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CAPITOLO III: LO STUDIO ACTonHEART

12 NOTE CLINICHE

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12.2 Lo stress

In alcuni casi i partecipanti sono più interessati a parlare di stress che non di stile di vita. A volte lo stress lamentato dai partecipanti, cui può concorrere una lieve sintomatologia ansioso-depressiva, non necessariamente è collegato all’esperienza di malattia. Può esserci una difficoltà familiare o lavorativa, oppure una modalità di gestione dei rapporti o delle emozioni disfunzionale. L’intervento, per quanto breve, è stato pensato per prendere in considerazione anche questi aspetti. Lavorare sulla flessibilità psicologica in una prospettiva ACT permette infatti di agganciarsi sia alla tematica di stampo più psico-educazionale del comportamento salutare, ma anche di allargare la prospettiva clinica al di là dell’ambito più strettamente ospedaliero di prevenzione secondaria. In effetti nella prospettiva ACT il tentativo di smettere di fumare, di essere più attivo fisicamente, di sbarazzarsi della propria ansia o di liberarsi da uno stress lavorativo hanno radici comuni. Ciò che cambia è il contenuto, ma da un punto di vista clinico la loro forma sostanziale riguarda il tentativo di mettere in atto un cambiamento per sfuggire alla sofferenza. Alla base di questo tentativo - che può avere esiti disfunzionali o inefficaci - spesso si trova il meccanismo automatico del controllo: cerchiamo infatti di controllare e di eliminare le nostre emozioni, i nostri impulsi, le nostre sensazioni fisiche nel momento in cui sono fonte di sofferenza. La prospettiva ACT propone un cambiamento di prospettiva basato su tre concetti clinici principali:

accettazione, mindfulness e valori personali. Tali concetti possono essere applicati indifferentemente per sostenere un partecipante del gruppo nel difficile percorso di cambiare il proprio stile di vita, così come aiutare un altro a confrontarsi in maniera più efficace con la rabbia in contesti interpersonali o familiari difficili. L’obiettivo del gruppo è anzi proprio quello di sottolineare le somiglianze tra queste diverse situazioni, esponendone i meccanismi comuni alla base. E aiutando ad affrontarli in maniera nuova.

12.3 L’evitamento esperienziale

L’evitamento esperienziale è spesso molto presente nei pazienti cardiopatici, come forma di difesa rispetto alla preoccupazione per la malattia. Non è infrequente che i partecipanti assicurino di non pensare mai alla malattia, o di non esserne assolutamente preoccupati. E’ bene approfondire la misura di questo evitamento e le sue ricadute a livello comportamentale, anche attraverso il confronto con i medici. In effetti a livello clinico si rileva che spesso proprio questi pazienti hanno una maggiore difficoltà di aderenza rispetto ai cambiamenti di stile di vita richiesti. Ovviamente, spesso entrano in gioco altri fattori, quali ad esempio una diversa tempistica di elaborazione del trauma, una difficoltà a

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riportare davanti al gruppo la propria fragilità, a volte anche uno scarso livello di consapevolezza nei confronti dei propri processi mentali. Va prestata attenzione anche al livello di funzionamento cognitivo e all’età del paziente. In ogni caso, pazienti troppo anziani o che al colloquio di presentazione dello studio risultano cognitivamente deteriorati di regola non vanno arruolati, come specificato nei criteri di inclusione. In molti casi il partecipante afferma di non essere preoccupato dalla malattia in quanto sta affrontando altri fattori stressanti a livello familiare o lavorativo per esempio. In questo caso particolare, vi è l’occasione nella terza seduta di far riflettere su come la prevenzione e la propria salute si inseriscano all’interno di un panorama di vita più ampio, per capire qual è il valore che si vuole preservare in quel momento. Per esempio, occuparsi della propria salute potrebbe essere importante in quanto condizione necessaria per poter essere di aiuto in famiglia.

12.4 La Metafora della barca

E’ molto importante sottolineare ai partecipanti che non ci stiamo incontrando per spiegare loro che tutte le loro strategie sono sbagliate e devono pertanto essere cambiate a favore della nostra proposta.

Molte volte la strategia più efficace è proprio mettersi a eliminare l’acqua dalla barca, vale a dire mettere in atto una strategia di problem-solving, focalizzando l’attenzione sul problema e cercandovi una soluzione. L’accettazione e la presenza mindful non negano la validità di questo approccio orientato al problem-solving. Più semplicemente un atteggiamento mindful ci aiuta a individuare le situazioni in cui il secchio è bucato, oppure quelle in cui mettere le mani al secchio e lasciare il timone non è adattivo in quanto di ostacolo al perseguimento di ciò che è importante da quelle in cui è invece adattiva.

12.5 Il fumo

Il fumo è uno dei temi più delicati e importanti del percorso. E’ necessario tener presente che spesso i pazienti cardiopatici smettono di fumare su consiglio del medico dopo l’evento cardiaco sperimentato.

Il mantenimento a lungo termine di questa decisione è però difficile. Molti riportano di non sentire più il desiderio di fumare. Sicuramente è possibile che ci sia un cambiamento repentino, innescato anche dalla paura.

Non presentiamo queste informazioni solo per spaventare. La paura può essere una potentissima motivazione per far partire il cambiamento, ma sul lungo termine può non essere sufficiente per il mantenimento. Riflettiamo dunque su questo aspetto: qual è la nostra motivazione nella cessazione del

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fumo? Ho ancora il desiderio di fumare?

Ci sono anche pazienti che pur riuscendo a diminuire il numero di sigarette, non riescono a smettere. Il nostro intervento si rifà anche in rapporto a questa tematica ai principi dell’ACT: consapevolezza dei propri obiettivi e valori, disponibilità ad accettare il carico fisico ed emotivo legato all’astinenza, defusione nel momento in cui si affronta l’impulso di voler fumare o il pensiero del fumo, atteggiamento compassionevole e centrato sul presente verso se stessi nel momento in cui si ha una ricaduta. In questo senso il tema del fumo è in realtà equivalente agli altri, in quanto si basa sugli stessi meccanismi.

La cosa più importante da fare nel discutere il tema è favorire un clima disteso e non giudicante. Non è raro infatti che i pazienti siano abituati ad essere ripresi su questo aspetto, e può capitare che anche i non fumatori possono contribuire in questo senso nel gruppo.

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