• Non ci sono risultati.

Nota sulla riscossione dell'Imposta sui profitti di guerra

Nel documento Rassegne di economia e di finanza (pagine 73-79)

VII.

L'eccezionale importanza che nell'economia del nostro si-stema di riscossione dei tributi devesi riconoscere al D. L. l.° ottobre 1917, n. 7562, riprodotto, con qualche aggiunta e modi-fica, negli art. 29, 30 e 31 dei T . U. 9 giugno 1918, n. 857, m'invita a richiamare l'attenzione dei lettori di questa Rivista sulle importanti disposizioni derogataci e innovatrici che esso contempla. E pur non disconoscendo l'opportunità dell'emana-zione di nuove e più rigorose norme tendenti ad ottenere che i contribuenti colpiti dall'imposta e sovrimposta sui profitti rea-lizzati in dipendenza della guerra non venissero, in definitiva, con atti e mezzi illeciti, a defraudare la Finanza di somme con-siderevoli per cui tanto lavoro d'indagini erasi dovuto compiere dagli organi investigatori, tuttavia non riesce facile rendersi conto di talune disposizioni e di taluni principii che hanno dero-gato e innovato alla procedura dettata dalla legge organica del 1902 sulla riscossione delle imposte.

Le nuove norme possono così raggrupparsi:

1.°) È fatto obbligo all'Esattore — ai più tardi entro tren-ta giorni dalla scadenza dell'ultimo giorno della ratren-ta non pa-gata — di procedere all'esecuzione sul patrimonio del debitore, con facoltà — in deroga a quanto tassativamente stabilisce l'ar-ticolo 43 della legge su ricordata — di agire sui beni immobili anche prima di aver portato a compimento l'esecuzione sui be-ni mobili.

2.°) L'avviso di mora deve essere trascritto all'Ufficio del-le Ipoteche (se neldel-le attività del debitore figurano beni immobili) e notificato per diffida a tutti i debitori del contribuente moroso, per modo che questi, dalla data di trascrizione, rimane in pos-s e pos-s pos-s i dei pos-suoi beni in qualità di pos-sequepos-stratario, e perciò con

di-vieto di procedere a qualunque realizzazione o trasformazione del patrimonio, salva restando la facoltà del Pretore di nomina-re un altro s e q u e s t r a t a l o e salvi i diritti acquisiti dai terzi an-teriormente alla notifica dell'avviso di mora.

, 3'0 ) 0 b b l ig ° a i t e r z i debitori, dopo la notifica di que-st ultimo, di versare all'Esattore le somme da essi dovute al lo-ro creditore, sotto comminatoria di subire gli atti esecutivi col rito fiscale, in caso di inadempimento.

4.°) L'Intendente di Finanza può domandare all'autorità giudiziaria .1 seques+o conservativo su tutte le somme e i beni mobili di pertinenza del contribuente, anche se dati in cauzione Al sequestro potrà farsi luogo anche prima dell'avviso di accer-tamento o della rettifica.

5.°) È parificato al commerciante chi abbia realizzato

red-S O g g e t t i a I 1' ^ P o s t a sui profitti di guerra; in conseguenza ove si renda moroso, il Tribunale pronuncerà la dichiarazione di fallimento a termini dell'art. 687 Cod. Com. su ricorso del-1 Esattore e previa autorizzazione da concedersi all'Intendente 6.°) L'Intendente può far iscrivere i redditi a ruolo in ba-se al ba-semplice avviso di accertamento o di rettifica dell'Agenzia

li complesso delle nuove norme escogitate non può dirsi -in venta - che pecchi di blandizia. A chi ben lo consideri es-so costituisce un sistema veramente draconiano e se, in màssi-ma, Pu ò dirsi che abbia raggiunto lo scopo cui tendeva non può negarsi che ugualmente si sarebbe raggiunto senza la'stra-ordinaria e veramente eccezionale asprezza da cui è pervaso e materiato.

Le due più gravi e importanti modifiche sono quelle che contemplano la facoltà di sequestro e la parificazione del de-bito d'imposta al dede-bito commerciale, con tutte le conseguenze che ne discendono.

