la contessa e la scuola giuridica
bolognese . Alla notizia della morte della contessa, però, la cittadinanza
502bolognese scatenò un tumulto nel corso del quale venne distrutto il palazzo
imperiale in città. Questa violenta reazione è stata ritenuta da Gina Fasoli
una risposta del populus bolognese all’esercizio da parte di Matilde
dell’autorità pubblica in città, dopo che, nel 1111 aveva ottenuto da Enrico
V la nomina di vicario imperiale . Nel 1116, poi, Enrico V riconobbe le
503consuetudines locali e concesse ai cives bononienses e una serie di privilegi
fiscali e commerciali, perdonandoli per la distruzione del palazzo .
504La ribellione bolognese non fu un caso isolato: proprio le città che erano
state più saldamente nelle mani dei Canossa, Mantova e Ferrara, si
GRECI 2010, p. 123. Che dalla liberazione di Bernardo degli Uberti scaturisse la500
concordia delle parti sociali a Parma è stato ipotizzato sulla base di quanto si legge sia nella vita di S. Bernardo degli Uberti (“Totus populus […] ad carcerem accessit […] ad pedes
eius […] unanimiter ceciderunt” VITAE S. BERNARDI, p. 1317 e 1326), che nella Vita
Mathildis di Donizone (VITA MATHILDIS, II, vv.1005-1023).
Si veda per esempio il caso di Pietro di Ermengarda (LAZZARI 1994). Si rimanda su
501
questi aspetti a: FASOLI 1978A, pp. 64-65; LAZZARI 1991; WANDRUSZKA 1993; LAZZARI
2005; PIO 2007; VASINA 2007.
Si veda ROVERSI MONACO 2007, con la bibliografia precedente ivi citata.
502
Su questo FASOLI 1978A, p. 65.
503
ANNALES I.II, XCVI, anno 1116, pp. 155- 156 e XCVII, anno 1116, pp. 156-157; per il
504
regesto si veda REGISTRO GROSSO I, 4-5, anno 1116, pp. 13-14. Sul documento, in ultimo:
VASINA 2007, p. 469. Nel primo dei due atti citati, l’Imperatore riconobbe la protezione sui
beni mobili e immobili dei cives bolognesi, la libertà di navigazione lungo il corso del Po, l’esenzione dall’albergaria e dalle imposte, tranne quelle solitamente richieste dai legati imperiali e, infine, riconobbe le consuetudines locali. La pena per chi non rispettava questi obblighi andava divisa a metà tra l’Imperatore e i Concivibus. Nel secondo documento invece si perdonò la distruzione della Rocca que ab ipso Populo desctructa fuerat. Presenti agli atti i milites della Domus matildica e il seguito imperiale (in presentia Arduini filii Widonis .. Bernardo e Alberto filii Mainfredi et Ubaldi nepotis eorum et Guidonis filii Mainfredi et Uberti comitis bononiesis ..Opizi de Gonzaga et Tassonius de Bibianello, Ubaldi causidici de Carpeneta … et Gerardi de Plaza).
ribellarono alla contessa, cercando di ottenere il riconoscimento di diritti ed
esenzioni. L’Imperatore Enrico III aveva già riconosciuto lo status giuridico
di civitas a Mantova dopo la morte di Bonifacio, ma i suoi abitanti
ambivano ad affrancarsi dagli obblighi che Matilde di Canossa continuava a
imporre . Simili richieste pervennero anche dai cives di Ferrara, che si
505ribellarono alla contessa tra il 1101 e il 1102 . Nello stesso periodo
506Matilde restituì la curtis di Guastalla a Imelde, badessa di S. Sisto di
Piacenza, e quest’ultima riconosceva diritti e consuetudines agli abitanti di
Guastalla, tra cui il consolato . Ancora centrale, come nell’età di
507Bonifacio, sembra essere l’interesse dei Canossa a mantenere il controllo
sulle vie del commercio padano e sulla ricchezza che generava.
A Modena e a Reggio Emilia la presenza canossana in città è stata
ritenuta quasi del tutto assente, nonostante che il primo titolo comitale
detenuto dai Canossa fosse relativo proprio ai comitati di queste due città .
508In realtà, l’impressione è che, a uno sguardo più attento, si possano
rinvenire anche qui dei segnali simili a quelli documentati per le altre città
padane. A Modena il vescovo era stato dotato dall’Imperatore di poteri
pubblici, il districtum e il placitum, esercitabili in un raggio di 3 miglia
intorno alla città . Lo scomunicato Eriberto, schieratosi a Sorbara (1084)
509contro Matilde nelle file dell’esercito imperiale insieme al suo omologo
Enrico III, dopo la morte di Bonifacio aveva concesso una serie di prerogative agli
505
Arimanni di Mantova, per rimediare alla miseriae e le diutunae oppressiones a cui erano stati sottoposti (DD. HEIN. III, 356, anno 1055, pp. 483-484). Sul documento si veda
TORELLI 1930, pp. 27-45; TABACCO 1966, pp. 167-175; CASTAGNETTI 1987C; GARDONI
2012, p. 177. Sulla ribellione di Mantova negli anni finali del XII secolo si veda VITA
MATHILDIS, II, vv. 1260-1279; FASOLI 1978A, pp. 59-60. VITA MATHILDIS, II, vv. 930-940; FASOLI 1978A, pp. 60-61.
506
Le consuetudini rilasciate da Imelde vennero riconosciute e confermate nel 1116
507
dall’abate di S. Sisto di Piacenza, a cui la curtis di Guastalla era tornata a partire dal 1102:
AFFAROSI, GUASTALLA, XXVI, anno 1116, pp. 29-30.
Su questi aspetti si veda FASOLI 1978A, pp. 64-65; più recentemente per Reggio Emilia:
508
RINALDI 2001, pp. 241-242. Fu Adalberto Atto a essere definito per primo comes regiensis
sive motinensis (C. REGGIANE, I, LX, anno 962, p. 152).
DD. C. II, 65, anno 1026, pp. 79-82. L’autenticità del documento è stata messa in dubbio
509
da Filippo Valenti prima e da Gina Fasoli poi (VALENTI 1985, p. 28; FASOLI 1943, nota 9,