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C ONFRONTO TRA L’ORFANO FORTUNATO E LE COMMEDIE

TERZO ESEMPIO: L’ORFANO RICONOSCIUTO

2. C ONFRONTO TRA L’ORFANO FORTUNATO E LE COMMEDIE

talmente la ragione, che non posso render conto de’ miei trasporti … Mylord, gli

disse Sofia vieppiù

spaventata, non sò capire ciò che vi diciate …

Permettetemi dunque,

rispose Milord, che quì a vostri piedi io vi sveli il mio cuore, che vi palesi la violenza del mio amore, da cui mi sento portato pur

troppo fino al furore.

Adorabile Sofia! Con qual

linguaggio potrò mai

esprimervi l’eccesso della mia passione!

Vi giuro, Mylord, disse

Sofia facendo moto di

sortire, ch’io non

v’ascolterò più … Nò, Madama, replicò Fellamar, nò crudele, non sperate di lasciarmi così. Se sapeste la metà sola de’ miei mali,

sono sicuro, che ne

concepireste pietà.

modo di senno, che non so dove mi sia, né cosa mi faccia.

Non vi intendo, replicò ella;

e l’altro: permettete

dunque, che quì a piedi vostri vi disveli il mio cuore; dicendovi, che io

muoio per voi. Sofia

stimatissima, qual lingua mai può dipingervi al vivo la mia amorosa passione?

Quì Sofia ripetè: vi dico,

Signore, che non vi

intendo; e fece cenno

d’andarsene; ma la trattenne Milord; soggiungendo: Nò, crudele, non isperate di lasciarmi così.

medesime giustificano la mia condotta; e compatirmi dovete le conseguenze d’un male, di cui voi sola siete cagione.

Sof. Milord, a parole, che

non intendo, non posso dare altra risposta che questa.

In atto di ritirarsi Fell. No, crudele, non

isperate di lasciarmi così.

La prende per la mano senza violenza

2. C

ONFRONTO TRA

L’ORFANO FORTUNATO E LE COMMEDIE

COMMEDIA

Fol. La risposta, Signore, poteva essere più breve, e

più giudiziosa, A’ Parenti, tocca, A’ Parenti, e non ai figliuoli, tocca di giudicare quel partito ad essi convenga. Quanto a me, intendo che mia figliuola debba ubbedirmi, e m’ubbedirà.. Se poi qualcuno fosse di sì cattivo gusto, che, trattandosi d’una tal moglie, esitasse un momento, io gli sono umilissimo servitore, e basta così.

L’Orfano perseguitato (IV-2, pp. 162).

ROMANZO

La risposta sconcertò Western, che si persuadeva di ritrovare in lui maggior impazienza. Il dubbio toccante l’inclinazione scambievole degli Sposi gli parve sopra tutto ridicolo. A Parenti, disse egli, tocca di giudicare qual partito più convenga a figliuoli. Quanto a me, intendo che mia figlia debba ubbidirmi; e se vi fosse qualcuno di si cattivo gusto, che punto esitasse a prendere una moglie, qual è Sofia, io gli sono umilissimo servitore; e non ne parlo d’avvantaggio.

L’Orfano fortunato (tomo I, libro VI, cap. I, p. 139). Mad. Quanto fortunatamente, Signore, in questo

luogo io v’incontro. Rammentandomi egli il rischio che quì corso avete in grazia mia, mi rammenta l’obbligazione in cui sono d’esservi serva.

Jon Ah! Madamigella, perché mai non fu mai

questo canale più profondo e più rapido che in esso spenta avrei la mia vita, e saziato il mio crudele destino.

Sofia guardando il Canale rammentò a Tommaso il rischio che in esso passato avea.

Ah! Madama, egli allora esclamò, perché mai questo canale non fu più ratto, e profondo, che in esso saziato avrei il mio cridele destino!

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Mad. Questo disprezzo della vita, è un eccesso di

compiacenza in mio pro: ma se spezzarvi fa una cosa a me cara, questa compiacenza m’offende.

L’Orfano perseguitato (IV-4 p. 165).

Che mi dite mai? Gli rispose Sofia, Sono queste cose neppur da pensarsi? Questo disprezzo della vita è senza dubbio un eccesso della vostra compiacenza in pro mio.

