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SUL MALE. A PARTIRE DA H A N N A H A R E N D T , A

cura di Enrico Donaggio e Domenico Scalzo, pp. 257, €20,50, Meltemi, Roma 2004

I saggi raccolti nel volume sono acco-munati dall'esigenza irrinunciabile di capire la presenza del male nel mondo e dal con-fronto con il pensiero di Hannah Arendt; muovono dal riconoscimento di Auschwitz come l'evento che ha messo definitivamen-te in questione, secondo Donaggio, qua-lunque "fede in un orizzonte di significato" che possa ancora fungere da "cornice di comprensibilità per l'agire e il patire degli uomini". La prima sezione - con contributi di Vollrath, Donaggio, Traverso, Costa, Gatti, Aguti - prende in esame la "natura del male totalitario" e, in particolare, il suo rapporto con la modernità di cui rappre-senta l'esito. Il totalitarismo eccede ogni categoria destinata a comprenderlo, poi-ché ambisce a fabbricare individui privati della facoltà critica che, sola, consente di prendere responsabilmente posizione, A tal fine svolge un ruolo centrale l'ideologia: la ferrea logica della sua argomentazione imprigiona gli eventi ed esonera gli indivi-dui dall'esercizio del pensiero. La spiega-zione totale della realtà permette a buro-crati "spaventosamente" banali come Eich-mann di eseguire senza discussione an-che gli ordini più criminali. La seconda par-te - con inpar-terventi di Scalzo, Assy, Alfieri, Belle! e Osiel - si interroga sulla figura di Ei-chmann dal quale, come osserva Assy, è assente "una malvagità di tipo intellettuale" o patologica. Al contrario, è la sua "atroce" normalità a rendere più sconvolgenti i delit-ti commessi e, soprattutto, a far temere che essi possano ripetersi, come scrive Osiel nel saggio sugli squadroni della morte ar-gentini. Al male occorre allora opporre, per Donaggio e Costa, "pluralità, natalità, con-tingenza, fragilità della condizione umana"

composte in un'efficace "costellazione an-tiautoritaria" capace di tradursi in una "pe-culiare forma di amore del mondo" e in una razionalità, come sostiene Gatti, basata sul "probabile", capace di consentire "un ac-cordo provvisorio", il solo che possa fon-dare quello spazio "creato da molti e nel quale ciascuno si muove tra pari" auspica-to da Arendt.

MASSIMO CAPPITTI

Ernst Cassirer, METAFISICA DELLE FORME SIMBOLICHE, ed. orig. 1995, trad. dal tedesco di Giulio Raio, pp. XLV1II-328, € 21, Sansoni, Milano 2003

La Metafìsica delle forme simboliche, te-sto postumo pubblicato come primo volu-me degli scritti inediti di Cassirer, costitui-va nelle intenzioni dell'autore il quarto vo-lume della Filosofia delle forme

simboli-che, uscita ad Amburgo negli anni venti e

pubblicata in Italia in tre volumi, a cura di Eraldo Arnaud, da La Nuova Italia nel 1961. Gli anni venti, come ricorda Giulio Raio nella sua puntuale e lucida introdu-zione, sono anni fondamentali per la ricer-ca filosofiricer-ca, poiché escono in breve lasso di tempo Essere e Tempo di Heidegger (1927), La posizione dell'uomo nel cosmo di Scheler (1927) e, infine, nel 1928 Le

le-zioni sulla coscienza interna del tempo di

Husserl, È naturale, quindi, vedere la ri-cerca cassireriana di definizione di una fe-nomenologia della conoscenza delle for-me simboliche in stretta connessione con questi autori e le loro opere. La Metafisica, in particolare, continua ed estende la ri-cerca cassireriana per una definizione dei campi e della struttura della conoscenza così come era stata esposta nel terzo vo-lume della Filosofia delle forme

simboli-Walter Braunfels, G L I UCCELLI. D A ARISTO-FANE, a cura di Eleonora Cavallini, pp. 94, € 16, Nautilus, Bologna 2003

