Il ciclo riemerso di recente all’attenzione degli studi,78 rappresenta un’importante aggiunta al catalogo delle opere di Angelo Solimena, che viene ad integrare gli apporti del Pavone, in merito all’attività matura del pittore79, e consente di registrare la sua presenza anche all’interno di tale territorio.
L’oratorio di Santa Maria delle Grazie (fig.1), annesso all’antica alla chiesa di S. Maria della Peschiera80, è legato alla confraternita di Sant’Andrea Metelliano, già presente nel XV secolo e proprietaria della chiesa dal 150481. Una prima testimonianza relativa agli affreschi realizzati nella volta, si deve ad una fonte documentaria, lo Status Omnium Ecclesiarum del 1697, custodito fino al 1943 presso l’archivio vescovile di Cava (bombardato dagli alleati), e noto attraverso la trascrizione del Della Porta, che ne ha tramandato la memoria storica. Dal perduto documento emerge sia l’esecutore della decorazione sia la descrizione dell’oratorio: « è a volta di lamia con lavori di stucco e pitture a fresco fatte per mano del Signore Angelo Solimena, nel quale attorno vi stanno li sedili di legno … Nel mezzo della quale vi è l’icona di legno similmente indorata con l’Immagine della B. Vergine delle Gratie et altre Immagini pittate sopra tela…»82.
Lo stato attuale della decorazione è piuttosto precario, molte scene sono compromesse da estese lacune, mentre altre sono irrimediabilmente perdute, ma è ancora possibile distinguere gli episodi salienti della vita della Vergine tratti dal Vangelo di Luca e da quelli apocrifi del Protovangelo di Giacomo e dello Pseudo
78 Cfr. E. De Nicola, in Francesco Guarini. Nuovi contributi II, in corso di stampa. 79 M.A. Pavone, Angelo Solimena, Salerno 1980.
80 Cfr. A. Della Porta, Cava sacra, Cava de’ Tirreni 1965, pp. 204-205; vedi inoltre A. Infranzi, Le confraternite della diocesi di Cava e i loro luoghi, Cava de’ Tirreni 1999, pp. 127-136.
81 Cfr. A. Infranzi, Le confraternite della diocesi…cit., p. 127. 82 A. Della Porta, Cava sacra…cit.., p. 204.
Matteo83. Rispetto a quest’ultimo, come ha già osservato De Nicola, la fonte apocrifa tende ad esaltare la natura verginale di Maria, rispondendo probabilmente ad una chiara volontà della committenza, così come una precisa richiesta si registra nella rappresentazione delle sante, che interrompono la sequenza scenica, poste negli angoli della volta. Bisogna sottolineare che le sante martiri, amplificano il ruolo cardine della Vergine, protagonista della decorazione.
Fig. 1
Fig. 2
83 Per la lettura iconografica cfr. Veronica Panza, Il ciclo solimenesco di Santa Maria
delle Grazie a Cava de’ Tirreni, tesi di laurea, a.a. 2009-2010, relatore prof. Mario
Il ciclo si apre con la raffigurazione della una Madonna della Misericordia (fig. 2), secondo uno schema trecentesco attestato in Campania84, che doveva sovrastare l’immagine della Madonna delle grazie.
Da una prima analisi stilistica, se la figura della Vergine col manto aperto trova opportuni riscontri con quella realizzata da Angelo Solimena nella tela dell’Annunciazione di Gravina85, così come gli angeli si ricollegano a quelli presenti nella Madonna di Costantinopoli con i santi Bartolomeo e Nicola di Bari, di Santa Maria delle Grazie a Roccapiemonte, le due sante poste negli spicchi laterali lasciano trasparire una modalità esecutiva differente rispetto al nucleo centrale. Infatti, secondo la riflessione di De Nicola, la Sant’Orsola (fig. 3), sulla sinistra, raffigurata con i suoi attributi tradizionali: il vessillo con la croce, la corona e la e la freccia del martirio, ad un confronto con quella «dipinta da Angelo Solimena nella chiesa di San Giorgio a Salerno, tra il 1670 ed il 1674, rivela una stretta analogia nella resa del volto e nella posa del braccio destro che regge lo stendardo, mostrando al contempo profonde differenze. La santa incombe con una posa monumentale, evidenziata dall’elaborato e pesante panneggio, ben diverso dal lezioso mantello leggermente appoggiato sulle spalle visibile nell’affresco salernitano: in quest’ultimo, Sant’Orsola incede con passo leggero, mentre a Cava occupa lo spazio celeste con una solidità memore delle soluzioni lanfranchiane per la cappella del Tesoro di San Gennaro a Napoli, che i Solimena, padre e figlio, avevano ben studiato prima di accingersi all’impresa della cupola del SS. Rosario a Nocera»86.
Lo stato di conservazione dell’affresco non permette una puntuale lettura stilistica, ma non si può escludere una compartecipazione del giovane Francesco nella realizzazione della santa, che sarà poi ripresa, nel ciclo di Santa Maria Donnalbina a Napoli.
