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Osservazioni di Alessandro Dello Russo

Nel documento Anno II N. 2 Marzo-Aprile 2008 (pagine 48-52)

Su impulso della Corte di Appello di Bari, torna all’esame della Corte costituzionale la questione di legittimita` della confisca dei suoli abusivamente lottizzati senza sentenza di condanna.

Con ordinanza n. 187 del 26.5.1998 la que-stione era stata infatti dichiarata inammissi-bile in quanto il giudice rimettente si era

«limitato a ricostruire le diverse posizioni della giurisprudenza e della dottrina in ordi-ne alle problematiche sollevate, prospettan-do la semplice eventualita` che dalle incertez-ze interpretative cui darebbe luogo la formu-lazione delle norme impugnate possa deriva-re la illegittimita` costituzionale delle stesse», laddove, per contro, «la Corte ha ripetuta-mente dichiarato la manifesta inammissibilita`

di questioni di legittimita` costituzionale sol-levate in maniera perplessa».

Cio` non ha comunque impedito alla Consul-ta di ribadire l’esistenza (gia` nel 1998) di univoco indirizzo interpretativo secondo cui

«la confisca dei terreni, che ha natura di sanzione amministrativa, e non di misura di sicurezza, consegue ad una sentenza che ac-certa che vi e` stata lottizzazione abusiva, pre-scindendo, pertanto, da una condanna al ri-guardo».

La Corte di Appello di Bari, da parte sua, nel rimettere gli atti alla Corte delle Leggi, du-bita che tale, ormai univoco, indirizzo giuri-sprudenziale sia (ancora) condivisibile.

Piu` che soffermarsi sui profili di contrasto del vecchio art. 19, l. n. 467/1985 con i prin-cipi costituzionali, infatti, i Giudici baresi sostengono che il principio secondo cui la confisca dei suoli e` una sanzione amministra-tiva irrogata dal giudice penale, dovrebbe

‘‘fare i conti’’ con due elementi di novita`

nel frattempo succedutesi nel quadro norma-tivo: l’approvazione del Testo Unico dell’e-dilizia (D.P.R. n. 380/2001) e la decisione resa dalla Corte europea per i diritti dell’uo-mo in data 30.8.2007 che espressamente

qualificano la confisca come ‘‘sanzione pena-le’’.

Cosı` come posta, la questione rischia dunque di subire la stessa sorte di quella del 1998 (c.d. questione ‘‘perplessa’’ e, come tale, inammissibile), laddove non si e` investito il Giudice delle Leggi della contrarieta` di un indirizzo giurisprudenziale univoco (il c.d.

diritto vivente) ai principi costituzionali, bensı` dei riflessi che un (per il momento del tutto insussistente) cambio di rotta inter-pretativo potrebbe determinare in materia.

In vero a voler accedere alle considerazioni (tutt’altro che peregrine) svolte dalla Corte di Appello pugliese, si dovrebbe convenire che la confisca, per volonta` del legislatore nazionale (D.P.R. n. 380/2001) e del giudice europeo (sentenza C.e.d.u. del 30.8.2007) non e` (piu`) una sanzione amministrativa ir-rogata dal giudice penale, bensı` una vera e propria sanzione penale.

Ma questo avrebbe dovuto dirlo direttamen-te il Giudice procedendirettamen-te che non puo`, per le ragioni ribadite nella ricordata decisione 187 del 1998, chiedere in proposito il preventivo

‘‘avallo’’ dei Giudici Costituzionali.

Qualificata (in base ad argomentazioni nuo-ve, tali da ribaltare il precedente indirizzo) quindi la confisca come sanzione penale, non ci dovrebbe essere davvero bisogno di sco-modare la Corte costituzionale per affermare (con un discreto margine di tranquillita`) che la stessa non potrebbe giammai irrogarsi al di fuori di una sentenza di condanna.

Fatto sta che, fino ad oggi, sul primo elemen-to di novita` evidenziaelemen-to dalla Corte di Appel-lo (inserimento, da parte dell’art. 44 del T.U.E., della confisca tra le sanzioni penali) la S.C. si e` gia` (ripetutamente) espressa in termini negativi, ribadendo, anche a seguito della modifica normativa, che la confisca continua ad avere natura di sanzione ammi-nistrativa (cfr., fra le tante, C., Sez. III, 3.3.2005, n. 10916).

Sulla seconda questione si e` invece in attesa che la giurisprudenza italiana prenda posi-zione e, in tal senso, un primo passo lo ha sicuramente mosso, in maniera del tutto me-ritevole, la Corte di Appello di Bari.

Solo se il diritto vivente italiano si discostera`

dall’interpretazione fornita dal Giudice Eu-ropeo, della questione dovra` essere (per le ragioni evidenziate dalla Corte barese) inve-stita la Consulta.

