• Non ci sono risultati.

Il nuovo realismo è un populismo, Il Melangolo, Genova,

fico. Non è ammissibile bollare il postmodernismo di retorica superficiale e poi rifugiarsi in una visione della realtà ortodossa e confortante.

Ferraris utilizza la prova della ciabatta per giustificare l’inemendabilità della realtà, ma dimentica (volutamente?) che le nostre strutture percettive con- densano e completano i dati provenienti dall’esterno, che altrimenti apparirebbe- ro come frammenti privi di senso. Gli oggetti non sono altro che costruzioni a cui noi diamo senso; il mondo della nostra esperienza è il risultato di un’intersezione tra la stimolazione sensoriale e la rielaborazione del dato ricevuto. Il neorealismo è una riduzione volgare di ciò che esiste a coordinate elementari e nasconde in sé un delirio totalitario, di un mondo incorreggibile, ordinato e auto-evidente, nel quale in definitiva il pensiero risulta inutile. Il neorealismo esalta il senso comu- ne, la veridicità dell’esperienza percepita attraverso i sensi, dimenticando che i sensi sono anche fallaci (come nel caso del bastoncino apparentemente spezzato immerso nell’acqua ). Senza teorie i sensi non possono spiegare nulla, a meno di non cadere nel paradosso di concepire il mondo come una nostra rappresentazio- ne personale.

Nel saggio di Corrado Ocone si sostiene che il nuovo realismo, più che l’antitesi del postmodernismo, ne sia la continuazione; Ferraris non vuole ricer- care la verità, ma vuole ottenere un’affermazione del suo paradigma, per motivi di egemonia personale. Il suo realismo è quantomeno ingenuo e pretende il sacri- ficio dell’intelletto, tanto che arriva a manipolare le idee di altri autori per farle combaciare con le sue. Per fondare il suo realismo, Ferraris ripristina una rigida divisione tra essere e pensiero mentre in realtà sono coessenziali. In realtà, secon- do Ocone, Ferraris sviluppa ulteriormente le posizioni di Derrida ( che pure era stato incluso nel novero dei filosofi postmodernisti), di cui fu discepolo. Ferraris pubblicò il suo articolo sul Manifesto del nuovo realismo nel 2011 su un ben noto quotidiano e, dopo aver suscitato forti ostilità, decise di modificare il suo atteg- giamento verso una maggiore inclusività. Ma la parziale palinodia della sua posi- zione non fa che risaltare ancora di più la versione originaria.

La nuova posizione di Ferraris si evince dal nuovo testo Bentornata real- tà!, scritto a quattro mani con Mario De Caro, in cui si cerca di smussare gli aspetti più duri della nuova teoria, ma si riafferma prepotentemente l’auctoritas del filosofo nel dibattito pubblico. Inoltre, in altri due articoli successivi alla pub- blicazione di codesto libro, Ferraris riabilita l’idealismo “buono” dell’ultimo Schel- ling, che considera oggettivo e rivaluta persino Hegel, che ritiene esser stato distorto dallo spiritualismo dei neohegeliani. Sfortunatamente per lui, non c’è mai stato alcuno spiritualismo nei neohegeliani. E come si possa conciliare il nuovo realismo con lo Spirito Assoluto di Hegel (la Natura non è altro che lo Spirito alienato) rimane un mistero.

Lorenzo Magnani polemicamente intitola il suo saggio Reductio ad Hit- lerum. L’autore afferma che il postmodernismo si è confrontato con il problema

della realtà; non è imputabile a tale corrente la nascita dei (post)moderni populi- smi. Il postmodernismo ha permesso l’accumulo di conoscenze nuove, ha contri- buito ad interpretare in modo nuovo alcuni aspetti della realtà umana e sociale. Il problema della verità non è stato accantonato ma approfondito. Anche se è vero che alcuni pessimi filosofi hanno degradato le conquiste migliori del postmoder- nismo, dire che i fatti sono interpretazioni non conduce a nessuno impegno anti- realista né a bandire la verità. Contro questo attacco al postmodernismo, da parte del Manifesto di Ferraris, Magnani ribatte che il suo autore è chiaramente an- tikantiano. Inoltre è difficile credere che la nicchia dei postmodernisti abbia potu- to influenzare gli attori economici e politici o la mentalità pubblica. Attori politici e cittadini sono poco inclini alla lettura di testi filosofici e più facilmente influen- zabili da un pensiero antintellettuale. Non è certamente il posmodernismo la cau- sa di un certo declino in alcuni settori della nostra nazione. La pretesa dei neore- alisti di accettare il realismo in toto, pena la permanenza di cattivi maestri e di cattivi politici, è una fallacia filosofica, o peggio, una vera e propria reductio ad Hitlerum di ogni posizione alternativa. Condannare il postmodernismo, ma poi usare i media per questa purificazione della filosofia, è simile al cliccare “mi piace” in qualche social-network.

