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filosofia

Liceo scientifico di Ordinamento (fino al 2010) 8 15 10 20 12 + 8 PNI (piano nazionale informatica) 15 25 10 20 12+8 Sperimentazione Brocca 16 27 22 17 10 + 8 Nuovo Liceo scientifico (2010) 13 22 13 15 127 + 9

primo rappresenta uno dei nodi del dibattito e dell’evoluzione del liceo scientifico. Lo studio del latino ha sempre caratterizzato il liceo e la presenza di un numero di ore elevato per questa disciplina ha sempre reso lo Scientifico una sorta di liceo classico senza studio del greco e con più matematica, non quindi una scuola con un paradigma educativo fondato sulle scienze o su una fusione realmente innovativa dell’asse umanistico con quello scientifico. L’insegnamento della storia, che nel triennio è accoppiato a quello della filosofia, rappresenta invece un elemento indispensabile anche per il curricolo del liceo scientifico ma è parimenti indicativo del peso delle discipline umanistiche.

Il nuovo liceo scientifico ha realizzato in parte uno spostamento dell’asse culturale verso una più estesa educazione scientifica, ad esempio riducendo il numero di ore di latino, circa una alla settimana in meno per ogni anno, anche se in realtà si tratta sempre di tre ore settimanali per anno, da confrontare con quelle per le materie scientifiche. La comparazione con il classico (tab. 3) mostra, in parte, quanto si sia cercato di discostare, almeno sotto il profilo degli studi linguistici classici, i due indirizzi (considerando anche il greco).

Tab. 3. Confronto tra Classico e Scientifico. Si riportano ancora le somme delle ore settimanali previste per tutto

il percorso liceale

Mentre il classico prevede 22 ore di latino, lo scientifico è passato da 20 a 15. Per storia e filosofia lo scientifico presenta lo stesso orario per filosofia e un’ora settimanale di storia in meno per anno.

Una delle particolarità del profilo culturale dei licei è il ruolo formativo assegnato alla filosofia, che costituisce una disciplina fondamentale per il triennio di tutti i licei e rappresenta uno degli elementi su cui è possibile bilanciare la cultura umanistica e quella scientifica. Questo ruolo formativo e riflessivo potrebbe venir amplificato se solo i programmi venissero maggiormente differenziati e ad esempio la filosofia – non solo la sua storia – diventasse realmente una disciplina in grado di dialogare e interagire con le scienze anche a

Totale ore quinquennio per disciplina

Fisica

Scienze

naturali

Latino

Storia +

Filosofia

Liceo Scientifico 13 13 15 12 + 9 Liceo Classico 6 10 22 15 + 9

livello di scuola secondaria. La presenza di questo insegnamento, inoltre, rende particolarmente interessante ripensare il filone di studi di Science Education che ha tematizzato e sviluppato l’idea di un ruolo pedagogico-didattico della filosofia e della storia della scienza nell’insegnamento-apprendimento delle scienze. Anche se di seguito ci concentreremo sulla presenza “interna” di queste conoscenze nei programmi e nei testi scolastici di fisica e in alcune proposte di ricerca, a prescindere da “quali docenti” e “quali percorsi interdisciplinari”, è ovvio che il paradigma culturale dei licei, di quello Scientifico soprattutto, rende questa prospettiva pedagogica più rilevante, complessa e legata anche alla capacità di mettere in comunicazione i diversi insegnamenti scolastici.

I cambiamenti dei quadri orari visti sono un dato piuttosto marginale in confronto a elementi più cruciali del curricolo (programmi, libri di testo, ecc.) e della pedagogia (formazione degli insegnanti, pratiche di laboratorio, nuove tecnologie, ecc.); rappresentano solo un’indicazione formale che non rivela molto sulle pratiche di insegnamento e sulle reali opportunità educative fornite. D’altra parte, però, il peso relativo e assoluto delle discipline è un indicatore importante di come viene costruito il profilo educativo e culturale di un certo indirizzo formativo e rappresenta, quindi, una delle azioni strategiche principali che le politiche educative nazionali possono intraprendere e con cui possono determinare le possibilità dell’insegnamento.

I pochi elementi che emergono da questa analisi comparata dei quadri orari indicano uno spostamento ! sensibile ma non radicale come nel caso dei passati piani di studio sperimentali ! dell’asse culturale di un liceo (scientifico) verso le scienze, con meno ore di lingua antica e con un incremento del numero globale di ore per le materie scientifiche; l’estensione della fisica al primo biennio; la presenza di una costante disciplinare che accomuna i due licei di diverso orientamento, in particolare quella umanistica e storico-filosofica.

