Lo dimostra la presenza di Morbelli che, lun-go gli anni Novanta, riservò alle Intime alcu-ni suoi capolavori. Già nel 1890 – l’Intima di quest’anno fu inaugurata nel gennaio 1891 – il pittore puntò alla rassegna per presentare, se-guendo un piano espositivo abbastanza chia-ro, gli esiti della sua ricerca luminista14. Già all’Annuale torinese del 1890 Morbelli espo-neva due tele condotte seguendo il principio della divisione dei colori: Refettorio e Mi ricordo quand’ero fanciulla15. Per quel che riguarda l’In-tima, dalle recensioni si ricava che il pittore esponeva tre opere aventi come soggetto i vec-chioni di non facile identificazione16. Una lette-ra di Morbelli a Gustavo Macchi17 permette di fermando che «ci sono nella nostra città delle
mostre annuali in cui le opere di minore im-portanza o di chi è alle prime prove possono trovare decoroso modo di presentarsi»13. La presenza di un’esposizione libera, dalla cre-scente autorità – come dimostrano le ampie attenzioni che la critica riservò alla rassegna –, utile come occasione di vendita e, soprattut-to, garante di una continuità espositiva, rese le Intime un centro espositivo extra-ufficiale di primo piano che i divisionisti sfruttarono e del quale, sotto un certo profilo, aiutarono a definire l’assetto nel senso di un avanguardi-smo delle proposte che ne divenne cifra, par-ziale, ma caratteristica.
sigenti e raffinati, originali ritenuti addirittu-ra pazzi pericolosi dai benpensanti dell’arte corrente, dai mecenati dell’ordine»12.
Queste piccole rassegne, nell’economia espo-sitiva locale e in rapporto alle maglie, più o meno strette, di Brera e della Permanente, assunsero, nel tempo, un ruolo singolare che conciliava la dimensione privata e commer-ciale dell’esposizione socommer-ciale e un crescente rilievo pubblico e artistico. È Brera stessa a riconoscere l’importanza di queste esposi-zioni “complementari”: commentando l’alto numero di rifiuti per la rassegna del 1900, la Commissione di Accettazione si giustificò
af-“laboratorio” nella quale, accanto alle proposte più tradizionali, si trovavano opere di artisti appena esordienti che facevano corpo, anche per comunione di ricerche, attorno alla Fami-glia Artistica. Gli osservatori d’arte comincia-rono da subito a notare questa caratteristica11 e all’aprirsi del secolo Carlo Bozzi delineava un profilo “avanguardista” dell’Intima:
«l’ambiente modesto, intimo, pressoché di soli artisti, incoraggia i solitari, i ribelli, i gio-vani ad esporre i tentativi, le ricerche, le confi-denze: spesso vi si rivela un esordiente; un di-lettante è battezzato artista. I compratori sono buongustai d’avanguardia, modernisti
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1. Biglietto d’ingresso per la Mostra Intima del 1897 realizzato da Giovanni Buffa. Modena, collezione Mazzanti
2. Cartolina commemorativa del Cinquantenario di Fondazione della Famiglia Artistica realizzata da Andrea Fossombrone, 1913. Milano, Archivio Storico Famiglia Artistica Milanese
3. Angelo Morbelli, Un Consiglio del nonno - Parlatorio del luogo Pio Triulzio, 1891, olio su tela, 60 x 45 cm. Alessandria, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
4. Angelo Morbelli, Vecchine curiose, 1891, olio su tela, 55 x 75 cm. Tortona, “Il Divisionismo” Pinacoteca Fondazione C.R. Tortona
tera21 potrebbe benissimo figurare colà» per una breve esposizione di 10 o 15 giorni. L’in-vio non avrebbe pregiudicato la Triennale: l’In Arte Libertas inaugurava il 12 febbraio e un’e-sposizione di soli 10 giorni avrebbe permesso il rientro dell’opera «un buon mese prima di finirlo per Brera», essendo la consegna per la Triennale prevista per il 31 marzo (fu poi pro-rogata al 10 aprile). Che si tratti della mostra romana lo conferma il fatto che Vittore funge-va da mediatore per le opere lombarde e avefunge-va cercato di coinvolgere Segantini, Carcano e Bianchi, e, appunto, Morbelli22. Alcuni lavo-ri selezionati – per certo quelli di Carcano e Bianchi – erano esposti all’Intima che chiuse il 2 febbraio: il giorno dopo Vittore era riuscito ad ottenere che il gruppo romano, interessato ad avere Segantini, pagasse la grande velocità per il trasporto così da riuscire a mandare le opere a Roma in tempo per la consegna fissa-avanzare un’ipotesi. Il pittore chiede al critico:
«ricordi 20 o più anni fa, in seno a questa no-stra girovaga F.A., quel mio quadretto del Pio Trivulzio, con un vecchio leggente una lettera tutt’all’ingiro orlata di bleu, di verde, giallo, rosso…? E la cagnara susseguita? e Cima che scriveva essere io un pittore patriottico, per-ché dipingo coi colori della bandiera Naziona-le!??». La recensione alla quale fa riferimento Morbelli è quella sull’Intima 1890 apparsa su
“L’Italia” dove si legge «abbiamo poi tre dipin-ti di Morbelli assai patriotdipin-tici, perché vi predo-mina la bandiera nazionale – il bianco, il rosso e il verde»18. La descrizione dell’opera da parte di Morbelli rimanda a Parlatorio del luogo Pio Trivulzio (fig. 3)19 esposto alla Prima Triennale.
