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Il giovane sacerdote pur ammettendo un suo interiore stato di non rassegnazione e quindi diremmo di inquietudine, riferisce di essersi recato dal cardinale Richelmy in orari un po’ difficili ma abbastanza stringenti per lui e di aver incontrato la solita affabilità. Inoltre da questa missiva apprendiamo che a Torino viveva il fratello di Bassani e che lo stesso Marella ne frequentava la famiglia.
Il 7 settembre del 1908 ad un anno dalla promulgazione dell’Enciclica Pascendi il vescovo di Chioggia, come da volere di Pio X, invia una relazione della diocesi sull’andamento della medesima in merito alla diffusione delle idee moderniste. Il testo, riportato per intero in appendice, pur riconoscendo le qualità sacerdotali di Marella riferisce per intero dei sospetti sulla sua persona che erano già stati evidenziati nel Consiglio di Vigilanza. È superfluo dire che ciò apre un varco tra Roma e il sacerdote che come vedremo sarà difficile da sanare.
Il 17 ottobre il teologo don Carlo Franco risponde all’ultima di Bassani con l’indicazione in oggetto Riservata:
“CURIA ARCIVESCOVILE TORINO
Torino, 17 ottobre 1908
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N° 39 Eccellenza Rev.ma,
non ho dimenticato il sacerdote Dott. Marella, secondo precedenti raccomandazioni dell’E. V., sono lieto significarle che le cose vanno bene. Le mie notizie si restringono alla sua vita nell’ospedale a cui è addetto, non avendo potuto trovar modo di osservarlo o farlo osservare anche fuori; ma sento tanto bene dire di lui e dalle Suore e dai Superiori militari (tra i quali ve n’è di veramente buoni cristiani) e da altre persone che frequentano là, da poter prudentemente argomentare che il predetto si diporti da per tutto in modo conveniente alla sua dignità sacerdotale. Mi si dice che celebra bene la S. Messa e prega, che recita l’ufficio anche senza rossore nella stanza del suo impiego; in una circostanza dolorosa per cui il cappellano dell’ospedale diede un grave scandalo e lasciò il posto; ebbe particolare cura degli infermi; quanto poi al sacramento della penitenza ritengo che vi ricorra per ordinario presso i religiosi francescani, e so per certo che fece pure ricorso talvolta ad un prete della Missione, da lui conosciuto nell’ospedale stesso dove questo suol recarsi per le figlie della carità.
Non posso poi darle notizia alcuna in circa le idee del medesimo, né circa quanto V. E. mi pregava nell’ultima sua. Trovai un’occasione di avvicinarlo alcuni istanti in cui si parlò di cose dell’Ospedale, né potei avere altra occasione. Mi espresse allora il suo rincrescimento perché le ore di uscita che egli ha non coincidono con quelle in cui si trova in casa l’Em. Card. Arcivescovo, che avrebbe voluto visitare e mi sono formato il concetto che il D. Marella sta anche un poco a sé o perlomeno un po’ timido.
Eccole quanto ho sentito dovere significare a V. E. dolente non possa corrispondere appieno a quanto Le interessava di conoscere. Se però potessi in avvenire aver qualche altra notizia non mancherei di comunicargliela.
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Intanto mi reco onore umiliarle i miei ossequi mentre le bacio con venerazione il Sacro Anello e mi professo, raccomandandomi alle sue orazioni.
Dev.mo servitore in G. C. T. Carlo Franco”241
Per Torino la questione è chiusa. Il dott. Marella sarà pure un po’ timido ma prega in ufficio davanti ai colleghi senza “rossore”, si confessa dai francescani e da un missionario della Consolata, celebra con fedeltà, gode di buonissima fama, e dulcis in
fundo ha pure sanato una situazione scandalosa. Per il teologo Franco non c’è motivo di
dubitare e l’approfondimento richiesto sulle idee moderniste, di fatto, non è stato ritenuto necessario.
