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PROCEDURE AUTENTICATORIE DELLE COPIE A GENOVA NEL XII SECOLO

Difficile, se non impossibile, riuscire a fare un discorso, che possa a buon diritto considerarsi valido e fondato, sulle copie prodotte in un comune o in un’area geo-storica, senza prendere in considerazione le analoghe esperienze di altri comuni e di altre aree: solo attraverso i confronti tra le une e le altre è infatti possibile constatare analogie di comportamento ed evidenziare, e quin-di successivamente tentare quin-di spiegare, eventuali quin-difformità e peculiarità.

Ed è così che il primitivo disegno di studiare i procedimenti e le for-mule autenticatorie delle copie di Genova e della Liguria fino a tutto il XIV secolo si è venuto inevitabilmente allargando al coevo panorama dell’Italia comunale, pur semplicemente come elemento di riferimento e di confronto:

in considerazione della quantità di materiale da vagliare e valutare con at-tenzione ho tuttavia preferito limitare per il momento la mia riflessione esclusivamente al secolo XII, ripromettendomi di dare forma compiuta ai risultati dell’indagine sui secoli successivi in un secondo momento.

Il progetto originario prevedeva uno spoglio preliminare di tutti i prin-cipali fondi pergamenacei della regione – impresa che già di per sé ha com-portato un notevole dispendio di tempo e di energie –, allo scopo di avere un quadro il più completo possibile, pur entro i limiti imposti dalla casualità che regge le fila della conservazione di questo piuttosto che di quel fondo, di questa piuttosto che di quella pergamena, mentre la netta prevalenza di documentazione di tipo ecclesiastico, ed in particolare monastico, su quella di altra natura, almeno per certe epoche, è sicuramente ricollegabile in pri-mo luogo al deposito in ambienti maggiormente affidabili.

Quando poi si è trattato di allargare lo sguardo al di là degli stretti confini regionali le difficoltà ed i limiti si sono inevitabilmente accresciuti, dovendo giocoforza lavorare sull’edito, e spesso su edizioni, anche recenti, che alla tradizione dei documenti hanno riservato ben poco spazio ed at-tenzione, quando non l’hanno addirittura travisata 1. A ciò si è aggiunto

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1 Esemplare a questo proposito il Codice diplomatico polironiano (911-1125), a cura di C. VILLANI - P. GOLINELLI, Bologna 1993.

che lo sconforto di fronte alla quantità di materiale da prendere in conside-razione ed alle inevitabili disparità tra zone, tanto che mentre per alcune aree, grazie ad una notevole produzione di edizioni, è possibile seguire, al-meno a grandi linee, evoluzione e mutamenti, per altre si arriva a fatica a ri-cavare solo qualche generica informazione. Non ultimo rimane il timore che comunque qualche importante edizione possa essere sfuggita alla ricerca, senza contare che c’è sempre la possibilità che chi lavora “sul campo” su ana-loghiargomenti possa modificare, ribaltare o, nella migliore delle ipotesi, com-pletare quanto verrà detto per le aree prese in esame al di fuori della Liguria 2.

Non bisogna poi dimenticare che, al di là e al di sopra di quelle che so-no le linee di tendenza generali e i dettami della dottrina, sui modi e sulle forme di autenticazione delle copie, o almeno di una parte di esse, fu deter-minante tutta una serie di variabili – utilizzazione che della copia si preve-deva di fare, particolare importanza del documento, esigenza di sostituire un originale ormai fortemente danneggiato e non più ripetibile con un do-cumento fornito della massima credibilità e valore giuridico, per citarne solo alcune –, non sempre immediatamente individuabili, che talvolta hanno condizionato la scelta di forme particolarmente semplici, talaltra hanno ri-chiesto invece la ricerca e la messa in opera di procedure e formulari com-plessi e macchinosi.

