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3. Abiti come immagine di un periodo 1 Nuove scoperte come specchio del costume

3.2 Nuovi materiali per una moda innovativa

Negli anni Sessanta, grazie all’economia in espansione, la donna si sentiva libera e cercava questa sensazione di libertà e di conquista anche negli abiti: si inizia a proporre una moda più pratica, meno impegnativa e più realistica, grazie anche all’utilizzo delle fibre artificiali: le prime tute intere “Capsule” di Emilio Pucci erano in “Emilioform226”, un tessuto in stretch composto per il 41% in nylon e per il restante 49% in seta; in seguito egli utilizza Lycra, helanca, “Emiliotwill” per tutti i suoi capi227. Anche Irene Galitzine, “la principessa della moda”228, arriva al sintetico nei primi anni Sessanta diventando uno dei grandi nomi della “couture sintetica”: nelle sue collezioni la maggior parte dei capi sono realizzati in lurex ma utilizza anche Euroacril e Nivion per gli impermeabili, nylon per le camice da notte, lycra per i completi da bagno, Leacril per i suoi pijama e per molti altri indumenti e poi vinyl nei completi come anche broccati e charmeuse Rhodia e acetati Silene per i tailleurs229. Tanti altri utilizzano i nuovi materiali: Roberto Cappucci (la plastica), Roberta da Camerino (il jersey di poliestere della Rhodiatoce), Pino Lancetti (il lamé) e ancora Sarli con il taffetà di Rhodia, Balestra e Clara Centinaro con l’organza sintetica e il nylon. Negli anni Sessanta usare il sintetico nell’Alta moda è la normalità e si celebra il trionfo dei materiali tessili sintetici che permettono, tra le altre cose, una maggior flessibilità di impiego, una lucentezza nuova nei colori, volumi più arditi ed effetti decisamente clamorosi230, inoltre le caratteristiche tecniche di questi tessili garantivano un basso assorbimento all’umidità, una notevole resistenza agli agenti esterni e l’inattaccabilità da parassiti e muffe231.

Quasi tutti i grandi sarti fanno sfilare i loro modelli a Palazzo Grassi a Venezia e collaborano con le industrie del settore, Rhodiatoce, Bemeberg e Snia Viscosa; questa collaborazione è tra le ragioni

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“Emilioform”: tessuto composto da helanca e Shantung di seta, comodo e leggero. In Dizionario della moda, cit., p. 634.

227

Le fibre intelligenti: un secolo di storia e cinquant’anni di moda, a cura di M. Garofoli, Milano 1991, p. 156. 228

Galitzine Irene, in Dizionario della moda, cit., p.296. 229

Le fibre intelligenti, cit., p. 156. 230

A. Colli, Fibre chimiche, in La moda, Storia d’Italia, Annali, 19, a cura di C.M. Belfanti e F. Giusberti, Torino 2003, p. 488.

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del successo mondiale del made in Italy232. Negli anni Cinquanta, il rapporto che si instaurò fra creatori e industriali fu un rapporto di committenza per cui i grandi sarti, in occasione delle più importanti manifestazioni, legarono il proprio nome a quello di importanti industrie tessili: fu così che al IX Fashion Show nella Sala Bianca di Firenze Jole Veneziani fece sfilare abiti realizzati con il tessuto Bemberg e Faudella. Questi rapporti di fornitura privilegiata delle industrie nei confronti dei grandi sarti, furono a volte occasionali, altre volte si trasformarono in sodalizi duraturi, diventando talvolta vere parternships233.

La promozione di queste fibre artificiali e sintetiche fu anche merito di Paolo Marinotti, presidente del Centro Internazionale delle Arti e del Costume di Palazzo Grassi a Venezia, che negli anni Sessanta realizzò numerose sfilate nella splendida cornice del palazzo veneziano, impiegando tessuti composti integralmente di fibre artificiali e sintetiche o miste a lana, seta, cotone, con lo scopo di dare nuovo impulso alle ditte produttrici e di mostrare le qualità, la duttilità e la bellezza di questi tessuti234. I modelli che sfilano a Palazzo Grassi nel 1959 in delfion imprimé, trevira banlon, acetato e lurex, rayon viscosa e lamé, fiocco, jersey tricel, perlon, dialen, silene, ottomano, broccato laminato bemberg, sono creati per l’Italia da Veneziani, Curiel, Carosa, Schubert, Biki, Marucelli, Proyetti, Antonelli, Fontana, Baratta (Pucci sfila con la linea sport)235. L’anno seguente le industrie partner della sfilata restano le medesime: ACSA, Bemberg, Châtillon, Italviscosa, Rhodiatoce, Snia Viscosa, approdano però a Palazzo Grassi nuovi prestigiosi ateliers, quali Capucci, Cardin, De Berentzen, Fabiani, Galitzine, Simonetta, Fercioni, Worth236. Nella sfilata del 1961 sono stati adoperati faglia, velluto, crespo e crêpelle, cady, tulle, frisottine, ottomano, jersey, matelassé, pizzo e organza: tessuti ottenuti con fibre sintetiche spesso miste a seta237. La manifestazione del 1962 intitolata “Armonia e colore” propone come nuovi tessuti il damasco, il moire e il radimir238.

