3. Verso nord: progetti e prospettive delle campagne in arm
3.3 Sulle orme di Eracle: la spedizione di Druso nell'Oceano e la nascita della classis Germanica
In età augustea maturò un importante progetto relativo alla flotta. Nel 12 a. C., Druso cominciò a dar vita alla sua idea di flotta navale sul fiume Reno, la classis Germanica. Egli la organizzò probabilmente con lo stesso criterio delle flotte presenti nel bacino Mediterraneo; Vegezio riporta: “a capo delle navi liburniche di stanza in Campania stava il prefetto della flotta di Miseno, mentre quelle poste sul Mar Ionio erano sotto il comando del prefetto della flotta di Ravenna; ad essi facevano capo dieci tribuni assegnati ad ogni flotta. Ogni nave, poi, aveva un navarco, cioè una sorta di capitano445, che, esentato dagli
altri doveri di marinaio, era impegnato con diligenza continua ad addestrare timonieri,
440In BRACCESI 1981, p. 21.
441Joachim Fugmann svolge un'interessante parallelismo tra la figura di Pompeo e l'immagine che Augusto da di sé nelle res gestae. Cfr. FUGMANN 1991, in particolare pp. 311-313. Cfr. anche NICOLET 1989, p. 27; e CRESCI MARRONE 1993, pp. 94-96.
442Come già analizzato nel primo capitolo del presente lavoro.
443Sulla centralità del mare e sui topoi narrativi, si veda MASTINO 1986, in particolare le pp. 68-69. 444Cfr. MASTINO 1986, pp. 68-69; NICOLET 1989, p. 27; CRESCI MARRONE 1993, p. 95. 445 Navicularius avrebbe in realtà il significato letterale di “armatore”.
rematori e soldati446”. Per tale opera si iniziò con l'allestimento di nuove imbarcazioni,
facendo arrivare dalle flotte italiche personale specializzato come carpentieri e marinai447.
La costituzione di una flotta sul Reno avrebbe assicurato maggiore sicurezza ai confini ed un fondamentale supporto alle successive spedizioni militari verso l'ignoto Oceano del settentrionale448. La nuovissima marina fluviale era frutto di secoli di perfezionamento di
conoscenze di carpenteria navale, l'arma che per quattro secoli fino al crollo dell'impero avrebbe mantenuto sicure le frontiere sui grandi fiumi. Inizialmente essa venne creata per velocizzare e rifornire il trasporto di truppe e vettovagliamenti oltre il Reno, poi come vera e propria forza di invasione utilizzata da Druso, per acquisire in seguito la funzione di strumento di difesa o destinata a operazioni di rappresaglia.
Le imbarcazioni che costituirono questa flotta furono navi liburniche; l'etimologia del nome è spiegata da Vegezio, che scrive a riguardo: “al tempo in cui Augusto combatté nella battaglia di Azio, visto che Antonio venne sconfitto principalmente dalle truppe ausiliarie dei Liburni, fu chiaro sulla base dell'esperienza fatta in uno scontro così importante che le navi liburniche erano migliori delle altre. Pertanto, appropriatisi della loro forma e del loro nome, gli imperatori romani fecero costruire la flotta su quel modello. La Liburnia è una regione della Dalmazia, che si trova vicino alla città di Zara; seguendo il suo esempio oggi si costruiscono navi da guerra chiamate liburniche449”; “per
quanto riguarda le dimensioni, le navi liburniche più piccole posseggono una sola fila di remi, quelle un po' più grandi due, quelle migliori hanno tre o quattro, talvolta cinque ordini di remi. Questa non deve sembrare un'enormità, visto che si narra che nella battaglia di Azio si sono scontrate navi ancora più grandi, che avevano persino sei o più ordini di remi. Alle liburniche più grandi venivano affiancate imbarcazioni da
446 Veg. Epit. 32: Liburnis autem, quae in Campania stabant, praefectus classis Misenatium praeerat, eas
uero, quae Ionio mari locatae fuerant, praefectus classis Rauennatium retinebant; sub quibus erant deni tribuni per cohortes singulas constituti. Singulae autem liburnae singulos nauarchos, id est quasi nauicularios, habebant, qui exceptis ceteris nautarum officiis gubernatoribus atque remigibus et militibus exercendis cotidianam curam et iugem exhibebant industriam. (trad. a cura di M. Formisano).