Infine interconnessioni con il quadro politico-istituzionale di riferi-mento e particolari situazioni di forza o di debolezza dello stesso possono avere fortemente influito sulle scelte di determinate forme ed influenzato per lunghi periodi o in determinate circostanze le consuete procedure nota-rili 3, sulle quali ebbero sicuramente un peso non da poco anche i rapporti del notariato locale con le autorità comunali.

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2 In questo tentativo di confronto tra la Liguria ed il coevo panorama italiano non è stata presa in considerazione Venezia, che, come sta emergendo chiaramente in questi anni, si presenta “atipica” rispetto al notariato e alla produzione documentaria dell’Italia centro-settentrionale: cfr. in particolare: A. BARTOLI LANGELI, Documentazione e notariato, in Storia di Venezia, I: Origini - Età ducale, Roma 1992, pp. 847-864. Per le caratteristiche delle copie veneziane v. B. PAGNIN, L’“exemplum” nel documento medievale, in «Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti», 101/2 (1941-1942), pp. 201-215.

3 Su quanto situazioni contingenti e particolari congiunture politico-istituzionali possa-no influenzare le procedure autenticatorie vedi il caso limite delle copie savonesi: A. ROVERE, Garanzie documentali e mutamenti istituzionali: il caso savonese del 1364, in «Atti della So-cietà Ligure di Storia Patria», n.s., XXXV/1 (1995), pp. 145-178.

La copia si inserisce quindi nell’evoluzione delle teorizzazioni dottri-nali e della prassi notarile, subendo nel contempo gli inevitabili influssi e condizionamenti delle più disparate esigenze pratiche e della macchina am-ministrativo-istituzionale con la quale deve necessariamente confrontarsi, perché in particolare agli organi preposti all’amministrazione della giustizia toccherà riconoscerle o meno credibilità ed un qualche valore giuridico, an-che indipendentemente da quanto la dottrina viene codificando.

Per rendere il materiale preso in esame il più possibile omogeneo, pur in un’inevitabile mancanza di omogeneità per le ragioni sopra esposte, non sono state prese in considerazione le copie tramandate attraverso i libri iu-rium prodotti al di fuori della Liguria, di qualsiasi tipo essi siano, proprio perché questi, per la loro stessa natura, rappresentano un complesso docu-mentario che si rapporta in modo del tutto particolare all’autorità che ne ha promosso l’esecuzione e ne ha tutelato la conservazione, il che può deter-minare la scelta di determinate formule autenticatorie, talvolta anche note-volmente semplificate in stretta connessione con la considerazione nella quale il liber era tenuto 4, e comunque introduce una variabile in più della quale occorre tenere conto e che va valutata di volta in volta attraverso il raffronto con la coeva produzione su pergamena: tutto ciò avrebbe reso ul-teriormente complessa l’analisi.

Per la stessa ragione non sono state prese in considerazione – e in questo caso neppure per la Liguria – le copie di atti pubblici tratte dai cartulari comunali (consulatus, potestatie, iteragentium ecc.) e da atti pro-cessuali 5.

Tutto ciò premesso per chiarire i limiti e le difficoltà che una ricerca di questo tipo comporta, si può finalmente entrare nel merito.

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4 A questo proposito vedi quanto detto in A. ROVERE, I “Libri iurium” dell’Italia comu-nale, in Civiltà comunale: libro, scrittura, documento, Genova, 8-11 novembre 1988 («Atti della Società Ligure di Storia Patria», n.s., XXIX/2, 1989), in particolare alle pp. 183-187; v.

anche I Registri della Catena del comune di Savona, I, a cura di D. PUNCUH - A. ROVERE, in

«Atti della Società Ligure di Storia Patria», n.s., XXVI/1 (1986), anche in «Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria», n.s., XXI (1986) e in Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Fonti, IX, Roma 1986, pp. XXXVII-XLII.

5 Queste inoltre, almeno a Genova, recano in molti casi non il signum del notaio, ma i signa comunis, populi o altri dei diversi uffici comunali.