Fino a quando non si verifichera` tale ‘‘ribal-tone’’ (per adeguamento da parte della giuri-sprudenza di merito e di legittimita`, ovvero per imposizione da parte della Corte costitu-zionale) non si potra` tuttavia che continuare ad applicare il ‘‘vecchio’’ principio secondo cui la confisca, quale sanzione amministrati-va, va irrogata anche in caso di sentenza di proscioglimento, con la sola eccezione di una sentenza che escluda la sussistenza del fatto.

Cio` tuttavia non toglie che tanto debba esse-re fatto entro confini (anche di caratteesse-re co-stituzionale) in vero mai precisamente deli-neati dalla pur corposa giurisprudenza svi-luppatasi in materia di lottizzazione abusiva.

Si tenga infatti conto del fatto che, come ricordato dalla Consulta, «la categoria delle sentenze di proscioglimento non costituisce un genus unitario, ma abbraccia ipotesi mar-catamente eterogenee, quanto all’attitudine lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto» (C. Cost., 31.3.2008, n. 85).

All’interno di tale genus, e` ricompresa poi la species delle sentenze di proscioglimento per intervenuta prescrizione (ambito affrontato dalla Corte di Appello di Bari), a sua volta composta da un ventaglio di possibilita` che vanno dal caso di prescrizione del reato matu-rata dopo due gradi di giudizio di merito in cui vi e` stata condanna, a quello (opposto) di pre-scrizione intervenuta nelle more tra esercizio dell’azione penale e celebrazione del processo (se non, caso tutt’altro che raro, prima ancora dell’esercizio dell’azione penale).

A fronte dunque di una casistica cosı` varia, la giurisprudenza non ha mai precisamente detto se la confisca debba essere applicata indifferentemente dalla fase processuale in cui e maturata la prescrizione.

Posto infatti che l’art. 44 T.U.E. (al pari del vecchio art. 19, l. n. 47/1985) prevede che

«la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e` stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costrui-te», e` altrettanto pacifico le modalita` con le quali il Giudice penale deve accertare i fatti posti al suo vaglio sono inderogabilmente stabilite dal codice di rito, che contempla (art. 129) l’obbligo di immediato prosciogli-mento in caso di intervenuta prescrizione.

Vien dunque da chiedersi se, a fronte di un reato prescrittosi prima dell’inizio del pro-cesso, quest’ultimo possa e debba essere ce-lebrato solo per consentire al Giudice di pro-nunciarsi su questioni non aventi carattere penale (come per l’appunto l’irrogazione del-l’ordine di confisca).

La Suprema Corte ha gia` detto di no (C., Sez. I, 30.7.2004, Bevilacqua, ha dichiarato

«abnorme il provvedimento con il quale il giudice dell’udienza preliminare, pur aven-do accertato l’intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, ometta di dichiarare l’estinzione del reato e disponga il rinvio a giudizio degli imputati, con la motivazione che, considerata la limitata co-gnizione del predetto giudice, sarebbe stato comunque necessario l’accertamento, da parte del giudice del dibattimento, degli elementi costitutivi dell’illecito ai fini del-l’eventuale confisca prevista dall’art. 19, l.

n. 47/1985») e tanto sembra rispondere perfettamente ai principi sanciti in merito dalla migliore giurisprudenza.

E` stata in primo luogo la Corte delle Leggi a ricordare che «il decreto di citazione che il pubblico ministero emette, integra al tempo stesso l’atto di esercizio dell’azione penale e la domanda che la parte pubblica rivolge al giudice’’, per cui, ove intervenga una ‘‘causa estintiva che rende superflua la celebrazione del dibattimento, e` la stessa domanda di giu-dizio a non avere piu` una effettiva ragione d’essere» (C. Cost. 21.2.1992, n. 91).

Per contro non vi e` alcuna norma che sembri consentire al Giudice penale di celebrare il processo al fine di effettuare verifiche di

al-tro genere, posto che «l’operativita` della cau-sa estintiva, determina il congelamento della situazione processuale esistente nel momen-to in cui e` intervenuta», con la conseguenza che la pronunzia di proscioglimento non puo`

«essere ritardata» (C., Sez. IV, 22.6.2005, Borda, in GDir, 2005, 47, 67) in quanto l’art.

129 c.p.p. «esplicita un ordine efficace e co-gente per il giudice, il quale in ogni stato e grado del processo deve paralizzare l’iter procedimentale in presenza di situazioni che ne comportino l’applicazione», depo-nendo in tal senso «una evidente manifesta-zione del principio del favor rei» (Cass., Sez.

V, 25.11.2003, in CP, 2004, 2278).

Diversamente opinando si giungerebbe, pri-ma ancora che ad uno stravolgimento delle regole processuali (art. 129, in testa), ad una inaccettabile compromissione del diritto di difesa dell’imputato.

Questi infatti dovrebbe celebrare il processo secondo le regole imposte dal 2º co. dell’art.