Eppure Bassani il 1 gennaio del 1909 scrive nuovamente al giovane Marella informandolo su alcune decisioni prese da Sommo Pontefice:
“CURIA VESCOVILE CHIOGGIA
Chioggia, 1 gennaio 1909
241
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Al molto Rev.do d. Olinto Dr. Marella
Nei passati giorni ho ricevuto dalle mani di suo fratello la sua gentilissima lettera, della quale La ringrazio con tutto il cuore. Quella lettera mi induce ad aprirle finalmente una piaga che porto nel cuore fin dalla sera del 10 passato settembre, in cui ebbi udienza dal S. Padre. Ella sa quanto il Le voglio di bene e si immagini perciò la ripugnanza che io sento nel doverle annunciare che una delle prime cose dettami dal Papa fu l’intimazione di escludere il Prof. Marella nel mio Seminario, perché sospetto almeno di simpatia per i modernisti. Mi permetta che Le dica tutto. Trovai il S. Padre perfettamente conscio di cose che nel passato io non conosceva; il Papa sa che: I) mentre ella era Roma aveva fama di modernista; II) che ella aveva copia di periodici modernistici e dei libri della Giacomelli; III) che ella professava simpatia per Semeria, Fogazzaro e per i Barnabiti; IV) che durante le vacanze autunnali andato con alquanti giovanetti a Vicenza, ebbe accoglienza simpaticissima presso la Giacomelli, riportandone notizia il
Gazzettino di Venezia; V) che in iscuola non disse mai una parola di
disapprovazione contro il modernismo; VI) che qualche frase detta durante l’insegnamento, dava troppo da dubitare.
Posso assicurarLa in coscienza che tali denunzie non provengono da Pellestrina: nessuno, affatto della sua patria c’entra in essa. Le persone però che hanno riferito non mettono dubbio intorno alle accuse; e perciò mio carissimo D. Olinto, ella colla solita sua franchezza che Le permette di nascondere neppure il male, confessando la verità delle sue esposte accuse si accordi col suo vescovo che le è padre e che l’ama assai a mettere rimedio al passato.
Ha parlato il Vicario di G. C. che ha condannato il Modernismo quale una sintesi di tutte le eresie, e noi dobbiamo accogliere la parola del Papa colla cieca riverenza di cattolici e di sacerdoti. È un Papa che La conosce personalmente e che, come certo ricorda mi aveva dato il permesso di riceverlo professore in Seminario; a lui carissimo D. Olinto,
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conviene che ci rivolgiamo e che gli facciamo una bella aperta illimitata professione di fede cattolica condannando senza eccezioni la dottrina che egli ha condannato.
E il mezzo per arrivare sino al Pontefice? Chi sarà l’intermediario? Ci ho pensato e senta bene: da codesto Em.mo Arcivescovo ebbi replicatamente le più consolanti notizie intorno alla sua condotta, e ne rimasi col cuore pieno di gioia. L’arcivescovo la stima perché sa il bene che ha fatto in Ospitale. Io pertanto La consiglio e La prego di presentarsi a S. Em. con questa mia, di fargliela leggere e di pregarLa anche a mio nome di interporsi presso l’aug. Pontefice perché si degni di accettare l’atto della sua piena e totale sottomissione. Ella carissimo D. Olinto, ne sarà poi ben felice e contento. Fatto questo passo presso l’Arcivescovo, mi scriva subito, mi dica tutto, e per carità non deliberi alcuna senza consigliarsi da buon figliuolo con Sua Eminenza e con me. Le mando una benedizione specialissima e mi dichiaro sempre aff.mo.
† Antonio vesc.