La documentazione ligure in copia non risale oltre il XII secolo ed an-che per questo, come già detto, è estremamente scarsa: quella savonese e in-gauna tace completamente, solo per Genova ci sono pervenute ottantanove copie, a partire dal 1144, che non abbracciano però tutto il panorama do-cumentario dell’epoca, limitate come sono quasi esclusivamente all’ambito ecclesiastico. Provengono infatti dal monastero di Santo Stefano 6, dal pri-mo registro della Curia 7 e da un frammento dell’antigrafo dello stesso re-centemente identificato 8, in un solo caso dal Liber privilegiorum Ecclesiae Ianuensis 9, mentre della documentazione comunale in senso stretto ci è conservata solo una copia nel Liber iurium “Vetustior”.

Il quadro che se ne ricava, non raffrontabile con la situazione antece-dente, stante, come già rilevato, l’assoluta assenza di documentazione in copia per l’area ligure, non può quindi che essere necessariamente limitato, in primo luogo se si tiene conto che la tipologia documentaria è estrema-mente ripetitiva, riducendosi, se si escludono un’investitura di terre e la ra-tifica da parte del comune di Piacenza di una transazione effettuata con quello di Genova, a locazioni e ad atti ad esse collegati da una parte, a lodi consolari dall’altra e soprattutto in considerazione del fatto che tutte le co-pie provenienti dal primo registro della Curia (e sono ben trentasette), esemplate da una più antica raccolta, oggi perduta, sono state private delle sottoscrizioni notarili, precedute dal signum tabellionis, che dovevano segui-re immediatamente il verbale del processo di autenticazione, nettamente di-stinto dalle sottoscrizioni che lo seguono 10. Per esse non possiamo quindi risalire ai redattori né conoscere il formulario delle sottoscrizioni. Sono complete solo le copie tramandateci anche dal frammento del registro pri-mitivo, recentemente identificato, che ci fornisce le autentiche nella loro interezza per diciassette documenti.

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6 Archivio di Stato di Genova (d’ora in poi ASG), Archivio Segreto, Abbazia di Santo Stefano.

7 Per l’edizione v. L.T. BELGRANO, Il primo registro della curia arcivescovile, in «Atti della Società Ligure di Storia Patria», II (1862-1871).

8 Sul quale vedi M. CALLERI, Per la storia del primo registro della Curia Arcivescovile di Genova. Il manoscritto 1123 dell’archivio storico del comune di Genova, ibidem, n.s., XXXV/1 (1995), pp. 21-57.

9 D. PUNCUH, Liber privilegiorum Ecclesiae Ianuensis, Genova 1962.

10 Sulle ipotetiche ragioni di tali mutilazioni cfr. M. CALLERI, Per la storia del primo regi-stro cit., pp. 42-43.

Le copie più antiche risalgono al 1144, ma il loro verbale di autentica presenta già delle caratteristiche che saranno comuni a quelle di tutto il re-sto del secolo e soprattutto l’elemento più importante è che l’unica copia pervenutaci su pergamena sciolta 11 si allinea perfettamente a quelle su regi-stro, il che ci conforta nella convinzione che per questo periodo non vi sia alcuna differenza tra le une e le altre e pertanto si possano trarre delle con-clusioni valide per tutto il panorama documentario genovese coevo.

Per le particolari caratteristiche di precocità vale la pena di soffermarsi a considerarle nel dettaglio, anche se gli elementi in esse introdotti sono comuni a tutte, pur articolandosi in modo diverso, e per far questo niente è più immediato della lettura diretta dei diversi formulari, tutti riconducibili ad un’unica procedura.

