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Professore a contratto di Politica Comune di Sicurezza e Difesa dell’Unione Europea Università di Milano Bicocca

5. Osservazioni conclusive

Nonostante i termini della Dichiarazione politica restino per il momento molto vaghi ed appaiano inferiori alle aspettative derivanti dalla posizione negoziale iniziale del Regno Unito, molto dipenderà dal contenuto degli accordi specifici che dovranno dare loro applicazione concreta. Stante l’attuale situazione di incertezza sulle prospettive generali della Brexit, merita sottolineare che una situazione di recesso ordinato mediante un accordo quale quello appena negoziato migliorerebbe notevolmente le chances di conclusione di tali accordi in tempi relativamente rapidi. Ciò perché si cercherebbe nella misura del possibile di preservare l’acquis della partecipazione britannica alla PCSD e di minimizzare i traumi. In una tale situazione è possibile immaginare che anche attraverso accordi di tipo informale la situazione finale non sarebbe poi così diversa da quella di partenza.

È infatti prevedibile che un “accordo quadro di partecipazione” tra il Regno Unito e l’Unione europea avrebbe come minimo dei termini simili a quelli di altri accordi già conclusi dall’Unione con altri paesi terzi membri della NATO, che hanno già un buon record di partecipazione alle missioni e operazioni dell’Unione (si pensi ad esempio alla Norvegia o alla Turchia). È però altamente probabile che tale accordo contenga delle clausole più avanzate rispetto a questi ultimi e, come si è accennato prima, preveda delle disposizioni speciali per ciascuna delle tre fasi principali legate alla gestione delle crisi. Per quanto riguarda la fase dei contatti e del dialogo politico, un accordo specifico dovrebbe istituire le strutture di tale dialogo, il tipo di partecipazione (ad es. rappresentanti del Regno Unito con rappresentanti dell’ Unione – Alto Rappresentante e Commissione, ma presumibilmente non degli altri Stati membri), i livelli previsti (ad es. ministeriale, a livello di direttori politici o capi di stato maggiore militare, funzionari etc.), gli ambiti tematici e geografici. Per quanto riguarda la fase della pianificazione, l’accordo potrebbe prevedere una partecipazione molto più sviluppata ed estesa delle strutture di pianificazione britanniche, trovando magari anche il modo di prevedere una presenza (con status di osservatori) di personale britannico nelle strutture dell’Unione europea. Per quanto riguarda la fase della condotta e della partecipazione, oltre a quella in quanto paese terzo, cosa che può avvenire senza particolari problemi, si potrebbe anche immaginare un ruolo più incisivo ed addirittura un’utilizzazione di un quartiere generale britannico, sulla falsariga di quanto già avviene in relazione all’operazione Atalanta. Di maggiore complessità si presentano invece gli obiettivi di collaborazione con l’Agenzia europea di Difesa o nei progetti del futuro Fondo Europeo di Difesa.

Più difficili da immaginare sarebbero le conseguenze di un no-deal che al momento, per quanto improbabile, non sembrerebbe totalmente da escludere. In effetti anche facendo astrazione dal pesante bagaglio di difficoltà che questo comporterebbe nelle relazioni tra paesi amici in larga parte membri dell’Alleanza Atlantica, le conseguenze immediate o quasi immediate sarebbero un’uscita traumatica del

personale britannico da tutte le strutture comuni, la sospensione della partecipazione dei contingenti britannici in tutte le missioni ed operazioni in corso (e questo sarebbe specialmente problematico per il caso dell’operazione Atalanta, che utilizza come quartier generale quello di Northwood nel Regno Unito) ed infine l’uscita da tutti in progetti e programmi in corso nell’ambito dell’Agenzia Europea di Difesa ma anche da altri progetti di più lunga durata e non legati in maniera specifica alla PCSD, come Galileo. In conclusione, avendo adottato come ipotesi di lavoro quella del raggiungimento di un accordo per il recesso del Regno Unito dall’Unione europea sulla base dell’articolo 50 TUE sulla falsariga dell’accordo negoziato dal Primo Ministro Boris Johnson, la tesi di fondo di questo breve saggio è che il recesso del Regno Unito per ciò che riguarda la PCSD, se avverrà su questa base, non dovrebbe essere particolarmente problematico sul piano giuridico, anche se molti aspetti politici restano da chiarire. A differenza di altri settori, per i quali un recesso anche ordinato sulla base dell’accordo negoziato comporterà senz’altro una serie di traumi e di complicazioni (si pensi in particolare alle norme in materia doganale, di commercio e relative al mercato unico in relazione all’Irlanda del Nord), nel caso in esame la natura già piuttosto loose e di carattere volontaristico ed intergovernativo della PCSD, con scarse implicazioni in materia di bilancio, eviterebbe gran parte di tali problemi.

Mi sia però consentita una riflessione di carattere più politico. Anche nell’ipotesi meno traumatica, non appaiono ancora per nulla chiare le conseguenze politiche nel medio/lungo termine sul futuro della PCSD del recesso del Regno Unito. Per alcuni osservatori tale recesso rappresenta l’occasione di rilanciare la PCSD, visto che il Regno Unito, soprattutto nell’ultimo periodo, aveva messo sistematicamente il freno su tutta una serie di progetti ed iniziative che invece, come menzionato nei paragrafi precedenti, sono state poi rilanciate negli ultimissimi anni, quando la Brexit era ormai realtà15. Altri invece ritengono che,

pur con tutte le sue limitazioni, la partecipazione del Regno Unito, con il suo notevole peso specifico in materia di bilancio dedicato alla difesa, di stato di preparazione delle proprie forze armate nonché di importanza del settore industriale dedicato alla difesa, rappresenti un pilastro talmente fondamentale della PCSD, che senza di esso questa perderebbe quasi completamente di senso e di incisività. Se a ciò si aggiunge la tendenza di certi Stati membri ad intraprendere iniziative preferendo configurazioni ad hoc con un numero più limitato di partners rispetto all’ambito PCSD (spesso a causa delle pastoie politico- giuridiche relative alla presa di decisione), l’uscita del Regno Unito potrebbe comportare il rischio che la PCSD diventi un guscio di strutture e procedure privo di attività operative. La conseguenza sarebbe che, in relazione ad una data crisi, le iniziative concrete verrebbero adottate da gruppi di Stati like-minded al di fuori dal quadro istituzionale dell’Unione, con la partecipazione di Stati terzi tra i quali in Regno Unito.

15 Cfr. ad esempio J. GOTKOWSKA, The CSDP’s renaissance. Challenges and opportunities for the eastern flank, in OSW

La vera sfida, dopo la Brexit, sarà quindi quella di rilanciare seriamente la PCSD mediante le nuove iniziative menzionate prima, tra cui quella che prevede un finanziamento centralizzato di missioni ed operazioni.