La storia delle versioni musicali delle commedie di Aristofane è un capitolo della storia della tradizione classica ancora da scrivere. Le trame originali del comico ate-niese vissuto nel V secolo a.C. hanno ispira-to molti musicisti, da Franz Schubert, che in un suo Singspiel (intitolato Le congiurate o, più prudentemente, per non urtare la su-scettibilità della censura austriaca, La

guer-ra casalinga) prese spunto dalla Lisistguer-rata, a

Charles Lecocq, l'emulo di Offenbach che trasformò il Pluto in un'operetta. Fra tutte queste numerose trascrizioni operistiche particolarmente degni di nota sono Gli

uc-celli, un'opera "lirico-fantastica" di Walter

Braunfels, compositore nato nel 1882 a Francoforte sul Meno: eseguiti per la prima volta a Monaco nel 1920 sotto la direzione di Bruno Walter, sono stati registrati per la pri-ma volta nel 1996 dalla Decca. Il rapporto fra la commedia originale rappresentata ad Atene nel 414 e il libretto scritto dallo stesso Braunfels viene analizzato con cura in que-sto volumetto da Eleonora Cavallini, che nel-l'introduzione ripercorre le dolorose vicende che portarono all'isolamento dell'autore e al progressivo oblio dell'opera. Nel 1933, con l'avvento del nazismo, Braunfels, che era ebreo per parte di madre, fu sollevato dal suo incarico di direttore dell'Accademia mu-sicale a Colonia e si ritirò in volontario esilio sul lago di Costanza. Al triste destino del musicista si accompagnò quello della sua opera che, ritenuta un esempio di Entartete

Kunst (arte degenerata), subì lo stesso

ostracismo patito dai lavori di altri artisti te-deschi. Le sue opere - non solo Die Vógel, ma anche l'altro suo melodramma di suc-cesso, Don Gii von den grunen Hosen (1924) - non furono più eseguite; il nome di Braunfels, che prima era accostato a quelli di Franz Schreker e Richard Strauss, fu di-menticato, tanto che nessuno s'accorse del-la sua morte, avvenuta nel 1954.

SIMONE BETA

che. Per Cassirer la Lebensphilosophie

(fi-losofia della vita) rappresenta la traduzio-ne contemporatraduzio-nea della metafisica e dei problemi che essa pone. In dialogo con essa e pur manifestando non pochi ele-menti di criticità, Cassirer pone attenzione, da un lato, alla coppia "spirito-vita" in au-tori quali Klages, Simmel, Heidegger e Scheler, dall'altro opera una torsione in senso neoidealista nella definizione del rapporto tra mondo simbolico e mondo della vita (problema ontologico che Cassi-rer non evita di affrontare). In questo sen-so, il concetto di Urphànomen, cioè di fe-nomeno originario, presente nella Filosofia

delle forme simboliche, viene

ricontestua-lizzato, introducendo la nozione di "feno-meno di base" (Basisphànomen), ripreso e "adattato", a sua volta, dalla Logische

Aufbau der l/l/e/f di Carnap.

GIANLUCA GIACHERY

Kim Sterelny, LA SOPRAVVIVENZA DEL PIÙ

ADATTO. D A W K I N S C O N T R O G O U L D , ed. orig.

2001, trad. dall'inglese di Telmo Piovani, pp. 137, €14, Raffaello Cortina, Milano 2004

Questo libro intende essere un'introdu-zione per non addetti ai lavori alle princi-pali tematiche dibattute nell'odierna biolo-gia evoluzionistica; il filo conduttore è la contrapposizione tra due figure che hanno profondamente influenzato gli sviluppi di questa disciplina: Richard Dawkins e Stephen J. Gould, brillanti polemisti e di-vulgatori, oltre che importanti scienziati. Di entrambi gli autori vengono presentati, in sezioni distinte, i più famosi cavalli di bat-taglia. Per Dawkins: l'idea che la selezione agisca a livello dei geni, essendo gli indivi-dui dei semplici veicoli, e l'interesse per i "geni fuorilegge" e gli "effetti fenotipici

estesi"; l'adozione di un metodo estrapola-zionista (i fenomeni macroevolutivi si pos-sono spiegare in base a quelli microevolu-tivi); il considerare il problema della com-plessità adattativa come quello centrale della biologia dell'evoluzione. Per Gould: la teoria degli equilibri punteggiati; il con-cetto di "selezione di specie", e più in ge-nerale di una selezione che agisce a più li-velli; l'interpretazione globale della storia evolutiva come una riduzione di disparità a partire dal Cambriano; l'avversione profon-da per la sociobiologia. Nella terza parte del libro Sterelny espone la sua personale visione sulle differenze che dividono i due scienziati al di là delle questioni tecniche, le quali di per sé non spiegherebbero la fo-ga e l'acredine della polemica intercorsa fra i due. Dawkins sarebbe secondo Ste-relny uno scienziato di tipo "neopositivi-sta". Per lui la scienza, seppure mai defini-tiva, e sempre aperta a revisioni sulla base di nuove evidenze, è lo strumento principe per l'indagine della realtà, l'unico che pos-sa ambire a una conoscenza quanto più possibile oggettiva del mondo, Gould avrebbe invece un approccio maggior-mente "postmoderno" nei confronti delle teorie scientifiche. La scienza sarebbe cioè un sistema di conoscenza umano fra molti altri: sebbene goda innegabilmente di uno statuto particolare, esistono molti ambiti che la scienza non può indagare e che sono utilmente oggetto di altri tipi di sapere; inoltre Gould ritiene ragionevole pensare che il contesto storico-culturale in cui si sviluppano le idee scientifiche possa avere un'influenza su di esse. Le posizioni dei due autori sono esposte in maniera equilibrata, per quanto Sterelny ammetta la sua maggior vicinanza, sia sul piano scientifico sia per quanto riguarda i "gusti filosofici", alle idee di Dawkins.