Innanzitutto le copie del gennaio 1144, del gennaio 1147 (53 le prime, 2 le seconde), e del 21 novembre 1172, tramandate dal primo registro della Curia, si presentano sostanzialmente identiche nella sostanza 12 ed identiche all’unica copia pervenutaci su pergamena, del 1161. Il loro valore probatorio poggia sostanzialmente sul lodo consolare che viene riportato integralmente in calce al documento e che si presenta più o meno così 13:

In palacio Ianuensis archiepiscopi, consules Guido de Laude, Guillelmus Buferius, Lam-bertus Philipi, Guidotus de Nigrone laudaverunt ut suprascriptum libellum exemplifica-ret ad exemplum antiqui. Quod vero ideo factum est quoniam Iohannes, abbas mona-sterii Sancti Stephani, postulavit ut ex auctoritate consulum et manu publici notarii ip-sum habere iuxta tenorem prioris eo quod comune videbatur ecclesie sue (videbatur ec-clesie sue di lettura incerta) et heredibus Guillelmi et Blanchi germanorum. Quod co-gnoscentes consules, quia huiuscemodi negotiis suam interponere auctoritatem sacra-mento tenebantur, hoc ad exemplum prioris fieri fecerunt, nichil addito vel dempto,

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11 ASG, Archivio Segreto, busta n. 1508/64.

12 L. T. BELGRANO, Il registro cit., pp. 142, 149, 158, 171, 177, 178, 180-260, 290, 293, 295, 330.

13 Viene riportato il lodo più complesso, tramandato dalla pergamena sciolta. Il docu-mento esemplato è una locazione dell’anno 1103 ed è l’unica copia che conserva anche la sot-toscrizione del notaio e le firme dei pubblici testimoni, che dovevano completare anche le al-tre copie, che però, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, sono state omesse dal re-dattore del registro pervenutoci, copia semplice di uno più antico, con l’avvertenza che anche tutti i lodi che seguono le copie su registro sono nella sostanza uguali a questo. È probabile che tutte quelle del 1144, considerata la perfetta identità di formulario, siano da attribuire ad un unico notaio, purtroppo sconosciuto, vista l’omissione delle sottoscrizioni; lo stesso si può dire per le due copie del 1147.

laudantes per omnia istud eadem auctoritate et viribus ammodo niti (sic) sicut primum et tamquam esset manu ipsius Bonafossi notarii prioris instrumenti conscriptum. Mil-lessimo centesimo sexagesimo primo, octavo die iunii, indictionis octave, eodem Ansal-do, filio Blanchi, hoc volente.

(S.T.) Ego Ogerius notarius, precepto supradictorum consulum, transcripsi.

Ego Anselmo de Cafara subscripsi . Ego Oto iudex subscripsi.

Nelle sedici copie tramandate anche dal frammento del primo regi-stro della Curia, sempre del gennaio 1144, tutte dovute al notaio Bonvas-sallo 14, il lodo consolare viene invece ricordato nella stessa sottoscrizione notarile 15:

(S.T.) Ego Bonusvasallus notarius, per preceptum <consulum> Bonivasalli de Odone, Oglerii Venti, Ugonis iudicis, Guillelmi Lusii, scripsi. Qui laudaverunt hanc laudem [si tratta di un lodo consolare] eam obtinere utilitatem quam obtinet exemplar ad quod hoc factum fuit. Hoc ideo fecerunt quia archiepiscopus habebat has laudes in diversas carti-culas scriptas set ut [sic] harum amissione res episcopatus detrimentum paterentur has huic registro iusserunt scribere. Millesimo CXLIIII°, mense ienuarii, indictione VIa. Ego Ansaldus de Auria subscripsi.

Ego Marinus subscripsi.

Sulla stessa linea, ma con maggior ricchezza di particolari, si pongono la copia del 12 aprile 1193 del notaio Ottobono 16:

Ego Otobonus scriba exemplificavi atque transcripsi hanc ad instar publici instrumenti autentici quod Bonusvassallus Caputgalli composuit, nil addito vel dempto, iussu et actoritate consulum Ianue de placitis, videlicet Willelmi Malloni, Ugonis Malloni, Ingo-nis Galiane atque Idoni Stanconi, qui laudaverunt in palatio Ianuensis archiepiscopi (laudaverunt) hanc valere per omnia in perpetuum ac si propria eiusdem Bonivassalli fo-ret descriptione perfecta, volentes iura domini archiepiscopi illesa servari et presenti pa-gina significari cum exemplum quod ipse Bonusvassallus in hoc registro confecerat quodamodo corruptum et abrasum foret, unde curia de facili ledi posset multeque inde

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14 Archivio Storico del Comune di Genova (d’ora in poi ASCG), ms. 1123, cc. 3 r. - 8 r.;

L. T. BELGRANO, Il registro cit., pp. 56-65. Sul notaio Bonvassallo, identificabile con Bonvas-sallo Caputgalli, v. M. CALLERI, Per la storia del primo registro cit., pp. 40-41.