Anche la Santa Cecilia (fig. 4), sulla sinistra, intenta a suonare il violoncello, rivela
84 Cfr. F. Bologna, Momenti della cultura figurativa nella Campania medievale, in Il
Medioevo, Napoli 1992, p. 249.
85 Per un recente contributo cfr. S. Carotenuto, Pittori napoletani del Sei e Settecento
nel territorio di Serino, Napoli 2008, p. 55.
Fig. 3
Fig. 4 Fig.5
un’inconsueta iconografia poco affine alle modalità compositive di Angelo Solimena, tenendo conto dei precedenti guariniani che la ritraevano al cembalo, lasciando emergere un modello di riferimento più prossimo agli esempi del Reni e del Domenichino. Rispetto a tali esiti, però, una variante significativa si registra nella posizione della Santa, col capo reclinato, intenta a suonare lo strumento, mentre un dinamismo di stampo barocco pervade i suoi capelli e quelli dell’angelo
ai suoi piedi, e si propaga sulla veste rigonfia. Dal punto di vista tipologico, la Santa trova un puntuale riscontro con la Madonna della Visione di San Gregorio
Taumaturgo di san Domenico a Solofra (fig. 5), inducendo a considerare, anche in
tale esito la possibile collaborazione del giovane figlio con il padre.
Passando all’altro riquadro triangolare, sulla sinistra di Santa Cecilia si individua
Santa Lucia (fig. 6), ritratta in posa monumentale, seduta sulle nuvole, e
contraddistinta dai suoi elementi simbolici: gli occhi e la palma del martirio. Il confronto con l’analoga raffigurazione realizzata da Angelo nella chiesa di San Giorgio a Salerno, rivela una profonda differenza stilistica rispetto all’esito di Cava, nella quale è evidente un fremito barocco nella definizione dei capelli della Santa, nei panneggi mossi dal vento e nella resa della luce, che lascia presagire l’intervento del giovane Francesco nella redazione di tale dipinto.
A tal proposito, infatti, Santa Lucia presenta notevoli affinità compositive con alcune figure di Sante presenti nel Paradiso della Congrega di San Prisco a Nocera, ma anche con la figura della Giustizia presente nella parte alta della tela di San
Michele che scaccia gli angeli ribelli (fig.7), del Duomo di Sarno, realizzata a pochi
anni di distanza da Francesco in collaborazione col più anziano genitore.
Ulteriori elementi di riflessione emergono dalla scena del Sogno di San Gioacchino (fig.8), posta al centro della parete lunga della volta, dove secondo la narrazione del Vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo, l’angelo appare al Santo annunciandogli il concepimento di Maria da parte della moglie Anna.
Le parti leggibili dell’affresco, interessato da estese lacune, presentano un’impaginazione compositiva piuttosto innovativa, confrontando la scena con l’analogo episodio realizzato da Angelo nella chiesa di San Giorgio a Salerno. «La posa obliqua dell’angelo dialoga fisicamente con lo slancio diagonale di Gioacchino, proteso con energia verso chi gli sta dando un così straordinario annuncio. Il pastore sullo sfondo e i brani di paesaggio ancora leggibili, introducono elementi di serenità agreste che contrasta con la tensione dell’evento. La stessa resa pittorica, soprattutto nella figura dell’angelo, vibrante di luce dorata fin quasi a smaterializzarsi, sembra differente dal resto del ciclo: si propone di leggervi l’apporto del figlio Francesco, che con ogni probabilità fornì al padre il disegno da lui stesso riutilizzato agli inizi degli anni Novanta del secolo per la
figura dell’angelo inserito nell’Agar nel deserto delle collezioni di Banca Intesa Sanpaolo»87.
L’angelo (fig. 9) si pone in linea anche con quello realizzato da Francesco nella scena di San Francesco che placa l’ira di Cristo nel coro di Donnaregina a Napoli (fig. 10), e con il medesimo nella tela di San Michele che introduce un’anima al cospetto
della Trinità proveniente dalla chiesa di San Giovanni in Parco a Nocera inferiore,
ritenuta opera di collaborazione tra i due Solimena.
Fig.6 Fig.7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10 Anche se molto compromessa, nell’angolo della volta accanto alla Natività di
Maria, si individua una figura di santa, che dai pochi brani pittorici ancora
leggibili, rivela una notevole qualità esecutiva, mentre accanto è presente una sinopia di una santa monaca in preghiera che si ricollega, dal punto di vista compositivo, alla Santa Rosa da Lima di Angri88, consentendo di stabilire una termine cronologico per l’esecuzione dell’intero ciclo, che segue gli affreschi di Angelo a San Giorgio a Salerno, probabilmente contemporaneo agli affreschi per la cappella del Carmine in Santa Maria delle Grazie a Raito89, e in linea con l’esecuzione del Paradiso della Congrega del Rosario di San Prisco a Nocera Inferiore e con la Visione di Santa Rosa da Lima di Angri, realizzati in collaborazione con il giovane Francesco.
88 Cfr. E. De Nicola, in Francesco Guarini. Nuovi contributi II, in corso di stampa. 89 M. A. Pavone, Angelo Solimena negli affreschi di Raito, in «Rassegna Storica Salernitana», 5, 1986, pp. 93-106.