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NATURALIZZATI E DEGLI ITALIANI DALLA NASCITA NATI ALL’ESTERO DI 15-

ANNI PER SESSO. II trimestre 2014 (composizioni percentuali) MOTIVO

DELLA

MIGRAZIONE

Stranieri Naturalizzati italiani Italiani dalla nascita

M F TOT M F TOT M F TOT

II trimestre 2014

Lavoro 70,5 45,1 57 47,5 24,5 32,4 8,3 4,3 6,2

Famiglia 25 51,2 39 41,5 67,9 58,8 89,6 92 90,9

Studio 2,2 2 2,1 7,1 3,5 4,8 0,8 1,8 1,3

Altro 2,2 1,6 1,9 3,9 4,1 4 1,3 1,9 1,6

Fonte ISTAT L'integrazione degli stranieri e dei naturalizzati nel mercato del lavoro 2015

Le comunità più grandi hanno un rapporto di lunga data con l’Italia e oggi si contano in Italia circa 200 nazionalità straniere, arricchita dalla super diversità18 dell’immigrazione italiana. Tra le

comunità più presenti vi sono cittadini di un Paese europeo (oltre 2,6 milioni di individui), la cittadinanza maggiormente rappresentata è quella rumena (22,9% del totale) seguita da quella albanese (9,3%). La presenza africana, quasi esclusivamente proveniente dall’Africa settentrionale, si attesta al 21% del totale del saldo migratorio così come i migranti provenienti da paesi asiatici,

DISTRIBUZIONE POPOLAZIONE STRANIERA PER CITTADINANZA. 31 dicembre 2015

Ogni comunità è legata a particolari territori italiani non solo per le condizioni di vitalità del tessuto economico, ma per la presenza di una vivace catena migratoria che ha fatto si che vi sia una rete19di connazionali sul territorio che può offrire aiuto, supporto e protezione. La presenza di una comunità nazionale numerosa riesce a essere un efficace ammortizzatore sociale per coloro che iniziano un percorso migratorio e devono affrontare la fatica e la pressione di andare a vivere lontano da ciò che è loro familiare. Poter disporre di luoghi di ritrovo dove parlare la lingua madre, celebrare festività nazionali o religiose è fondamentale quanto avere aiuto per affrontare la burocrazia o trovare lavoro. La mutua conoscenza tra gli autoctoni e le comunità straniere agisce da passepartout nel senso che la buona o cattiva reputazione e la correttezza del gruppo vengono traslati al singolo e viceversa, beneficiando anche di associazioni ponte e figure che agiscono da facilitatori della convivenza tra gruppi.

Le comunità a prevalenza di presenze femminili o che vivono in nuclei familiari risultano più

“integrabili”, mentre quelle a maggioranza maschile risultano più chiuse. Nel 2015 sono stati circa

178.000 i matrimoni misti, con un incremento rispetto al 2014 del 37%20, motivo per il quale in

19

Delle reti migratorie Massey (1988: 396) dice: «Sono complessi di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non migranti nelle aree d’origine e di destinazione attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza d’origine». Questi legami essenziali sono solitamente basati sulla fiducia e gratuità.

20

Nel conteggio sono inclusi i riconoscimenti della cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto cittadino italiano, per elezione da parte dei 18enni nati in Italia e regolarmente residenti ininterrottamente dalla nascita, per ius sanguinis. L’argomento è disciplinato dalla Legge 91/1992 art. 1 comma 1 lett. a) e b) e comma 2, art. 2 comma 2, art. 4 comma 2: la cittadinanza

