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L’ Oggetto del patto di famiglia: l’azienda e il ramo d’azienda.

NOZIONE E NATURA GIURIDICA DEL PATTO DI FAMIGLIA.

2.1. L’ Oggetto del patto di famiglia: l’azienda e il ramo d’azienda.

L’art. 768 - bis c.c., prevede che il patto di famiglia possa avere ad oggetto il trasferimento dell'azienda o di partecipazioni sociali; in particolare la cessione attuata dall’imprenditore in favore di uno o più discendenti, potrà essere totale oppure parziale, posto che in quest’ultimo caso la trasmissione dell’azienda medesima dovrà avere ad oggetto un complesso di beni che sia idoneo a garantire l'esercizio dell'attività di impresa.

Con riferimento all’art. 2555 c.c., l'azienda rappresenta quel complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa; più precisamente la suddetta norma evidenzia come caratteristica che contraddistingue l’azienda sia la destinazione dei beni all’esercizio dell’impresa, sia, più in generale, i contratti che l’imprenditore ha stipulato per l’esercizio dell’attività medesima 24

. Relativamente ai beni oggetto di

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trasferimento, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 768 - bis c.c) sia beni materiali (terreni, immobili), sia beni immateriali (crediti o debiti, marchi, brevetti)25.

A parere di chi scrive appare opportuno richiamare quel dibattito in merito alla natura giuridica dell’azienda, che vede contrapposte da un lato le cosiddette teorie universalistiche26 , e dall’altro quelle atomistiche27

. In particolare si parla di azienda ora come universalità di fatto, ora come universalità di diritto: più

in Filodiritto, http://www.filodiritto.com/, 2012, p. 1.

25

A. BONINO, Le Successioni, 2014, Santarcangelo di Romagna, (RV), p. 56.

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CASANOVA, Le imprese commerciali, Torino, 1955, p. 280; GALAGANO, Diritto commerciale. L’imprenditore, Bologna, 1991, p. 66 ss.; MINERVINI, Nuove riflessioni sulla crisi d’impresa, in Giur.

Comm., 1977, 689 ss. I sostenitori di tale tesi ritengono che l’azienda

costituisca un bene autonomo, distinto rispetto ai singoli beni, i quali perdono la propria individualità a vantaggio dell’unitarietà della loro destinazione: l’azienda costituisce pertanto una universitas e va a formare un complesso di beni che conservano una loro identità, unificati in vista di una particolare destinazione. In tal senso l’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come un complesso di beni; l’art. 2556 c.c. che richiama una nozione unitaria di azienda, quando fa riferimento a contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento.

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LA LUMIA, Teoria giuridica dell’azienda commerciale, in Riv. Dir.

Comm., 1940, I, 413; FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino,

1955, 100 ss. In base alla c.d. teoria atomistica, l’azienda è considerata come una pluralità di beni, collegati alla persona dell’imprenditore in forza di diritti eventualmente diversi (proprietà, diritti reali limitati, diritti personali di godimento) e tra loro in fatto coordinati per l’esercizio dell’attività d’impresa. I sostenitori di tale tesi ritengono che il complesso aziendale non costituisca un bene autonomo, anche in ragione dell’art. 2556 c.c., che prevede che il trasferimento dei beni che fanno parte del complesso aziendale deve avvenire secondo quanto previsto, in via generale, dalla legge per il trasferimento di ciascuno di essi; in sostanza, poiché manca una legge di circolazione unitaria dell’azienda, i sostenitori di tale teoria ritengono di non poter considerare il complesso dei beni costituenti l’azienda come un bene autonomo.

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precisamente nel primo caso si ritiene non possano rientrare nel concetto di bene aziendale di cui all’art. 2555 c.c. i contratti, i debiti e i crediti concernenti l’azienda (c.d. universitas rerum o facti).

Diversamente, rientrano nell’azienda come un’universalità di diritto i beni, ma anche i contratti, i debiti e crediti (c.d. universitas iuris).

L’espressione “ramo di azienda” rimanda invece a quanto disposto dal d. Lgs. 18/2001: l’art.1 del decreto in esame ha dettato un nuovo comma 5° dell’art. 2112 c.c., in cui si è stabilito che si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compreso l’usufrutto o l’affitto di azienda.

Ancora, le disposizioni di cui all’art. 2112 c.c. quinto comma, si applicheranno altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata ai sensi del presente comma,

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preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità.

Nell’ipotesi in cui il titolare sia coniugato in regime di comunione legale, ma eserciti da solo l’attività di impresa, si rimanda a quanto disposto invece dall’art. 178 c.c., in virtù del quale l'azienda rientrerà nel regime della comunione de residuo, e l'imprenditore potrà disporne liberamente anche senza il consenso del coniuge28.

In presenza di un’azienda coniugale, diversamente, così come da previsione normativa29, la qualifica di imprenditori spetterà ad entrambi i coniugi, i quali dovranno quindi partecipare congiuntamente all’ atto di cessione (salva la disciplina degli artt. 180 e 184 c.c.).

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Così come previsto dall’art. 178 c.c., i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.; cfr. G. PETRELLI, La nuova disciplina del

patto di famiglia, in Riv. not., 2006, p.14.;

29 E’ opportuno fare riferimento all’art. 177 c.c., secondo cui

costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati ; d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.

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2.2. Il diritto oggetto del trasferimento e altri diritti reali di