In realtà i neorealisti enfatizzano il conflitto tra loro e postmodernisti. La filosofia, anche quella postmoderna, propone un costante impegno nei confronti della realtà e della verità. Più banalmente, non basta leggere qualche frammento di filosofia sui social-network o su wikipedia per fare filosofia, ma bisogna sfo- gliare un testo filosofico. Il neorealismo ha la presunzione di ripetere l’esperien- za di Socrate e di ricercare la verità anche a costo della vita. Ma un conto è ambire alla verità, un altro‘è esserne capaci!

È un’illusione narcisistica parlare della verità anziché stabilire nuove veri- tà. Il neorealismo ha adottato una strategia di comunicazione massmediatica, vol- ta più alla creazione di fazioni e consenso che alla ricerca di verità. Parigi conti- nua a bruciare e si vuole accusare la filosofia di colpe che non ha, mentre vengo- no assolti gli attori politici ( e si incolpa il postmodernismo di ogni male). Al popolo non viene insegnato il piacere di leggere, ma vengono distribuite piccole pillole di conoscenza. Polibio indicava nella oclocrazia la forma degenerata della democrazia, nella quale i cittadini non attribuiscono più valore alla libertà e‘all’eguaglianza. In tale regime questi valori sono percepiti come scontati e a quel punto il merito non è più necessario per il conseguimento delle cariche poli- tiche. La corruzione della masse permette a esseri indegni di accedervi. Ogni individuo tenta di porsi al di sopra degli altri e la coesione sociale s’indebolisce. Il neorealismo di fatto non intacca il populismo, non mette un freno alla degene- razione della democrazia.

Secondo Simone Regazzoni la battaglia del neorealismo contro il posmo- dernismo ricorda quella del 1934, del realismo socialista contro il formalismo.

Ferraris tira in ballo Marx ed Engels per difendere il suo realismo ingenuo, di- menticando la lezione di Marx sul materialismo ingenuo, in cui il reale è concepi- to sotto forma di oggetto e mai come attività. Ferraris, in realtà, conosce il proble- ma ma volutamente lo elude; egli confonde l’ontologia del ciò che è con il discor- so su ciò che c’è. Il neorealismo si vuole presentare come una ontologia del ciò che c’è. Ma tale proposta, praticamente, è modesta, più simile a una fotografia di uno stato di cose.

Il problema è che Ferraris non dice neanche quale stato di cose voglia foto- grafare. Il neorealismo assume importanza per via delle modalità massmediati- che con le quali si propone, più che per quello che vuole esporre realmente. Ap- pare un prodotto locale sapientemente pubblicizzato, in cui conta la cornice più dell’opera. Il neorealismo in verità sarebbe un interessante esperimento di mocku- mentary filosofico, ovvero un falso documentario, i cui eventi fittizi sono presen- tati come reali. Dopo anni di postmodernismo e di decostruzionismo, Ferraris si accorge dell’esistenza della realtà! A quel punto ecco la sua conversione: Ferraris rinnega Derrida e si fa carico di annunciare la buona novella realista. Più che una ricostruzione della decostruzione, come vorrebbe Ferraris, ne è una liquidazione. La ricostruzione è teoricamente così debole che Ferraris ricorre alle parole dello stesso Derrida che, alla fine della sua vita, riscoprì la realtà, di cui egli è ora il continuatore. Peccato che, in tutta l’opera di Derrida, non ci sia traccia di una svolta realista.

Lo stile dei vari autori è molto scorrevole; in alcuni casi si fa un uso ecces- sivo di anglicismi, ma comunque ognuno di loro esprime chiaramente il suo pen- siero: ovvero una critica bel argomentata del neorealismo di Ferraris, che appare povero di contenuti filosofici, ma sproporzionatamente ingombrante nelle diatri- be degli ultimi anni, per via dell’uso spregiudicato dei mass media.

Nel testo, purtroppo, sono presenti vari refusi (pp. 56, 60, 63, 86, 90), ma la qualità della copertina ( in cartoncino con bordi decorati ) giustifica in parte il prezzo di acquisto. Il libro in definitiva è molto interessante come documento di una diatriba che ha vivacizzato la filosofia italiana negli ultimi anni.