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CAPITOLO 4: FATTORI DI SPECIFICITÀ DEL PROTOTESTO E MICROSTRATEGIE

4.1.4 Nomenclature e tassonomie

Come si è già osservato, la nomenclatura tecnica rappresenta di fatto una sottocategoria particolare all'interno dei linguaggi settoriali, e l'unica per la quale vale a tutti gli effetti il principio di monoreferenzialità semantica. Qui di seguito verranno analizzati in particolare due sistemi di nomenclatura: quello legato alla tassonomia in ambito microbiologico e quello relativo ai composti chimici, organici e inorganici. Tuttavia, non va sottovalutata l'eterogeneità dei testi in analisi, dal momento che al loro interno è possibile riscontrare una presenza piuttosto consistente di materiale lessicale nomenclaturale appartenente a diversi ambiti settoriali, ma, esclusi i due casi qui sopra enunciati, si tratta in genere di utilizzi sporadici e asistematici, e quindi non suscettibili di un'analisi approfondita.

I. Nomenclatura microbiologica

All'interno dei testi in traduzione si può osservare un impiego diffuso e uniformemente distribuito di materiale nomenclaturale derivante dal settore microbiologico, il quale può essere genericamente ricondotto a nomi di batteri, di muffe e di lieviti. Va anzitutto premesso che, a livello internazionale, esistono delle norme generali e comuni che regolano i sistemi di classificazione botanica, zoologica e microbiologica; essi si basano infatti sul tradizionale metodo di nomenclatura binomia approntato nel XVIII secolo da Linneo. In sostanza, questo sistema prevede l'identificazione di ogni specie vivente attraverso una coppia di nomi latini, che devono naturalmente conformarsi ad alcune regole specifiche:74 il primo nome si riferisce al genere, ed è un sostantivo al nominativo singolare; il secondo nome costituisce, invece, l'epiteto specifico relativo alla singola specie, ed è in genere un sostantivo (che può essere declinato al genitivo possessivo ad indicare la provenienza della specie o il nome dello scopritore) o un aggettivo, e solo occasionalmente può constare di due parole, le quali andranno eventualmente unite con un trattino.

Dal punto di vista redazionale, l'intero nominativo va riportato in corsivo, il nome del genere va indicato con iniziale maiuscola, mentre il secondo (e/o terzo) nome va scritto con iniziale minuscola e deve essere grammaticalmente concordante con il primo; per esempio, nei testi in analisi è citato il batterio “Escherichia coli”: il nome del genere è al nominativo singolare ed è riportato con la “e” maiuscola, mentre il nome della specie è riportato con la “c” minuscola, e

74 Giovanni Pietro Sini, Nomenclatura biologica, in “Fun Science Gallery”,

concorda con il primo sostantivo per genere e numero (femminile singolare), ma si trova declinato nel caso genitivo, e significa “del colon”. Inoltre, per indicare una sottospecie va utilizzata una nomenclatura trinomia, e fra il nome della specie e il nome della sottospecie è possibile introdurre l'abbreviazione “ssp.” (che sta per subspecies) in carattere normale; per esempio, nei testi compare il termine “Lacrobacillus casei ssp. Casei”. Quanto invece alle abbreviazioni “sp.” o “spp.”(species), esse vanno poste a destra del nome del genere, e indicano tutte le specie appartenenti al suddetto genere; in riferimento ai testi in analisi, ne è un esempio il termine “Salmonella spp.”, ovvero “le specie appartenenti al genere Salmonella”.

Quanto all'uso di questa nomenclatura all'interno di contesti scientifici, essa rappresenta l'unico sistema internazionalmente riconosciuto per l'identificazione delle specie biologiche, ed è quindi adottata per convenzione da tutte le comunità linguistiche a livello mondiale. Premesso ciò, è però vero che, nel linguaggio comune di ogni idioma locale esistono numerosi casi di varianti autoctone di questa nomenclatura scientifica; la maggior parte delle specie botaniche e zoologiche possiedono, infatti, due nomi: uno scientifico – espresso in latino – e uno di uso comune – espresso nell'idioma locale – . Tuttavia, nel caso delle specie microbiologiche, l'italiano moderno, come anche l'inglese moderno, ricorrono quasi esclusivamente alla nomenclatura scientifica in latino, anche laddove questa scelta potrebbe rendere la decodificazione difficoltosa (in un contesto commerciale, si pensi alle etichettature dei prodotti probiotici contenenti fermenti lattici); fanno eccezione alcune specie microbiologiche tanto conosciute da divenire elementi integranti della comunicazione standard, e ciò attraverso un processo di naturalizzazione e italianizzazione – o, eventualmente, di anglicizzazione – , che in genere si ottiene sostituendo desinenze e morfemi latini e rimuovendo maiuscole e corsivo; tra le specie citate nei testi in traduzione, ne sono un esempio i batteri della candida, della salmonella, nonché gli streptococchi.

