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Per organizzazione della rete si intende quell’azione delle istituzioni volta a creare un network di soggetti che utilizzano le tecnologie additive. In sostanza, l’individuazione e promozione di operatori pubblici e privati che agiscono nel settore deve essere assunta come obbiettivo strategico. Le sinergie che si possono creare grazie alla contaminazione di diversi attori sono essenziali per lo sviluppo del settore. In assenza di un interlocutore centralizzato si rischia di avere tanti soggetti isolati, che agiscono all’interno di cerchie ristrette. Questo diventa un ostacolo sia per i diretti interessati che per l’intero tessuto economico. Gli interessi in gioco sono tanti, dai fablab alle aziende private, passando per associazioni e istituti scolastici. Quello che è

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necessario, quindi, è un insieme di regole e incentivi che permettano alla maggior parte dei soggetti coinvolti di comunicare tra di loro e sviluppare progetti comuni e altre forme di collaborazione. Naturalmente, la politica deve essere orientata a valorizzare quei soggetti che siano in grado di funzionare in modo efficiente e creare valore aggiunto. Il mero intervento economico può essere controproducente. È necessario comprendere le realtà presenti sul territorio, valorizzare quelle meritevoli e predisporre strumenti che consentano un corretto sviluppo di nuove realtà, in linea con il mercato e in grado di funzionare senza l’intervento finanziario del settore pubblico.

Alcuni esempi possono aiutare a chiarire questi concetti. Il primo è il bando della Regione Veneto per la concessione di contributi per la creazione di fablab. Il bando nasce con lo scopo di promuovere i laboratori digitali e attraverso quelli di:

- diffondere la conoscenza delle potenzialità delle tecnologie di produzione digitale ad un pubblico vasto;

- diventare un punto di riferimento per il territorio per la sperimentazione e la definizione di progetti innovativi attraverso un dialogo con le imprese ed il mondo delle professioni.

In sostanza, la regione assegna dei contributi finanziari a quei soggetti che garantiscano la creazione di un fablab, indicando alcun caratteristiche minime e obbligando l’apertura della struttura al pubblico, che potrà usufruirne gratuitamente, per un ammontare di ore minimo settimanale. Sebbene ogni forma di incentivo sia positiva, questo intervento presenta alcune lacune. Non si punta a creare una struttura che sia in grado di funzionare nel tempo e gestire diversi soggetti. L’unica forma di aggregazione prevista dal bando è quella di partecipazioni di associazioni composto da più soggetti. C’è un altro elemento di aggregazione, cioè il coinvolgimento di un vasto pubblico, a cui viene data la possibilità di interagire gratuitamente con questi spazi qualificati. Ciò che manca è l’idea di una politica duratura nel tempo, che non si esaurisca solamente nell’aiuto monetario per la realizzazione degli spazi. Manca l’analisi delle realtà presenti sul territorio e un metodo per individuare quelle che sono le eccellenze che vanno promosse e che possono avere un ruolo chiave nella

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costruzione di una rete efficiente. Di positivo c’è il riconoscimento delle potenzialità delle tecnologie additive, ma un intervento più strutturato sarebbe sicuramente più efficace.

Il caso dell’Emilia Romagna, invece, segue questa logica di creazione della rete. La regione ha individuato cinque settori su cui concentrare la propria smart

specialisation, dove ogni settore fa riferimento a un territorio preciso. All’interno di

tutti questi cluster sono state inserite strutture per la promozione dei nuovi trend tecnologici e di supporto all’imprenditorialità. Per quanto riguarda la stampa 3D, l’agenzia regionale ASTER ha individuato quelle che sono le realtà come i fablab e le ha inserite all’interno dei distretti di riferimento. Le tecnologie additive, quindi, vengono affiancate ad altre in un’ottica più ampia. Le eccellenze del territorio sono il vero target delle politiche e vengono promosse e sviluppate attraverso numerose tecnologie, tra cui anche l’AM. Questo approccio appare molto più ragionevole. Non si esaurisce nel mero finanziamento di determinate strutture, ma mira a incentivare uno sviluppo duraturo e in linea con i trend tecnologici globali. Come si vede, la base di partenza sono strutture già esistenti. Queste vengono riconosciute, analizzate e inserite in contesti più grandi. Il modo di procedere appena descritto permette sia di valorizzare le strutture più efficienti che di aumentare gli strumenti a disposizione della aziende impiegate nei settori di riferimento. Questo modo di intendere lo sviluppo del territorio, dove la manifattura additiva è solamente un tassello di un quadro più ampio, è certamente quello più sensato e che può portare benefici sia nel breve che nel lungo periodo.

Il terzo esempio si avvicina al caso appena citato, ma si riferisce a una politica nazionale.

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Si tratta dell’UK National Strategy for Additive Manufacturing/3D Printing27. Il modo di procedere è molto simile a quello del caso emiliano. La politica del Regno Unito può essere schematizzata nella figura 2.10:

Si nota come l’intero processo parta dalla comprensione della reale situazione del settore. La vera strategia viene definita solamente una volta analizzata la situazione esistente. Questo per individuare meglio quelli che sono i problemi e le esigenze del settore. Non ci sono finanziamenti a strutture o territori particolari, bensì un esame attento dell’intero settore. Di per sé il Regno Unito è già tra i leader per quel che riguarda la manifattura additiva. Questa politica è concentrata soprattutto sul riconoscimento delle lacune attuali, per poi superarle e porre basi solide per gli sviluppi futuri. Trattandosi di una tecnologia molto giovane e che evolve a ritmi elevati, l’azione del governo britannico è più che sensata. Solamente valorizzando le realtà già efficienti e incentivando la nascita di progetti in grado di resistere alla sfida del mercato sarà possibile creare un settore competitivo a livello internazionale.

Si è visto come l’azione delle istituzioni debba essere rivolta alla creazione di una politica unitaria, che parta dalle realtà presenti sul territorio e sia orientata alla valorizzazione del territorio stesso. Senza un coordinamento a monte si rischia di intervenire su aspetti specifici e magari con misure contraddittorie. La mancanza di una visione d’insieme rappresenta l’ostacolo più grande per uno sviluppo efficiente delle tecnologie additive. La stampa 3D non deve e non può essere vista come un mondo a sé stante. Deve essere considerata come uno strumento a supporto di sistemi radicati sul territorio. Si tratta certamente di una tecnologia con grandi potenzialità ma che deve essere incanalata nella giusta direzione. I policy maker devono fare proprio questo: creare una rete di soggetti che interagiscono tra di loro. Questi soggetti sono in primo luogo tutti quelli che si affidano alle tecniche additive, ma non solo. Tutti gli operatori additivi devono necessariamente interagire con distretti e microsistemi specifici di ogni zona. Collegare l’AM ai settori della smart specialisation sembra essere un ottimo punto di partenza.

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