L’Orfano fortunato (tomo I, libro V, cap. IV p. 125). Mad. Presto, cara Nipote, presto. Ci vuol altro

adesso, che passeggiare al fresco in giardino. Fatevi rassettare il capo; andate a mettervi indosso il più bello de’ vostri vestiti … Oh, grand donna son io! Ho scoperto il cuor vostro, vi ho servita da madre: avanti notte sarete contenta; e confesserete che io v’amo.

Madamig. Come, Madama, che vuol dire questo? Mad. Oh! Povera semplicetta! Anche con vostra Zia

vorreste fare la ritrosa? Se la fate con vostro Padre, pazienza … ma meco? … meco? … Cara la mia Nipote, è troppo che sono al mondo, e fui allevata alla Corte. Il vostro genio m’è noto; e non arrossite, perché ne appruovo la scelta. Anche vostro Padre l’appruova; l’appruova il Castellano medesimo; ed ecco il biglietto con cui ne dà a mio fratello nuova. Affrettatevi, vi dico, affrettatevi. Egli sarà da voi questa sera. Il Castellano, e vostro Padre hanno stabilito così.

L’Orfano perseguitato (IV-5, pp. 167-8).

Presto, gridò ella avanzando, presto, Nipote. Ci vuol altro adesso, che leggere. Fatevi acconciare la testa, fatevi vestire al più presto, e quel meglio che si può. Oh! Gran donna son io! Ho scoperto tutto. Vi ho servita da madre. Oggi dopo il pranzo sarete contenta. Vedete se v’amo.

E che Madama? Le rispose Sofia confusa e attonita.

Oh! Povera innocentina! Replicò l’altra: anche con vostra Zia vorreste fare la ritrosa? Se lo fate con vostro Padre pazienza! Ma meco? Meco? … è troppo, che io sono al mondo, cara la mia Nipote: io vi ho letto, e vi leggo nel fondo del cuore. M’è noto il vostro Tiranno, non ne arrossite, figliuola, poiché appruovo la vostra scelta, e l’appruova vostro Padre altresì, che ne fu istruito da me. Il Castellano è d’accordo con noi, ne si oppone alle vostre fiamme. Che? Ancora arrossite? Non mi rispondete ancora? Coraggio vi dico, affrettatevi. Egli sarà quì, dopo pranzo. Alworthy, e vostro Padre hanno stabilito così.

L’Orfano fortunato (tomo I, libro VI, cap. II, pp.

141-2).

Alb. Mio Nipote vi diede questi ordini? E perché? Dol. Per secondare le vostre intenzioni medesime. Alb. Non parlereste così, se sapeste chi è Jones, e chi

son io.

Dol. Io so, Signore, che Jones è vostro Nipote; ma

mostrar io non dovea di sapere un segreto da voi sì gelosamente guardato.

Alb. Come? Lo sapevate anche voi?

Dol. L’ho saputo da vostra Sorella. Otto giorni fa,

pria che morisse, mel confidò, consegnandomi quella lettera che vi recai in persona al vostro Castello, in cui lo svelava a voi stesso.

Alb. Che lettera? … Non ne so nulla.

Dol. Quella lettera, che lascai in mano di Bigot,

vostro Nipote, perché quando giunsi, eravate indisposto. Questa mattina al suo arrivo egli m’ha detto che ve l’ha consegnata; ma che voi, per riputazione di vostra Sorella, ne volevate perduta persin la memoria.

L’Orfano riconosciuto (IV-7, pp. 394-5).

Ah! Signore, ripigliò l’altro, non crediate che abbia perciò voluto indurli a sostenere qualche menzogna. Assicuratevi, che l’ho fatto semplicemente, per secondare le vostre intenzioni.

Non l’avreste fatto, sclamò allora il Gentiluomo alzando da padrone la voce, nò che non l’avreste fatto se noto vi fosse, che Tommaso è mio Nipote. Vedete bene, replicò Dowling, io non dovea mostrar di sapere una cosa, che voi tenevate sì gelosamente celata.