Presso la famiglia Regge Via Mazzini 24 Torino
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In data 21 genn. Lo ho eccitato a rispondere.”242
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In Corpus Positiorum, vol. V, p. 1450-1451. Non potendo dedicare a Semeria uno spazio ampio in questo studio mi permetto di indicare uno scritto particolarmente significativo riguardante il rapporto con il Pontefice Pio X che evidenzia in una forma particolarmente chiara il temperamento del papa Sarto e l’attenzione alla questione modernista attraverso però una fonte di prima mano: “Sentii di nuovo Cristo quando mi trovai davanti al papa che mi fece subito sedere. Sul suo volto era dipinta la bontà; e in certi momenti della conversazione sentii il fondo di un’anima evangelica. Per esserlo intieramente papa Pio X avrebbe avuto bisogno di una maggiore cultura scientifica moderna e di un concetto meno fiero della sua autorità…poniamo anche dei doveri della sua autorità. Mi disse in latino: Unde venis? […] Soggiunsi che andavo a Catania a predicare. E il papa in Veneto mi ammonì scherzosamente di non far prediche sul Santo! Mi ci attendevo. Il papa era indisposto contro il libro del Fogazzaro e le conferenze che io avevo fatto a Genova e Bologna. Spiegai che le mie erano state conferenze non prediche e soggiunsi che distinguevo tra le une e le altre: nella predica mi sento rappresentate delle Chiesa, in una conferenza parlo come individuo, con maggior libertà. Il papa non insistette […]. La giustificazione delle mie letture sul Santo […] mi portano ad osservare o insinuare che le buone cose nel Santo non mancano; il papa ne conviene anzi osserva che a prendere qua e là dei tratti sparsi si può mettere insieme una immagine passabile, soggiunse però che del buono così se ne può trovare anche nel diavolo. […] Non ricordo più bene e precisamente come il discorso venne poi sul popolo e allora il papa mi parlò della carità che noi si deve avere con i poveri: l’accento suo fu di nuovo veramente evangelico e commovente. Rammentò con insistenza compiacente la carità che durante il suo ministero parrocchiale aveva visto esercitare dai ricchi, anzi più precisamente da un ricco ebreo…migliore (soggiunse testualmente) di tanti cristiani. Mi permisi di riflettere che il popolo ha anche dei diritti da far valere e il papa approvò”. In G. SEMERIA, Anni terribili. Memorie inedite di un modernista ortodosso (1903-1913), a cura di A. GENTILI e A. ZAMBARBIERI, Cinisello Balsamo 2008, p. 107. Cfr. A. GENTILI e A. ZAMBARBIERI, Il
caso Semeria, in Fonti e Documenti, n. 4, Urbino, 1975, p. 81 dove, tra l’altro, viene riportato questo dialogo tra i
due uomini di chiesa: «Il barnabita ne apprese la notizia da Minocchi, in Russia: “Chi han fatto papa?” domandò. “Sarto, rispose Minocchi, con il nome di Pio X”. “Un reazionario! Siamo fritti!”». P. Semeria fu senz’altro il barnabita più noto a restare coinvolto nella crisi modernista, ma diversi altri suoi dotti confratelli furono investiti - anche solo marginalmente - dalle polemiche di quegli anni. Ricordo qui soltanto alcuni nomi: p. Paolo Savi; p. Alessandro Ghignoni (1857 – 1924) p. Pietro Gazzola (1856 – 1915), parroco della Chiesa di S. Alessandro Sauli a Milano; p. Giuseppe Trinchero (1875 - 1936); p. L. De Feis; p. Domenico Bassi (1875 - 1940). Cfr. in proposito G. SCALESE, Il rosminianesimo nell’Ordine dei Barnabiti, In “Barnabiti Studi” 7 (1990), pp. 67 – 136 e 8 (1991) pp. 55 – 148. Anche S. PAGANO, Barnabiti corrispondenti di G. B. de Rossi, in “Barnabiti Studi”, n. 5 (1988) pp
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Certamente in questa circostanza Bassani esprime il suo affetto evidentemente sincero verso Marella ma nel confronto con le carte in possesso possiamo esprimere alcune valutazioni in merito a qualche considerazione che il vescovo manifesta. L’incontro tra Bassani e Pio X avviene, da come ci dice la lettera, il 10 settembre del 1908 e riferisce di aver trovato un Pontefice molto informato sui fatti che riguardavano Marella e che gli informatori non erano da cercare in patria (Pellestrina) ma fuori. Sappiamo però che il consiglio di vigilanza si era tenuto a Chioggia il 1 giugno del 1908 come pure la relazione voluta dallo stesso Pontefice partita da Chioggia portava la data del 7 settembre 1908. In entrambi i documenti si parla in maniera esplicita di Marella e delle sue simpatie moderniste come pure delle sue frequentazioni della Giacomelli e degli abbonamenti a Riviste eterodosse e sospette. Il sistema di informatori messo a punto
273 – 314; A.M. CAMICI, Una vita inquieta, alla ricerca della profondità: il p. Giuseppe Trinchero (1875-1936), in “Barnabiti Studi”, 16 (1999), pp. 327- 354. Nel 1897, p. Semeria fondò, con p. Alessandro Ghignoni , la “Scuola superiore di religione per lo studio e la divulgazione della storia e del pensiero cristiano”, presso il circolo giovanile genovese Beato (Santo dal 1904) Alessandro Sauli, fondato da p. Francesco Parisi (di questo circolo Semeria diverrà direttore nel 1904). La Scuola, istituita per i giovani “di istituti superiori”, voleva rispondere agli interrogativi di coloro che “sentivano una sproporzione strana, molesta, tra la loro cultura e la loro fede.” In G. SEMERIA, la Scuola Superiore di Religione in Genova. In “Strenna del Circolo educativo B. Alessandro Sauli.” Genova, 1900, p. 55.
