Domanda: Tenendo sempre come riferimento la bientraitance, trovi/noti differenze tra gruppo dei grandi e gruppo dei piccoli?
Risposta: Nei piccoli per esempio si rispettano i loro ritmi, la routine della giornata per esempio quando dormono. Mentre nei grandi ci sono orari fissi; si dorme ad un certo orario, si mangia al tavolo ad un certo orario, ecc. Oppure durante il pranzo con i piccoli, non li obblighiamo a provare, mentre con i grandi li spingiamo ad assaggiare tutto.
Domanda: Quali sono le tue personali linee guida educative che conducono l’agire dei tuoi interventi?
Risposta: Dal mio punto di vista l’osservazione assume un ruolo molto importante; osservare il bambino per conoscerlo e per poi agire. Sei più consapevole come “prendere” il bambino. Poi all’interno della nostra struttura, tutte noi operatrici abbiamo le stesse regole, gli stessi modi di agire, in quanto abbiamo anche dei protocolli che ci aiutano, in più siamo in poche per cui possiamo avere in tempi brevi un dialogo per metterci d’accordo. Per esempio; l’altro ieri c’era una bambina che piangeva, probabilmente dal sonno in quanto si strofinava gli occhi, ho cambiato contesto con lei e posizione fisica per vedere le sue reazioni e se smettesse di piangere. Non ha funzionato. Ho dedotto che fosse stanca, l’ho presa e l’ho messa a dormire ed infatti si è addormentata subito. Quindi agisco pensando al bambino ed ai suoi ritmi, osservandolo per poi conoscerlo sempre di più.
Domanda: Riconosci in essi o riesci comunque ad intravvedere il concetto di bientraitance? Se no, perché?
Risposta: All’inizio abbiamo detto che il “buon trattamento” è rispettare il bambino; quindi l’osservazione e la conoscenza del bambino è fondamentalmente il rispettarlo nel suo essere. Essere sempre presente, ad osservarlo ed essere disponibile qualora avesse bisogno, ma tenendo sempre presente di non “esserci troppo”, lasciargli spazio di sviluppare la propria autonomia. Oppure un altro esempio; un bambino che si cimenta in un’attività dove deve infilare delle forme in appositi buchi, comincia a piangere frustrato. Ecco che però intervengo stimolandolo e non finendogli il gioco al posto suo; la prima volta non riesce, ma la seconda si. Quindi lo sproniamo sempre a riprovarci. Dal punto di vista del “buon trattamento”, lo leggo come un bisogno di sviluppare la propria autonomia e autostima; se fossi intervenuta lui avrebbe capito che non sarebbe stato in grado, perciò avrebbe inciso in modo negativo il mio intervento. Lasciar provare e lasciar fare da soli è fondamentale al nido, altrimenti i piccoli resterebbero sempre dipendenti dalla figura di riferimento. Se noi educatori facessimo al posto dei bambini senza lasciarli provare da soli, andrebbe un po’ contro al concetto della bientraitance, intesa come favorire l’autonomia del bambino.
Domanda: Cos’è per te la negligenza nei confronti dei bambini?
Risposta: Dal punto di vista teorico, è il non rispettare i bisogni primari del bambino; la fame, la sete, la cura dell’igiene, il sonno e la presenza di una persona di riferimento. Citandoti alcuni esempi; un bambino che non viene cambiato tutto il giorno, oppure un bambino che ha sonno e non lo si mette a dormire, oppure costringere un bambino a mangiare, piuttosto che continuare ad esprimere parole negative nei confronti del piccolo, ecc.
Domanda: Quando e perché secondo te si possono sviluppare e concretizzare queste situazioni?
Risposta: Quando non c’è professionalità dell’educatore; fondamentalmente una base scolastica è fondamentale, insieme al buon senso per poter agire. Quando non ci sono linee guida condivise e protocolli (nel senso che se non ci fossero, ognuno agirebbe in modo diverso, non avendo regole ben precise, mandando in confusione i bambini e non tutelandoli; recentemente ci siamo incontrate per discutere sul protocollo del pranzo, nonostante ci fosse già, aveva bisogno di essere ripensato, anche alla luce dei cambi di personale), quando non c’è comunicazione in équipe (passaggi di consegne), quando non si organizzano riunioni, oppure la struttura stessa non prevede riunioni in équipe. Secondo me tutto ciò che provoca qualcosa di negativo nel bambino può cadere nella negligenza. Il motivo potrebbe ricadere nel fatto che alcune strutture non hanno un’organizzazione ben definita, che non hanno i mezzi per poter lavorare; sotto un altro punto di vista, il Cantone è molto presente con controlli per vedere come funzionano i nidi. Anche le responsabili sono molto presenti in struttura, quindi se ci fossero casi di negligenza lo vedrebbero subito.
Domanda: Ma quindi, nonostante ci siano tutti questi fattori a favore della riduzione di situazioni negligenti, come mai capitano ancora?
Risposta: Dove lavoravo prima, una collega cambiava il bambino anche quando quest’ultimo non voleva. L’educatrice era anziana, era ora che andasse in pensione; secondo me agiva con dei modi che oggigiorno non vanno più bene, non frequentava corsi di formazione, essendo poi quella che era in struttura da più tempo, nessuno osava dirle niente, e non era responsabile! Sono piccole cose che comunque fanno pensare. Dal punto di vista della persona, non aveva più pazienza! Quindi anche le situazioni personali, al di fuori del lavoro, incorrono ad aumentare le situazioni di negligenza.
Domanda: Mi hai portato come esempio la formazione scolastica come fondamentale nella creazione o meno di possibili situazioni di negligenza. In che senso?
Risposta: Secondo me, una persona formata non dovrebbe essere portata ad agire in questo modo (agire negligenze). Una persona non formata e non “portata” (in termini di pazienza per esempio) ha più possibilità di incorrere in questi atti.
Domanda: “La bientraitance come pensiero e azione educativa positiva e costruttiva di promozione del benessere e riduzione della possibilità che si creino situazioni di negligenza nei confronti dei bambini”. Questa frase, cosa suscita nel tuo essere educatrice?
Risposta: Personalmente il tema del “buon trattamento” non lo conoscevo prima; ho visto che comunque nei protocolli di alcune case per anziani appare già come concetto. Secondo me ci vorrebbe una sensibilizzazione sul tema; ognuno pensa di operare il “buon trattamento”. Però leggendo informazioni sul tema, tante cose mi fanno pensare, diventa così una riflessione personale sul modo di agire. Se tutti lo facessero, cambierebbe qualcosa. Come abbiamo detto prima, se una persona viene formata potrebbe diminuire la negligenza; se tutti fossero più informati su questo tema potrebbero diminuire queste situazioni negative. Sono l’opposto l’uno
all’altro. Con un esame sul modo di agire, come detto, le forme di negligenza più “evidenti” possono sparire, come per esempio la dimenticanza del cambio pannolino; quelle più invisibili, come le parole negative verso il bambino, sono più difficili da togliere. Comunque i controlli in generale possono arginare il problema.