ALLEGATO 1 AL III CAPITOLO
4.4 IL DIFFICILE PASSAGGIO ALLA TECNOLOGIA DIGITALE
4.4.1 Opportunità di crescita o percezione di fallimento?
Al 2007 la situazione era particolarmente difficoltosa. Già dai primi anni dell’avvio del processo di transizione al digitale, quest’ultimo si stava rivelando particolarmente problematico e difficile per le tv locali abilitate alla sperimentazioni di trasmissioni televisive digitali (Mucci, Modelli di business per le tv locali, 2007).
Una delle difficoltà per le tv locali che non risulta evidente, riguarda la concorrenza sui servizi interattivi che viene a formarsi con il passaggio al digitale tra le nazionali e le private. Questa difficoltà è stata sottolineata in primis dalle associazioni FRT e Aeranti- Corallo, le quali di fronte agli accordi intercorsi tra Rai e Mediaset (per l’offerta di servizi di t-government) hanno reagito chiedendo garanzia relativa al mercato dei servizi interattivi locali.
Ad oggi nessun interesse è stato mostrato dagli enti locali di fronte all’opportunità interattiva di pubblicizzarsi, mettendo in primo piano la relazione tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione locale. Molte emittenti locali vorrebbero sfruttare la capacità di banda offerta dalla nuova tecnologia per mettere in pratica importanti sperimentazioni, utilizzando come partner le Pubbliche Amministrazioni territoriali (T- government), le scuole, le università e i centri di ricerca (T-Learning), gli ospedali e le strutture mediche (T-medicine) e gli istituti di credito (T-banking).
Oltre a questo bisogna considerare che l’avvio del digitale ha comportato la sostituzione/trasformazione delle apparecchiature (telecamere, regie, etc.), delle antenne e delle tratte in ponte radio che nel bilancio delle tv locali pesano molto di più rispetto le nazionali (Commissione per l'assetto del sistema radiotelevisivo - Centro per gli studi economici sulle comunicazioni per conto del Ministero delle Comunicazioni, 2003). In riferimento solo alle televisioni locali, la transizione impone al broadcaster una maggiore quantità e qualità dei servizi, un più elevato numero dei canali ed una migliore qualità dell’immagine. Tutto questo potrebbe far aumentare le opportunità per nuove figure operanti nei vari segmenti che compongono la catena del valore (il condizionale è d’obbligo). Molto è stato investito nella formazione degli apparati tecnici e del proprio personale che infine non è servito a nulla dato che molte attività grazie alla tecnologia sono state semplificate e di conseguenza il personale ridotto.
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4.4.2 I problemi del digitale
La situazione del settore locale è ben diversa dalle tv nazionali. In termini di ascolti, le tv locali hanno solo da perdere con l’innovazione tecnologica.
Alcuni editorialisti hanno affermato che il digitale abbasserà le barriere all’entrata del mercato televisivo: da una parte può risultare vero per le tv di dimensioni maggiori ma la rete in sé risulta limitata se non tramite la negoziazione delle frequenze (non sono state liberate frequenze come in altri paesi europei). Il digitale terrestre quindi non aumenta necessariamente il numero dei soggetti se non alle estremità del settore o comunque esternamente al settore televisivo locale tradizionale (Barca, 2007).
Con il digitale la grande sfida del sistema locale risulta quello di convincere gli interlocutori pubblici e privati del valore del proprio mezzo nel rapporto con l’utenza e del territorio. Gli ascolti, le coperture e la penetrazione televisiva, come si è visto, dimostrano le potenzialità e le capacità di molte emittenti televisive locali. E’ un settore che vuole essere protagonista di una trasformazione tecnologica e, con l’incremento dell’offerta nell’ambiente digitale multipiattaforma, vengono creati prodotti sempre più tematici. L’emittente locale è una tv tematica per eccellenza perché il suo riferimento è il territorio e tutto ciò che, anche a livello di servizi, interessa il suo pubblico.
Si può decisamente affermare che lo switch-off non ha fatto bene alle tv locali. Per esempio a poco più di un anno dal passaggio dei telespettatori lombardi dalla tv analogica a quella digitale, il Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) ha presentato un’indagine sulle emittenti del territorio con il risultato che per tutte le piccole emittenti gli ascolti quotidiani sono diminuiti (TeleLombardia ha perso quasi 100mila contatti dallo switch-off fino a metà 2011), con poche eccezioni (il gruppo Mediapason con i canali Top Calcio 24 e MilaNow e Espansione Tv) (Salvi, 2012). In conseguenza a ciò anche i ricavi e la pubblicità da parte degli investitori risultano in diminuzione.
Le tv locali non dispongono come già detto, nella maggior parte dei casi di canali ridondanti, cioè di canali doppi nelle diverse aree servite che permettano di diffondere i programmi simultaneamente in analogico e digitale durante il periodo della transizione.
109 Tutto ciò ha come conseguenza diretta e immediata l’impossibilità per la quasi totalità delle tv locali di trasmettere in digitale durante la fase di transizione (Rossignoli 2007). Fin dagli anni Settanta, il controllo delle frequenze è stato considerato un’importante risorsa strategica, “un’investimento finanziario sicuro” (Barca, 2007). Si ipotizzava che un’emittente avrebbe moltiplicato il suo valore per 5 volte ottenendo una concessione televisiva; in quest’ottica molte imprese del settore sono state acquistate dagli editori in attesa di una definitiva attribuzione delle frequenze. Negli ultimi anni si è rafforzata l’idea che la frequenza sia uguale ad una risorsa strategica importante, sia per gli operatori nazionali sia per i nuovi operatori di rete.
Le oltre 600 televisioni locali (Mozione del Senato 1/00613, 2012) presenti attualmente in Italia ad oggi rischiano di diventare la metà. Un nuovo decreto obbliga le stesse a liberare i canali dal 61 al 69 UHF per la banda larga mobile garantendo però un indennizzo di 175 milioni di euro a quelle espropriate delle frequenze. Tra le possibili espropriate compare anche TeleLombardia (240 dipendenti), e alcune storiche emittenti private romane come Tele Oro. Con questo decreto le emittenti potrebbero continuare a vivere con una nuova collocazione nell’etere, ma questo spostamento porterebbe a una perdita di visibilità e audience che sarebbe difficilmente sopportabile (Natale, 2012). Le misure di indennizzo poi sarebbero destinate a una distribuzione “a pioggia” senza differenziazione né per quanto riguarda il numero di telespettatori di quell’emittente, né relativamente al numero di dipendenti che perderebbero il lavoro (Natale, 2012).
Per concludere quest’analisi si può affermare che le emittenti televisive, siano esse micro, medie o piccole, stanno subendo una generale difficoltà in questi ultimi anni causata dal digitale terrestre e il loro futuro non risulta molto chiaro per chi scrive. Il valore di un’emittente non è quantificabile solo in termini di risorse pubblicitarie in quanto una televisione può registrare un fatturato minimo ma essere al contempo un elemento strategico nel complesso delle attività per un imprenditore.
Da una parte, le emittenti locali possono essere sfuggite da quell’insieme di leggi e controlli che hanno regolato il settore per decenni ma dall’altra molte di loro non riescono a sopravvivere dalla più grande svolta tecnologica italiana; sono necessari degli sforzi più concreti da parte dello Stato italiano per salvare questo settore da un
110 collasso già preannunciato da un autorevole scrittore come Aldo Grasso. Per concludere questo capitolo si è voluto proporre la principale strada vagliata dai legislatori italiani per superare senza difficoltà la transizione al digitale: una scelta sostenuta dalle legislature ma al contempo non approvata dalla maggior parte degli editori locali.