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2. Le riflessioni dottrinali

2.7. La nozione di “bene” in questione

Parte della dottrina, proprio in ragione del possibile ruolo di chi non è proprietario, e dalla messa in discussione della appropriabilità in via esclusiva come elemento centrale nel regime di alcuni beni, indaga il rapporto soggetto – oggetto, affermando che i beni comuni mettono in discussione la netta separazione fra le due sfere199. I ‘beni comuni’ sono concepiti da parte della dottrina come luogo di intersezione e, in

198 Si è sviluppata tale impostazione nell’indagine svolta nel capitolo III.

199Scrive F. Marinelli che “dall’esame complessivo della letteratura dedicata al tema si ricava una

nozione di bene comune non esattamente definita, incerta tra «cose»” e «diritti»”, in Id., voce Beni comuni, in, Enciclopedia del Diritto, Annali, 2014, p. 158.

qualche modo, di crisi, della distinzione fra le nozioni di bene in senso giuridico e di diritto200. Questo sotto distinti profili: in primis si sottolinea la rilevanza della produzione collettiva del “bene”; in secondo luogo si riflette sull’oggetto di alcuni diritti fondamentali o sui diritti fondamentali stessi.

Con riguardo al primo aspetto, alcuni studiosi rilevano come un ‘bene comune’ “non può concepirsi come un mero oggetto, una porzione tangibile del mondo esterno”201,

in quanto partecipano della costruzione del bene, parrebbe, gli interessi della collettività per cui questi sono rilevanti202; i beni comuni sono considerati beni “«funzionalizzati» per loro stessa essenza”203. A partire da queste riflessioni vengono

svolti due ulteriori ordini di considerazioni. Da una parte la necessaria compartecipazione dell’uomo e di ciò che gli è estraneo nella creazione della realtà – e dunque anche dei beni – porta tale dottrina a negare l’opportunità della distinzione fra beni comuni ‘naturali’ e ‘culturali’, che va affermandosi in parte delle riflessioni204; d’altro canto si afferma l’esistenza di “una relazione circolare con una comunità di riferimento: comunità e risorsa sono reciprocamente costitutive”205. I

“beni comuni” secondo quest’impostazione travalicano i confini della nozione di bene in senso giuridico tradizionalmente accolta206. In tali riflessioni la definizione di un

200 Si è affermato in questo senso che “poiché un bene non è altro che un fascio di relazioni a doppio

senso: relazioni di dipendenza dei soggetti dalle cose per quanto riguarda la realizzazione dei loro diritti e relazioni di dipendenza delle cose dai soggetti per quanto riguarda la loro conservazione e il loro governo”, F. Viola, Beni comuni e bene comune, cit., p. 386.

201 U. Mattei, Beni comuni. Un manifesto, cit., p. 52.

202 In tal senso scrive l’Autore che i ‘beni comuni’ non sono tali in ragione di “caratteristiche

ontologiche”, ma in ragione dei “contesti in cui essi divengono rilevanti”, Ibidem, p. 53.

203 U. Mattei, I beni pubblici: un dialogo fra diritto e politica, in G. Alpa, V. Roppo, (a cura di) La

vocazione civile del giurista, cit., p. 135. In altre riflessioni l’accento è posto sulla considerazione per cui “i beni comuni sono un prodotto collettivo” in quanto “la cooperazione sociale produce, trasforma e preserva (…) risorse”; M. R. Marella, Beni comuni. Oltre l’opposizione natura/cultura, cit., p. 9. Si giunge così ad affermare la rilevanza della collettività nella costruzione stessa dei beni – rectius delle risorse –, in quanto essa partecipa alla loro produzione. In tali considerazioni l’influenza del pensiero filosofico di A. Negri e M. Hardt è evidente. Si veda, per un primo inquadramento e alcuni riferimenti bibliografici, l’introduzione del presente lavoro. 


204 Si veda in tal senso il paragrafo Beni comuni in natura? in U. Mattei, Il benicomunismo e i suoi

nemici, Torino, 2015.

