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La nazionalizzazione della Lanerossi nel 1962 e la fase di ristrutturazione aziendale

L'ENI

L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, era un'azienda pubblica creata dallo Stato italiano nel 1953 come rielaborazione della vecchia AGIP, l'Azienda Generale Italiana Petroli, nata nel 1926 in periodo fascista come compagnia petrolifera pubblica. Il suo compito come ente pubblico riguardava il rifornimento energetico, ottenuto con l'estrazione, la lavorazione, la gestione e la commercializzazione di gas naturale e petrolio. Il suo ruolo non si svolse solo in Italia, ma anche all'estero, infatti allargò il proprio raggio d'interesse verso l'Africa e il Medio Oriente riuscendo a garantire all'azienda un potere di penetrazione in un mercato petrolifero da tempo monopolizzato dalle grandi compagnie, soprattutto americane. La forza dell'ENI stava nell'offrire rispetto ai concorrenti, condizioni migliori ai paesi produttori di petrolio, saltandone così l'intermediazione e stipulando con i paesi arabi contratti di approvvigionamento convenienti per ambedue le controparti77. Successivamente l'interesse dell'ente si espanse verso la petrolchimica e, per la

presenza di pressioni politiche, al settore prima meccanico con l'acquisizione del Nuovo Pignone, azienda salvata dal fallimento dall'ENI nel 1954, impegnata nella produzione di impiantistica per il rilevamento e il prelievo di petrolio greggio, e poi in quello tessile con il salvataggio della Lanerossi, operazione avvenuta nel 1962, ma nell'aria già da qualche tempo, dopo le vicissitudini di borsa che ne profilarono il rischio di chiusura.

Grazie al piglio imprenditoriale intraprendente di Enrico Mattei, l'ENI aveva assunto un ruolo di rottura e di stimolo nel panorama industriale italiano dei quindici anni successivi al dopoguerra. Il sostegno pubblico non era stato un ostacolo per permettere ad un uomo come Mattei di allargare in settori complementari gli investimenti dell'azienda. Infatti l'originario compito di ricerca ed estrazione di petrolio e metano, con la conseguente espansione di estesi metanodotti per il trasporto degli stessi, fu legato al settore della petrolchimica e della raffinazione che cominciava

77 Cfr. SILVIO LANARO, Storia dell'Italia Contemporanea, Venezia, Marsilio, 1992, p. 151; DIEGO CUZZI, Breve storia dell'ENI da Cefis a Girotti, Bari, De Donato, 1975; ANGELO PRESSENDA, MARCELLA SARALE, L'ENI da Mattei a Cefis, in Ricerche sulle Partecipazioni Statali, a cura di GASTONE COTTINO, Torino, Einaudi, 1978.

allora con gli anni Cinquanta a rappresentare un orizzonte di sviluppo promettente. Il coraggio di integrare le diverse produzioni ebbe i suoi risultati riuscendo ad aumentare vertiginosamente il fatturato complessivo dell'ENI, di cui riporto una tabella riassuntiva:

Gruppo ENI 1954 1964 Differenza percentuale

Fatturato 163,8 miliardi 508,8 miliardi +310%

Investimenti 38,4 miliardi 162 miliardi +420%

Immobilizzazioni tecniche

195,2 miliardi 1307,8 miliardi +669%

Valore aggiunto 52,4 miliardi 306 miliardi +583%

Occupazione 15.800 unità 58.700 unità

Tabella 5: Cfr. ANGELO PRESSENDA, MARCELLA SARALE, L'ENI da Mattei a Cefis, in

Ricerche sulle Partecipazioni Statali, a cura di GASTONE COTTINO, Torino, Einaudi, 1978, p. 90.

L'ASAP, Associazione Sindacale Aziende Petrolifere, era l'associazione di categoria di cui faceva parte l'ENI, nata nel 1960, a seguito dell'abbandono di Confindustria per una scelta di autonomia di Enrico Mattei, per gestire le relazioni industriali con i lavoratori delle imprese del settore energia e gas.