Per quanto riguarda la lingua cinese, essa manifesta un approccio diverso, poiché, anche nel caso di specie microbiologiche quali batteri, funghi e muffe, essa ha approntato un sistema di nomenclatura alternativo, adattando e naturalizzando i termini latini e traducendoli secondo criteri fonetici o semantici. Si presume quindi che, analogamente a quanto accade per le specie botaniche e zoologiche, la nomenclatura espressa in lingua cinese ne costituisca la variante più divulgativa, ossia quella legata alla comunicazione informale, non specialistica. Tuttavia, analizzando i prototesti in traduzione si potrà notare come, in merito alle varianti lessicali, autori diversi manifestino scelte differenti: gli autori del testo 1 ricorrono esclusivamente alla nomenclatura ufficiale in latino; nel testo 2 l'autore opta per la variante cinese del termine Aspergillus niger, ovvero heiqumei 黑曲霉; infine, nel testo 4 l'autore alterna sezioni in cui ricorre alle varianti cinesi (1.3 e 2.2) a sezioni in cui adotta la nomenclatura latina (4.2 e 4.3).

Dal punto di vista traduttologico, questo implica l'esistenza nella lingua cinese di due possibili traducenti per un unico referente italiano, il che non dovrebbe in ogni caso comportare delle difficoltà traduttive nella resa del metetatesto, considerando il numero esiguo di varianti nomenclaturali autoctone e italianizzate di cui l'italiano dispone in ambito microbiologico, e tenendo inoltre presente il taglio specialistico dei testi in oggetto. In conclusione, la strategia generale a cui attenersi nella resa traduttiva di questo materiale lessicale prevede inevitabilmente il ricorso alla nomenclatura latina, anche nel caso in cui l'italiano disponga di una variante autoctona. In effetti, trovandosi di fronte al processo traduttivo inverso (dall'italiano in cinese), il discrimine in base al quale scegliere tra una variante e l'altra sarebbe anzitutto il contesto, dal quale è possibile evincere il livello di specializzazione del testo e, di conseguenza, il registro a cui adeguarsi in fase di traduzione.

Poste queste premesse, è interessante analizzare i criteri di adattamento di cui la lingua cinese si è servita nella resa della nomenclatura latina. Sul piano generale, nei testi in oggetto sono citate diverse specie batteriche, ma anche specie di lieviti e muffe. Il principale fattore di divergenza tra i due sistemi di nomenclature riguarda la disposizione delle sub-unità lessicali: se nel termine latino il nome del genere precede il nome della specie, nel termine cinese accade l'opposto, e ciò è semplicemente dovuto alle differenze sintattiche che le due lingue manifestano nella disposizione degli elementi del discorso. Si può notare, infatti, che i nomi che indicano il genere sono posti a destra di quelli riferiti alla specie, poiché in cinese l'elemento antecedente determina quello successivo, contrariamente a quanto accade in latino e in italiano.

Soffermandosi anzitutto sulle sub-unità lessicali indicanti il genere e la loro resa in cinese, si riscontra una certa sistematicità nei criteri traduttivi adottati, che generalmente prevedono una traduzione di tipo semantico. Per quanto riguarda le specie appartenenti al regno dei batteri, esse possono essere classificate in base a vari principi, e, a seconda della forma, si distinguono in cinque gruppi: bacilli, cocchi, vibrioni, spirilli e spirochete; questi ultimi comprendono, a loro volta, una serie di sottogruppi. Tale metodo tassonomico si rivela particolarmente utile in fase di analisi terminologica, poiché i traducenti cinesi dei nomi di genere latini tendono ad esplicitare il contenuto semantico di questi ultimi, trasmettendo informazioni precise sulla struttura morfologica dei batteri a cui si riferiscono.