Un punto da evidenziare in questo quadro di modifica della distribuzione delle ore e dell’estensione della fisica al primo biennio del liceo scientifico (e parallelamente all’intero triennio del liceo classico) è la possibilità di una ristrutturazione dei fondamenti dell’insegnamento della fisica e dei contenuti che prima venivano affrontati in tre anni.

Una prima conseguenza di questo è stata la possibilità di estendere i programmi e di inserire in via stabile, dopo anni di dibattiti e critiche su programmi di fisica poco aggiornati e obsoleti, l’insegnamento della fisica del Novecento. Oltre a questo, la fisica al biennio è stata interpretata come studio propedeutico dei fondamenti ! intesti come leggi e teorie di base ! e dell’approccio sperimentale, in una diffusa ottica pedagogica di curricolo a spirale, in cui i

contenuti trattati in maniera più elementare vengono ripresi (al triennio) e approfonditi a un livello più astratto e sofisticato.

Gli ultimi quindici, vent’anni, però, le riforme politiche scolastiche hanno affrontato il problema dell’uniformità dell’educazione scolastica nel contesto del sistema italiano in cui a quattordici anni i percorsi educativi vengono tuttora differenziati in maniera abbastanza radicale e sotto certi punti di vista irreversibile.

Nel tentativo di uniformarsi agli altri paesi, l’Italia ha innalzato l’obbligo scolastico fino a sedici anni.8

L’innalzamento dell’obbligo d’istruzione solleva una questione importante anche per la fisica del biennio: come mantenere l’uniformità e la qualità dei bienni della scuola secondaria di secondo grado, la capacità di offrire un’educazione di buon livello e le principali conoscenze a tutti gli studenti, all’interno di un sistema che rimane differenziato e in cui i bienni devono al contempo porre le basi della diversificazione e specializzazione dei successivi trienni conclusivi?

L’educazione scientifica è al centro di tale questione. Posto che questa sia un pilastro dell’educazione per tutti e della formazione nell’obbligo scolastico, a prescindere dai tipi di scuola, come può questo fatto sussistere se i bienni presentano caratteristiche radicalmente diverse per quanto riguarda l’educazione scientifica? Ciò che è in discussione è la possibilità di uniformare l’educazione scientifica dei bienni di tutte le scuole secondarie di secondo grado.

Il problema non ha una chiara soluzione nel quadro attuale del sistema d’istruzione italiano. Diversi indirizzi mantengono le specificità che caratterizzano tutto il percorso di studi quinquennale e non vi è alcuna possibilità di fornire un’educazione scientifica allargata e uniforme per tutte le scuole. Ciascun biennio rimane quindi solamente propedeutico al tipo di scuola e al triennio “specialistico” che lo segue. Non esiste, perciò, nel sistema italiano nessun analogo dei corsi sperimentali di scienze, come il citato Twenty-First Century Science del caso inglese, che cerchino di costruire un’alfabetizzazione scientifica per tutti, rilevante e uniforme, fino al conseguimento del sedicesimo anno di età. Un dato abbastanza eloquente è rappresentato, ad esempio, dalla percentuale di ore rispetto al totale del tempo curricolare, dedicate alle discipline scientifiche. Le indicazioni di Osborne e Millar, in riferimento soprattutto all’ultimo curricolo della fondazione Nuffield, parlavano di circa un 20%

8 Le decisioni politiche in materia sembrano essere divise in merito alla possibilità di adempiere a questo obbligo

in scuole di avviamento professionale successive alla scuola media, sulla cui offerta e qualità educativa gli esperti esprimono preoccupazioni. In una scuola propensa alla selezione “precoce”, rimane l’esigenza di temperare un sistema nettamente differenziato che ha riprodotto alcune disparità sociali; in questione è, dunque, il carattere per certi versi poco democratico del sistema di istruzione italiano.

dell’orario, al livello di GCSE, dedicato al corso di scienze: in sostanza, un 10% per il corso generale rivolto a tutti gli studenti e basato sull’idea di literacy scientifica, e un altro 10% per le diverse opzioni aggiuntive (un corso supplementare di tipo applicativo o teorico).

E’ interessante confrontare questa raccomandazione con gli orari per le discipline scientifiche, presentate essenzialmente in forma non-integrata, nei bienni dei due principali licei.

Liceo classico (tradizionale): nessun insegnamento scientifico.

Liceo classico (attuale): due ore di scienze naturali per ciascuno dei due anni, per una 7,4% del tempo complessivo.