15 ASCG, ms. 1123, c. 3 r. Per altre sottoscrizioni di questo gruppo di copie v. M.

CALLERI, Per la storia del primo registro cit., pp. 48-49.

16 ASCG, ms. 1123, c. 24 v.; L. T. BELGRANO, Il registro cit, p. 276.

contentiones et errores oriri. Anno dominice nativitatis millesimo centesimo nonagesi-mo tercio, indictione decima, duodecinonagesi-mo die aprilis.

(S.T.) Ego Otobonus notarius, precepto suprascriptorum consulum, exemplificavi et transcripsi.

e quella del 1185 del notaio Guglielmo Caligepalio, che rivela anche la partecipazione diretta dei consoli al momento della redazione della copia 17:

(S.T.) Ego Wilielmus Caligepalii notarius transcripsi et exemplificavi ut superius conti-netur ab autentico instrumento quod Bonusinfans notarius et cancellarius scripserat, ni-chil addito vel dempto excepto littera plus minusve. Hoc autem feci auctoritate et pre-cepto Ianuensium consulum de comuni Nichole Embriaci, Ingonis de Fresia, Symonis Aurie et Bisacini qui autenticum scriptum inspicientes primo, postmodum tam exem-plar quam exemplum sibi legi fecerunt, laudantes ut hoc exemplum eam vim habeat et auctoritatem per omnia quam et ipsum a quo sumptum fuit exemplar. Hoc autem fece-runt ad preces domini Oberti, prepositi Ianuensis, et domini Bonifacii archidiaconi atque domni Ogerii magiscole ceterorumque canonicorum cum multum expediret Ianue et ut testimonium rei geste et veritatis fides deperire aut preiudicium pati non posset, cum unum tantum inde a principio factum esset instrumentum quod una partium habe-bat. Anno dominice nativitatis millesimo centesimo octuagesimo quinto, indictione se-cunda, secundo die septembris.

Ego Fredecio Gontardus subscripsi.

Ego Calvus subscripsi.

Una variante formale, pur mantenendo inalterata la sostanza, presenta-no alcune copie del 1153 e 1155, sempre del registro della Curia, mancanti, come già detto, delle sottoscrizioni notarili e che evidenziano una inversio-ne di significato tra i termini exemplar ed exemplum, comuinversio-ne anche ad altre esperienze 18:

Istud est exemplar unius laudis quam scripserat in quadam parva cartula Guilielmus de Columba, set verendo ne amissione huius cartule perderentur iura curie, coram consuli-bus Conrado Ruffo de Curia, Guilielmo Cigala, Guilielmo Bufferio venerunt missi ar-chiepiscopi pro eo rogando ut has laudes in registro scriberent et firmas esse laudarent.

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17 D. PUNCUH, Liber privilegiorum cit., n. 50.

18 L. T. BELGRANO, Il registro cit., pp. 92 (da questa copia è tratto l’esempio)-95, 114.

Sono tutti lodi consolari. Per quanto riguarda la confusione terminologica vedi per Milano M.

F. BARONI, Le copie autentiche estratte per ordine di una autorità nel territorio milanese durante il periodo comunale, in Studi di Storia Medievale e di Diplomatica, VI, Milano 1981, p. 15, nota 1; lo stesso avviene anche in Toscana dove le copie sono costantemente precedute dal termine exemplar.