DISTRIBUZIONE POPOLAZIONE STRANIERA PER CITTADINANZA. 31 dicembre 2015

Ogni comunità è legata a particolari territori italiani non solo per le condizioni di vitalità del tessuto economico, ma per la presenza di una vivace catena migratoria che ha fatto si che vi sia una rete19di connazionali sul territorio che può offrire aiuto, supporto e protezione. La presenza di una comunità nazionale numerosa riesce a essere un efficace ammortizzatore sociale per coloro che iniziano un percorso migratorio e devono affrontare la fatica e la pressione di andare a vivere lontano da ciò che è loro familiare. Poter disporre di luoghi di ritrovo dove parlare la lingua madre, celebrare festività nazionali o religiose è fondamentale quanto avere aiuto per affrontare la burocrazia o trovare lavoro. La mutua conoscenza tra gli autoctoni e le comunità straniere agisce da passepartout nel senso che la buona o cattiva reputazione e la correttezza del gruppo vengono traslati al singolo e viceversa, beneficiando anche di associazioni ponte e figure che agiscono da facilitatori della convivenza tra gruppi.

Le comunità a prevalenza di presenze femminili o che vivono in nuclei familiari risultano più

“integrabili”, mentre quelle a maggioranza maschile risultano più chiuse. Nel 2015 sono stati circa

178.000 i matrimoni misti, con un incremento rispetto al 2014 del 37%20, motivo per il quale in

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Delle reti migratorie Massey (1988: 396) dice: «Sono complessi di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non migranti nelle aree d’origine e di destinazione attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza d’origine». Questi legami essenziali sono solitamente basati sulla fiducia e gratuità.

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Nel conteggio sono inclusi i riconoscimenti della cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto cittadino italiano, per elezione da parte dei 18enni nati in Italia e regolarmente residenti ininterrottamente dalla nascita, per ius sanguinis. L’argomento è disciplinato dalla Legge 91/1992 art. 1 comma 1 lett. a) e b) e comma 2, art. 2 comma 2, art. 4 comma 2: la cittadinanza

DISTRIBUZIONE POPOLAZIONE STRANIERA PER CITTADINANZA. 31 dicembre 2015

Ogni comunità è legata a particolari territori italiani non solo per le condizioni di vitalità del tessuto economico, ma per la presenza di una vivace catena migratoria che ha fatto si che vi sia una rete19di connazionali sul territorio che può offrire aiuto, supporto e protezione. La presenza di una comunità nazionale numerosa riesce a essere un efficace ammortizzatore sociale per coloro che iniziano un percorso migratorio e devono affrontare la fatica e la pressione di andare a vivere lontano da ciò che è loro familiare. Poter disporre di luoghi di ritrovo dove parlare la lingua madre, celebrare festività nazionali o religiose è fondamentale quanto avere aiuto per affrontare la burocrazia o trovare lavoro. La mutua conoscenza tra gli autoctoni e le comunità straniere agisce da passepartout nel senso che la buona o cattiva reputazione e la correttezza del gruppo vengono traslati al singolo e viceversa, beneficiando anche di associazioni ponte e figure che agiscono da facilitatori della convivenza tra gruppi.

Le comunità a prevalenza di presenze femminili o che vivono in nuclei familiari risultano più

“integrabili”, mentre quelle a maggioranza maschile risultano più chiuse. Nel 2015 sono stati circa

178.000 i matrimoni misti, con un incremento rispetto al 2014 del 37%20, motivo per il quale in

19

Delle reti migratorie Massey (1988: 396) dice: «Sono complessi di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non migranti nelle aree d’origine e di destinazione attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza d’origine». Questi legami essenziali sono solitamente basati sulla fiducia e gratuità.

20

Nel conteggio sono inclusi i riconoscimenti della cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto cittadino italiano, per elezione da parte dei 18enni nati in Italia e regolarmente residenti ininterrottamente dalla nascita, per ius sanguinis. L’argomento è disciplinato dalla Legge 91/1992 art. 1 comma 1 lett. a) e b) e comma 2, art. 2 comma 2, art. 4 comma 2: la cittadinanza

parte sta aumentando l’attribuzione della cittadinanza italiana a stranieri, insieme alla trasmissione

automatica della nazionalità da parte del genitore convivente divenuto italiano.

