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Dalla natura giuridica della responsabilità precontrattuale al danno risarcibile

Nel documento n. 12 gennaio (pagine 25-28)

4. Dalla natura giuridica della responsabilità precontrattuale al danno risarcibile

Dalla natura giuridica della responsabilità precontrattuale discende una precisa ripartizione dell’onere probatorio rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie, nonché un determinato regime di prescrizione.

Se si assume che la responsabilità precontrattuale è extracontrattuale, allora il danneggiato deve dimostrare la sussistenza di un danno causalmente imputabile all’azione o all’omissione dolosa o colposa del danneggiante.

Ciò, si badi, non significa affermare che ai fini della configurabilità della responsabilità de qua sia necessaria la malafede in senso soggettivo.

Infatti, giova evidenziare che la buona fede in senso soggettivo indica, appunto, lo stato soggettivo di chi ignora di ledere l’altrui diritto, come ad esempio il possessore di buona fede.

Qui, invece, si tratta di sanzionare la violazione colposa o dolosa di una regola di correttezza fondata sulla buona fede in senso oggettivo.

Se si tratta di un illecito extracontrattuale, allora il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni dal momento in cui si verifica il fatto (art. 2947 c.c.).

Al contrario, se si sostiene che la culpa in contrahendo sia una forma di responsabilità da inadempimento, il danneggiato ha l’onere di provare la sussistenza del danno e del nesso causale tra lo stesso e la violazione della regola di condotta ad opera della controparte.

Ai sensi dell’art. 1218 c.c., invero, la colpa è presunta: si passa, dunque, ad un diverso modello di responsabilità soggettiva.

La colpa è intesa nella sua dimensione obiettiva di violazione di doveri di diligenza, prudenza e perizia e deve essere valutata in astratto, con riferimento alla diligenza che può essere richiesta al contraente medio.

Così, ad esempio, nel caso in cui una parte abbia taciuto sull’esistenza di una causa di invalidità del contratto, ne risponderà ai sensi dell’art. 1338 c.c., a meno che non provi che nessun soggetto usando l’ordinaria diligenza avrebbe potuto conoscere quel motivo di invalidità.

È lecito domandarsi, poi, se sia necessaria la

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prova del dolo, qualorail danneggiato alleghi che avrebbe concluso il contratto, ma a condizioni diverse. La soluzione affermativa appare preferibile, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie.

4.1. Il danno risarcibile e la liquidazione del danno Il danno risarcibile è soltanto quello patrimoniale.

Nell’ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative e in quella di stipulazione di contratto invalido o inefficace il danno risarcibile consiste nell’interesse negativo, cioè nell’interesse a non essere coinvolti in trattative inutili.

Il dato che non sia risarcibile l’interesse positivo non implica che il risarcimento sia ridotto o limitato. Anzi, evidenzia soltanto una sostanziale differenza rispetto al danno da inadempimento: non è ancora sorto un contratto valido ed efficace, quindi non può essere risarcito l’interesse positivo, che consiste nel diritto alla prestazione contrattuale.

Nel caso di responsabilità precontrattuale, il danno emergente corrisponde al tempo perso e alle spese inutilmente sostenute per intraprendere la trattativa; il lucro cessante, invece, consiste nella perdita di occasioni alternative di contrattazione.

In queste ipotesi, il risarcimento assolve una funzione ripristinatoria, ma il giudice nella quantificazione del danno deve altresì tenere conto del comportamento del contraente che si assume essere stato leso24.

24Cass. civ., Sez. III ord. 12 luglio 2019 n. 18748.

Le spese comprendono i costi sostenuti per lo svolgimento delle trattative e per la stipulazione del contratto: ad esempio, i viaggi, la redazione di progetti, l’assistenza legale, le imposte, ecc.

La prova e la quantificazione di tali elementi non sono particolarmente difficili.

