Volersi bene di cuore
E DEL F ONDATORE
G. Siamo divenuti in Cristo un unico popolo, anzi un solo corpo.
Dobbiamo amare la diversità: ma solo nell’umiltà c’è possibilità d’incontro.
2L. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 9-21 Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profe-zia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l’insegnamento, all’in-segnamento; chi la esortazione, all’esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligen-za; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.
La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazio-ne, perseveranti nella preghiera, solleciti per la necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che
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sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi.
Non rendete a nessuno male per male. Cercate di com-piere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono Io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.
Parola di Dio.
S
EQUENZA (a cori alterni)Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e can-tici. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode.
Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito.
Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l’antico è giunto a termine.
Cede al nuovo il rito antico, a realtà disperde l’ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo.
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Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti con-ferma, oltre la natura.
È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo inte-ro in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve.
Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consuma-to. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comu-nione ben diverso è l’esito!
Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell’intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona.
T. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev’essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell’agnello della Pasqua, nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, con-duci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.
Pausa di silenzio.
G. Ubbidire alla nuova legge evangelica dell’amore significa sco-prire che l’evento del Cristo uomo-Dio, crocifisso per noi e per noi risorto a vita nuova, è presenza posta per sempre tra me e l’altro come chiave di una nuova comprensione di ogni rapporto umano.
Tra me e l’altro c’è sempre l’Altro, l’uomo-Dio, il Salvatore fatto per noi maledizione, che ci ha guariti con le sue piaghe.
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CANTICO 1 Pt 2, 21-24 (a più solisti)
* Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme:
* egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca;
* oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta,
* ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giusti-zia.
T. Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato vivessimo per la giustizia, dalle sue piaghe siamo stati guariti Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo….
G. Il nostro santo Fondatore ci ha invitati a vivere sull’esempio della sacra Famiglia di Nazareth e a guardare alla Trinità come al modello supremo e alla fonte della vera comunione fraterna. Ma quali sono le virtù che caratterizzano una comunità che si model-li sulla sacra Famigmodel-lia? Come volersi bene, perché si possa dire che ci vogliamo bene come essi si amavano? Il nostro Fondatore ci porge il suo insegnamento, ricco di pedagogia evangelica.
Ascoltiamo.
3L. Da «Massime di spirito e metodo di azione» di don Luigi Guanella
“I membri della Piccola Casa convivono fra di loro a somiglianza della sacra Famiglia di Gesù, di Maria, di Giuseppe. Si vogliono bene di cuore e si trattano con molta dolcezza di cuore. Chi comanda, piuttosto che comandare deve pregare, e quelli che obbediscono, piut-tosto che obbedire con timore di servi devono muoversi con allegrezza di figli affettuosi. Tutti devono avere sotto gli occhi quell’esemplare di soavità che è il nostro divin
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Salvatore in atto che parla: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore». Per essere mite bisogna posse-dere in copia la santa pazienza cristiana; per essere umile di cuore ci vuole in copia affetto di santità. Ogni mem-bro della famiglia deve correggere quanto più il caratte-re suo e in tutto adattarsi ad un tratto semplice e spiglia-to e allegro, sì che tutti ne abbiano ammirazione, conten-to e buon esempio”.
(SpC, 28-29, Massime di spirito....1888-1889)
Spazio di meditazione personale Canto:
Amatevi fratelli come io ho amato voi
LA PAROLA SI FA PREGHIERA E MISSIONE