Di sicuro, i cambiamenti repentini che possono provocare stress migratori stanno avvicendandosi così velocemente da rendere quasi obsolete le definizioni di paese d’origine, transito e destinazione. I movimenti che leggiamo in maniera vettoriale sono invece molto più complessi, implicano partenze, ritorni e nuove destinazioni, purtroppo spesso dettate dalla necessità e non dalla volontà personale, come nel caso dei rifugiati, argomento del prossimo paragrafo.

I rifugiati, scenari di crisi politica e sociale

Lo status di rifugiato è previsto dalla Convenzione ONU di Ginevra del 1951. Tale status viene concesso a chiunque «a chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato».

Nel corso del 2014, il numero totale dei rifugiati nel mondo è stato stimato a circa 20 milioni di persone (8% di tutti i migranti internazionali), il livello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale; la Turchia è diventato il paese che ne ospita di più, seguita da Pakistan, Libano, Iran. Più della metà dei rifugiati sono fuggiti da soli tre paesi: Siria, Afghanistan e Somalia.

Maggiori paesi ospitanti rifugiati – raffronto fine 2014 / 2015

Fonte: Unhcr (2015), Global Trends 2014

Il maggior numero di rifugiati è accolto da paesi extraeuropei. L’Europa accoglie 4.391.400 rifugiati, un numero in grande crescita (+43% rispetto al 2014, +158% rispetto al 2013). Questa la situazione nei principali paesi europei nel 2015:

Presenza rifugiati nei principali paesi Europei nel 2015

Fonte: rielaborazione grafica su dati Eurostat

0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 300.000 350.000

Maggiori paesi ospitanti rifugiati – raffronto fine 2014 / 2015

Fonte: Unhcr (2015), Global Trends 2014

Il maggior numero di rifugiati è accolto da paesi extraeuropei. L’Europa accoglie 4.391.400 rifugiati, un numero in grande crescita (+43% rispetto al 2014, +158% rispetto al 2013). Questa la situazione nei principali paesi europei nel 2015:

Presenza rifugiati nei principali paesi Europei nel 2015

Fonte: rielaborazione grafica su dati Eurostat

Maggiori paesi ospitanti rifugiati – raffronto fine 2014 / 2015

Fonte: Unhcr (2015), Global Trends 2014

Il maggior numero di rifugiati è accolto da paesi extraeuropei. L’Europa accoglie 4.391.400 rifugiati, un numero in grande crescita (+43% rispetto al 2014, +158% rispetto al 2013). Questa la situazione nei principali paesi europei nel 2015:

Presenza rifugiati nei principali paesi Europei nel 2015

La richiesta di asilo è un passaggio preliminare rispetto al pieno riconoscimento dello status. Negli ultimi anni l’aumento di queste richieste è stato notevole: basti pensare che nel solo 2015 le richieste da parte di afgani hanno registrato un +204%; siriani +146%; albanesi +313%; pachistani +115%; iraniani +143%.

Richiedenti asilo (non-UE) negli stati UE-28, 2005–2015 (migliaia)

Il graduale incremento delle istanze di asilo per i paesi dell’UE 28 è iniziato sostanzialmente nel 2012, passando da 431.000 richieste del 2013 a 1.300.000 del 2015. I richiedenti hanno un’età media inferiore ai 35 anni (il 53% di questi è nella fascia tra i 18–34, mentre il 30% sono minorenni, molti non accompagnati). La ripartizione tra generi è abbastanza equa, ma cambia molto a seconda della fascia di età.

Il 52% delle istanze presentate è stato accettato, calcolando tra le risposte positive anche lo status di

protezione sussidiaria e l’autorizzazione a risiedere per motivi umanitari. Tra i paesi con la più alta percentuale di istanze positive, tra quelle evase, vi è l’Italia (82%).

La richiesta di asilo è un passaggio preliminare rispetto al pieno riconoscimento dello status. Negli ultimi anni l’aumento di queste richieste è stato notevole: basti pensare che nel solo 2015 le richieste da parte di afgani hanno registrato un +204%; siriani +146%; albanesi +313%; pachistani +115%; iraniani +143%.