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dal papa Sarto poteva accedere a queste informazioni in maniera molto celere e immediata, resta però il fatto che le informazioni partivano però dalla cosiddetta patria e quindi excusatio non petita, accusatio manifesta! Sulla posizione romana avremo modo di vedere più avanti la consistenza del dossier Marella proprio alla luce della pubblicazione dell’Archivio Segreto di Pio X e certamente sull’episodio dell’accoglienza in casa dello scomunicato vitando Murri. Bassani avendo recepito dal tenore delle missive del teologo Franco una certa benevolenza da parte del porporato Richelmy nei confronti di Marella suggerisce a quest’ultimo di chiedere proprio a Sua Em.za di fare da intercessore e mediatore presso il Pontefice presentando la sua stessa lettera.
A fine gennaio arriva la risposta di Marella: “In data 21/1/1909 - Invitato a rispondere.
Torino 25 gennaio 1909 Eccellenza ,
il mio primo pensiero era stato quello di esprimere con poche righe a V. E. la mia gratitudine filiale per il fatto e l'amorevolezza con cui ha voluto anche questa volta dimostrare il suo cuore paterno così da consolarmi un po' del dolore nuovo e profondo quanto altro mai.
Al contenuto della lettera del l o gennaio volevo riservarmi di rispondere con calma come esigeva la gravità dell'argomento. Ma mi doleva l'animo di lasciare così nell'ansietà il suo animo di padre che soffre per me e con me. Non mi pare di poter farne a meno di esaminare
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più accuratamente me stesso : ho voluto quindi appartarmi da questo frastuono, che mi rintrona l'anima - ho voluto consigliarmi con chi mi ha diretto nei passi più critici della mia vita spirituale, ho voluto pregare affinché questa risposta non rischiasse d'essere il risultato di subitanea e superficiale emozione, senza corrispondere poi a veri ed intimi sentimenti e al proposito fermo della volontà . Volevo ancora attendere dopo averla buttata giù, una parola di persona carissima che mi conosce intimamente : ma poiché V. E. è troppo ansioso nell'attesa rompo gli indugi .
Ebbene, Eccellenza, io accetto con animo sereno e con rassegnazione cristiana
la misura che mi colpisce per volere della suprema autorità ecclesiastica e prometto, come ho promesso davanti a Dio, di non ribellarmi a quella guida che Cristo ci assegna quaggiù nella sua Chiesa. E nell'autorità ad esso proposte , considerando, aldilà delle persone e delle contingenze umane, l'azione misteriosa della Sua Provvidenza, che dirige e conduce alla meta il suo gregge. Così potrò ottenere, spero, che il Signore benedica quel po' di bene, che cercherò di fare per la Sua gloria attorno a me.
Non mi permetto neanche di sentire i capi d'accusa da V. E. indicatami specialmente per questi motivi . Per un doveroso senso di rispetto all'autorità del S. P. o di chi per esso li ha formulati, poiché egli vi ha già dato un valore tale, che ha determinato a imporre a V. E. a mio riguardo la misura annunciatami. E mai, penso, se in tempo di epidemie chi è fatto segno a misure d'isolamento cercasse per tutte le vie dritte o traverse di sottrarsene sia pure con la convinzione della sua immunità dal contagio che serpeggia. Il più elementare dovere verso la salute pubblica lo obbligherebbe, finché lo stato anormale dura, a sottoporsi a queste misure e a non contribuire a scuotere il prestigio dell'autorità che lo prende, offrendo così il destro a sottrarsene anche chi in realtà ne fosse affetto . Tale è proprio il caso che da quanto V. E. mi espone dal
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contenuto dell’enciclica Pascendi, mi sembra che il carattere della misura mi riguardi sia preservativo ancor più che afflittivo, non potrei addurre per lamentarmene o per evitare quantunque essa mi arrechi profondo dolore; altro che argomenti riguardanti alla mia persona, la quale in così tanto momento non conta nulla ! Mi pare sia ancora volta di applicare a sé, se si è animati da un po' di spirito di
abnegazione cristiana, quel detto tanto tormentato espiazione di San Paolo il cui senso è pressappoco questo : Optavi anathema esse pro
fratribus meis. Io mi ero messo con tutto l'impegno, e V E. lo sa,
all'insegnamento affidatomi per contribuire come potevo alla formazione dei preti utili alla causa di Cristo.