Invece, allegare la perdita di altre chances implica un onere probatorio non indifferente: il danneggiato deve dimostrare che l’inutile trattativa ovvero l’inutile conclusione del contratto gli hanno impedito di accettare un’offerta seria e particolarmente vantaggiosa oppure hanno ritardato il compimento dell’affare rispetto al momento in cui vi era un più favorevole prezzo di mercato.

L’indagine non è dissimile da quella che si opera quando si valuta il cd. danno da perdita di chance.

La chance, invero, non è né una situazione giuridica soggettiva né una mera aspettativa di fatto, bensì un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione.

Analogamente, le favorevoli occasioni contrattuali perse a causa dell’impegno in trattative inutili non consistono in mere aspettative.

Ad ogni modo, il mancato guadagno, ai sensi dell’art. 2056 comma 2 c.c., è valutato in via equitativa dal giudice, tenendo conto delle circostanze del caso25.

Nella responsabilità da contratto valido, ma

25 TORRENTE A. e SCHLESINGER P., Manuale di diritto privato, Giuffré editore, Milano, 2017, p. 958.

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non conveniente, invece, il danno risarcibile coincide con l’interesse positivo differenziale, quindi è commisurato al minor vantaggio ovvero al maggior aggravio economico prodotto dal comportamento illecito26.

In conclusione, il danno da responsabilità precontrattuale mira a ristorare il soggetto leso del tempo e delle risorse impiegate, nonché delle occasioni persea causa di un’attività inutile e diseconomica.

26FRATINI M., Manuale sistematico di diritto civile, Accademia del diritto, Roma, 2019, p. 1126.

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PENALE

Art. 416

ter

c.p.: è il rigore della sanzione la strada giusta?

di Luca Napolitano

Introduzione

Con la L. n. 43/201927 il legislatore ha nuovamente modificato il delitto di scambio elettorale politico-mafioso. Trattasi del terzo intervento28 in un lasso temporale inadeguatamente breve se rapportato alla fisiologica aspettativa di “vita” di una norma che realmente soddisfi le evidenti e, come tali, avvertite esigenze di tutela.

Sembra che qui il Parlamento, o chi per esso, rincorra costantemente l’emergenza29, pur essendo noto ai più che è esattamente questo lo status ideale perché si violino – tra l’altro a furor di popolo - i principi costituzionali che sorreggono il sistema penale30.

Ebbene, il patto politico-mafioso si inscrive a pieno titolo in quella nebulosa materia che

27 L. 21/5/2019 n. 43, in GU n. 122 del 27/5/2019.

28 L’art. 416 ter c.p. è stato introdotto dall’art. 11 ter del D.L. 8/6/1992, n. 306, conv., con modif., dalla L.

7/8/1992, n. 356. E’ stato modificato strutturalmente dall’art. 1 della L. 17/4/2014, n. 62 ed, ancora, dall’art. 1, co. 5, L. 23/6/2017, n. 103, questo volta soltanto relativamente al quantum sanzionatorio, rimodulato verso l’alto.

29 Sull’impiego in chiave emergenziale e simbolico-espressiva del diritto penale si rinvia, ex multis, aMOCCIA S., La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, 2ᵃ ed., Napoli, 2000, passim.

30 Cfr. MOCCIA S.,Sistema penalee principi costituzionali: un binomio inscindibile per lo stato sociale di diritto, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc.3, 1 settembre 2018, p. 1720 ss.

si definisce contiguità mafiosa, di cui da anni la dottrina reclama a gran voce una riforma31, che sia però organica.

Per cogliere, quindi, i tratti caratteristici della fattispecie di cui all’art. 416 ter c.p. e formulare alcuni opportuni rilievi critici, si ritiene necessaria un’attenta analisi del delitto de quo, tenendo in debito conto la sua propensione (indotta) al cambiamento ed i suoi mutevoli rapporti con le fattispecie attigue.

1. I contraenti del patto politico-mafioso

Nel documento n. 12 gennaio (pagine 25-28)