Richiedenti asilo (non-UE) negli stati UE-28, 2005–2015 (migliaia)

Il graduale incremento delle istanze di asilo per i paesi dell’UE 28 è iniziato sostanzialmente nel 2012, passando da 431.000 richieste del 2013 a 1.300.000 del 2015. I richiedenti hanno un’età media inferiore ai 35 anni (il 53% di questi è nella fascia tra i 18–34, mentre il 30% sono minorenni, molti non accompagnati). La ripartizione tra generi è abbastanza equa, ma cambia molto a seconda della fascia di età.

Il 52% delle istanze presentate è stato accettato, calcolando tra le risposte positive anche lo status di

protezione sussidiaria e l’autorizzazione a risiedere per motivi umanitari. Tra i paesi con la più alta percentuale di istanze positive, tra quelle evase, vi è l’Italia (82%).

La richiesta di asilo è un passaggio preliminare rispetto al pieno riconoscimento dello status. Negli ultimi anni l’aumento di queste richieste è stato notevole: basti pensare che nel solo 2015 le richieste da parte di afgani hanno registrato un +204%; siriani +146%; albanesi +313%; pachistani +115%; iraniani +143%.

Richiedenti asilo (non-UE) negli stati UE-28, 2005–2015 (migliaia)

Il graduale incremento delle istanze di asilo per i paesi dell’UE 28 è iniziato sostanzialmente nel 2012, passando da 431.000 richieste del 2013 a 1.300.000 del 2015. I richiedenti hanno un’età media inferiore ai 35 anni (il 53% di questi è nella fascia tra i 18–34, mentre il 30% sono minorenni, molti non accompagnati). La ripartizione tra generi è abbastanza equa, ma cambia molto a seconda della fascia di età.

Il 52% delle istanze presentate è stato accettato, calcolando tra le risposte positive anche lo status di

protezione sussidiaria e l’autorizzazione a risiedere per motivi umanitari. Tra i paesi con la più alta percentuale di istanze positive, tra quelle evase, vi è l’Italia (82%).

Nello specifico si nota un cambia- mento delle partenze e delle rotte migratorie, provenienti dai paesi afri- cani e in partenza dai porti della Libia e Turchia o lungo la rotta Balcanica.

Grazie all’immediatezza delle comu-

nicazioni, al facile reperimento di

notizie utili, all’utilizzo di telefonini e

Internet, i cambiamenti nelle strategie migratorie si fanno sempre più veloci e anche agenzie come Frontex e altri soggetti che vogliono semplicemente dare supporto ai richiedenti asilo fanno fatica a tenerne il passo.

Nazionalità dichiarate al momento dello sbarco – anno 2015, fino al 10 ottobre 2015

Fonte: Ministero dell’Interno

Secondo studi del MPI (2016), il notevole aumento dei flussi ha creato un clima di tensione e astio nei confronti dei rifugiati, soprattutto nei paesi est europei come Polonia, Ungheria, Repubblica

Ceca e Slovacchia. L’arrivo dei rifugiati alle frontiere è stato vissuto in questi paesi come una vera e

propria invasione: si sono destate paure rispetto alla perdita d’identità nel caso avessero dovuto accogliere un grosso numero di rifugiati, alla distribuzione squilibrata delle risorse pubbliche, alla perdita di fiducia nei confronti dei governanti nazionali e locali che si trovano nella condizione di

Prospetto 2012 – 2015 richiedenti asilo e posti disponibili

Fonte MSF rapporto fuoricampo Richiedenti asilo e rifugiati in Italia: insediamenti informali e marginalità sociale 2016

Nello specifico si nota un cambia- mento delle partenze e delle rotte migratorie, provenienti dai paesi afri- cani e in partenza dai porti della Libia e Turchia o lungo la rotta Balcanica.