Liceo scientifico (tradizionale): due ore di scienze naturali per il secondo anno; per il complesso del biennio si tratta di una percentuale del tempo curricolare del 3,8%.

Liceo scientifico (attuale): due ore di scienze naturali e due di fisica per ogni anno, il 14,8% dell’intero tempo curricolare.

Solo la sperimentazione Brocca del liceo scientifico arrivava a oltre il 17% del curricolo del biennio dedicato alle materie scientifiche.

Dunque, si potrebbe dire, il solo tempo curricolare in questi licei, comparato a quanto previsto per il GCSE inglese, fornisce un sostegno molto debole all’idea della scienza come fondamento dell’educazione dell’obbligo. A questo fattore formale vanno aggiunti la questione delle profonde differenze tra i diversi indirizzi e, ovviamente, le scelte contenutistiche.9

Anticipando quanto osserveremo in modo più analitico nel proseguo di questo esame del curricolo, possiamo affermare che esiste un duplice carattere dell’insegnamento della fisica nella scuola:

- una differenziazione tra i vari indirizzi del tipo di insegnamento e dei contenuti forniti nel campo scientifico, nel biennio iniziale;

- una non differenziazione dei principi, delle finalità e del tipo di conoscenze fornite lungo il triennio dei licei, tra scuole che prevedono diversi orientamenti rispetto al sapere scientifico. Questa duplice, e in parte contraddittoria, struttura dell’insegnamento della fisica rivela la concezione disciplinare specialistica e accademica che sta alla base del suo insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado. Tale concezione ! si vedrà meglio ! lascia poco spazio a differenziazioni nei programmi e all’ideazione di finalità diverse tra differenti tipi di scuola.

In riferimento a uno dei problemi cruciali trattati nei documenti internazionali visti: non solo

9 Per un’analisi più dettagliata di questo problema, tramite i quadri orari dei diversi indirizzi di scuola secondaria

non esistono le basi per un’alfabetizzazione scientifica omogenea e diffusa fino al compimen- to dell’obbligo scolastico, ma in che misura l’insegnamento della fisica si presta a una diversi- ficazione che risponda alle diverse attitudini verso la scienza di indirizzi e studenti diversi, al- le diverse finalità di una scienza per tutti e “per il cittadino” rispetto a una scienza specialisti- ca propedeutica alle professioni e agli studi di carattere tecnico-scientifico? La risposta a que- sta domanda necessità un esame più approfondito dei materiali su cui si basa l’insegnamento e in particolare (capitolo 3) dei testi di fisica.

2.4. I Programmi di Fisica

Come si sono evoluti i programmi per il quinquennio della scuola secondaria di secondo grado sulla base anche dei cambiamenti strutturali riguardanti l’insegnamento della fisica? I libri di testo e la definizione degli esperti disciplinari del “che cosa” deve essere insegnato mostrano una notevole costanza dei contenuti e una solida concezione alla base dell’insegnamento della fisica, con poco spazio per una riformulazione o differenziazione profonda dei contenuti e delle finalità didattiche. Non a caso, almeno sul piano dei contenuti proposti a livello nazionale, i programmi di fisica dei licei hanno subito poche variazioni nel corso degli ultimi settant’anni. Prenderemo in considerazione i programmi di fisica degli ultimi vent’anni circa, nello specifico il programma per il liceo scientifico, tenendo presente l’origine di alcune indicazioni ministeriali sopravvissute fino a tempi recenti.

Il programma ufficiale per il “vecchio” liceo scientifico, corso “di ordinamento” istituito nel 1923, infatti, ha convissuto con vari indirizzi sperimentali fino al 2010, e risale al decreto regio del 1936,in pieno regime fascista e nel quadro di un sistema scolastico piuttosto diverso da quello attuale; nonostante una riformulazione del quadro orario nel 1952, i contenuti sono rimasti quelli dei programmi Bottai.10

Nonostante i cambiamenti istituzionali di grande portata della scuola italiana, specialmente con le successive riforme riguardanti l’unificazione della scuola media e la liberalizzazione dell’accesso al sistema universitario, il vecchio programma di fisica è rimasto invariato nel corso dei decenni.

Questo primo programma per i licei scientifici, con distribuzione triennale dei contenuti che venivano dettati con particolare precisione, era strutturato sulla base della divisione della fisica nelle tradizionali aree di indagine, in maniera piuttosto frammentata, senza la presenza di quei fili conduttori o nodi concettuali trasversali e unificanti che caratterizzano

10 Si veda Marazzini (2010) e i documenti raccolti dall’autore [http://fisicavolta.unipv.it/percorsi/pdf/documento%202.pdf;

consultato in data 28/03/11]; per le riforme successive, dagli anni Cinquanta, Marazzini (2002) e la voce wikipedia “liceo scientifico” [http://it.wikipedia.org/wiki/Liceo_scientifico; consultato in data 20/02/11].

maggiormente gli attuali programmi di insegnamento della fisica.

