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La tradizione dei Due fratelli nimici presenta i seguenti testimoni, in ordine cronologico, suddivisi in Manoscritti e Stampe:

Fondo Gozzi, Biblioteca Nazionale Marciana: Gozzi 5.2

Cart.; carte sciolte contenute entro una camicia di carta su cui l’ordinatore Gaspare Gozzi (1856-1935) scrisse ad inchiostro viola “Volume VII pg. 139 I due fratelli nimici”, con riferimento all’edizione Zanardi delle Opere edite ed inedite di Carlo Gozzi; aa. 1772-1802; cc. 59 (cartulazione nuova a matita; bianca la c. 56); mm 272 x 200 (rilevata alla c. 1). Numero d’ingresso nella Biblioteca Marciana 378731.

cc. 1r-59r: Carlo Gozzi, I due fratelli nimici (cfr. Gozzi, Opere, vol. 7, 1802, pp. 139- 254).

In particolare, cc. 1r-59r:

cc. 1r-18v: contengono un riassunto del testo fonte spagnolo, ovvero lo «Spoglio», come definito dallo stesso Gozzi, comprendente l’elenco dei personaggi e la materia trattata distribuita in atti e scene (si veda Appendice);

cc. 19r-54r: contengono una stesura autografa dell’intera tragicommedia verseggiata e suddivisa in atti e scene, molto simile a quella contenuta nel testimone manoscritto approntato per l’edizione Colombani (Gozzi 5.4). Non sono presenti la Prefazione e i

Personaggi. Si nota, in generale, una forte variabilità rispetto al testo della princeps

nell’uso di: punteggiatura (soprattutto virgole e ? > ! oppure ? > .), maiuscole, accenti, apostrofi, elisioni e troncamenti, ortografia di alcune parole; il testimone manoscritto del Fondo Gozzi 5.4 introduce, invece, criteri propri rispetto all’uso del manoscritto, sui quali, come si vedrà, il drammaturgo interviene. Per quanto concerne i nomi dei personaggi, vi è la variante Magnifico > Pantalone (che persiste nell’antigrafo della Colombani [Gozzi 5.4], corretto in un secondo momento dallo stesso Gozzi in ogni

145 Si nota, anche se esigue volte, il diverso ordine delle battute all’interno di una stessa scena rispetto all’antigrafo della Colombani, da cui però non deriva alcuna variazione al significato o al senso drammatico dell’azione (come la battuta di Rosaura, I.9.14, inserita dopo la battuta di Pantalone, I.1.3, cassata e reintegrata nella versione definitiva tale e quale dopo la seconda battuta dell’aio, creando forse un’atmosfera di maggior

pathos). La III, 9, invece, è oggetto di un’importante riscrittura, in quanto all’inizio le

tre maschere protagoniste, Pantalone, Tartaglia e Brighella vengono inserite nella scena decima (c. 45v),

Magnifico e i detti.

MAGNIFICO (uscendo furioso) Cossa feu qua <poltroni?> No savè le baruffe dell’orto! Spade fora? Corrado xe perseguità. Tutta la corte xe in revoluzion. Corrè, ammazzai, vegnì a metter de mezzo. (entra)

TARTAGLIA Poeta [andiamo vieni tu?] <nuovi accidenti> vieni a raccoglierli per <l’ossatura>. BRIGHELLA [Nuovi accidenti.] Xe necessario che no me espona a pericoli. La [li raccolga] <me li dirà>, sior Tartagia. [La me li dirà] I servirà per l’ultimo atto del mio dramma flebile. Prego el Cielo che i gh’abbia della passion nobile che possa dilatar le fibre dei cuori. (entra)

La scena viene ripensata, ricostruita, inserita nel finale della scena precedente, la III, 9, come compare nel testo a stampa, e quella successiva stesa con nuovi personaggi, Rosaura e don Corrado.

Un caso esemplare è il ripensamento relativo alla “Scena ultima”; a differenza del testo a stampa, in questo testimone compare una scena XVIII,

Il RE, la INFANTA, ROSAURA, DON GARZIA,GRANDI DEL REGNO, DON RUGGIERO,

MAGNIFICO, TARTAGLIA, BRIGHELLA con fogli.