232

E. Merlo, Le origini del sistema moda, in La moda, Storia d’Italia… cit., p. 689. 233

Ivi. p. 690. 234

Le fibre intelligenti, cit., pp. 163 – 165. 235

A. Fiorentini Capitani, Alta Moda…cit., p. 31. 236 Ibidem. 237 Ibidem. 238 Ibidem.

Sempre nel 1962, in onore dello “stile italiano”, Marzotto crea la divisione “Italian Style” dove tutti i tessuti sono al 55% in lana merinos e per il 45% in Terital, contrassegnati dal marchio di qualità “Scala d’oro” Rhodiatoce. I tessuti “Italian Style” sono in vendita accompagnati dai modelli realizzati da quattro sarti di Milano e di Roma: Veneziani, Germana Maruccelli, Emilio Schubert, le sorelle Fontana239.

In “Sempre Colore” del 1963, a Palazzo Grassi, Antonelli, Biki, Carosa, Curiel, De Barentzen, Enzo, Percioni, Forquet, Galitzine, Giuliano, Lancetti, Marucelli, Pucci, Steiner, Tizzoni, Valentino e Veneziani sono chiamati a esercitarsi sul tema del colore e su tessuti Bemberg, Châtillon, Italviscosa, Novaceta, Rhodiatoce e Snia Viscosa240. Nel 1965 i tessuti novità della manifestazione sono la ciniglia stampata, il broccatello, l’organza ricamata, il canetté e il mikado241; in “Venezia Moda 66” le industrie presentano nuove e vecchie specialità di fibre sintetiche, proprio quando vi è una tendenza generale del ritorno alle fibre naturali: la Châtillon il Castello (acetato), l’Helion nylon Châtillon (acetato Castello voluminizzato), il Châtilan, la Fildora (filato ritorto di acetato Castello e Helion), il Dorian (acetato voluminizzato e Helion) e l’Elast (Helion elasticizzato); l’Italviscosa presenta due “classici”: il Raion Viscosa e il Fiocco Viscosa; La Rhodiatoce il Nylon R, il Rhodia Italia (acetato), il Terital (fibra poliestere); la Novaceta propone il Silene (acetato), l’Estrella (acetato Silene voluminizzato), il Novalux (acetato Silene a fibre lamellari) e il Liliana (acetato Silene rinforzato Lilion), mentre la Snia Viscosa partecipa con il Lilion nylon Snia, il Lilion Styl (lilion a sezione modificata), il Velicren (fibra acrilica), il Wistel (fibra poliestere) e l’Everlan (filato di poliestere Snia e Fiocco)242.

In “Venezia Moda 67” sfilano le creazioni di Mila Schön, Antonelli, Veneziani, Marucelli, Fontana, Schubert e Baratta. I tessuti proposti sono: il broccato lamé, il gaufré di acetato silene e fiocco viscosa, lo jacquard doppio di velicren e lamé, il tricot nero di Châtilan e ancora Dorian, Lenalux,

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Le fibre intelligenti, cit., p. 58. 240

Ivi, p. 165. 241

A. Fiorentini Capitani, Alta Moda…cit., p.33. 242

naiset, vibren, viscol, aironm, koplon e si-tussa243. In questi anni vi è poi un’esplosione dei tessuti stampati, favorita da una migliorata tecnica che permetteva di realizzare stampe molto ricche244. Nel libro di collezione primavera-estate 1967 di Jole Veneziani si notano diversi abiti con tessuti stampati: dei trentaquattro abiti da sera proposti per questa collezione, sette sono pensati per essere realizzati con tessuti stampati, prevalentemente con motivo floreale245; in tessuto stampato, splendido appare anche un abito che diviene emblema della collezione: in “Annabella” viene descritto come l’abito perfetto per le sere eleganti dell’estate246; è un vestito in chiffon stampato a grandi motivi fioriti che propongono toni accesi in varie sfumature, la scollatura è doppia e lascia le spalle molto scoperte, mentre la gonna, che parte da un brevissimo corpino, è di linea impero247. Questo abito, per colore e per linea, è stato scelto per essere proposto nei giornali e nelle sfilate, abbinato al trucco Pearl-Silvering, alla pettinatura da “bambino povero”, alle sopracciglia di perline e al rossetto “Corolle”248, in modo che nell’insieme non vi fosse una “nota stonata”249.

Dalla descrizione della collezione primavera-estate 1967 presente all’interno del volume con i ritagli stampa, alla sezione “Tessuti” si legge che Jole Veneziani per questa linea utilizzò quelli prodotti dalla Rhodiatoce250. Dalle immagini pubblicate nelle varie testate giornalistiche si vedono infatti sia abiti da giorno che abiti da sera realizzati dalla collaborazione (iniziata già negli anni Cinquanta) tra Veneziani e l’azienda Rhodiatoce, leader in Italia per la produzione di tecnofibre. Dina Tangari nel descrivere gli abiti da sera della collezione primavera-estate 1967 scrive:

243

A. Fiorentini Capitani, Alta Moda…cit., p.34. 244

Ibidem. 245

Gli abiti pensati in tessuti stampati si trovano nel Libro di collezione LCXXV: LCXXV0035 (abito da sera con motivi argento); LCXXV0237 (abito da sera con motivi floreali); LCXXV0239 (abito da sera con motivi floreali); LCXXV0241 (abito da sera con motivi floreali); LCXXV0251 (abito da sera con motivi argento); LCXXV0253 (abito da sera con motivi argento); LCXXV0269 (abito da sera con motivi colorati).

