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Il momento fondamentale nell’ascesa dei Carraresi è, come per gli Scaligeri, la caduta del feroce tiranno di Onara nel 1259; in tale occasione la città di Padova, messa a sacco dai crociati anti Ezzelino, si ricostituisce in comune.222

Dopo gli iniziali ed inevitabili episodi di persecuzioni, anche se molto spesso condotti non con la ferocia di cui narrano certe cronache dell’epoca, contro le famiglie di coloro che avevano sostenuto il genero di Federico II nella costruzione di uno stato che si estendeva, nel periodo della sua massima espansione, dalle Alpi di Trento ai territori bagnati dall’Oglio, emergono nuovi gruppi e si affermano nuovi nuclei familiari tra cui i Carraresi.

La famiglia dei “Da Carrara” vanta origini antiche risalenti probabilmente, anche se non documentate, a prima del Mille; si ipotizza che il suo fondatore fosse di origine longobarda e che, in compenso dei suoi servigi223, abbia ricevuto il nucleo originario dei territori della famiglia e che su questi terreni, posti presso l’attuale comune di Due Carrare, a sud di Padova e sulla direttrice di comunicazione con Monselice, si sia stabilita definitivamente.224

A tale riguardo anche Pier Paolo Vergerio, autore del “De Principibus Carrariensibus et

Gestis eorum Liber” sostiene che si sia trattato di una famiglia di origine longobarda, basando la

sua affermazione sia su racconti orali tramandatisi all’interno della famiglia carrarese sia su elementi oggettivi quali i primi “atti” in cui vengono definiti “di legge longobarda”.225

Esistono anche altre storie “mitiche” relative alle origini dei Da Carrara; una,sempre riferita dal Vergerio ma da lui stesso definita poco credibile, racconta che la famiglia avrebbe avuto origini locali e che successivamente si sia dispersa in Gallia e in Germania a seguito di

221

Bennassuti Giuseppe, Storia degli Scaligeri Signori di Verona, Tipografia Paolo Libanti, Verona, 1826, pag. 49;

222

AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della

Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 13;

223 L’abate Ceoldo, studioso della storia della famiglia carrarese, sostiene comunque non sia possibile conoscere le

sue origini;

224 AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011,

pag. 17;

225 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

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guerre e difficoltà economiche per poi, nel X° secolo, tornare a riunirsi nel territorio dell’ attuale Comune di Due Carrare.

Un altro autore, sempre vicino alla “Corte Carrarese”, Giovanni di Conversino, propende per una origine francese della famiglia che avrebbe avuto inizio a seguito della fuga, con il proprio amato, di una figlia dell’imperatore (quale fosse, non viene detto) e al loro stabilirsi nei boschi a sud di Padova226.

Infine, Giovanni Ludovico Lambertazzi, nella commemorazione funebre di Fina dei Buzzacarini, moglie di Francesco I° il Vecchio, afferma che l’origine della famiglia è locale e che risale al VI° secolo; un Milone, appartenente alla famiglia, è fra i vescovi della città e un Marsilio comanda l’esercito della città contro i Goti.227

L’Ongarello invece, nella sua storia di Padova, propende per l’origine longobarda della famiglia ma sostiene che i loro primi possedimenti fossero ubicati nell’attuale Sossano, in provincia di Vicenza228.

Si avverte, in molte di queste ipotesi, il palese tentativo di dare origini nobili a una casata che ormai ha raggiunto il potere; ma un elemento appare abbastanza certo: l’origine della famiglia deve collocarsi in un periodo ben più recente di quanto sostenuto perché, a differenza della famiglia nobiliare dei Da Baone, loro vicini, i Da Carrara non trasmettono il titolo comitale a tutti gli esponenti della famiglia come un bene reale229.

La prima figura, di cui si dispone di documenti appartenente alla famiglia Carrarese, è Litolfo, figlio di Gomberto che nel 1027 fonda e dota di beni l’abbazia di Santo Stefano di Carrara.230

Tale scelta, tipica della nobiltà del tempo, denota la volontà di eleggere tale luogo a custode delle memorie dinastiche e il tentativo di consolidare le prerogative feudali della famiglia.