Qui providentes utilitati et necessitati curie, cum eorum auctoritas ad hoc fuerat neces-saria, hoc exemplum fieri iusserunt et firmum et stabile esse laudaverunt eamque vim et auctoritatem quam obtinebat laus quam scripserat Guilielmus Columbe (sic) obtinere decreverunt. Millesimo CLIII, die kalendis februarii, indictione XV 19.

Un’altra variante ci è offerta dalla copia del 1181, tramandata sempre dallo stesso registro 20:

Hanc itaque laudem ego Ottobonus scriba exemplificavi et scripsi ad instar illius quam Bonusvasallus Caputgalli scripserat, nichil addito vel diminuto, iussu consulum placito-rum Tanclerii Philippi, Rubaldi Porcelli, Oberti Pedicule, Corsi de Palazolo, qui in pa-latio Ianuensis archiepiscopi laudaverunt hanc valere et eam vim et auctoritatem per omnia obtinere ac si propria manu ipsius Bonivasalli Capitisgalli solempniter scripta fo-ret atque perfectam, supplicatione yconomorum domini archiepiscopi, annuentes cum in quadam parva cartula per eundem Bonumvasallum conscriptam que cito quodam in-fortunio posset amitti aut vetustate consumi, unde curia domini archiepiscopi posset ad damnum et incomodum maximum pervenire, nec in scriptis predicti Bonivasalli abrevia-rium ipsius quoquo modo inveniretur. Millesimo centesimo octuagesimo primo, indi-cione tercia decima, sexto decimo die intrantis ianuarii.

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19 Ibidem, p. 92. In genere presentano però (ibidem, p. 94) un formulario molto più semplice: Istud est exemplar unius laudis quam scripserat Arnaldus iudex, sed verendo ne amis-sione unius parve cartule iura curie perderentur consules ... laudaverunt hoc eandem vim et auc-toritatem obtinere quam obtinebat exemplum ad quod hoc exemplar scriptum fuit, iubendo ut presenti registro significaretur. Millesimo CLIII, kalendis februarii, indictione XV.

20 Ibidem, p. 395. Due copie del 1172 e del 1173 (ibidem, pp. 100, 105: si tratta di due lodi consolari) presentano un’ulteriore, sia pur lieve, modificazione del formulario: Hanc laudem alibi separatim scriptam in cartula parva, postulacione dompni Hugonis, Ianuensis ar-chiepiscopi, propter utilitatem curie sue consules ... exemplificari et transcribi hoc registro fecerunt ad exemplar prioris et originalis, timentes illius amissionem cum esset in parva materia primitus scripta. La prima prosegue: Illam itaque cernentes completam et in mundum universum redac-tam et a Marino et Ugone iudice, testatoribus publicis, testaredac-tam et subscripredac-tam, hanc pro tenore prioris nihil addito vel minuto transcribere ex sui consulatus officio fecerunt, quindi si legge in entrambe laudantes istam per omnia valere (laudantes ex officio sui consulatus hanc per omnia valere nella seconda) sicut prima et ex hac possit curia efficaciter experiri contra omnes personas.

Millesimo centesimo septuagesimo secundo (tercio nella seconda), decima die ienuarii (iunii nella seconda), indictione IIII (quinta nella seconda); come pure altre due del 1164 (ibidem, p.

299: si tratta di un libello petitorio e di una investitura di terre, della quale si riporta qui l’autentica): Hoc instrumentum consules Anselmus Agarrius, Bonusvasallus de Castello ad exemplar prioris et originalis propter utilitatem curie et voluntatem Caphari transcribi fecerunt, laudantes ex suo officio quod eam teneat vim et auctoritatem quam primum quod est apud ipsum Capharum. Millesimo centesimo sexagesimo quarto, octavo die madii, indicionis undecime.

Decisamente atipica nel contesto delle altre copie coeve ed apparente-mente più arretrata come formulario quella, non datata, ma risalente

Decisamente atipica nel contesto delle altre copie coeve ed apparente-mente più arretrata come formulario quella, non datata, ma risalente

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