Mentre dura questa scena, Brighella è indietro, che scrive, e consiglia di quando in quando basso con Tartaglia, che gli è vicino ] manca la didascalia narrativa in Gozzi 5.2.

Se la battuta del Re differisce solo negli ultimi due versi con la versione definitiva,

scopra Aragona in quanto pregio io v’abbia, ] FG scopra Aragona quanto in preggio io v’abbia e l’Aragona apprenda a rispettarvi. ] FG e l’Aragona impari a rispettarvi.

Dalla battuta che segue, di don Ruggiero, il testo subisce diverse e cospicue modifiche:

RUGGIERO Sire, tanta clemenza a me richiede

che un tal onor rinunzi, e ch’io m’opponga, ] FG che un tale onor rinunzi, e ch’io [dichiari] <m’opponga>

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grato all’animo vostro, a una tal scelta. ] FG <grato all’animo vostro a una tal scelta> / [che] <né> d’occupare il seggio eccelso vostro / né d’esser sposo della infanta è degno / un mio figlio bastardo. (Tutti fanno un atto di sorpresa)

RE Vacillate, Ruggier? Qual pertinacia! ] FG Vacillate! RUGGIERO Non vacillo, signore. In questo foglio. Rivelate, o mio re, pur, se vacillo.

(gli dà il foglio) ] FG Non vacillo, signor. Idalba vedova / vostra madre adorai. Secretamente / ella fu sposa mia. La sospettosa / politica tiranna la rinchiuse / a forza in un ritiro [, e me obbligato]. <Machinava> / quindi la tirannia, [s’io ricusassi] <[dargli]> darle morte, / [di sposare Adelaide di G. la sorella / di don Gastone, machinava morte prova] <d’un oculto velen se si avverasse / ciò che si sospettava. [Per dar] Io tutto> seppi. / Per rilevare il ver, mi si propose / di sposar Adelaide la sorella / qui di Gastone. Io che sapea l’iniqua / intenzion de rei saggi

La scena viene riscritta:

RUGGIERO Sire, tanta clemenza a me richiede / che un tale onor rinunzi e che mi opponga / grato all’animo vostro a una tal scelta. Né d’occupare il soglio d’Aragona / né d’esser sposo della Infanta è degno / un mio figlio bastardo. (Tutti fanno un atto di sorpresa)

RE Vacillate!

RUGGIERO Non vacillo, signore. In questo foglio / rilevate mio Re [s’io] pur s’io vacillo. RE (apre il foglio, e con sorpresa)

Della mia genitrice son le note;

ben le conosco. ] FG (apre il foglio) Il carattere è questo di mia madre / bel lo conosco. GASTONE [(agitato <confuso> basso a don Garzia) Oh Ciel! Garzia, quel foglio…] GARZIA [E qual foglio, signor?]

GASTONE [Perduti siamo.]

RE (legge) Ruggiero è solo noto [all’Armirante] <a don Raimondo> / [don Raimondo] di Cardona, che un figlio avete, nato / dal funesto secreto sposalizio / [che tra noi nacque. Io muoio] <legittimo tra noi. Muoio contenta / poiché il buon Armirante amico nostro / mi promette di avere ocasione / di far che come vostro figlio ei venga / nella paterna sua casa allevato. / Figlio a un villano ei fia creduto sino / che don Raimondo in faccia all’Aragona / [pubblichi il] il legittimo nodo indissolubile / che tra noi nacque [pubblicare ei] <far pubblico> possa. / Amate e custodite il caro pegno / dell’amor nostro sfortunato. Io muoio / ci rivedremo in Ciel. Ruggero addio.

Nuovamente:

GASTONE (confuso, basso a don Garzia) Oh Ciel! Garzia quel foglio… che facesti! GARZIA E qual foglio, signor!

GASTONE Perduti siamo.

RUGGIERO (verso don Garzia) Osservate, signore, in que’ sembianti / due spiriti agitati. Idalba vedova / madre vostra adorai. Secretamente / ella fu sposa mia. La sospettosa / politica tiranna, la rinchiuse / a forza in un ritiro. Machinava / quindi la tirannia di darle morte. / D’un [secreto] <occulto> velen se si avverasse / ciò che si sospettava.