Riportiamo in appendice (2.1.) la suddivisone degli argomenti per le tre classi e alcuni dei contenuti principali di studio, tralasciando alcuni dettagli.

L’insegnamento della fisica era piuttosto dettagliato per quanto riguarda i contenuti previsti per ogni classe e nettamente suddiviso nelle aree fenomenologiche di studio, senza temi trasversali, né tantomeno con indicazioni di approfondimento o raccordo interdisciplinare. Un elemento, non riportato in questo elenco, concerne il risvolto tecnologico e applicativo della fisica, piuttosto marcato in questo programma: le applicazioni e gli aspetti tecnologici erano prescritti in modo puntuale dal programma e non lasciati ai materiali didattici disponibili, alle possibilità, alle scelte e alla libera iniziativa dell’insegnante.11

La specificazione delle applicazioni tecniche da studiare va imputata a due motivi: il primo è l’origine tecnica del liceo scientifico, che appunto era sorto dalla sezione fisico-matematica dell’istituto tecnico; il secondo riguarda, forse, un aspetto didattico della fisica della prima metà del secolo, ovvero il carattere meno matematico e formale della disciplina, che era vista più come attività sperimentale che anche come ricerca teorica e conoscitiva guidata da grandi teorie e principi unificanti. Si tornerà brevemente in seguito su queste caratteristiche.

Va detto, d’altro canto, che il programma del liceo classico era per molti versi analogo a quello dello Scientifico e prevedeva ugualmente un significativo peso degli aspetti applicativi. La fisica non presentava alcuna differenziazione sostanziale tra due indirizzi che avrebbero assunto con il tempo orientamenti sempre più distinti verso il sapere scientifico; inoltre, come accennato, il liceo classico sarebbe comunque rimasto per alcuni decenni il canale formativo dei futuri ricercatori, come lo era stato per i grandi scienziati del periodo intorno alla seconda guerra mondiale e non stupisce, quindi, l’accento applicativo e sperimentale, seppur meno matematico, di questa fase dell’insegnamento della fisica nei licei.

Come si vedrà meglio per i manuali di fisica, però, tra gli anni Sessanta e Settanta un clima di innovazione dell’insegnamento scientifico, proveniente in particolare dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, si diffuse anche in Italia. Dovuto evidentemente anche a motivi storici che ri- guardavano la scuola e la comunità scientifica italiane, questo clima di cambiamento coincise con i primi sviluppi della ricerca accademica italiana in didattica e con l’attività di associazio- ni disciplinari come l’AIF, sorta nel 1962. E’ in questo periodo che cominciarono a cambiare alcuni principi di fondo dell’insegnamento della fisica, pur nella stabilità del curricolo e di al- tri fattori pedagogici come la formazione degli insegnanti. Le due riforme strutturali del si-

stema formativo, l’unificazione della scuola media (1962) e la liberalizzazione degli accessi universitari (1969), erano destinate anch’esse a incidere sull’insegnamento scientifico.

Successivamente, per un periodo che va dagli anni Ottanta fino al primo decennio del ventunesimo secolo, la scuola secondaria di secondo grado e i programmi delle singole discipline sono stati oggetto di ambiziosi progetti di riforma e rinnovamento, le cui note caratteristiche appaiono interessanti per studiare il processo di innovazione dell’educazione scientifica e della fisica in particolare, nonostante i loro scarsi esiti sul piano istituzionale, casomai per verificare cosa di quei tentativi è stato incorporato nell’ultima riforma della secondaria di secondo grado del 2010 e denotava quindi delle esigenze di innovazione più radicate.

Negli anni ‘73 e ‘74, una legge e un decreto delega sanciranno l’inizio delle sperimentazioni scolastiche, fornendo un quadro istituzionale per attuarle e regolamentarle.12 Ci interessa qui,

in particolare, il coinvolgimento delle discipline scientifiche in queste sperimentazioni e quindi il periodo che va dalla fine degli anni Ottanta al 2010.

Il peso di queste sperimentazioni13

suggerisce di studiare questi ordinamenti scolastici, e i relativi piani di studio, a carattere straordinario, per cogliere i cambiamenti e le dinamiche più “ordinarie” che hanno coinvolto l’insegnamento della fisica in tempi recenti.