L u n a e l'altra innovazione ha tentato di giustificare — al-la stregua del nostro diritto positivo - il ministro proponente assumendo, a fondamento della facoltà di sequestro attribuita ali Intendente di Finanza, che essa ha lo scopo di affermare

esplicitamente il principio che al pari di ogni altro creditore, Io Stato ha il diritto di chiedere il sequestro conservativo sui beni del debitore d'imposta, anche quando questi sussista in potenza e non in atto; in sostanza, dice la relazione che precede il D. L. 1.° ottobre 1917, nulla con ciò si modifica e nulla si muta di quanto stabilisce il diritto positivo comune, che è senza dubbio applicabile anche ai rapporti fra lo Stato e i suoi debitori d'im-posta.

Evidentemente il relatore si riporta al principio stabilito dall'art. 1949 del codice civile: «i beni del debitore sono la

ga-ranzia comune dei suoi creditori » e sta bene. Ma occorre che

esistano un debitore e un creditore, perchè il principio trovi esatta applicazione. Allora soltanto potrà farsi luogo alla fa-coltà di garantire il credito col sequestro conservativo ammesso dall'art. 924 Cod. proc. civile. Che basti esistere un debitore in

potenza e non in atto, è un principio ingiusto e sopratutto non ammesso nel nostro diritto comune.

I così detti « diritti ausiliari », che soccorrono il creditore per ottenere l'adempimento dell'obbligazione, e che si compen-diano nella facoltà di prendere provvedimenti conservativi, in quella di esercitare diritti e azioni del debitore (azione

surroga-toria) e in quella di impugnare gli atti compiuti in frode delle sue ragioni (azione revocatoria o Pauliana), presuppongono — senza dubbio — l'esistenza, per il loro legittimo esercizio, di una obbligazione, o comunque di un titolo., e non pure l'esistenza di un credito che è immaginario, creato unilateralmente, non accer-tato dagli organi competenti.

Potendosi far luogo al sequestro anche prima della noti-fica dell'avviso di accertamento, evidentemente ben può dirsi che il credito, in quel momento, giuridicamente non esiste e per conseguenza non è parificabile a quello che scaturisce da una obbligazione valida, alla quale solamente il nostro diritto positi-vo accorda le necessarie e doverose garanzie per la sua realiz-zazione.

h comechè l'arbitrario fondamento dato al diritto di seque-stro non bastasse, si è dichiarata non applicabile a quest'ultimo la disposizione contenuta nell'art. 935 Cod. proc. civ., il quale

stabilisce opportunamente che il sequestro riconosciuto senza causa e perciò revocato, dà titolo al sequestrante di chiedere la applicazione di una multa estensibile a lire mille, oltre al risar cimento dei danni.

Come si vede - vien creata alla Finanza una situazione privilegiata, che, assicurandone in ogni caso l'impunità può sanzionare gravi e deplorevoli arbitri.

Mi consta che qualche Intendenza ha fatto largo uso della facoltà d, sequestro e lo estendeva, prima della pubblicazione del testa unico su ricordato, anche ai beni immobili, assumendo che la dizione usata dall'art. 6 del D. L. 1.° ottobre 1917 « su

tutte te somme e i beni di pertinenza del debitore » non specifi-cava se ,1 sequestro dovesse limitarsi ai soli beni mobili- che anzi la dizione medesima autorizzava di estenderlo anche' agli immobili in forza del noto, sfruttato e più di una volta inesatto aforisma di ermeneutica legale « ubi lex non distingua, nos

di-stinguere non debemus».

A chiarire la portata della disposizione ha provveduto il testo unico, che espressamente limita il sequestro ai beni mo-bili; ma è ovvio osservare che il sequestro conservativo, per sua natura e per espressa disposizione dell'art. 924 cod. proc civ., si applica solamente alle somme e ai beni mobili del de-bitore. Di immobili non si fa cenno; per cui' l'interpretazione estensiva era in diritto altrettanto arbitraria, quanto inverosi-milmente errata.

A giustificare l'altra importante innovazione con cui ven-gono parificati ai commercianti tutti'coloro che hanno realizzato redditi soggetti all'imposta sui profitti di guerra, la relazione più innanzi ricordata non porta alcun argomenta chiaro e decisivo limitandosi a far presente che la innovazione mira a render più facile la riscossione dell'imposta e a punire, in certo modo il debitore che abbia cercato di sottrarsi all'adempimento dei suoi doveri verso l'Erario,

Considerare come commerciarne il contribuente, agli effetti della tassazione è una cosa; equipararlo al commerciante nel caso che si renda moroso verso lo Stato pel pagamento dell'im-posta, e un'altra e ben più grave. In definitiva, si viene a

disco-noscere un principio ultrapacifico e sul quale non era sorta ap-prezzabile controversia: la natura civile e ' n o n commerciale del debito tributario. Dottrina e giurisprudenza quasi concordi hanno ammesso che non è commerciante neppure l'Esattore; a fortiori non potrebbe ammettersi che tale fosse il semplice contribuente.