La battuta successiva di Ruggiero è identica a quella dell’edizione Colombani, a parte un verso mancante, «né sapea già che incinta di me fosse»; Gozzi inserisce a questo

147 punto la “Scena Ultima” (che comprenderà anche la scena XVIII nel testo a stampa), più volte rivista e mai del tutto uguale al testo della princeps; mano a mano vengono introdotte le battute di Brighella, sempre più articolate e dense, nella sua funzione di autore dello “scioglimento” finale dell’azione:

Don Corrado magnificamente vestito e detti. Don Ruggiero abbraccia don Corrado strettamente.

GARZIA (con atto di disperazione) Oh vergogna… oh rossor… No, queste mura / più non saranno albergo a un disperato (fugge)

GASTONE (gettandosi ginocchioni) Sire, è purtroppo ver quanto intendeste / a’ vostri piedi il capo mio la morte…

BRIGHELLA La perdona se la interompo. Se le me permette lezo el fin dell’ossatura del mio dramma flebile che scomenza da un’aquila che ha robà un velo color de rosa, e che finisce [dall] inte la scoperta d’un fiol legittimo e d’un fiol bastardo [,] e le sollevo da discorsi e da tenerezze <da esclamazioni e dichiarazioni> che pol benissimo seccar el toni. Ohooo (legge) [So] Sua Maestà tisica [abbrazza] <abbraccia> il fratello, [el ghe] <gli> cede el trono, <[el] perdona a don Gaston. [El] dà ordine che don Raimondo sia [levà] tratto dalla torre>, [el se] <e si> ritira per tor con quiete el latte [de] d’asenella inutilmente etc. Don Garzia [disperato] <illegittimo> disperato si serra in un ritiro a far disperare i poveri solitari etc. Don Corrado sposa la sua diletta Rosaura etc. La Infanta non [po] <può> sposare [so fradello] don Corrado suo fratello, non vuol don Garzia perché è mulo, la finge indifferenza e filosofia, pregando el Cielo che ghe manda un altro dramma flebile che [no ghe] <non> interomp[a]i [i] <i suoi> matrimoni etc. Cossa dise Sua Maestà convalescente?

RE Assento all’ossatura, il dramma scrivi. BRIGHELLA E la assemblea come pensela? TUTTI Il scioglimento è buono scrivi il dramma. BRIGHELLA No bado all’oppenion dei commedianti. RE Assento all’ossatura, il dramma scrivi.

BRIGHELLA E l’assemblea come pensela? TUTTI Il scioglimento è buono scrivi scrivi.

BRIGHELLA No bado all’oppinion de’ commedianti / che cerca solo de rostir capponi. / Se me dirà che scriva i mi patroni / farò dei drammi flebili galanti.

Gozzi perfeziona il testo e inserisce Tartaglia quale controcanto arguto ai commenti di Brighella, in quanto nodo cruciale nello svelamento dell’architettura dei drammi “spagnoleschi”:

RE Assento all’ossatura, il dramma scrivi.

BRIGHELLA Lo farò per compleanos della incoronazion de don Corrado.

TARTAGLIA Di’, Brighella. Dichiara meglio il passaggio di don Corrado bambino in casa di don Ruggiero [perché] come figlio d’un villano. L’accidente è nato, ma in coscienza mia non intendo come.

BRIGHELLA L’è chiaro come la pegola. La regina Idalba int’el retiro s’ha scoverto gravida de [suo] so marido. Lu gera alla guerra <no saveva gnente>. Don Raimondo l’ha assistida con

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secretezza int’el parto. La contessa Adelaide moglie espuria ha finto una gravidanza per ambizion, don Raimondo se gh’ha finto amigo e direttor coltivando sta bona occasion. La regina ha partorì da seno, staltra ha partorì da burla. Don Raimondo gh’ha ficcà el puttello della Regina disendoghe che el l’aveva comprà da un villan, el l’ha fatto perché el gh’avesse educazion valendose della bona congiuntura. [Don Raimondo]

TARTAGLIA Ma come diavolo non ha avvertito suo padre di quest’arcano.

BRIGHELLA Nol l’ha mai [incontrà] podesto veder. [I l’ha serrà int’una torre come diavolo volla che el ghe lo diga?] L’aspettava tempo e logo. El gera un omo de testa. I [la] l’ha serrà int’una torre come diavolo volla che el ghe lo diga?