Un primo sviluppo a livello istituzionale si è avuto con la commissione Brocca, istituita dal ministero della pubblica istruzione, i cui lavori durarono dal 1988 al 1992.14

Un punto importante dell’intero progetto di riforma della scuola superiore era proprio l’architettura complessiva di questo ordine scolastico e il ruolo dei bienni, in vista di un’estensione dell’obbligo scolastico e nel tentativo di conciliare una formazione trasversale e non troppo selettiva con quella propedeutica per i percorsi più specialistici triennali dei vari indirizzi.

Come si è visto nell’esame dei quadri orari, i licei Brocca prevedevano la fisica già dal biennio, per lo Scientifico. Si trattava in realtà di un ambizioso corso di “laboratorio di chimica e fisica” che questo liceo avrebbe a grandi linee condiviso con buona parte degli

12 Legge 30 luglio 1973, n. 477, in Gazzetta Ufficiale, 16 agosto 1973, n. 211; Decreto Presidente Repubblica 31

maggio 1974, n. 419 in Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale, 13 settembre 1974, n. 239, dal titolo “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale ed istituzione dei relativi istituti”.

13 «[L]’anno scolastico 1990-91 vedeva ormai la presenza delle sperimentazioni globali in 295 sedi, delle quali

49 licei classici, 80 licei scientifici, 151 istituti magistrali e 15 scuole magistrali”. Dopo il lancio dei bienni sperimentali Brocca, nell’anno scolastico 1991-92 le iniziative sperimentali coinvolgono “363 istituti, dei quali 68 licei classici, 97 licei scientifici, 182 istituti magistrali e 16 scuole magistrali». Già nel 1994-1995 le sperimentazioni “globali”, cioè riguardanti la struttura di un intero corso di studi, toccavano 619 istituti, il 50% del totale (Ministero della Pubblica Istruzione, 1995: 11).

14 I lavori della commissione furono sistemati in due importanti documenti Ministero della Pubblica Istruzione

istituti tecnici. Qui stava il tentativo di pensare un’educazione scientifica di base condivisa almeno dagli indirizzi a contenuto tecnico-scientifico. L’insegnamento era fondato su profonde basi sperimentali, con un metodo interdisciplinare e mirato a fornire conoscenze e competenze di base, ancor prima che nozioni formali e astratte di fisica; era più rivolto alla fenomenologia scientifica in comune alla fisica e alla chimica, che alla sistemazione teorica delle due discipline distinte: un ritorno alle origini, sembrerebbe, quando la fisica era associata più alla chimica che alla matematica, e così sarebbe per questo insegnamento biennale, se non fosse che la concezione pedagogica era ormai completamente diversa e l’attività laboratoriale veniva posta al centro della didattica e dell’apprendimento.

Il principio alla base di questa proposta pedagogica per le scienze era quindi ben diverso dalle idee più recenti su come uniformare l’educazione scientifica obbligatoria per tutti, pre- vocazionale, fondandola su aspetti culturali e sull’idea di una scienza per tutti. Se i corsi sperimentali che vengono proposti oggi, nei paesi dove la ricerca educativa sulle scienze è in continuo movimento, cercano un fondamento didattico su motivi culturali, sullo studio di aspetti scientifici rilevanti per la vita quotidiana, come le tecnologie e le questioni di rilevanza sociale, l’idea alla base della fisica proposta dalla Commissione Brocca era quella di anteporre un motivo pedagogico alle differenze storico-filosofiche e disciplinari che, gli stessi programmi riconoscevano, distinguono la fisica dalla chimica e impongono una loro distinzione a livello avanzato. Questo motivo consisteva, innanzitutto, nell’adeguarsi al livello cognitivo della particolare età (quattordici-sedici anni), attenuando le diversità disciplinari e proponendo un’attività unificata basata sulla sperimentazione e su alcuni nuclei trasversali alle due discipline, nel segno di un rapporto innovativo tra “saper e saper fare” e tra “scienza e tecnologia”.

I nuclei fondanti di questo insegnamento, dal punto di vista contenutistico, proposti dalla Commissione, erano:

- proprietà fisiche dei corpi e loro misura - dai materiali alle sostanze

- dalle sostanze alle soluzioni

- proprietà elettriche dei corpi, delle sostanze e delle soluzioni - trasformazioni e conservazione della materia

- movimento e energia - energia e ambiente

- la progettazione di un esperimento

Alcune note spiegavano la metodologia didattica alla base di questo insegnamento:

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