Grazie all’immediatezza delle comu-

nicazioni, al facile reperimento di

notizie utili, all’utilizzo di telefonini e

Internet, i cambiamenti nelle strategie migratorie si fanno sempre più veloci e anche agenzie come Frontex e altri soggetti che vogliono semplicemente dare supporto ai richiedenti asilo fanno fatica a tenerne il passo.

Nazionalità dichiarate al momento dello sbarco – anno 2015, fino al 10 ottobre 2015

Fonte: Ministero dell’Interno

Secondo studi del MPI (2016), il notevole aumento dei flussi ha creato un clima di tensione e astio nei confronti dei rifugiati, soprattutto nei paesi est europei come Polonia, Ungheria, Repubblica

Ceca e Slovacchia. L’arrivo dei rifugiati alle frontiere è stato vissuto in questi paesi come una vera e

propria invasione: si sono destate paure rispetto alla perdita d’identità nel caso avessero dovuto accogliere un grosso numero di rifugiati, alla distribuzione squilibrata delle risorse pubbliche, alla perdita di fiducia nei confronti dei governanti nazionali e locali che si trovano nella condizione di

Prospetto 2012 – 2015 richiedenti asilo e posti disponibili

Fonte MSF rapporto fuoricampo Richiedenti asilo e rifugiati in Italia: insediamenti informali e marginalità sociale 2016

Nello specifico si nota un cambia- mento delle partenze e delle rotte migratorie, provenienti dai paesi afri- cani e in partenza dai porti della Libia e Turchia o lungo la rotta Balcanica.

Grazie all’immediatezza delle comu-

nicazioni, al facile reperimento di

notizie utili, all’utilizzo di telefonini e

Internet, i cambiamenti nelle strategie migratorie si fanno sempre più veloci e anche agenzie come Frontex e altri soggetti che vogliono semplicemente dare supporto ai richiedenti asilo fanno fatica a tenerne il passo.

Nazionalità dichiarate al momento dello sbarco – anno 2015, fino al 10 ottobre 2015

Fonte: Ministero dell’Interno

Secondo studi del MPI (2016), il notevole aumento dei flussi ha creato un clima di tensione e astio nei confronti dei rifugiati, soprattutto nei paesi est europei come Polonia, Ungheria, Repubblica

Ceca e Slovacchia. L’arrivo dei rifugiati alle frontiere è stato vissuto in questi paesi come una vera e

propria invasione: si sono destate paure rispetto alla perdita d’identità nel caso avessero dovuto accogliere un grosso numero di rifugiati, alla distribuzione squilibrata delle risorse pubbliche, alla perdita di fiducia nei confronti dei governanti nazionali e locali che si trovano nella condizione di

Prospetto 2012 – 2015 richiedenti asilo e posti disponibili

Fonte MSF rapporto fuoricampo Richiedenti asilo e rifugiati in Italia: insediamenti informali e marginalità sociale 2016

Da quando le crisi politiche hanno determinato l’esplodere dei flussi di rifugiati, il fenomeno migratorio ha assunto una connotazione differente: non si è più di fronte a un migrante “arrivato qui

per lavorare”, che si integrerà quanto prima nel sistema economico e poi sociale, ma si ha a che fare

con persone che scappano da situazioni insostenibili, la cui vita è in pericolo, ma che nella maggior parte dei casi non sanno dove andare o comunque possono esprimere una preferenza rispetto al paese di accoglienza che è soggetta al vaglio di una commissione che impiegherà almeno 18 mesi,

secondo le tempistiche medie dell’attuazione Dublino III21, per esprimersi a favore o rigettare

l’istanza. Il limbo in cui sono costretti li tiene fuori da ogni circuito positivo che possa anche farli

percepire in maniera migliore dagli autoctoni.

L’importanza del tema è tale per cui l’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 include molti

obiettivi relativi alle migrazioni e si incoraggiano gli stati a prendere in seria considerazione lo status migratorio per poter intervenire in maniera efficace, ma molto resta ancora da fare. Nel prossimo paragrafo viene esposta una breve rassegna delle politiche migratorie, dalla quale si potrà trarre qualche spunto di lettura della realtà attuale, comprendendo come questa la plasmi.