TARTAGLIA Era un uomo di testa, e s’è fidato a dare a don Gastone quella bagatella di foglio? BRIGHELLA Don Gaston xe sta sempre un birba che ha savesto far el galantomo e el bon amigo. Xelo el primo casa che un che sa far l’amigo sia una canagia che tradisse? <La diceva pur ben delle azion spagnole> [No la me intorbida il] <Cossa me vienla a romper el> fondamento del mio dramma flebile. Dipendo dalla oppinion de Sua Maestà tisica e dell’assemblea.

TUTTI Lascia ch’ei dica; scrivi il dramma, scrivi.

Il testo manoscritto di Gozzi 5.2 si presenta ben conservato, a parte una profonda lacerazione, con conseguente perdita di testo (ai fini del confronto variantistico nell’Apparato), in corrispondenza della c. 22 (parte superiore della carta), ovvero all’altezza di I, 6, in buona misura I, 7 e il principio di I, 8. Inoltre si nota: c. 26v: bianca; c. 38v: bianca; c. 44r: margine destro della carta recante calcoli numerici di mano gozziana; c. 52r: la metà inferiore della carta reca copiosi calcoli numerici di mano gozziana; c. 52v: bianca; c. 53v: bianca; c. 54v: bianca.

Per quanto riguarda le cc. 55r-59r, queste contengono materiale non appartenente alla tragicommedia I due fratelli nimici; per la precisione: c. 55 incipit: «Atto secondo / Sala magnifica del Conte di Barcellona, con varie porte alle parti e portone di mezzo. / Scena prima / Don Alvaro e don Garzia dall’appartamento di donna Vittoria, indi don Gastone dall’appartamento di donna Clelia», corrispondente – se ne deduce – al dramma Il

metafisico o sia L’amore, e l’amicizia alla prova (prima recita: Venezia, teatro San

Salvatore, 23 novembre 1778); c. 56: bianca, con profonda lacerazione al fondo della carta; cc. 57-58r: «Argomento», appunti di storia di mano gozziana, inerenti ai personaggi di «Ines di Castro», «Don Pietro Fernandez di Castro», «Alfonso quarto Re di Portogallo», «Costanza», figlia di «Giovanni Emanuel Infante [ereditario] di Castiglia», «Don Pietro Coello», «Don Diego Lopez Pacheco», «Don Alvaro Gonzalez»; si menziona un periodo di guerre tra il Re Alfonso IV e il figlio Don Pietro, durate fino all’anno 1357, in cui muore il Re e ascende al trono Don Pietro, come Re di Castiglia; segue la vendetta per l’uccisione dell’amata moglie Ines a Coimbra. La morte del Sovrano risale al 1367. La vicenda è trattata dagli «storici di Portogallo» e da «poeti

149 spagnoli, italiani e francesi, che si valsero di quest’argomento per trarre delle rappresentazioni teatrali»; in particolare, nel contesto veneziano delle «pantomimiche tragiche», Gozzi menziona «Giuseppe Canziani» tra coloro che mettono in scena la storia di Inés di Castro, sino a spingersi a un giudizio di piena stroncatura. La c. 58v è bianca, mentre la 59r (in inchiostro diverso rispetto alle altre carte) riprende parte degli appunti della c. 57r, con il riferimento bibliografico finale, il «Dizionario Storico Isselin [Iselin?]1 tratta dalla storia di Portogallo di Don Emanuel di Favia di Susa parte III. cap. 8. g. III». La citazione di Canziani è di ausilio per datare indicativamente tali carte, in quanto la sua Ines di Castro, ballo tragico in cinque atti, è andata in scena a Venezia al teatro San Benedetto, Fiera dell’Ascensione 1775.