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Abito in chiffon stampato per la collezione primavera-estate 1967, vedi Fig. 49. 247

L’insolita scollatura doppia, in “Annabella”, s.d., (R25s000183). 248

L’insolita scollatura doppia (R25s000183); Sopracciglia di perline (R25s000186), in “Annabella”, s.d. 249

“Corolle” il rossetto de “L’Oreal”… cit., (R25s000118). 250

Azienda fondata nel 1928. La produzione principale di questa ditta è il nylon 6.6; importante è anche la produzione di fibre poliestere, commercializzate con il marchio Terital Rhodiatoce. Cfr. A. Marchi, R. Marchionatti, Montedison:

[…] Per le ore dell’eleganza serale e notturna abiti in chiffon sfumati “ombre e riflessi” si alternano a crespi tripli pesanti, a tessuti fluorescenti, laminati, metallizzati, alle sete plasticate, in un balenare di luci che trasforma i tessuti Rhodiatoce in drappi stellari. Si assiste veramente ad una ben nobile gara fra i nostri creatori di tessuti e di abiti per fare di questa moda italiana qualcosa che si imponga sul gusto251.

La donna-Veneziani 1967 è stata anche descritta come:

[…] Una sirena luccicante di squame argento con bolle ovali di smeraldo; un piccolo

fourreau, anch’esso di squame d’oro, rosso, arancione, giallo, come quello indossato dai

pesci che guizzano pigri tra la sabbia dei mari «asciutti» sui quali il sole picchia di continuo, implacabile, smaltandoli di bollenti splendori252.

Le squame d’oro, rosso, arancione e giallo sono le paillettes di un abito da sera realizzato da Jole Veneziani per questa collezione, sempre in collaborazione con la Rhodiatoce: è un vestito lungo, interamente ricoperto di lustrini plastificati che donano quell’effetto scintillante descritto dai giornali253. Il bustino è costituito da due strisce di tessuto a forma di croce che lasciano scoperti i fianchi. La plastica usata per le paillettes di questo abito, come per altri della stessa collezione o di collezioni precedenti, diventa infatti, negli anni Sessanta, strumento principale della moda e non solo; la plastica attuò una sorta di “rivoluzione industriale” a vasto raggio, includendo i prefabbricati per l’edilizia, i mobili e i casalinghi. Le prime applicazioni delle materie polimeriche in scala industriale risalgono agli anni Trenta e Quaranta e questo nuovo materiale, per le sue possibilità di utilizzo, il basso costo e l’accessibilità, venne utilizzato nei diversi campi fino ad approdare nella moda. Il suo declino iniziò verso la metà degli anni Settanta, in seguito alla crisi economica e al calo di produzione254.

Anche Jole Veneziani, come molti altri sarti, lavorò con le materie plastiche: l’abito in plastica grigia, rete di nailon nera e paillettes bianche è rappresentativo della modernità della sarta milanese;

251

D. Tangari, Donne-bambine…cit., (R25s000019). 252

N. Calandri, Una festa di luci e colori… cit., (R25s000004). 253

Abito da sera ricoperto di paillettes per la collezione primavera-estate 1967, vedi Fig. 50. 254

quest’abito è sicuramente il più “spaziale” della collezione: «[…] Una colata di lava bianca sul lungo abito da sera: le spirali di fumo della plastica vetrosa e grigia»255

.

Realizzato in collaborazione con diverse ditte, resta uno degli esempi più celebri tra le sue creazioni256. Sempre nella collezione primavera-estate 1967 Veneziani utilizza anche le fibre artificiali prodotte dalla Snia Viscosa: un abito con un robe-manteau a maniche corte intonato, è realizzato in Velicren Esylen, fibra acrilica marchiata SNIA. Anche le celebri fotografie di Ugo Mulas per questa collezione, quelle con le “modelle in scatola”, rappresentano la collaborazione di Veneziani con un’altra ditta di antica tradizione comasca, la Taroni257: per la creazione di questi abiti la sarta utilizza i suoi tessuti per due splendidi modelli: uno interamente ricoperto di paillettes e l’altro realizzato con tessuto stampato.

255

N. Calandri, Una festa di luci e colori… cit., (R25s000004).

256

Abito in plastica grigia e paillettes per la collezione primavera-estate 1967, vedi Fig. 51. 257

Taroni è una delle più antiche seterie ancora attiva a Como. Nata nel 1880 grazie ad Andrea Taroni non ha mai realizzato fibre artificiali. Cfr. www.taron/aziendai.it