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nel primo capitolo, l'analizzeremo quattro opere letterarie: Edipo

I.IV La questione hegeliana della “scomparsa del Coro”

1. nel primo capitolo, l'analizzeremo quattro opere letterarie: Edipo

Re, Coefore, Eumenidi. Attraverso questa analisi esploreremo il

modello formale con il quale Vernant e Vidal-Naquet spiegarono

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la struttura della tragedia antica; in particolare enfatizzeremo come, grazie alla funzione del Coro, nella tragedia antica, c'è una perfetta

identità fra fatti e valori. Come può avvenire questo? Ad un livello

semiotico, infatti il rapporto fra Coro e attore è, lo vedremo, equivalente al rapporto fra significante e referente: ciò essenzialmente per via delle particoari condizioni di nascita della tragedia antica: la sovrapposizione fra significante e referente deriva, essenzialmente, dal fatto che assieme alla tragedia nasce il concetto stesso di

mimesi: il drammaturgo antico ha un perfetto controllo sul destino

del proprio carattere perché Il coro funge da vero e proprio “ponte” fra la volontà del carattere e la dimensione ideologico- politica in cui il dramma è concepito. In altri termini, le parole pronunciate dal Coro influenzano e, talora, anticipano, gli eventi sulla scena; in modo molto rigido, formalemnte pesante la storia narrata dal personaggio (che sia Edipo, Oreste o, ad esempio, Clitemnestra) è totalmente subordinata all'ideologia espressa dal drammaturgo, che è una ideologia civica, una visione tragica la quale interferendo con l’azione sul piano della mimesi risulta dirimente

sia per stabilirne il destino, sia per gestire i conflitti mostrati sul

palco.

2. Il secondo capitolo riprenderemo e svilupperemo la tesi di Franco

Moretti per cui la tragedia moderna è caratterizzata dalla crisi della sovranità: vi aggiungeremo però che di fatto, l'esordio della tragedia nella modernità è caratterizzato contemporaneamente dalla

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riproposizione della struttura antica basata sul rapporto fra Coro e attore e, al contempo, della sua messa in discussione. Ad esempio, è facilmente verificabile che in Romeo and Juliet, Juliet svolge il ruolo del Coro e Romeo svolge il ruolo che, nella tragedia classica, era dell'attore. Riproposizione sì, ma anche messa in discussione: nell'ambito della crisi della sovranità nel teatro di Shakespeare, infatti, l'impossibilità di rappresentare e controllare la volontà del sovrano, di subordinarla all'interno di un quadro ideologico organico e razionale ha varie conseguenze, la prima è, come argomenteremo, la creazione di due funzioni drammaturgiche enigmatiche e ambigue: Hamlet e Claudius: mentre la prima delle due è nota per tale ambiguità, la seconda, come vedremo, non è meno ambigua ed entrambe rappresentano, le due facce dell'incontenibile volontà del sovrano assolutista incarnata da Lear: anche nel King Lear è possibile ritrovare funzioni drammaturgiche che svolgono il ruolo del Coro, ma, come avremo modo di

argomentare, l'ambiguità rappresentata dalle funzioni

drammaturgiche di Claudius e Hamlet non sono altro che un correlativo della incontenibile volontà del Monarca espressa nel King

Lear, questa volontà incontenibile apre la tragedia a complesse

influenze e contraddizioni che, passando ad altri autori di cui parliamo, potremo puntualmente studiare. In sintesi dunque la forma tragica delle tragedie shakespeariane sa un lato mette in crisi la struttura ideologicamente rigida della tragedia antica, e dall’altro la

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apre alla tragedia moderna: nel momento in cui non è più possibile dominare con un solo sguardo la volontà del carattere drammaturgico, il rapporto fra ideologia e mimesi dell’azione è esposto a un confronto costante fra il contesto e la Weltanshaaung la visione tragica del drammaturgo.

La seconda parte è intitolata la tragedia Romantica. Qui analizzeremo gli effetti della scomparsa del Coro grazie, sostanzialmente, a un confronto fra Calderón e Racine; in special modo, fra La vida es sueno e Phèdre. Consci della grande differenza fra gli universi politici e ideologici di questi due autori divideremo anche qui l’esposizione in due parti, un primo capitolo sarà dedicato a Calderón e un secondo capitolo sarà dedicato a Racine.

il primo capitolo sarà dedicato a Calderón e i Gesuiti: seguendo in questo ancora Lukàcs, mostreremo che al contrario della tragedia antica non solo non c'è perfetta identità fra ideologia e forma, ma è la forma

della tragedia che esprime le contraddizioni ideologiche vissute dal drammaturgo,

e in special modo le contraddizioni ideologiche espresse dal sentire del drammaturgo nei confronti del potere monarchico. Prima di affrontare il testo faremo una ricognizione su queste contraddizioni ideologiche: in questo i nostri punti di riferimento imprescindibili saranno gli studi Calderóniani di Dian Fox e Alexander Parker sul rapporto fra Calderón e la regalità. Per definire la forma tragica della Peripezia Calderóniana, infatti, è necessario tenere presente che, in base alla nostra tesi essa è il correlativo formale del senso

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paradossale che il drammaturgo aveva del potere: la peripezia in La

vida es sueno rappresenta una primo tentativo di compromesso,

oramai privo dello sguardo superiore, in grado di controllare qualunque cosa, del coro greco. Studieremo questo testo, infatti, dividendolo in tre macrosequenze. Nell primadue elementi rintracceremo elementi in contraddizione fra loro che potremo interpretare alla luce di due posizioni diverse nei confronti della sovranità: la prima che vuole che il sovrano assoluto debba essere accettato passivamente, a prescindere dalle sue tentazioni di dominio (Quevedo) la seconda invece vuole che i sottoposti abbiano l’obbligo di ribellarsi quando il re tradisce i vincoli feudali (Mariana) Come fare a risolvere questa contraddizione ideologica: La forma

della peripezia suggerisce un primo compromesso fra queste due istanze e in

special modo, lo vedremo, il finale dell’opera, l’ultima macrosequenza drammatica, difatto, subordinando totalmente, ancora una volta, l’ideologia alla mimesi, proporrà una prima soluzione

3. Il secondo capitolo sarà dedicato a Racine e i Giansenisti ed avrà una

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