Gozzi 5.4

Cart.; carte sciolte contenute entro una camicia di cartoncino (su cui si trova scritto a inchiostro, sul recto anteriore, di mano di fine Settecento o inizio Ottocento: “Tomo 5. / Le due notti affannose / La Principessa filosofa / I due fratelli nemici / Eco, e Narciso”. Sul recto posteriore del cartoncino, riutilizzato, si trova scritto ad inchiostro, di mani del Settecento: “Strumento con Cesare 1694 che si paga a me quondam Cesare conti di Cesare l’anno 1705 con scritura fata con Cesare che renontia tutti li suo stabilli pagai d. 16 / Scritture concernenti al debito di Francesco Formenti quondam Cesare per me”); aa. 1772-1773; cc. 164 (sono presenti due cartulazioni a penna di mano di Carlo Gozzi. La prima va da 1 a 53, in cui per due volte si ripete la c. 2; foglietto incollato alla c. 42r. La seconda va da 1 a 128; per due volte si ripete la c. 56. Originariamente la cartulazione era unica, come dimostrano i numeri cancellati (da 54 a 181) a fianco della seconda cartulazione. Mancano le cc. 14-26 e 70-75 della seconda cartulazione; nelle lacune un foglio con la scritta a penna “Qui manca”); mm 291 x 204 (rilevata alla c. 3 della prima cartulazione). Numero d’ingresso nella Biblioteca Marciana 378731.

In questo manoscritto Gozzi 5.4 è raccolto il materiale per il quinto volume dell’edizione Colombani delle opere di Carlo Gozzi, volume che reca la data 1772 sul frontespizio, ma che è probabile sia stato stampato l’anno successivo (Gutiérrez Carou 2005, p. 52). Tracce del passaggio in tipografia sono visibili nelle numerose correzioni (anche su foglietti incollati) e nelle macchie di inchiostro tipografico. A c. 2r della seconda cartulazione Gozzi scrive che il dramma La principessa filosofa fu portato in

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150 scena “anche quest’anno 1773”, in contraddizione con la data presente sul frontespizio del volume stampato. In contraddizione è anche, a c. 128v, seconda cartulazione, l’approvazione per la stampa rilasciata dal Santo Officio: “Die 11 Juni 1773. Viso et approbato quoad catholicam religionem. Superior generalis Sancti Officii Venet.” 3. cc. 56r-98r della seconda cartulazione: Carlo Gozzi, I due fratelli nimici (cfr. Gozzi,

Opere, vol. 5, 1772, pp. 281-388). Titolo autografo, alla c. 56r della seconda

cartulazione.

La mano di scrittura è diversa da quella dell’autore. Sono, al contrario, di mano gozziana la Prefazione e l’elenco dei Personaggi (c. 57r: [Il Re tisico o sia I due fratelli

nimici] / Personaggi) – quest’ultimo presenta i personaggi nel medesimo ordine in cui

appariranno nell’edizione Colombani, carta molto probabilmente scritta solo in seguito alla composizione del testo presente nel Fondo Gozzi 5.2, ove compare un primo elenco dei personaggi che precede lo Spoglio –; autografe sono alcune varianti sostanziali apposte al manoscritto (si rimanda all’Apparato II), come pure diverse aggiunte o soppressioni: per quanto riguarda i nomi dei personaggi, vi è la variante Magnifico >

Pantalone, il primo cassato e sostituito con il secondo, in interlinea, dallo stesso Gozzi

in quasi tutti i loci. Le varianti sostanziali presentate negli Apparati, che riguardano in prevalenza l’inserimento delle maschere della Commedia dell’arte nel tessuto “spagnolesco”, come la cassatura del termine [calderonade] e la sostituzione gozziana <spagnolade>, con il primo mai comparso nel testimone manoscritto Gozzi 5.2 (bensì «spagnolade»), né nell’edizione Colombani, ovvero una lectio difficilior, rimossa in quanto all’epoca il pubblico poteva non cogliere l’allusione a Calderón, fraintendendo plausibilmente il termine con calderer, calderaio, ramiere, battirame (Boerio), farebbero dunque pensare a un testimone intermedio non pervenuto, collocabile tra Gozzi 5.2 e Gozzi 5.4, l’antigrafo della Colombani.

Quest’ultimo è una bella copia di mano ignota con correzioni, si è appena detto, di mano gozziana e di un’altra mano ancora, non identificata, differente senz’altro dalla prima (le correzioni, inoltre, sono in inchiostro diverso rispetto a quello utilizzato da chi copia il testo, come dissimili appaiono la pressione, o tratto, e la forma nell’analisi della grafia); la terza mano, ai fini della tipografia, normalizza in special modo la punteggiatura, le maiuscole, i nomi o titoli dei personaggi (Corado > Corrado, Ruggero > Ruggiero, Armirante > Ammirante), l’accentazione, elisioni e troncamenti, le doppie (per quanto riguarda l’uso delle geminate, il testo evidenzia un’incertezza nell’uso delle doppie, riscontrabile in ambito veneziano; il lavoro correttorio limita errori e

151 ipercorrettismi); unisce, inoltre, gli avverbi come in dietro > indietro o esclamazioni come O là > Olà, corregge i lievi errori di ortografia, rivede spagnolo/a/i/e >

spagn<u>olo/a/i/e, volla > vorla (due casi), il > ’l, e tronca i verbi all’infinito -re > -r,

come pure alcuni sostantivi.

