che il soggetto abbia avuto effettiva conoscenza del processo (Sez. 5, n. 31201 del 2020). La seconda sentenza da rimarcare sull’argomento è la n. 12778 del 2020. Le Sezioni unite hanno ritenuto che all’imputato (e/o indagato) detenuto (secondo una nozione ampia di “detenzione”, quale è quella declinata dall’art. 156 cod. proc. pen., comprensiva anche della detenzione in luoghi diversi dall’istituto penitenziario, e della detenzione per altra causa, purché nota) le notificazioni vadano consegnate personalmente, e cioè nel luogo di detenzione, anche quando l’imputato medesimo, in precedenti fasi procedimentali, abbia proceduto a dichiarazione o elezione di domicilio. La finalità è quella di abbandonare il sistema di conoscenza solo legale e/o formale del processo – che talune sentenze delle Sezioni semplici ritengono ancora in vita e desumono dalla lettera di specifiche norme codicistiche – e di pretendere il perseguimento di linee interpretative evolutive idonee a garantire la ricerca e la prova della conoscenza sostanziale ed effettiva del processo da parte dell’imputato, come del resto affermato dall’art. 420-bis cod. proc. pen., secondo cui deve risultare con certezza che l’imputato è a conoscenza del procedimento. 4.1.5. Eseguibilità delle sentenze della Cedu “erga omnes”? La pronuncia delle Sez. U, n. 8544 del 2019 (dep. 2020) è intervenuta nel dibattito giurisprudenziale apertosi sul tema della legittimità (o meno) – e, in caso affermativo, sui modi – della estensione dei principi affermati in una sentenza CEDU nei confronti di un dato ricorrente, anche ad altri soggetti che vantino di trovarsi in una situazione processuale simile o analoga. Con riferimento alla richiesta di un imputato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, di vedere applicati in proprio favore i principi espressi dalla Corte EDU nella sentenza del 14/04/2015, Contrada c. Italia, si è affermato che tali principi non si estendono a coloro che, pur trovandosi nella medesima posizione, non abbiano proposto ricorso in sede europea, in quanto la richiamata decisione del giudice sovranazionale non è una sentenza pilota e non può neppure ritenersi espressione di un orientamento consolidato della giurisprudenza europea. La soluzione della non automatica estensibilità erga omnes si inserisce in un quadro di assoluto rispetto delle fonti sovranazionali e nel pieno riconoscimento del principio (art. 46 Conv. EDU) della forza vincolante delle sentenze CEDU definitive, per le controversie in cui le Alte Parti contraenti sono direttamente chiamate in causa. Tuttavia, viene ribadita la linea di cui la Corte costituzionale si è fatta per prima interprete (sent. n. 49 del 2015), secondo cui la generale portata vincolante va riconosciuta alle “sentenze pilota” della Corte di Strasburgo e a quelle che contengono l’espresso riconoscimento di una violazione di carattere strutturale o sistematico (disciplinate dall’art. 61 del Regolamento) o comunque alle decisioni di portata generale o, ancora, a quelle che siano espressione di un principio consolidato. Residuando, in relazione a tutte le altri, la idoneità a stimolare il controllo diffuso del giudice nazionale e a favorire l’attività della interpretazione convenzionalmente conforme. 4.1.6. Misura ablativa e accertamento del reato: quali possibili rapporti tra confisca e prescrizione (fattispecie di lottizzazione abusiva) La sentenza n. 13539 del 2020 costituisce l’epilogo di un acceso dibattito attivatosi da oltre dieci anni, con correlate decisioni, tra la Corte EDU, anche nella massima composizione, la Corte costituzionale e le Sezioni semplici della Corte di legittimità. Si tratta, dunque della sintesi finale di un intenso e proficuo dialogo tra le Corti, le quali, pur non rinunciando alla affermazione dei propri specifici poteri giurisdizionali, hanno operato in modo convergente finendo per trovare una soluzione interpretativa capace di sostanziare il bilanciamento di tutti gli interessi e in valori in gioco. Il tema esaminato è quello della compatibilità fra la confisca lottizzatoria ex art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001 e la conclusione del processo con sentenza di prescrizione del reato. Si fronteggiavano, da un lato, le istanze della Corte europea – incentrate sulla affermazione della natura sanzionatoria penale di tale misura ablativa e sulla conseguente necessità che fosse irrogata all’esito dell’accertamento di responsabilità penale (sentenza del 20/01/2009, resa nel caso Sud Fondi e altri c. Italia e sentenza del 29/10/2013 nel caso Varvara c. Italia) – e, dall’altro, quella della Corte costituzionale (sentenza n. 49 del 14 gennaio 2015) che richiede al giudice interno di interpretare la giurisprudenza della Corte EDU nel senso che non è necessariamente richiesta una formale sentenza di condanna, ma anche solo, e più semplicemente, il “pieno accertamento” della responsabilità personale per il reato di lottizzazione abusiva, compatibile con una pronuncia di prescrizione che abbia i caratteri sostanziali della condanna. Quest’ultima analisi è stata alfine asseverata anche dalla Grande Camera della CEDU con la sentenza del 28/06/2018, resa nel caso G.I.E.M. e altri contro Italia. Le Sezioni unite hanno apposto il suggello a tale complesso percorso valutativo precisando: che la causa estintiva che può coesistere con la confisca è quella maturata dopo una sentenza di condanna di primo grado, contenente il necessario accertamento di questo sotto il profilo oggettivo e soggettivo; che tale accertamento deve discendere da un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, in ossequio al principio del giusto processo sancito dalla Costituzione e dalla CEDU, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. Si è, poi, chiarito, che le questioni relative alla conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia G.I.E.M. sopra menzionata, possono essere sottoposte al giudice dell’esecuzione il quale gode di ampi poteri istruttori ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. 4.2. La giurisprudenza delle Sezioni semplici La produzione delle Sezioni penali della Corte, pur collegata alla Nel documento Pietro Curzio, Suprema Corte di Cassazione, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, Roma 29 gennaio 2021 (pagine 114-117)