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CAPITOLO 2 – IL CREDITO PER LE IMPOSTE ASSOLTE

2.2. La natura del credito e i presupposti necessari per la sua applicabilità

Partendo da una possibile definizione del metodo del credito d’imposta, possiamo dire che questo metodo unilaterale consente di detrarre dall’imposta italiana, la quota di imposta estera pagata sui redditi prodotti in un altro Stato, da parte di un soggetto residente in Italia, a patto che le imposte risultino pagate a titolo definitivo e che la detrazione sia richiesta nel medesimo periodo d’imposta rispetto al pagamento delle imposte91.

Tale metodo è posto a presidio di quelle che è la doppia imposizione giuridica internazionale, la quale, secondo come stabilito dall’art. 165 TUIR, subordina la concessione del credito al fatto che il reddito estero sia ricompreso nel reddito complessivo del soggetto passivo.

Quindi l’unica richiesta esplicita della disposizione riguarda appunto il prelievo definitivo effettuato dallo Stato estero in cui il reddito è stato prodotto, e non della coincidenza del presupposto inteso in senso giuridico o di una particolare relazione tra soggetto passivo d’imposta e reddito imponibile92

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Avendo dato quindi un’inquadratura generale del metodo del credito d’imposta, scendiamo adesso nella sua struttura di base, nei suoi presupposti di applicazione, secondo particolari regole, fino ad arrivare ai suoi limiti.

Seguendo, quindi, la disciplina principale del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, contenuta all’art. 165 TUIR, occorre andare a individuare quelle che sono le condizioni che devono sussistere necessariamente e contemporaneamente al fine

91 Definizione desumibile dallo stesso art. 165 TUIR.

92 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1036-1038.

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dell’applicazione del metodo del credito d’imposta93

. Tali condizioni possono essere individuate nella produzione di un reddito estero, nel concorso del reddito estero alla formazione del reddito complessivo del soggetto passivo residente e del pagamento di imposte estere a titolo definitivo sul reddito estero.

Il reddito complessivo di un soggetto passivo risulta fondamentale ai fini del calcolo del credito d’imposta, infatti il limite generale, di cui parleremo a breve, di imposta estera detraibile dall’imposta italiana si basa appunto su un rapporto94

che al denominatore trova il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in deduzione95.

Volendo definire il reddito complessivo delle società ed enti commerciali residenti è dato dal reddito d’impresa, come già spiegato nel precedente capitolo, mentre dal punto di vista delle persone fisiche il reddito complessivo, disciplinato all’art. 8 TUIR, è dato dalla somma dei vari redditi appartenenti alle diverse categorie dell’art. 6 TUIR, al netto di perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali, di cui all’art. 66 TUIR, e di quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Invece per definire il reddito quale estero, la riforma del 2003 ha preso a riferimento l’art 23 TUIR, che stabilisce quando un non residente deve essere tassato nel nostro paese, solamente in questo caso, tale articolo va letto in chiave contraria, cioè quando un reddito può essere considerato come estero.

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Art. 165 TUIR 1 comma “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.

94 Rapporto definito dall’art. 165 TUIR 1 comma e dato da redditi prodotti all’estero/reddito complessivo al netto delle perdite precedenti.

95 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1054-1059.

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Dunque, un reddito si qualifica come prodotto all’estero quando viene rilevato uno dei criteri di collegamento, disciplinati dall’art. 23 TUIR, riguardanti il territorio dal quale proviene il reddito.

La disciplina di tali criteri non crea particolari problemi nell’ambito delle persone fisiche o enti residenti che non esercitano attività d’impresa, cosa che invece non accade nel caso di esercizio di attività d’impresa o nel caso di società e enti commerciali , residenti e non.

Infatti i redditi derivanti dallo svolgimento di attività d’impresa, vengono qualificati come redditi d’impresa e come tali perdono la loro individualità. In tale contesto di redditi prodotti all’estero, però il soggetto passivo, sia esso persona fisica o ente non commerciale non residente o società e ente commerciale residente, al fine di verificare la sussistenza di uno dei criteri di collegamento individuati all’art. 23, deve andare ad isolare la parte di reddito d’impresa prodotta all’estero96

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Quindi parrebbe chiaro che, qualora non sussistesse un criterio di collegamento tra la produzione del reddito e il territorio dello Stato estero si andrebbe a perdere il beneficio del credito d’imposta, in quanto tale reddito non qualificato come estero, non sarebbe ricompreso nel reddito complessivo del soggetto passivo.