In particolare, alcuni nomi di genere sono chiaramente derivanti dalla forma delle relative specie batteriche. Per esempio, osservando la nomenclatura utilizzata nei prototesti, yabao ganjun 芽 孢 杆 菌 è il traducente cinese del termine di genere Bacillus, e sul piano semantico ne rende pienamente il riferimento alla struttura “a bastoncello” (in cinese il morfema gan significa, infatti, “bastone, stecca”), ma, rispetto alla variante latina, ne specifica anche il carattere sporigeno (yabao

significa “spora, endospora”). Nel termine cinese suojun 梭 菌 il morfema suo letteralmente significa “fuso”, e ha quindi il medesimo significato dell'equivalente latino Clostridium, che deriva a sua volta dal greco; quanto ai nomi di genere Staphylococcus e Streptococcus, i rispettivi traducenti cinesi sono putaoqiujun 葡萄球菌 e lianqiujun 链球菌, dove qiujun è l'equivalente di

coccus – che semanticamente indica la forma sferica dei batteri – , e in putaoqiujun il morfema putao – letteralmente “uva” – si riferisce alla struttura a grappolo delle suddette specie batteriche,

ricalcando il significato della radice staphylo- (dal greco, letteralmente “grappolo d'uva”), mentre

lian (letteralmente “catena”), in lianqiujun, si riferisce alla tipica conformazione a catena degli

streptococchi, e il prefisso strepto- nel traducente latino deriva dal greco e significa “contorto, attorcigliato”.

In realtà, non tutti i nomi di genere impiegati nella nomenclatura batterica ricalcano semanticamente i rispettivi equivalenti in latino; in alcuni casi la resa in cinese si basa su semplici criteri fonetici. La ragione è semplice: in questi casi il nome di genere latino non rimanda ad una caratteristica comune delle specie batteriche a cui si riferisce, bensì esso costituisce un calco di nome proprio di persona, generalmente quello di uno scienziato (lo scopritore, ma anche un personaggio illustre a cui la scoperta è dedicata, oppure un toponimo), con i dovuti adattamenti linguistici finalizzati a naturalizzarlo nella lingua latina. È questo il caso dei batteri appartenenti ai generi Listeria e Klebsiella: il termine Listeria deriva dal nome del chirurgo inglese J. Lister, mentre Klebsiella dal nome del patologo tedesco E. Klebs. Quindi, nella lingua cinese il primo termine è reso tramite calco fonetico come lisitejun 李斯特菌, mentre il secondo come keleibojun 克 雷 伯 菌. In altri casi ancora, il riferimento a nomi di persona presente in latino non viene trasposto nella variante cinese del termine; ciò accade, per esempio, nella resa di Escherichia coli, in cinese dachang ganjun 大 肠 杆 菌 : in questo caso il nome di genere, ganjun, non è un calco fonetico del nome proprio di persona Escherich – che in latino è adattato in Escherichia – , bensì il traducente più comune per il termine latino Bacter.

Nella nomenclatura batterica tradizionale, alcuni nomi di genere sono costituiti da sostantivi prefissati, dove i prefissi aggiungono informazioni sulle caratteristiche delle specie di appartenenza; ciò accade, per esempio, nel termine Methanothermobacter, che figura un doppio prefisso,

methano- , che rimanda all'elemento chimico del metano, e thermo- che deriva dal greco e rimanda

al concetto di calore: il primo prefisso si riferisce le capacità metanogene dei batteri, mentre il secondo ne indica il carattere termofilo o termoresistente. Analizzando la variante cinese di questo nominativo, jiawan shire ganjun 甲烷嗜热杆菌, si nota che essa costituisce un calco traduzionale del latino Methanothermobacter, poiché ne riproduce la stessa struttura morfologica e i medesimi

prefissi, che sono organizzati secondo lo stesso ordine: jiawan significa, infatti, “metano”, mentre

shire – letteralmente “amante del calore” – è il traducente del termine italiano “termofilo”75, mentre

ganjun sta per il sostantivo generico Bacter.

Per quanto riguarda i nomi di specie, come detto, in cinese essi precedono i nomi di genere in quanto ne costituiscono un elemento attributivo, e generalmente forniscono informazioni sulle peculiarità dei relativi batteri (funzioni, colore, forma), ma, analogamente ai nomi di genere, essi possono anche rimandare a nomi propri di persona o al sito in cui generalmente essi proliferano.

Tra i nomi di specie che si riferiscono all'aspetto del batterio troviamo, per esempio,

jinhuangse putaoqiujun 金黄色葡萄球菌 e diyixing yabao ganjun 地衣型芽孢杆菌: jinhuangse putaoqiujun costituisce una perfetta traduzione semantica del termine latino Staphylococcus aureus,

poichè jinhuangse ha il signficato letterale di “dorato”, analogamente al al latino aureus; quanto a

diyixing yabaoganjun, variante cinese del latino Bacillus licheniformis, l'attributo diyixing è la

traduzione semantica dell'aggettivo licheniformis – ovvero “licheniforme” – .