MICHELA PIRETTO

P a u s a n i a . G U I D A DELLA G R E C I A . L I B R O V I L I . L ' A R C A D I A , a cura di Mauro Moggi e Massimo Osanna, pp. CX-561, € 27, Fondazione Loren-zo Valla - Mondadori, Milano 2003

Prima ancora di diventare, con il San-nazaro, un vero e proprio luogo dell'ani-ma, un paesaggio spirituale destinato ad avere grandissima influenza su tutti i ge-neri letterari dell'Europa, l'Arcadia era già nell'antichità una regione appartata e mi-steriosa. Patria della creatura più selvag-gia della mitoloselvag-gia greca (il ferino Pan, il dio cornuto dai piedi di capra che si aggi-rava per le vallate folte di alberi accom-pagnato da giovani ninfe danzanti), go-vernata dal crudele re Licaone (l'uomo-lu-po al quale viene attribuita la pratica dei sacrifici umani e dell'antropofagia), popo-lata di animali misteriosi (gli uccelli del la-go di Stinfalo uccisi da Eracle in una del-le sue dodici fatiche), sede di uno dei punti di contatto con il mondo dei morti (la cosiddetta "acqua di Stige", una cascata che affascinò gli arditi viaggiatori del di-ciottesimo secolo), l'Arcadia è teatro di vi-cende che apparivano remote perfino ai Greci del periodo classico. Pausania, che attraversa la regione nel II secolo dell'era volgare, è un fedele testimone di questa singolare situazione: convinto che l'Arca-dia sia la culla della civiltà greca, la per-corre registrando nella sua Guida, accan-to alle città, tutti gli aspetti più naturali, i fiumi e gli alberi, le montagne e le paludi. Si tratta insieme di una scelta e di una ne-cessità: è inevitabile che, all'interno di un paesaggio così chiuso, caratterizzato da molte montagne e poche pianure, ci sia poco spazio per le città, che spesso of-frono solo una sbiadita testimonianza de-gli splendori passati. Il lettore moderno ri-marrà colpito dal numero delle città mor-te, a partire dalla capitale Megalopoli, che, "fondata dagli Arcadi con il massimo entusiasmo e fra le più grandi speranze dei Greci, ha perduto ogni ornamento e l'antica prosperità", subendo lo stesso destino di Ninive e Babilonia, perché "la

sorte modifica ugualmente le cose tutte -siano esseri forti o deboli, in sviluppo o in decadenza-e le conduce, con necessità ferrea, come essa dispone".

( S . B . )

me è chiuso da una Bibliografia generale e dai Profili degli autori dei contributi.

ANDREA BALBO

C O L L O Q U I A ABSENTIUM. STUDI SULLA COMU-NICAZIONE EPISTOLARE IN C I C E R O N E , a cura

^/Alessandro Garcea, pp. 170, €15,

Rosen-berg & Sellier, Torino 2004

"Esempio di dialogo in absentia condizionato da fattori contingenti, le lettere -specie se tra interlocutori socialmente pros-simi - conservano i tratti linguistici della co-municazione in praesentia". Così, nella Pre-sentazione, il curatore rende ragione del ti-tolo ossimorìco di questa raccolta di saggi che presenta carattere interdisciplinare, in quanto vuole unire gli apporti di studiosi di lingua latina e di linguistica allo scopo di comprendere meglio il complesso statuto del genere epistolografico e, in particolare, alcune caratteristiche dell'epistolario cice-roniano. I temi trattati sono: l'oralità nelle let-tere (Biville, Échos de voix romaines dans

la Correspondance de Cicéron); le

tecni-che narrative utilizzate dall'Arpinate nella corrispondenza e la loro relazione con quelle oratorie (van Gils, Narrative

techni-ques compared in discorse and correspon-dance: Cicero Mil. 24-29 and Att. 4, 3, 2-5);