D'altra parte, la rigidezza dell'equiparazione balza evidente se si considera che, con le molte e importanti innovazioni intro-dotte a carico dei debitori dell'imposta sui profitti di guerra, il diritto della Finanza era adeguatamente garantito senza ricorre-re alla eccezionale misura della dichiarazione di fallimento, odiosa semp"s e non di raro causa inutile di perturbamento eco-nomico notevole.

L'applicazione di qualcuna delle nuove disposizioni, affret-tatamente redatte, ha dato luogo a dubbi e dispareri.

Una disputa fra gli studiosi in materia di riscossione di tri-buti diretti si è quasi subito accesa intorno a questo pun-to: per la trascrizione dell'avviso di mora presso l'ufficio ipoteca-rio è necessaria la specificazione degli immobili del debitore co-me prescrive l'art. 1937 del cod. civ.? oppure se ne può fare a meno? Si adduce, a sostegno di quest'ultima opinione, l'impossi-bilità dell'Esattore, nella maggior parte dei casi, di ottenere i dati necessari a tempo.

Per me non v'ha dubbio che tale obbligo sussista: infatti, nessuna disposizione tacita o esplicità autorizza l'omissione di una formalità essenziale nell'istituto della trascrizione così co-me è regolato dal nostro diritto positivo. Convengo che con que-sta interpretazione reque-sta minorata di molto l'efficacia che la di-sposizione si riprometteva; ma questa sfavorevole conseguenza non autorizza l'interprete a non tener conto affatto dì un requisi-to fondamentale che s'identifica con la natura e con lo scopo dell'istituto della trascrizione.

Varie altre questioni sollevate hanno dato luogo all'inter-vento dell'autorità giudiziaria: fra i giudicati più importanti de-ve annode-verarsi la sentenza della Corte d'Appello di Roma dei 27 luglio-29 agosto 1918 (1).

( 1 ) Riportata nel periodico « Le Imposte Dirette » 1." ottobre

Fra i principi! più degni di nota fissati e lumeggiati ir det-ta sentenza, cito quello relativo all'ammissibilità della domanda del contribuente per risarcimento di danni a causa di arbitraria dichiarazione di fallimento da parte dell'Esattore.

È noto che l'ammissibilità della domanda ha base nell'art. 73 della legge di riscossione, ma essa non può proporsi in linea d'incidente del procedimento esecutivo, sibbene deve essere pro-posta in linea principale in giudizio di cognizione, dopo il com-pimento dell'esecuzione.

Nella fattispecie sottoposta al giudizio della Corte d'Ap-pello di Roma trattavasi dì decidere se, a pagamento avvenuto potevasi, in sede di revoca del fallimento, far luogo senz'altro all'ammissibilità della domanda di risarcimento di danni, o in-vece non dovesse esperirsi giudizio separato, a procedimento ese-cutivo compiuto, con obbligo di istituire un giudizio ex novo. La Corte ha stabilito che, venute mieno le ragioni esclusiva-mente fiscali che hanno provocato la procedura fallimentare per eseguito pagamento dell'imposta, non si può far richiamo all'art. 73 e per esso vietare al fallito di chiedere insieme con la

revo-ca del fallimento anche il risarcimento dei danni revo-causati al de-bitore del tributo.

Per gli altri principi; fissati nel giudicato, rimando ad esso il lettore, perchè, a mio avviso, possono ritenersi conformi alla lettera e allo spirito del testo legislativo.

Osservo da ultimo e considero con disfavore che non siasi provveduto a diminuire, o eliminare addirittura — a favore dei contribuenti — il tasso dell'aggio che gli Esattori vengono a percepire sui versamenti dell'imposta di guerra da farsi di-rettamente al Ricevitore Provinciale. Trattasi di vistose somme che gli Esattori dei grandi centri hanno incassato senza corri-spettivo di lavoro e senza correre nessuna alea.

Nel documento Rassegne di economia e di finanza (pagine 73-79)

Documenti correlati