Il governo a guida democristiana aveva impostato il percorso per un equilibrato sviluppo economico che intendeva dare all'Italia, avendo come obiettivo primario l'incremento dell'occupazione e l'attenuazione del divario strutturale con il Mezzogiorno. Per fare ciò, l'allora ministro delle Finanze Ezio Vanoni aveva improntato uno schema programmatico (il famoso “schema Vanoni”) che innanzitutto doveva partire dall'innovazione del sistema tributario, che avrebbe consentito un più equo prelievo fiscale grazie ad una tassazione più incisiva dei redditi privati e societari78. Questo impianto legislativo di tipo sociale doveva accompagnarsi ad interventi

riguardanti il ruolo propulsivo per il Paese delle aziende private, che dovevano avere come compito la creazione di 4 milioni di nuovi posti di lavoro, mantenendo nel contempo per dieci anni un incremento del reddito minimo italiano su livelli del 5%, con affiancati investimenti che riguardassero i beni di produzione79. Questo invito programmatico della corrente di sinistra della

Democrazia Cristiana per un corretto ed equo avvio industriale nazionale chiariva la visione differenziata che si aveva della funzione sociale delle imprese private rispetto a quelle a capitale pubblico:

78 Schema di sviluppo della occupazione e del reddito del decennio 1955-1964, più noto come “schema Vanoni”.

Il messaggio era chiaramente rivolto all'industria privata, ancora una volta riconosciuta quale elemento portante di qualunque rilancio economico-sociale: all'impresa pubblica era demandato un ruolo suppletivo, di stimolo, e, se necessario, di indirizzo, definito quest'ultimo dalla mozione Pastore quale “funzione organica dell'intervento dello Stato”80.

In occasione di una interrogazione parlamentare alla Camera dei deputati nel giugno del 1960, il ministro delle Partecipazioni Statali Mario Ferrari Aggradi espose la sua linea politica riguardo il significato delle azioni di intervento sull'economia nazionale:

Noi siamo statalisti solo nei limiti in cui riteniamo che, in una economia moderna, lo Stato abbia il dovere di intervenire per evitare strozzature, per imprimere una spinta all'espansione economica ed assicurare lo sviluppo economico del Paese. Per questo gli imprenditori debbono sapere che, in determinati settori, non dovranno temere altra concorrenza che non sia quella derivante dalla libera iniziativa, per quanto riguarda alcuni fondamentali beni e servizi, essi debbono poter contare sull'apporto straordinario dello Stato81.

Nel 1962 l'ENI era un Ente pubblico che disponeva di quadri dirigenziali giovani e ben organizzati. Aveva saputo investire con successo nell'estrazione del metano, soprattutto nella pianura padana, grazie all'abilità manageriale riconosciuta a livello internazionale dal suo presidente Enrico Mattei, che sarebbe morto in un misterioso incidente aereo proprio nell'ottobre di quell'anno, il quale, avendo ottenuto una fonte di autofinanziamento importante con il gas naturale, poté garantire nuove espansioni e diversificazioni produttive all'ENI82. Queste espansioni riguardarono la

produzione di fertilizzanti per l'agricoltura e della gomma sintetica, con l'apertura dello stabilimento ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili) di Ravenna nel 1959, che permetteva di integrare le fasi di raffinazione del petrolio con l'utilizzo dei suoi sottoprodotti, settore nel quale alla fine degli anni Cinquanta l'ENI riuscì a scardinare la concorrenza privata che gestiva il mercato con prezzi molto elevati.

Lasciò di sé un'immagine positiva, oltre che nel Paese, anche all'interno del movimento sindacale. In un foglio del Movimento giovanile della CISL si apprezzava con enfasi e affetto l'impegno del defunto presidente dell'ENI:

La sua prematura scomparsa ha destato un profondo cordoglio in ogni parte del mondo dove sono sorti i frutti della sua opera. Egli primeggiò per merito del grande patrimonio di virtù e di energie che seppe dare, non solo per il 80 Ibidem.

81 Le aziende a partecipazione statale hanno raggiunto un sano equilibrio economico, «Il Gazzettino», 24 giugno 1960.

potenziamento dell'ENI, ma per contribuire, attraverso di esso, al prodigioso sviluppo del nostro Paese. L'Ing. Mattei, con i pozzi nella valle padana, con i grandi stabilimenti di Ravenna, Gela, ecc., con le due aziende vicentine SMIT (Schio) e LANEROSSI, ha fatto dell'ENI uno dei più grandi complessi industriali del mondo. Riteniamo che il miglior modo di onorarlo sia quello di completare i suoi programmi nell'interesse dell'ENTE e del PAESE83.