Le politiche migratorie

L’immigrazione «è una necessità, un dato di fatto, e in quanto tale non è negoziabile» (Bauman

2005b: 23), le istituzioni comunitarie e nazionali trovano però notevoli difficoltà nell’elaborazione e messa in pratica di politiche atte a stabilizzare la permanenza degli immigrati nei propri paesi. Le politiche migratorie europee indirizzate a chi detiene una cittadinanza non europea sono sempre

più concentrate sull’attrarre particolari profili di migranti per soddisfare alcune necessità del

mercato. Le caratteristiche auspicate possono contemplare la conoscenza della lingua, esperienze

professionali, un adeguato background educativo e la preferenza per una determinata fascia d’età.

21Rapporto Accoglienza, Ministero dell’Interno 2016: il Regolamento Dublino approvato il 26 giugno 2013 ed entrato

in vigore il 1° gennaio 2014, si applica all’Unione Europea allargata (e cioè ai 28 Stati UE, alla Svizzera e al Liechtenstein). Il Regolamento verte sul principio che il diritto d’asilo può essere richiesto solo nello stato membro di primo arrivo, dando a ogni singolo Stato il potere di richiedere la presa in carico del migrante da parte dello Stato di primo arrivo. I dati relativi al Sistema Dublino, che ha un notevole impatto sia sulla vita delle persone che sui costi che gli Stati debbono sostenere, dimostrano che è molto limitato e sostanzialmente inefficace. Nel 2013, secondo i dati Eurostat, a fronte di 435.000 domande d’asilo è stato richiesto il trasferimento di 16.014 persone, ovvero il 3.7% dei richiedenti asilo in tutta Europa. In base ai dati forniti dall’ultimo Rapporto Annuale EASO (European Asylum Support Office), in una prospettiva di lungo termine, durante il quinquennio 2009-2013 si sono avute in media circa 55.000 richieste annuali in uscita. La maggioranza (73%) di tutti i trasferimenti in uscita sono stati accettati, ma soltanto il 26% circa risultano fisicamente trasferiti da un paese EU+ a un altro (in media circa 14.000 persone all’anno). La proporzione delle richieste in uscita corrisponde in media a circa il 15% del numero di richiedenti asilo. La proporzione

Nel caso in cui i migranti possano già contare su di un lavoro nel paese di destinazione, non vi

saranno problemi. Si desiderano “braccia ma non persone”, per esprimere brutalmente il concetto.

Si può dire che le politiche siano mirate alla prevenzione delle migrazioni irregolari e al controllo del mercato del lavoro, garantendo in linea teorica una migliore possibilità per i migranti che si inserirebbero velocemente in un contesto economico.

Il quadro europeo:

Il titolo V del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) al capo 2 si occupa

di immigrazione e di asilo (circolazione delle persone all’interno dell’Unione, attraversamento delle frontiere esterne, soggiorno, allontanamento e concessione dello

status di rifugiato). Con il Trattato di Lisbona, l’Unione europea è competente in materia di

adozione degli atti e del ruolo delle istituzioni, politiche e giudiziarie ad esclusione

dell’applicazione differenziata di Regno Unito, Irlanda e Danimarca come disposto dai Protocolli n. 21 e 22 allegati ai Trattati. L’art. 70 TFUE prevede che l’Unione possa

adottare atti di armonizzazione nel rispetto dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà,

rimanendo sempre salvo l’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna. Rimane di

esclusiva competenza nazionale la fissazione del numero massimo di lavoratori provenienti da Paesi terzi (art. 79, par. 5, TFUE).

In merito alla politica di asilo dell’Unione europea, essa è basata sulla nozione di

protezione internazionale, che deve rispettare il principio di non respingimento (art. 19 della Carta dei diritti fondamentali) e la Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, della quale

l’Unione non è parte, ma ne sono parti tutti gli Stati membri. Le misure adottate si

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