447 PITASSI 2011, p. 331.
448Cfr. STEIN 1932, pp. 273-278; STARR 1941, pp. 141-142; VIERECK 1975, pp. 254-255; ROUGÉ 1977 pp.121-122; LE BOHEC 2006, p. 223.
449Veg. Epit. 33: Sed Augusto dimicante Actiaco proelio, cum Liburnorum auxiliis praecipue uictus fuisset Antonius, experimento tanti certaminis patuit Liburnorum naues ceteris aptiores. Ergo similtudine et nomine usurpato ad earundem instar classem Romani principes texuerunt. Liburnia namque Dalmatiae pars est Iadertinae subiacens ciuitati, cuius exemplo nunc naues bellicae fabricantur et appellantur liburnae. (trad. a cura di M. Formisano).
ricognizione, che avevano circa venti rematori per lato, chiamate dai Britanni picati, cioè spalmate di pece. Con esse si sferravano attacchi, talvolta si catturano i convogli delle navi nemiche e grazie alla loro attenta attività di esplorazione si individuavano l'arrivo o i piani di queste ultime. Per evitare che le imbarcazioni da ricognizione venissero riconosciute dal loro colore bianco, si dipingevano le vele e le funi di blu, colore delle onde del mare; e allo stesso modo veniva colorata la cera di cui normalmente le navi sono cosparse. I marinai e i soldati indossano divise azzurre, così da poter rimanere nascosti durante l'esplorazione non solo di notte ma anche di giorno450”. Tali imbarcazioni furono dunque il
mezzo fondamentale per le esplorazioni verso nord, la concretizzazione di un progetto di espansione451.
Orbene, sappiamo da Floro che Druso fece posizionare nella regione fra il Reno e il fiume Elba diverse guarnigioni e fece costruire un ponte di collegamento fra i porti di Bonna e di Gesoriaco452. Le due località furono utilizzate in seguito come sedi per le flotte
impegnate in Germania. Stabilite le basi e messo “parzialmente” in sicurezza il confine, Druso diede inizio ad una serie di esplorazioni rivolte a settentrione. Fece costruire un canale che collegasse il braccio settentrionale del delta del basso Reno e l'odierno Zuider- See, una via d'acqua rivolta verso il mare del nord; di questa grande opera ne parla Svetonio, il quale scrive: “Druso […] oltre il Reno costruì dei canali navigabili colossali,
450Veg. Epit. 37: Quod ad magnitudinem pertinet, minimae liburnae remorum habent singulos ordines, paulo maiores binos, idoneae mensurae ternos uel quaternos interdum quinos sortiuntur remigio gradus. Nec hoc cuiquam enorme uideatur, cum in Actiaco proelio longe maiora referantur concurrisse nauigia, ut senorum etiam uel ultra ordinum fuerint. Scafae tamen maioribus liburnis exploratoriae sociantur, quae uicenos prope remiges in singulis partibus habeant, quas Britanni picatos uocant. Per has et superuentus fieri et commeatus aduersariorum nauium aliquando intercipi adsolet et speculandi studio aduentus earum uel consilium deprehendi. Ne tamen exploratiae naues candore prodantur, colore Veneto, qui marinis est fluctibus similis, uela tinguntur et funes, cera etiam, qua ungere solent naues, inficitur. Nautaeque uel milites Venetam uestem induunt, ut non solum per noctem sed etiam per diem facilius lateant explorantes. (trad. a cura di M. Formisano).
451Risulta interessante notare come in area settentrionale si presti cura a mantenere vive le conoscenze in merito alle navi liburniche: presso il museo “Het Valkhof” di Nijmegen, nei Paesi Bassi, si svolgono periodicamente delle attività didattiche rivolte ai bambini per mostrare loro le modalità di costruzione di tali navi e i modi in cui avvenne la conquista romana dell'area del basso Reno.