205 M. R. Marella, I beni comuni: un tentativo di tassonomia, in U. Breccia, G. Colombini, E. Navarretta,

R. Romboli (a cura di), I beni comuni, cit., p. 38. Si veda anche sul punto Ead., Introduzione. Per un diritto dei beni comuni, cit. p. 21. e Id., The common goods. A quest for another relation between people and things, in A. Chaigneau (a cura di) Fonctions de la propriété, cit.

bene come ‘comune’ deriva dal fatto che la collettività partecipa, in concreto, alla costituzione, alla stessa creazione del bene207. Il problema che si pone è allora duplice: da una parte quello dell’individuazione della nozione di bene nel diritto civile, e dunque dei criteri giuridici che fondano la distinzione fra soggetto e oggetto. Un’altra questione che si pone è quella dei regimi giuridici che possono permettere l’emersione di una dimensione collettiva. Tali considerazioni portano a mettere a tema la costruzione giuridica della nozione di ‘bene’ per come elaborata – faticosamente e variamente – dalla dottrina privatistica208 italiana, in primo luogo in quanto questa anche nelle varianti più estensive è connessa ad una porzione di realtà del mondo esterno, distinta chiaramente dal soggetto, e in secondo luogo in ragione della sua connessione, nella tradizione civilistica, con il profilo dell’appropriazione.

Per quanto attiene al secondo aspetto, concernente ancora una volta il profilo dei diritti fondamentali, in alcune riflessioni sono questi ultimi, o meglio i valori e gli interessi di ciascuno, ad essere considerati come comuni209, come nel caso in cui ci si riferisce alla sanità come “bene comune”210 o quando si afferma che i beni comuni sono “una

tipologia di diritti fondamentali “di ultima generazione”, finalmente scollegati dal paradigma dominicale (…) ed autoritario (…)”211, e che “sono caratterizzati dalla

diffusione e non dalla concentrazione del potere”212. Da tali considerazioni si fa discendere che i beni comuni “non sono diritti soggettivi individuali che qualcuno

207 Tale impostazione porta con sé una riflessione molto ampia e complessa, quella che attiene alla

relazione fra lo statuto giuridico dei beni e le analisi extragiuridiche – siano queste economiche, filosofiche, sociologiche – che li definiscono; tale rapporto può essere considerato attraverso molteplici chiavi di lettura: il regime di un bene può infatti essere letto, per esempio nella prospettiva dell’efficienza o dei suoi effetti rispetto alla ripartizione delle risorse e della ricchezza, e il rapporto fra analisi svolte in altre discipline e la norma giuridica è tema che porta con sé non poche questioni di teoria generale del diritto, che in parte verranno affrontate nel prosieguo dell’indagine.

208 Tale dottrina sarà esaminata analiticamente nel capitolo II.

209 Scrivono a tal proposito V. Cerulli Irelli e L. de Lucia che spesso il concetto di ‘beni comuni’ “viene

utilizzato per indicare interessi e valori, a loro volta perseguibili attraverso politiche pubbliche che necessariamente (anche sulla base di vincoli costituzionali) fanno capo agli organi di governo della collettività. La realizzazione di questi interessi generali consente lo sviluppo della sfera individuale”, in Ead., Beni comuni e diritti collettivi, cit., p. 6.

210 M. R. Marella, Introduzione. Per un diritto dei beni comuni, cit. 211 U. Mattei, Beni comuni. Un manifesto, cit., p. VII.

«ha», anche se sono indispensabili alla soddisfazione di alcuni diritti fondamentali attraverso cui una persona «è» tale”213.

Occorre inoltre considerare che parte della dottrina, che ricostruisce la nozione di bene giuridico in relazione all’esistenza di un’attribuzione, e dunque della possibilità di una circolazione214, non riconduce i ‘beni comuni’ all’interno dei beni in senso giuridico, considerati come beni che “strutturalmente si ambirebbe a sottrarre al circuito della circolazione, istituendole come risorse liberamente accessibili a chiunque nutra un interesse al loro uso”215.

L’ipotesi teorica che emerge è che la riflessione sui beni comuni ponga in luce e permetta di studiare in una prospettiva interessante la nozione di bene giuridico nel diritto privato, di cui ci si occuperà nel II capitolo. Tale linea di ricerca, poiché unisce la categoria dei beni tradizionalmente connessi a – e in molte ricostruzioni definiti attraverso – l’appropriazione esclusiva allo studio di interessi non proprietari – e spesso non patrimoniali – che spesse volte sono tutelati nella forma dei diritti fondamentali, che hanno ad oggetto ‘beni’, quali la salute e l’ambiente, porta a mettere a confronto le due nozioni di bene che la dottrina privatistica usa correntemente, l’una in relazione ai diritti reali, e l’altra nell’ambito della tutela civilistica dei diritti della persona; l’indagine può portare da una parte a fare operare la nozione di beni comuni come categoria critica, permettendo di assumere una particolare prospettiva nello studio del diritto dei beni, e d’altro canto può permettere di chiarire quali siano i ‘beni’ che possono definirsi comuni, e dunque, svolta tale chiarificazione, di capire quali possano essere i punti di riferimento oggettivi per la costruzione di possibili regimi.

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