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3. Dalla teoria della Biogeografia delle Isole alla Landscape Ecology:

3.2. Metafore e reti

3.2.1. Le origini del concetto di frammentazione: la teoria della

della biogeografia delle isole

La teoria che funge da ponte tra la metafora delle isole e quella delle reti è la teoria della frammentazione.

La frammentazione degli ambienti naturali è considerato uno dei principali temi quando si affronta motivo del deterioramento indotto da cause antropiche delle funzionalità ecologiche dell’ambiente. Emblematica la frase: “The vast reach of humans and the resulting parcelization of natural landscapes are of major concern to conservation scientists. Indeed, horror stories about habitat

fragmentation appear in every book about conservation biology, make appearances in high-school textbooks, and are featured regularly in our leading newspapers and magazines. And conservation biologists are not alone in their concern about massive habitat destruction and fragmentation. Members of the public also have been inspired to promote special efforts for connecting landscapes in our increasingly dissected world.” (Crooks & Sanayan, 2006).

Il dibattito scientifico sul tema è ancora aperto e più che mai vivo. Una semplice indagine quantitativa delle pubblicazioni mondiali sull’argomento, compiuta attraverso un’analisi del database ISI web of knowledge, consente immediatamente di verificare che, dal 1991 al 30 settembre 2010, sono stati pubblicati più di 4645 articoli scientifici che contengono la locuzione “habitat fragmentation” nel testo, nel titolo o tra le parole chiave (costituiscono il 99,7% del totale degli articoli presenti nel database contenenti il termine). A testimoniare il costante e crescente interesse per tale tema da parte della comunità scientifica mondiale, si può notare come solamente negli ultimi dieci anni sia stato pubblicato l’85,6% del totale dei lavori, e, come risulta dal grafico seguente, con un trend di crescita costante (nel valutare la flessione visibile per l’anno in corso va tenuto conto che il numero di papers è relativo soltanto ai primi nove mesi).

Fonte: ISI Web of Knowledge, elaborazioni dell’autore su dati al 30/9/2010

Andamento annuale del numero di papers contenenti la locuzione "habitat fragmentation" 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 65

Le origini del concetto sono da ricercarsi all’interno delle teorie ecologiche e si trovano proprio nel testo di MacArthur & Wilson. Tutto comincia nella diciannovesima riga del primo capitolo.

“Insularity is moreover a universal feature of biogeography. Many of the principles graphically displayed in the Galapagos Islands and other remote archipelagos apply in lesser or greater degree to all natural habitats. Consider, for example, the insular nature of streams, caves, gallery forests, tide pools, taiga as it breaks up in tundra, and tundra as it breaks up in taiga. The same principles apply, and will apply to an accelerating extent in the future, to formerly continuous natural habitats now being broken up by the encroachment of civilization, a process graphically illustrated by Curtis’ maps of the changing woodland of Wisconsin” (MacArthur & Wilson, 1967).

Fonte: Teoria della Biogeografia delle Isole, MacArthur & Wilson, 1967, p.3

Colpisce che queste poche righe abbiano avuto l’enorme seguito scientifico che sappiamo e che siano il riferimento tanto citato dalla letteratura scientifica che negli anni seguenti si è occupata di conservazione, pianificazione delle aree protette e pianificazione del territorio.

Nel paragrafo MacArthur e Wilson propongono una potente visione metaforica che si trasformerà presto in un’importantissima analogia: la crescente insularizzazione è un tema dominante negli ambienti sottoposti alle trasformazioni antropiche e le Galapagos costituiscono un modello appropriato per l’analisi degli ambienti insulari siano essi oceanici o continentali, reali o metaforici.

Ma ciò che è realmente rilevante e peculiare sotto il profilo ecologico per le Galapagos e per gli altri arcipelaghi oceanici, non ha nessuna rilevanza scientificamente provata per le porzioni di habitat segregate dalle attività antropiche come ad esempio i residui di foreste studiati da Curtis. Le caratteristiche peculiari della flora e della fauna degli arcipelaghi sono il risultato di un lungo processo di adattamento e sono fortemente variabili da caso in caso, mentre i residui di bosco non hanno una storia evolutiva come tali, sono il frutto di lunghi e complessi percorsi evolutivi, e in più sono direttamente influenzati dalle interazioni con i processi contermini. Tali relazioni non possono identificarsi nel caso delle isole oceaniche (Haila, 2002) Così, il concetto di frammentazione, dapprima presentato come un suggerimento ipotetico per la definizione degli effetti delle trasformazioni antropiche in contesti naturali, diventa rapidamente una particolare interpretazione (ispirata alla teoria della biogeografia delle isole) dell’impoverimento che le specie subiscono per il frazionamento degli habitat, e questa interpretazione inizia ad assumere vita propria offrendo giustificazioni a particolari progetti di ricerca e pratiche di conservazione.

Quando la ricerca sul tema della frammentazione iniziò, nei primi anni '70 (Wiens 1995a), era fortemente legata all'analogia metaforica tra frammenti e isole.

La complessità ed eterogeneità delle dinamiche e delle strutture ecologiche è da sempre ben chiara alla comunità scientifica ma è stata dapprima non considerata per motivi operativi e in seguito affrontata con approcci che tendevano, per vari motivi, a semplificare tali caratteristiche sia dal punto di vista teoretico che empirico. Sino ai primi anni ’60 i ricercatori nelle scienze biologiche avevano limitato il loro dominio di analisi a zone omogenee o considerate tali (Lefeuvre & Barnaud, 1988), ma l’applicazione dell’analogia insulare al territorio contestuale al nuovo filone delle teorie sulla frammentazione (uno dei primi esempi è lo studio di Forman del 1976) e lo sviluppo dei primi modelli patch-matrix in seno alla Landscape Ecology, offrirono l’opportunità di una notevole semplificazione dell’eterogeneità consentendo di modellizzare il territorio come un insieme di patches disperse in una matrice ecologicamente neutra se non ostile. Fa notare Wiens come “To a large degree, this progression of increasingly detailed attention to pattern also represents an historical progression in ecology. The formal ecological theory that developed prior, to say, ’60, generally emphasized spatial homogeneity. Dealing with spatial variation was analitically intractable and beyond the capacity of most simulation tools[ ... ]” (Wiens, 1995b). L’evoluzione dei nuovi concetti e di nuovi strumenti di calcolo e modellazione permise di introdurre un nuovo modo di affrontare la complessità spaziale “Perhaps the simplest view of spatial pattern is that of patches set in a background matrix, akin to islands in a featureless sea. The patches are generally homogeneous and similar one to another, and the matrix is ecologically neutral.” (Wiens, 1995b). Questo modello molto, troppo, semplificato costituiva in quel momento un grande passo in avanti e portò fruttuosi risultati nell’ecologia delle popolazioni in contesti frammentati in applicazione soprattutto della teoria delle meta popolazioni9, altro pregio riconosciuto da Manning è che i “Landscape fragmentation models have undoubtedly been useful tools for communicating concepts about landscapes” (Manning et alii, 2004).

9 Cfr. M. E. Gilpin and I. A. Hanski. “Metapopulation Dynamics: Empirical and

Theoretical Investigations”, Academic Press, London (1991)

3.3. Riferimenti epistemologici per l’analisi del concetti