il modo in cui mittente e destinatario distri-buiscono i propri interventi all'interno del te-sto (Garcea, Rispondere con ordine alle

let-tere: una funzione di quod nell'epistolario di Cicerone)-, le definizioni ciceroniane della

comunicazione epistolare alla luce delle teorie di Fauconnier sugli spazi mentali (Rauzy, Les représentations mentales

mi-ses sur pied dans la lettre par Cicéron); i

valori dei segnali discorsivi ante (Bazzanel-la, Dal latino ante all'italiano anzi: la "deriva

modale') e valde (Orlandini, Valde bella est

(Att. 4, 6, 4): étude sur un adverbe

polysé-mique dans la Correspondance de Cicé-ron) in alcune lettere dell'epistolario. Il

volu-Jiirgen Malitz, NERONE, ed. orig. 1999, trad.

dal tedesco di Alessandro Cristofori, pp. 136, € 9,50, il Mulino, Bologna 2004

Questo agile libretto tratteggia in modo molto chiaro le tappe della vita e del go-verno di Nerone, un imperatore su cui le posizioni assunte dalla storiografia diver-gono notevolmente. L'autore, che insegna storia antica all'Università cattolica di Eich-statt, passa in rassegna in dodici capitoli le origini del principe e gli esordi del suo governo, i complessi rapporti con la fami-glia e con Burro e Seneca, gli atti di go-verno a Roma e nelle province, l'atteggia-mento duro nei confronti degli oppositori e la sua fine nel 68 d.C. Particolare attenzio-ne è riservata a due eventi assai discussi dagli studiosi neroniani, l'incendio di Ro-ma e il viaggio in Grecia; un capitolo inda-ga inoltre l'immagine che l'imperatore eb-be di sé come artista. L'ultimo capitolo, in-titolato significativamente Quo vadis?, spiega molto brevemente come mai la fa-ma dell'imperatore si sia conservata in Ita-lia e in Oriente dopo la sua morte e ac-cenna ad alcuni aspetti della sopravviven-za dell'immagine del principe nel tempo, con riferimento al noto romanzo di Henryk Sienkiewicz e al film interpretato da Peter Ustinov. Il volume è corredato da alcune il-lustrazioni in bianco e nero, da una sezio-ne di Cronologia, da una bibliografia di Letture consigliate e da un Indice dei nomi e delle cose notevoli. In piena coerenza con l'indirizzo della collana "Universale Paperbacks", il testo procede in modo sin-tetico ed esaustivo, senza apparati di note ma fornendo le notizie in modo chiaro e preciso; alla generale impressione di chia-rezza concorre anche la traduzione, che risulta limpida e scorrevole.

I D E I L I B R I D E L M E S E |

L A FORMAZIONE DEGLI ECONOMISTI IN ITALIA (1950-1975), a cura di Giuseppe Garofalo e Augusto Graziarli, pp. 604, € 40, il Mulino,

Bologna 2004

Dedicato alla memoria di Massimo Fi-noia, il volume raccoglie sedici saggi, più una premessa di Guido Fabiani e una presentazione dei curatori. I contributi sono opera di alcuni dei migliori storici del pensiero economico nazionale, come Riccardo Faucci, e di protagonisti diretti della vicenda qui ricostruita, formatisi fra centri di ricerca italiani ed esteri, quali Luigi Spaventa, Giorgio Lunghini e Fer-nando Vianello. Il

volume è percorso dai due grandi temi della separatezza o meno fra elaborazio-ne teorica e ricerca empirica negli studi economici nel no-stro paese, e della cosiddetta "via ita-liana", incarnata nel rapporto di ricezio-ne tardiva e contra-stata di Keynes. Se anche la ricca mes-se di materiali qui fornita non spioglie in modo secco la complessità delle due questioni, ma

testimonia piuttosto, come osserva Pier Luigi Porta, della varietà di opzioni e ten-denze, il libro costituisce comunque una straordinaria rassegna di problemi, sug-gestioni e informazioni. Esso mostra inol-tre come nel periodo considerato ci sia-no stati esempi vitali di interazione con i punti alti della ricerca intemazionale al-l'interno di quelle istituzioni pubbliche contro le quali sono in corso oggi il tiro al bersaglio indiscriminato e l'erosione clientelare sistematica dall'interno. Basti leggere i bellissimi contributi di Lilia Co-stabile sulla "scuola di Portici" e di Fer-nando Vianello sulla Facoltà di economia e commercio di Modena, che documen-tano il possibile intreccio fruttuoso fra ri-cerca e passione politica e civile.