La redazione coincide con la copia in pulito, stesa da un copista non identificato, successivamente corretta e modificata dallo stesso Gozzi e da un revisore esterno in vista della stampa Colombani2. Il codice è quello andato poi in tipografia, come dimostrato dalla presenza di macchie d’inchiostro e dai numeri di pagina e registri, che risultano essere tutti coincidenti con quelli della Colombani: alla c. 58r (della seconda cartulazione) si segnala il numero di pagina «289» (si veda il margine superiore della carta); alla c. 62r compare un segno di “riferimento” del copista; alla c. 63v il numero di pagina «305» corrispondente alla Colombani; alla c. 67r presenta un segno rosso a matita nell’angolo in alto a sinistra; alla c. 69r un altro segno di “riferimento” del copista; alla c. 76v il numero di pagina «337»; alla c. 80r un altro segno del copista; alla c. 83r il numero di pagina «353»; alla c. 90r il numero di pagina «369»; alla c. 92r un altro segno del copista; alla c. 96v il numero di pagina «385». Il foglio di riuso che segnala «Qui manca», di mano gozziana, è posto tra le carte 75 e 76 (seconda cartulazione): la lacuna del testo lascia interrotto II, 5, per riprendere al termine di II, 9. Al verso della c. 98 (seconda cartulazione) compare: «questa / forse riman / Illmo signore».

Le varianti rilevate in Gozzi 5.4 attestano la collocazione del manoscritto a un grado intermedio tra Gozzi 5.2 e l’edizione Colombani, un testo quasi identico a quello della

princeps3. Rivisto da Gozzi e da un lettore/revisore esterno – “consapevole” si aggiunga (si veda l’Apparato II) –, preparato secondo la pratica tipografica, in una revisione intermedia con interventi finalizzati a un’omologazione della prassi scrittoria, il manoscritto verrà lasciato poi al lavoro di stamperia. A proposito del revisore dei Due

fratelli nimici, si può ipotizzare, da un confronto delle carte inerenti alla Marfisa bizzarra, che sia lo stesso, come a buon diritto afferma Marta Vanore,

2 Si rimanda a J. GUTIÉRREZ CAROU, L’edizione Colombani delle opere di Carlo Gozzi, in «La

Bibliofilía», CVII/1, 2005, pp. 43-68 e ID., Ancora sull’edizione Colombani delle opere di Carlo Gozzi:

alcune precisazioni, in «La Bibliofilía», CVII/2, 2005, pp. 171-173.

3 Cfr. Catalogo del Fondo Gozzi presso la Biblioteca Nazionale Marciana, a cura di S. Marcon, E.

Lugato, S. Trovato, in Carlo Gozzi 1720-1806. Stravaganze sceniche, letterarie battaglie, cit., pp. 127- 128; la Nota al testo di Cinquegrani in C. GOZZI, La donna vendicativa, cit., pp. 45-57.

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ad essersi preso carico anche di altri testi Colombani prima della pubblicazione. Una grafia simile infatti si trova nei testi utilizzati quali antigrafi per la Colombani e conservati presso la Biblioteca Marciana sia tra i materiali di recente aquisizione del Fondo Gozzi sia tra quelli già in possesso della biblioteca. In questi casi però gli interventi si limitano a brevi segnalazioni in vista di un successivo controllo autoriale e anche i suggerimenti più articolati sono di natura ben diversa dalle annotazioni fatte alla Marfisa4.

Le edizioni a stampa sono tre, le prime due pubblicate vivente l’autore, nel progetto di edizione delle proprie opere teatrali e non teatrali; la tragicommedia viene pubblicata poi nel secondo Novecento.

La princeps è l’edizione Colombani:

OPERE / DEL / CO. CARLO GOZZI / TOMO V. / [insegna] / IN VENEZIA /

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