Come? Tornò a dire Alworthì; sapevate voi questo arcano? Se mi comandate, che parlì, soggiunse il Procuratore, vi dirò tutto. Sì Signore, sò già da gran tempo, che Tommaso è vostro Nipote. L’ho saputo da Madama vostra Sorella; e fu questa l’ultima cosa che mi disse quando, essendo presso a morire, mi consegno quella lettera, che in nome suo vi portai. Che lettera? Replicò il Gentiluomo; Non ne sò nulla. Quella lettera, disse l’altro, che lasciai in mano di Blifil; acciocchè la rimettesse nelle vostre, quando la nuova gli recai che era morta sua madre.

L’Orfano fortunato (tomo IV, libro XVIII, cap. VII,

pp. 146-7).

Big. Eccomi, Signore, a’ vostri comandi.

Alb. Al mio ritorno sia pronta la lettera scrittami da

vostra Madre pria di morire, che voglio vederla.

Sentendo Blifil arrivar la Lettica calò in fretta dabbasso per accompagnare il Zio, lo che solea fare ordinariamente. Alworthy per quanto gli dicesse,

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Parte. Big. Ah! Destin maledetto! Io son perduto:

Agli iniqui il destin non porge aiuto.

L’Orfano riconosciuto (IV-8, p. 395).

non gli diè mai risposta; senon quando montò; poiché allora dopo un’occhiata capace d’atterrire un Malandrino: Signore, gli disse, che al mio ritorno sia pronta la lettera scrittami da vostra Madre, pria che morisse.

L’Orfano fortunato (tomo IV, libro XVIII, cap. VII,

p. 150).

Alb. Ah! Nipote mio, mio figliuolo amatissimo …

Di qual ingiustizia son reo! … Di quante disavventure! … Meschino me! … vi sono io stata la cagione … Come, figliuolo mio, vi risarcirò d’un tal danno?

Jon. Questo felice momento; quella tenerezza vostra;

queste vostre dirottissime lacrime, m’hanno già risarcito abbastanza … Son io pure a’ pie’ vostri? … Voi ancora m’amate? … Io bacio pur di bel nuovo questa mano benefica.

Alb. No, figlio mio, che questa mano vi fu troppo

crudele; ed io vi fu più tiranno, che padre. Bigot m’ingannò, mi tradì vostra Madre; ma io solo, io più di loro due sono colpevole.

Jon. Deh, tacete, caro Padre mio; che in bocca

vostra suonano troppo male le accuse. Milladì Bellamin tutto m’ha detto. Il più saggio fra tutti gli Uomini caduto saria in quelle reti; e ad onta delle collere vostre, ho pur io sperimentate le vostre bontà. Non isvegliate, vi supplico, in così dolci momenti i miei rimorsi amarissimi; perché i castighi vostri non furono che troppo inferiori a’ miei mancamenti. Se qualche cosa ho sofferto, benedette pur sieno le mie vicende, che m’hanno reso di voi più degno, facendomi diverso da me medesimo.

L’Orfano riconosciuto (V-4, pp. 400-1).

[…] figlio mio, si pose a sclamare, mio figliuolo amatissimo, di quale ingiustizia son reo: di quante disavventure ne son io stato cagione? Come potrò mai risarcirvi d’un tanto danno?

Questo felice istante, replicò Tommaso, me ne risarcisce abbastanza; e tutto cancella dall’animo mio. Zio dilettisimo la tenerezza vostra mi trasporta, e mi opprime. Son io pure a pie’ vostri; voi mi amate pur anco: mi trovo pur ancora ancontra le vostre braccia tra quelle braccia, da cui fui beneficato cotanto.

Ah! Soggiunse Alloworthy, che io vi son stato crudele; e più tiranno, che padre. Quì gli narrò fremendo quanto avea fatto Blifil; e s’accusò mille volte d’essere stato troppo credulo a’ danni d’un innocente.

Fermatevi, gli rispose il nipote, che vi accusate senza ragione. Cosa non avete fatto per me? Il più saggio tra tutti gli uomini caduto saria in queste reti; e sarebbe stato meco altrettanto crudele. Ad onta delle collere vostre, ho pur sperimentate le vostre bontà? In sì dolci momenti non isvegliate i miei rimorsi amarissimi; che i miei castighi furono eguali pur troppo a miei mancamenti. Se ho patito; ciò non fù senza frutto, e benedir deggio quelle vicende, che mi hanno messo in cervello, per rendermi più degno di voi.

L’Orfano fortunato (tomo IV, libro XVIII, cap. IX,

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B

IBLIOGRAFIA

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