Sono poi diversi i nomi di specie che forniscono informazioni su caratteristiche e funzionalità del batterio. Per esempio, in rongxue lianqiujun 溶血链球菌 e in ningjie yabao ganjun 凝结芽孢 杆菌: rongxue lianqiujun è il traducente cinese del termine Streptococcus haemolyticus, dove

rongxue è chiaramente una traduzione letterale dell'aggettivo latino haemolyticus (in italiano

“emolitico”) il cui significato letterale – “che scioglie il sangue” – è il medesimo della locuzione cinese rongxue; quanto a ningjie yabao ganjun, il significato letterale di ningjie è “coagulare”, il medesimo espresso dal nome di specie coagulans nel traducente latino Bacillus coagulans; si noti che in tal caso il nome di specie latino è costituito da un participio presente, e non da un aggettivo, ma svolge la stessa funzione di determinante nei confronti del nome di specie.

Esistono poi varianti cinesi per i nomi di specie che rimandano a nomi propri di persona, naturalizzati tramite calchi fonetici: è il caso, per esempio, della specie Providencia stuartii, il cui traducente cinese è sishi puluoweidengsijun 斯氏普罗威登斯菌, dove sishi rappresenta un calco fonetico del genitivo latino stuartii, il quale a sua volta è l'adattamento del cognome Stuart declinato al caso genitivo. Si può inoltre notare che in questo termine anche il nome di genere cinese puluoweidengsi è un calco fonetico dell'equivalente latino Providencia.

Per quanto riguarda la nomenclatura inerente a muffe e lieviti, essa presenta i medesimi criteri traduttivi e di adattamento rilevati nella nomenclatura di specie batteriche. Anzitutto, il termine che identifica le muffe è meijun 霉菌, mentre il traducente cinese di “lievito” è jiaomujun 酵母菌, ed entrambe le categorie appartengono al regno dei Fungi (funghi); in realtà, sul piano tassonomico,

uno né l'altro gruppo è riconducibile ad una divisione specifica, bensì essi si distribuiscono all'interno di più divisioni, tra cui quella degli Ascomycetes (ascomiceti), da cui proviene la maggior parte dei lieviti. Si può notare che molto spesso, nella resa in cinese della nomenclatura latina, mei (jun) e jiaomu (jun) sono utilizzati come parte integrante dei rispettivi nomi di genere, all'interno dei termini nomenclaturali completi, il che, senza dubbio, rende le relative specie fungine più identificabili di quanto non lo siano attraverso i rispettivi nomi in latino.

Ponendo anzitutto l'attenzione sui nomi di genere, si può notare come, al loro interno, le sub- unità lessicali mei (per le muffe) e jiaomu (per i lieviti) siano ulteriormente determinate da aggettivi, locuzioni attributive di natura semantica o fonetica. Per esempio, il traducente cinese del nome di genere Rhodotorula è hongjiamu 红 酵 母 , letteralmente “lievito rosso”, e ricalca parzialmente il contenuto semantico del suo equivalente latino: infatti, il prefisso di derivazione greca rhodo- indica un colorazione rosea o rossa, la stessa informazione che viene fornita in cinese dal morfema hong, anche se nella variante cinese non compare alcun riferimento al suffisso -torula, che indica una forma a bastoncino o treccia, mentre il termine Torula designa di per sé anche un genere fungino. Anche il termine qingmei 青 霉 , variante cinese del latino Penicillium, vede il morfema mei determinato da un attributo indicante una proprietà cromatica di questo genere di muffe, ovvero il colore verde-bluastro – in cinese qing 青 – ; in questo caso, in cinese si perde il riferimento alla conformazione dei miceli tipica delle suddette specie, che è espressa in latino dallo stesso nome

Penicillium, letteralmente “pennello”. È interessante osservare come, nella nomenclatura di muffe e

lieviti, i riferimenti alle caratteristiche cromatiche delle specie sia particolarmente diffusa, presumibilmente grazie alla visibilità ad occhio nudo delle relative colonie, diversamente da quanto accade per le specie batteriche.