In realtà tale possibilità non è esclusa totalmente, infatti come emerge dall’art. 23B del Modello Ocse e dalla maggior parte delle Convenzioni internazionali stipulate dal nostro Paese97, le clausole non richiedono la definizione di reddito prodotto all’estero o il suo accertamento in tale qualità, ma si limitano a richiedere che tale

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In tal senso, Uckmar – Garbarino, Aspetti fiscali delle operazioni internazionali, Milano, 1995, pag. 239-240.

97 Tale disciplina è stato studiata non in senso di prevalenza sulla normativa interna, ma piuttosto in un rapporto di complementarietà di tipo integrativo, soprattutto nei casi in sui si potrebbe andare a perdere quello che è il beneficio del credito per le imposte assolte all’estero.

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reddito sia stato effettivamente tassato nello Stato estero in conformità di quanto stabilito dalla convenzione stessa98.

Quindi tali redditi vengono ricompresi nel reddito complessivo del soggetto passivo, secondo il particolare principio del concorso prioritario dei redditi esteri, cioè tali redditi non vengono intaccati, se non per ultimi, da costi e risultati negativi che incidono invece sul reddito complessivo imponibile99; operando in tal modo, l’imposta lorda italiana è calcolata, complessivamente o comunque in via prioritaria sui redditi di fonte estera, giustificando quindi la compensazione con le imposte estere100. Qualora non si operasse secondo questo metodo, i risultati negativi di origine sia italiana che estera andrebbero ad intaccare le singole quote riferibili ai redditi esteri, riducendoli, con la conseguente diminuzione delle possibilità di accreditare immediatamente le imposte estere.

Inoltre, come specificato dalla norma, tale reddito complessivo deve essere rilevante; per rispondere a tale esigenza il reddito deve essere considerato al netto del perdite pregresse101. Tal condizione è stata una delle novità introdotte dalla riforma del 2003.

Una volta definiti, il reddito estero e il reddito complessivo devono essere rapportati tra di loro ai fini della determinazione del tetto massimo di imposta estera accreditabile.

98 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1042-1046.

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Come esplicitato dalla disciplina del credito d’imposta per il consolidato mondiale art. 136 TUIR.

100 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1054-1055.

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Tale rapporto viene calcolato seguendo il criterio per country102, secondo il quale al denominatore viene posto il reddito complessivo del soggetto passivo al netto di eventuali perdite pregresse, il quale rimane sempre invariato, mentre al denominatore avviene la segmentazione dei redditi prodotti all’estero a seconda del Paese di origine del reddito stesso.

Con questo metodo, il legislatore ha voluto evitare, da una parte che eventuali perdite realizzate in uno Stato estero da parte del soggetto passivo andassero ad influenzare in modo negativo gli altri redditi esteri prodotti in altri Stati esteri, e dall’altra si è voluto tutelare quello che è il principale scopo di prelievo dell’Amministrazione Finanziaria; infatti operando cosi si è voluto evitare che elevate imposte pagate in uno Stato estero siano accreditate totalmente nel nostro Stato per effetto del livellamento del prelievo dovuto magari ad altri redditi di origine estera che hanno avuto però una tassazione minore103.

Tale metodo è considerato vantaggioso soltanto nel caso di gestioni estere da parte dello stesso contribuente in perdita, perché nel caso di redditi provenienti da diversi Stati esteri con forti differenze dal punto di vista impositivo appare più vantaggioso l’applicazione di un altro metodo, quello dell’overall.

Il metodo dell’overall, infatti, prevede l’aggregazione in un’unica voce di tutti i redditi di fonte estera provenienti anche da Paesi diversi e quindi vengono aggregate anche quelle che sono le imposte pagate in ciascuno Stato estero.

102 Come disciplinato all’art. 165 TUIR 3 comma “Se concorrono redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato”.

103 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1063-1066.