452Flor. 30, 26: Praeterea in tutelam provinciae praesidia atque custodias obique disposuit per Mosam flumen, per Albin, per Visurgim. In Rheni quidem ripa quinquaginta amplius castella dixerit. Bonam et Gesoriacum pontibus iunxit classibusque firmavit. - [ Druso] Inoltre, a tutela della provincia, dunque
dispose presidi e corpi di guardia lungo il fiume Mosa, l'Elba e il Weser. Anche sulla riva del Reno alzò più di cinquanta fortificazioni. Unì con ponti Borma e Gesoriaco e le rafforzo con flotte. (trad. a cura di L. Bessone).
ancora oggi chiamati di Druso453”. Svetonio riferisce di una tipologia costruttiva ben
definita e duratura, tale da essere da lui indicata come “opere colossali”: si può dunque presupporre l'esistenza di una rete di canali navigabili, costruita dai romani con la finalità di radicarsi nel territorio in modo pressoché permanente. Non a caso in Tacito si ritrova la descrizione della navigazione da parte di Germanico attraverso la medesima rete di canali, avvenuta addirittura 28 anni dopo: “Germanico una volta distribuiti i viveri, le legioni e gli ausiliari sulle navi, entrò nella fossa chiamata drusiana e pregò ardentemente il padre Druso perché, benevolo e propizio, favorisse lui che osava compiere la stessa impresa, e lo aiutasse con l'esempio e la memoria dei suoi propositi e delle sue opere. Attraversò l'estuario e l'Oceano, giunse poi facilmente all'Amisia454”. La centralità dell'esplorazione
drusiana è espressa anche da un altro passo di Tacito, il quale riprende il mito di Eracle per trasportarlo alla sua contemporaneità e trarre da questo un parallelismo col “nuovo eroe contemporaneo” Druso: “noi, anzi, abbiamo tentato di attraversare da quella parte l'Oceano; è diffusa la credenza che là sussistano ancora le colonne d'Ercole, sia che Ercole possa essere giunto fin là, sia che tutti quanti abbiano consentito nell'attribuire a gloria di lui qualunque splendida impresa sia stata ovunque compiuta. Né venne meno l'audacia di Druso Germanico, ma l'Oceano si oppose a che si investigasse intorno ad esso e nello stesso tempo intorno ad Ercole. Successivamente nessuno più tentò di esplorare; parve segno di maggior pietà e reverenza più che il voler conoscere, l'aver fede nelle opere degli dei”455.
453Svet. Claud. 5, 1: Drusus […] trans Rhenum fossas navi et immensi operis fecit, quae nunc adhuc
Drusinae vocantur. (trad. a cura di F. Dessì).
454Cfr. Tac. Ann. II 8, 1: Iamque classis advenerat, cum praemisso commeatu et distributis in legiones ac socios navibus fossam, cui Drusianae nomen, ingressus precatusque Drusum patrem ut se eadem ausum libens placatusque exemplo ac memoria consiliorum atque operum iuvaret, lacus inde et Oceanum usque ad Amisiam flumen secunda navigatione pervehitur. (trad. a cura di B. Ceva).
455 Tac. Germ. 34: Ipsum quin etiam Oceanum illa temptavimus: et superesse adhuc Herculis columnas fama vulgavit, sive adiit Hercules, seu quidquid ubique magnificum est, in claritatem eius referre consensimus. Nec defuit audentia Druso Germanico, sed obstitit Oceanus in se simul atque in Herculem inquiri. Mox nemo temptavit, sanctiusque ac reverentius visum de actis deorum credere quam scire. (trad.
a cura di B. Ceva). Si noti l'uso del verbo temptare ad indicare non soltanto una spedizione militare ma anche un'esplorazione. Così in NICOLET 1989, p. 88. Un'analisi dell'uso della mitologia nella narrazione delle campagne di esplorazione verrà esposta nell'ultimo paragrafo di questo capitolo.