129 c.p.p., a mente del quale, «quando ricor-re una causa di estinzione del ricor-reato» l’asso-luzione con formula piena potrebbe ammet-tersi solo se «dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non e` previsto dalla legge come reato».

Nei casi di sopravvenuta estinzione del reato, infatti, le esigenze di economia processuale prevalgono addirittura sul principio del favor rei, essendo pacifico che, laddove non «risul-ti evidente la prova dell’estraneita` dell’impu-tato al fatto criminoso, non puo` essere appli-cata la regola di giudizio ex art. 530, 2º co., c.p.p. la quale equipara la prova incompleta, contraddittoria od insufficiente alla mancan-za di prova» (C., Sez. VI, 18.11.2003, Tesse-rin e altri, in RP, 2005, 449).

Cio`, tuttavia, nella consapevolezza – da parte del legislatore – che alla pronunzia di pro-scioglimento ex art. 129 non potesse (e non dovesse) scaturire per l’imputato alcuna sta-tuizione di tipo sfavorevole quale, ad esem-pio, l’irrogazione di una sanzione accessoria.

Nel caso della confisca si verte in una ipotesi esattamente opposta.

Pur in presenza di una originaria causa di

estinzione del reato andrebbe irrogata una sanzione pesantissima (in quanto privativa del diritto, costituzionalmente garantito, del-la proprieta` privata) applicando, in viodel-lazio- violazio-ne dell’obbligo di immediato proscioglimen-to, regole processuali non ispirate al favor rei.

L’imputato, infatti, per essere assolto per in-sussistenza del fatto (conditio sine qua non, secondo la giurisprudenza in esame, per escludere la confisca) dovrebbe dimostrare l’evidenza della mancanza di lottizzazione abusiva, diversamente da quanto stabilito, per casi identici non prescritti, in cui varreb-be la regola opposta (in dubio pro reo) stabi-lita dal 2º co. dell’art. 530 c.p.p.

Il tutto in evidente contrasto con i principi sanciti dagli artt. 3, 24, 42 e 111 Cost.

Solo una precisa delimitazione dei criteri con i quali debba svolgersi l’accertamento del giudice diretto alla verifica dell’eventuale abusivismo della lottizzazione in caso di so-pravvenuta prescrizione del reato, e` dunque in grado di evitare (nella vigenza dell’attuale qualificazione della confisca come sanzione amministrativa) un nuovo interessamento della Corte costituzionale.

In tal senso potrebbe fornire parametri di adeguata risposta il disposto dell’art. 578 c.p.p. a mente del quale «quando nei fronti dell’imputato e` stata pronunciata con-danna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il rea-to estinrea-to per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili».

Il legislatore ha dunque ritenuto che una pronuncia in primo grado assunta secondo le regole processuali ‘‘ordinarie’’ costituisca valida garanzia affinche´ il giudice possa pro-seguire ad occuparsi del merito della que-stione (seppur a limitati fini civilistici) anche nei successivi gradi di giudizio.

Nel vigore dell’attuale giurisprudenza, quindi, una lettura costituzionalmente orientata dei principi innanzi esaminati sembrerebbe imporre che l’accertamento

dell’abusivismo della lottizzazione venga ef-fettuato quanto meno nel corso del giudi-zio di primo grado.

Ma questo, fin’ora, non e` mai stato (ancora) detto, mentre sono evidenti le ragioni che imporrebbero un chiarimento in merito on-de evitare un ulteriore interessamento on-della Corte costituzionale.

In conclusione:

– se la giurisprudenza della Corte di Giusti-zia e` immediatamente vincolante, dovrebbe essere lo stesso giudice procedente a qualifi-care la confisca ex art. 44, D.P.R. n. 380/

2001 non piu` come sanzione amministrativa, bensı` una sanzione penale;

– in tal caso la stessa non potrebbe accedere se non ad una sentenza di condanna;

– solo la negazione dei principi sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (caso fino ad oggi non registratosi)

impor-rebbe l’invio degli atti alla Corte costituzio-nale;

– fino a quando tale nodo non verra` sciolto la confisca dovrebbe continuare a qualificarsi co-me sanzione amministrativa irrogabile dal giu-dice penale anche in caso di proscioglimento con formula diversa dal fatto non sussiste;

– tale principio deve tuttavia essere correlato con quelli che ispirano il vigente sistema pe-nale, primi fra tutto quello del favor rei e dell’obbligo di immediata declaratoria di im-procedibilita` in caso di estinzione del reato;

– la confisca puo` essere validamente irrogata solo in relazione ad un reato di lottizzazione abusiva prescrittosi quanto meno dopo la sentenza di primo grado;

– diversamente la norma si presterebbe a gravi profili di incostituzionalita` per violazio-ne degli artt. 3, 24, 42 e 111 della Suprema Carta.

OPINIONI

Nel documento Anno II N. 2 Marzo-Aprile 2008 (pagine 48-52)