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Tale metodo era stato proposto in sede di riforma, cioè era stata avanzata la proposta di prevedere la facoltà di scegliere se adottare uno o l’altro metodo di calcolo del rapporto; vedendo però quanto previsto dall’art. 165, risultante dalla riforma, si può notare che tale proposta non è stata accolta.

Tale rifiuto però non va preso in senso negativo, in quanto lo stesso art. 165 ha introdotto la possibilità di riporto in avanti o indietro della parte di imposte estere eccedenti il limite104, andando comunque a trovare, o a cercare di trovare, quella che può essere una soluzione a tale svantaggio per il soggetto passivo.

L’ultima condizione richiesta dall’art. 165 TUIR, ai fini della spettanza del credito d’imposta, è data dalla definitività delle imposte pagate all’estero, che racchiude al suo interno il concetto di assimilabilità.

Seguendo la disciplina infatti non troviamo una definizione di imposta estera, motivo per il quale deve essere delimitata la sfera dei tributi che possono essere considerati come accreditabili secondo appunto il criterio dell’assimilabilità che riprende la ratio dell’art. 165.

Vengono considerate assimilabili all’Irpef e all’Ires le imposte personali e uniche applicabili al reddito complessivo e i tributi di carattere reale, inoltre sono considerati assimilabili anche i prelievi sostitutivi diversi da quelli dei regimi speciali e i tributi che colpiscono l’imposizione personale sui redditi e i prelievi, che anche se non presentano i requisiti delle imposte nazionali, sono stati istituiti con atti non legislativi e hanno un carattere tributario105.

104 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1063-1066.

105 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1073-1074.

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Tale concetto però non rileva in tutti i casi in cui è possibile beneficiare del credito d’imposta, infatti qualora alla base del metodo risiede una Convenzione internazionale, questa con una clausola di chiusura, individua le imposte sui redditi accreditabili aventi natura identica o sostanzialmente simile all’imposta italiana, andando quindi a derogare quella che è la regola generale.

Passando alla condizione di definitività del pagamento dell’imposta estera, questa può essere scomposta in altre due condizioni intrinseche.

La prima riguarda il fatto che le imposte estere devono essere effettivamente pagate nello Stato estero in modo definitivo, andando ad escludere quindi le imposte non pagate per effetto di norme agevolatrici106; quindi le imposte devo essere state pagate nello Stato della fonte individuato ai sensi dell’art. 165 TUIR al 2° comma. Questa disposizione, però, presenta un’eccezione rappresentata dall’euroritenuta107

nella quale lo Stato di residenza dell’agente che assolve la ritenuta sia diverso dallo Stato della fonte, in questo caso infatti l’euroritenuta può essere portata in detrazione insieme alla ritenuta d’imposta prelevata nello Stato di produzione degli interessi comunitari108

. La seconda condizione richiesta è data dal fatto che le imposte siano state pagate a titolo definitivo nello Stato della fonte.

La definitività del pagamento deve essere intesa come una irripetibilità dell’imposta versata, secondo la quale il tributo stesso non può subire modificazione a

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Evitando così di andare a detrarre dall’imposta italiana, un’imposta estera effettivamente attribuibile a quel soggetto passivo in funzione del reddito prodotto all’estero, ma non pagata per motivi agevolativi.

107 Definita come “tassazione del reddito transfrontaliero”, cioè è una ritenuta alla fonte applicata dalla banca sul riporto degli interessi pagati o accreditati da uno Stato membro dell’UE e da Stati che applicano misure equivalenti a beneficiari effettivi, persone fisiche residenti in un altro Stato membro – in Il Sole 24ore, 19 Maggio 2011.

108 In tal senso A. Contrino, Il credito per le imposte assolte all’estero, in L’imposta sul reddito delle società, a cura di F. Tesauro, Bologna-Roma, 2007, pag. 1074.

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favore del contribuente stesso, anche se il reddito estero potrebbe subire ancora delle rettifiche o se la rettifica non sia ancora definitiva109; tutto questo è volto affinchè il metodo del credito d’imposta sia posto a presidio di una doppia non imposizione internazionale.

109 In tal senso, Uckmar – Garbarino, Aspetti fiscali delle operazioni internazionali, Milano, 1995, pag. 207-210.

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2.3. La quantificazione delle imposte estere e italiane: determinazione del