FERDINANDO FASCE

ne del carattere" (per dirla con Richard Sennett) nella quale la lezione marxiana e polanyana possono, crediamo, fornire ancora molti utili spunti.

( F . F . )

M a s s i m o Ceriani, L'AGUSTA DI CASCINA

CO-STA. T E S T I M O N I E PROTAGONISTI, pp. 284,

€ 18, Jaca Book, Milano 2004

Nata nell'inesauribile fucina della Fon-dazione Micheletti,

tuisce un'efficace

Luigino Bruni e Stefano Zamagni, E C O N O -MIA CIVILE. EFFICIENZA, EQUITÀ, FELICITÀ PUBBLICA, pp. 316, €23, il Mulino, Bologna

2004

"Quanto occorre fare è dilatare nella direzione opportuna lo sguardo: solo co-sì si può scongiurare il rischio dì consi-derare quella dell'economia una sfera separata, avulsa dalle altre sfere della vi-ta. È quanto qui si è cercato di fare. Pro-posito ambizioso, lo riconosciamo, su cui incombe il fallimento di Icaro. Per questo siamo andati alla ricerca di agganci alti, quelli più alti possibili". Questo inventivo sforzo di quadrare il cerchio fra le tre pa-role chiave del sottotitolo (efficienza, equità e felicità pubblica) e di mostrare "che il mercato può diventare un luogo di incontri civili e civilizzanti, e quindi luogo di felicità" in effetti si muove con grande disinvoltura dall'umanesimo ad Alfred Marshall, passando attraverso r e c o n o -mia civile" di Antonio Genovesi, alla ri-cerca del filo perduto di un pensiero eco-nomico non risolto nell'individualismo uti-litaristico, né nella critica radicale al mer-cato "come essenzialmente antisociale (...) che ha tra i suoi teorici più celebri autori come Karl Marx e Karl Polanyi". Chiarita la base teorica, si passa a un'a-cuta e documentata disamina delle pos-sibilità attuali di applicazione di un"'eco-nomia civile", ispirata alla reciprocità e ai beni relazionali, sullo sfondo della crisi del welfare. Degna di indubbia attenzio-ne, la proposta sollecita però ulteriori ve-rifiche con una quotidianità di

"corrosio-questa ricerca costi esemplificazione dì quella storia a tutto campo del lavoro e dell'industria della quale tanto più si sente il bisogno di fronte al degrado del nostro sistema pro-duttivo e alla perdita di memoria industria-le che minaccia il paese. Ceriani, infat-ti, unisce abilmente la storia orale (inter-viste a ventisette di-pendenti, compren-denti undici impiega-ti e professional, sei operai, tre dirigenti e tre sindacalisti) alla d o c u m e n t a z i o n e aziendale e soprattutto sindacale. Ne emergono nitidamente tre fasi della storia dell'impresa e dei suoi lavoratori dal se-condo dopoguerra a oggi. La prima, dalla ricostruzione sino ai primi anni settanta, è l'era del paternalismo aziendale di Dome-nico Agusta; paternalismo nel quale Ce-riani individua l'intreccio di cultura tecnica condivisa del prodotto, legame dell'im-prenditore col territorio e "comunità del privilegio", ovvero del favoritismo e della discrezionalità, creati dal padre-padrone. La seconda fase ingloba il sovrapporsi dell'arrivo in fabbrica di giovani leve, del-lo scoppio della conflittualità e dell'inter-vento dell'Efim, che decretano la crisi del modello paternalista. Finché, nel 1992, sull'onda della fine della guerra fredda, si avvia una pesante fase di ristrutturazione, con l'arrivo in azienda di giovani senza più legami col territorio, in prevalenza lau-reati, entro una cultura d'impresa nella quale contando "meno il prodotto, il cosa si fa, è invece centrale il processo, il busi-ness" e "imprenditori e manager sembra-no (...) aver smarrito le motivazioni del lo-ro agire".

( F . F . )

ciò di funzionalità e alti costi. La seconda copre il quarantennio 1894-1936, dalla legge costitutiva della banca centrale, e ' dall'ascesa delle banche miste, passando attraverso la crisi di queste ultime nel lun-go dopoguerra, sino alla riforma fascista, "uno sbocco possibile e funzionale solo in quanto successivo e discendente dalla costituzione dell'lri". La terza fase va dal-la ricostruzione alle privatizzazioni, con un sistema bancario specializzato al cui cen-tro si impone la presenza della banca centrale.

( F . F . )

S a l v a t o r e La Francesca, STORIA DEL SISTEMA

BANCARIO ITALIANO, pp. 281, €22, il Mulino, Bologna 2004

"Si esige una tutela del risparmio sulle

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