Vi sono anche casi in cui i sostantivi mei e jiaomu sono determinati da locuzioni di varia natura. Nel caso del nome del genere Sporobolomyces, la variante cinese costituisce un calco semantico del prefisso composto sporobolo-, dove sporo- significa “spora”, mentre -bolo- deriva al greco e significa “gettare”; quindi, nel complesso, il prefisso sporobolo- indica la caretteristica che contraddistingue il suddetto genere, ovvero la capacità di rilasciare le proprie spore nell'atmosfera, ed è reso in cinese attraverso il termine zhibao 掷孢, che indica, appunto, questo tipo di spore, dette anche “ballistospore”; l'interno termine Sporobolomyces è quindi tradotto in cinese come zhibao

jiaomu 掷 孢 酵 母 . In altri casi, i prefissi che determinano i due sostantivi mei e jiaomu hanno

esclusivamente una valenza fonetica; per esempio, nel nome di genere latino Kluyveromyces il prefisso kluyvero- deriva dal cognome del microbiologo A. Kluyver, e in cinese il suddetto termine è reso tramite un calco fonetico, keluwei jiaomu 克鲁维酵母.

Per quanto riguarda i nomi di specie di lieviti e muffe, possono rimandare anch'essi alle caratteristiche morfologiche e cromatiche degli organismi tramite forme attributive, ma anche a nomi propri tramite calchi fonetici, mentre in altri casi ne esplicitano le funzionalità tramite sostantivi semplici o locuzioni. I nomi di specie riferiti alla pigmentazione delle colonie fungine sono piuttosto comuni; alcuni esempi sono: heiqumei 黑曲霉, meigui zhibaojiaomu 玫瑰掷孢酵母 e zhese suozhibao jiaomu 赭色锁掷孢酵母 , dove i rispettivi nomi di specie, hei “nero”, meigui “rosato” e zhese “color salmone” riproducono il significato delle forme aggettivali utilizzate in latino, rispettivamente niger (in Aspergillus niger), roseus (in Sporobolomyces roseus) e

salmonicolor (in Sporidiobolus roseus).

Quanto ai nomi di specie costituiti da locuzioni inerenti a funzionalità particolari dei microrganismi, ne sono un esempio i termini chanqi jieganjun 产 气 节 杆 菌 , variante del latino

Arthrobacter aerogenes, e chanmo bishijiaomu 产膜毕氏酵母, dal latino Pichia membranifaciens.

Nel primo termine, il nome di specie aerogenes (in italiano “aerogeno”), il cui contenuto semantico è reso in cinese tramite la locuzione chanqi, che letteralmente significa “produrre gas”. Nel secondo termine, invece, il nome di specie chanmo, letteralmente “produrre membrane”, costituisce la traduzione semantica del latino membranifaciens (composto dal participio presente faciens, “fabbricante”, prefissato da membrani-, “membrana”). Come si può notare, in questi nomi di specie, il latino si serve del participio presente con funzione attributiva per esplicitare le attività funzionali dei microrganismi.

È interessante poi osservare come, in alcuni casi, il nome di specie sia costituito da un sostantivo che rimanda ad un alimento o ad un ambiente organico su cui il relativo microrganismo agisce o in cui esso prolifera. Questo termine sarà espresso in latino tramite un sostantivo declinato al genitivo (con funzione possessiva), e sarà invece reso in cinese attraverso un semplice elemento nominale, che possiede già di per sé un valore attributivo nei confronti dell'elemento seguente. Nei testi in analisi troviamo, per esempio, i termini miqumei 米曲霉, pijiu jiaomu 啤酒酵母 e loudi

qingmei 娄地青霉. Quanto a miqumei, esso costituisce la traduzione semantica del termine latino Aspergillus oryzae, dove oryzae è il genitivo singolare di oryza, il nome scientifico del riso, che in

cinese è espresso dal morfema mi; infatti, l'Aspergillus oryzae è tradizionalmente utilizzato in Oriente nella fermentazione dei cereali per la produzione di liquori. Anche pijiu jiaomu presenta un nome di specie che rimanda chiaramente ad una bevanda, pijiu (“birra”), e costituisce anche una traduzione semantica dell'equivalente nome di specie latino, cerevisiae, all'interno del termine

Saccharomyces cerevisiae: come oryzae, anche cerevisiae è un sostantivo al genitivo singolare con

cerevisiae, il nome del microrganismo deriva dalla sua funzione principale e più diffusa, ovvero la

fermentazione ad uso alimentare, ed è in effetti impiegato diffusamente nei processi di birrificazione, ma anche di vinificazione e panificazione. Quanto, invece, a loudi qingmei, esso deriva dal termine scientifico Penicillium roqueforti: il sostantivo latino roqueforti deriva dalla latinizzazione del nome proprio Roquefort, che non designa solo un luogo geografico – il borgo francese di Roquefort -sur-Soulzon – , ma, per un fenomeno di eponimia, dà anche il nome ad un

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