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4.3 Regolamentare l’economia collaborativa

4.3.3 Normative fiscali

Le normative fiscali che consentono l’imposizione del valore economico prodotto dal movimento collaborativo si configurano sicuramente in una delle sfide più importanti ed attuali per le autorità locali, nazionali ed internazionali. (Commissione Europea, 2016, p. 41)

Sebbene le normative introdotte dagli Stati Membri differiscono fra loro, queste si focalizzano principalmente nell’imposizione sul reddito dei prestatori di servizio, nell’imposta sull’utile conseguito dai modelli collaborativi, nell’imposta sul valore aggiunto come anche nelle tasse di soggiorno raccolte nelle località turistiche. (Commissione Europea, 2016, p. 41)

Le principali difficoltà riguardanti l’introduzione di queste normative fiscali si configurano nella determinazione del soggetto imponibile. Come affrontato nei capitoli precedenti, sussistono, infatti, una varietà di modelli collaborativi che abilitano transazioni di diverso tipo e finalità. (Commissione Europea, 2016, p. 41)

Se alcuni abilitano transazioni per la condivisione di risorse nelle relazioni di scambio non mediate dal denaro, altri consentono di partecipare alla condivisione di un costo come pure la generazione di un reddito attraverso la vendita di un bene o la prestazione di un servizio. (Commissione Europea, 2016, p. 41)

Anche la tracciabilità del profilo e la frequenza dei partecipanti può essere un elemento di complessità, se alcuni si configurano, infatti, come privati individui che partecipano su base occasionale, altri, nonostante si profilano come singoli utenti, sono delle vere e proprie società che intravedono delle opportunità di business all’interno dei modelli collaborativi. (Commissione Europea, 2016, p. 41)

La numerosità delle transazioni sbloccate dai modelli collaborativi creano diversa confusione, per esempio, nell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, come è possibile applicare l’imposta sul consumo in queste molteplicità di relazioni di scambio e condivisione? (Commissione Europea, 2016, p. 41)

Un’altra difficoltà risiede nel fatto che le piattaforme digitali, grazie alle potenzialità scalari offerte dalle tecnologie digitali, estendono le loro attività anche al di fuori del proprio paese di residenza, questo è sintomo di complessità nella determinazione dello stato che possiede il diritto impositivo sul valore economico prodotto. (Commissione Europea, 2016, p. 42)

La lentezza nell’armonizzazione delle normative fiscali ed il mancato progresso tecnologico di alcune autorità competenti può portare inoltre alla creazione di buchi normativi che offrono spesso margini per l’attuazione di pratiche di evasione fiscale da parte dei modelli digitali. (Commissione Europea, 2016, p. 42)

Bisogna inoltre considerare che sebbene alcuni partecipanti dell’economia collaborativa sfruttano il

gap normativo per trarre dei benefici economici, attuando, come detto, delle pratiche di evasione

fiscale, altri, in presenza di un quadro normativo più trasparente, sarebbero invece disposti ad adempiere le loro obbligazioni fiscali. (Commissione Europea, 2016, p. 42)

Gli Stati Membri, con lo scopo di fare maggiore chiarezza su diritti e obblighi fiscali di chi partecipa a questo movimento, stanno attuando approcci normativi differenti. Alcuni hanno esteso le normative fiscali vigenti nei settori tradizionali come l’imposta sul reddito o sul valore aggiunto, altri hanno invece esentato specificatamente alcune attività oppure determinato delle soglie quantitative sopra le quali queste normative vengono applicate. (Commissione Europea, 2016, p. 42)

Per esempio, nel Regno Unito è esentato dall’imposta sul reddito chi consegue una cifra annua pari a 7'500 sterline attraverso l’affitto di breve durata della propria abitazione. L’Irlanda ha invece specificato che l’attività di affitto di breve durata attraverso piattaforme digitali non ricade negli obblighi impositivi che invece sono previsti per l’affitto di lunga durata. (Commissione Europea, 2016, p. 42)

In Italia, è in fase di consultazione la Sharing Economy act, un’iniziativa di legge che prevede un’aliquota d’imposizione del reddito separata per i guadagni percepiti tramite le piattaforme collaborative pari al 10% fino ad un reddito di 10'000 euro annui. Superata questa soglia, questi

redditi verranno cumulati a quelli generati tramite attività da lavoro dipendente o autonomo e imposti secondo le aliquote fiscali tradizionali. (Camera dei deputati, 2016)

Anche in questo ambito sussistono dell’iniziative proattive dove avviene un coinvolgimento dei modelli collaborativi da parte delle autorità fiscali, per esempio, in Estonia, è stato introdotto un progetto pilota per la semplificazione delle dichiarazioni fiscali in collaborazione con alcune piattaforme di ride-sharing. In Olanda, come già visto, la città di Amsterdam ha invece concluso un accordo con la piattaforma Airbnb per la raccolta della tassa di soggiorno. (Commissione Europea, 2016, p. 43)

Altri Stati Membri, hanno invece seguito una via più coercitiva imponendo alle piattaforme lo scambio automatico d’informazioni che garantisce la tracciabilità dei ricavi conseguiti e semplifica la procedura di calcolo delle imposte dovute. Per esempio, in Francia, a partire da luglio 2016, le piattaforme devono fornire periodicamente alle autorità fiscali il reddito conseguito da parte dei loro utenti al fine di determinare i loro obblighi fiscali. (Commissione Europea, 2016, p. 43)

Linee Guida Commissione Europea

“Gli Stati membri sono incoraggiati ad agevolare e migliorare la riscossione delle imposte ricorrendo alle possibilità offerte dalle piattaforme di collaborazione, in quanto esse effettuano già la registrazione delle attività economiche.

Le piattaforme di collaborazione dovrebbero assumere un atteggiamento proattivo nella cooperazione con le autorità fiscali nazionali al fine di definire i parametri di uno scambio di informazioni sugli obblighi fiscali, garantendo al tempo stesso il rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e fatto salvo il regime di responsabilità degli intermediari previsto dalla direttiva sul commercio elettronico.

Gli Stati membri sono invitati a valutare le proprie disposizioni fiscali al fine di creare condizioni di parità per le imprese che forniscono gli stessi servizi. Dovrebbero altresì proseguire i loro sforzi di semplificazione, aumentando la trasparenza e pubblicando orientamenti online sull'applicazione delle norme fiscali ai modelli imprenditoriali collaborativi.” (Commissione Europea, 2016, p. 16)