Ma poiché v'è il timore che la mia azione potesse essere invece dannosa, certo, ma inconsapevole, accetto con animo filiale di essere allontanato io, causa pur involontaria o solo possibile del male. Mi propongo anche di riparare come posso presso quelli che ebbi discepoli nella facoltà teologica qualche cosa mai poté in alcuno di loro produrre cattiva impressione che non osarono forse farmi risaltare... con la mia insistenza profferta.
Se potrò fare un po' di bene in qualche altro modo, più utile e magari totalmente diverso da ogni progetto fatto da me con occhio troppo umano, non importa, sia fatta la volontà del Signore. Mi sorrideva l'idea che l'affetto di mia madre e quello degli amici, che la scuola mi avrebbe anno per anno recato gioia e sarebbe stata la più preziosa tra le consolazioni umane nella mia vita sacerdotale. L'uno e l'altro mi sono tolti per vie diverse e dolorose, ma nelle quali devo scorgere la mano di Dio: ebbene sia fatta la Sua volontà. Mi rimane quello dei poveri ragazzi che dopo un anno di lontananza mi amano ancora come un fratello. Vorrà anche questo da me in sacrificio il Signore?
V E. mi dispensi dunque, la prego, dal frapporre interventi per dissuadere il Santo Padre dalla misura deliberata tanto più che se ragioni d'indole dirò così, personali come giustamente mi accenna V E. vi
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fossero state, le quali avrebbero potuto determinarle altrimenti, esse devono essere state vagliate da Lui e devono aver ceduto a quello imprescindibile dell'interesse della Chiesa.
Del resto ancor per assurda ipotesi potesse con il beneplacito di S.S. Pio X venirmi di nuovo affidato l'incarico, che ora mi si vuoi tolto, oltre a tutte le preoccupazioni che V. E. avrebbe anche per causa mia, rimarrebbe certo il fatto che il mio insegnamento sarebbe considerato con molta diffidenza, e questa condizione di cose lo renderebbe indubbiamente meno buono da parte mia, poiché forse, anzi senza forse io non sarei capace di adempiere come credo sia dovere a l'incarico di cooperare alla formazione delle intelligenze qual’é quello di qualunque maestro senza la certezza di quella fiducia che sorregge in tutte le difficoltà; con la certezza invece della diffidenza che deprime e distrugge qualunque iniziativa, figurarsi questa così delicata. Analogamente può dirsi per quel che riguarda la scolaresca il cui profitto sarebbe così molto problematico . Ho infatti potuto constatare più volte che solo la sicurezza della fiducia piena di V E. mio superiore a quelle fondamenti presunto dei giovani mi ha sorretto nel poco tempo che ho tenuto l'insegnamento.
In ogni modo son disposto a dare a V E. le spiegazioni più confidenziali che al suo cuore paterno potrà essere grato avere da me, per qualunque motivo. Intanto mi preme che non tardi a giungere costà questa mia, affinché Lei possa essere sicuro di avermi sempre come figlio affezionato, fiducioso nella sua paterna carità e pronto a qualunque sacrificio mi imponga l'amore e la fedeltà a Cristo e alla Chiesa.
Chiudo senza chiedere a V. E. quale della Sua carità, una preghiera a Dio per me, mentre bacio la mano, che sono sicuro mi benedica con ogni augurio.
Sacerdote Olinto Marella Torino 25 gennaio 1909
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Festa della conversione di S. Paolo”243
In Marella si rinnova un dolore “nuovo e profondo quanto altri mai” come lui stesso scrive all’inizio della lettera. Non nasconde che ha desiderato prendere il giusto tempo prima di rispondere, e che, come apprendiamo dall’invito reiterato, ha dovuto farlo. Ma “poiché V. E. è troppo ansiosa nell’attesa”, sottolinea con poca diplomazia, “rompo gli indugi”. Il giovane sacerdote accetta con rassegnazione cristiana la misura disciplinare che gli è stata impartita e promette di non discutere nemmeno i capi d’accusa, anche se si lascia scappare una considerazione in merito a chi eventualmente abbia suggerito al S. Padre un intervento di questo tipo. In tempo di epidemie – scrive Marella – chi è fatto segno a misure precauzionali d’isolamento anche se convinto di essere sano, deve obbedire alle prescrizioni. È lui stesso che riflette con Bassani sul carattere preservativo