Una lettera del gennaio 1891 a Grubicy lascia intendere che Morbelli pensava di esporre il dipinto all’In Arte Libertas20. Il pittore scrive di un «invio a Roma» e che «il quadro della
let-5. Gaetano Previati, Ippopotami (dal Silenzio di E.A. Poe), 1888-1890, carboncino su carta, 340 x 565 mm. Collezione privata
6. Emilio Longoni, Ona staderada o La venditrice di frutta, 1891, olio su tela, 154 x 91 cm.
Tortona, “Il Divisionismo” Pinacoteca Fondazione C.R. Tortona
presentava in tono minore con «due pastelli che non sono gran cosa – ma non mi dispia-ce quell’umili figure in mezzo a tanto mestie-re»29 e Chirtani li definiva «un tentativo non completamente riuscito»30, lo stesso critico anti-divisionista affermava che «una forza d’arte intellettuale […] s’impone e ci penetra»
dinanzi a Ona Staderada (fig. 6) del trionfato-re dell’edizione, Emilio Longoni, che accanto alla celebre tela esponeva alcuni ritratti e il virtuoso divisionista Il Pulcino (fig. 7) 31. Le prime due edizioni degli anni Novanta oltre a confermare il carattere sperimentale delle Intime, ne affermavano il progressivo aumento d’importanza. L’edizione del 1892 vedeva 52 espositori con 250 pezzi32 e la Di-rezione dell’associazione invitava gli artisti a «concorrere a questa mostra, piuttosto che con opere destinate per la loro natura a quei mercati che sono le ordinarie Esposizioni, con studi, con bozzetti, con opere, le quali per l’accentuazione delle tendenze individuali, o per la specializzazione della tecnica, non pos-sano trovare agevolmente posto nelle Espo-sizioni ufficiali»33. Persino nell’allestimento gli procurò un ampio consenso critico in virtù
di una maggiore disinvoltura dell’applicazio-ne tecnica della scomposiziodell’applicazio-ne cromatica24. Come Morbelli, anche Previati, Grubicy e Lon-goni, nel cruciale 1891, sfruttarono l’Intima per affermare, con risultati critici altalenanti, una continuità rispetto a quanto esposto alla Triennale. Già all’Intima del 1890 Previati e Vittore esponevano i loro lavori e Grubicy leggeva nella mostra l’affermazione di una li-nea d’arte immaginativa25 condensata attorno alle personalità di Mentessi, Conconi, Rossi e, appunto, Previati che esponeva i disegni per i Racconti di Poe (fig. 5) e alcuni schizzi dedicati ai Promessi Sposi26. Lo stesso Vittore era pre-sente con un acquerello e due composizioni, una Veduta di Varenna e una Spiaggia di Lier-na con lavandaia27. Se la presenza di Morbelli alla mostra dicembrina del 1891 si era rivelata un discreto successo, non così fu per Vittore i cui nove lavori furono massacrati dalla stes-sa penna che aveva elogiato il pittore ales-sandrino: «puerili nella concezione, scorretti nel disegno, assurdi pel colorito», «un vero crimine contro il buon gusto»28. Se Previati si propria ricerca. Il 15 luglio 1891 Morbelli
scri-veva a Vittore di essere entusiasta del vociare critico attorno alle proprie opere e che conta-va di «far parlare ancora […] e magari anche all’Esp.ne Invernale della Famiglia Artistica tanto per non lasciar raffreddare la faccenda e tener desti gli animi». Se, dapprima, Morbel-li23 pensò di unire la componente commercia-le della mostra con una dimostrazione dell’e-voluzione della propria pittura, esponendo solo lavori “antichi”, l’idea cambiò a favore degli esiti più nuovi della propria ricerca. Una strategia vincente perché l’opera esposta, for-se da riconoscersi nell’aneddotica Vecchine cu-riose (fig. 4) o in un dipinto di simile impianto, ta al giorno 8, ma non sembra che la vicenda
andasse a buon fine. Forse, se il ricordo di Mor-belli sull’Intima è veritiero, Parlatorio non par-tì per la sovrapposizione tra le rassegne.
L’impatto di questa prima sortita milanese non fu affatto negativo: se Chirtani glissava sulle opere esposte dal pittore, Macchi le de-finiva «documenti curiosi e interessanti» e, al netto di qualche bordata ironica, la maggior parte della critica era conciliante. L’Intima, quale contesto espositivo libero e divincolato dalle norme accademiche, ritornava utile al pittore nell’edizione successiva del dicembre 1891 all’interno di una strategia promozio-nale volta a mantenere alto il dibattito sulla