226

Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD), 1988 pag. 15

227

Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD), 1988 pag. 16;

228 Salmaso Alcide, I Carraresi Signori di Padova, Libreria di Cultura, Conselve 1989, pag. 17;

229 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

1988 pag. 17;

230

81

E’ documentata, nel 1068, a Carrara la presenza di un “castrum”, che testimonia la trasformazione del villaggio in un centro di potere e che si collega al più vasto fenomeno dell’incastellamento.

Sempre il Vergerio ci fornisce indicazioni sul luogo su cui doveva sorgere il castello, collocato su un poggio isolato; attualmente l’unico poggio presente si trova a Carrara San Giorgio231, dietro chiesa.

Nei secoli successivi, la famiglia continua la propria opera di potenziamento ed estensione delle proprietà arrivando a controllare una zona che si estende fra gli attuali comuni di Monselice, Agna, Due Carrare e Conselve.

A questa politica di espansione territoriale si unisce, dal XII° secolo, la costituzione di rapporti stretti con il clero, con l’episcopato patavino ed in particolare con i monaci benedettini di Santa Giustina.

Nel 1114 i Carraresi ottengono dall’imperatore Enrico V° ampi privilegi fiscali e giurisdizionali, con la possibilità di costruire mulini che rappresenteranno una delle loro principali fonti di reddito. 232

La famiglia continua a mantenere rapporti di stretta fedeltà all’impero ottenendo un secondo diploma dall’Imperatore Federico I nel 1160 con il quale si riconfermano tutti i privilegi ricevuti; tale diploma viene rinnovato poi nel 1180.233

Dal XII secolo i Da Carrara iniziano il percorso che li porterà a insediarsi in città; anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un fenomeno abbastanza comune nella nobiltà italiana del Nord che sposta la propria residenza, dagli originari centri di potere ubicati nelle campagne, alle città.

Tale trasferimento, per molte delle famiglie nobili dell’Italia del Nord, era una libera scelta in considerazione dell’aumento costante di potere economico e politico dei comuni; per altre avveniva per imposizione delle emergenti nuove istituzioni che, volendo estendere il loro controllo sul contado circostante, si imponevano sui vari nobili, obbligandoli a risiedere nelle città, almeno per certi periodi dell’anno, per poterli così sorvegliare e legare alle sorti comunali.

Ed è proprio nel primo periodo di floridezza del Comune di Padova che i Da Carrara iniziano a spostarsi in città, legando sempre più strettamente le loro sorti al vescovo.

231 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

1988 pag. 19;

232 AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011,

pag. 19;

233 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

82

Prima di proseguire con la storia della famiglia dei Da Carrara è necessario accennare alla storia e sviluppo di Padova come libero comune.

La città di Padova, come molte altre nell’Italia del Nord, non aveva cessato di esistere dopo la caduta dell’Impero Romano anche se aveva vissuto un lungo periodo di decadenza dovuto sia alle vicissitudini militari e politiche che a profondi mutamenti climatici.

Nel periodo dell’Alto Medioevo il fiume Medoacus, paleo Brenta, aveva abbandonato il suo alveo spostandosi a nord, sull’attuale percorso del Brenta, alterando l’idrografia del territorio dove sorgeva la città di Padova; anche l’attuale Bacchiglione aveva modificato il suo corso occupando parte dell’antico alveo del Medoacus.

Questi spostamenti, uniti a secoli di esondazioni e alle mancate attività di regimentazione delle acque, avevano causato l’impaludamento di vaste zone della città e la “sepoltura” dei resti della città romana; solo dall’ XI secolo, a seguito della rinascita della città, iniziano le opere di canalizzazione delle acque e di riordino dello spazio urbano.234

Dal punto di vista politico occorre tener presente che la città di Padova, prima sottoposta al potere vescovile che si era circondato di vassalli cui aveva delegato alcuni compiti di governo costituendo la curia vassallorum, inizia a delegare, sia pure per incarichi minori, anche i borghesi, i giudici ed i notai.

Successivamente le famiglie componenti la curia vassallorum rivendicano una autonomia nel governo della città svincolandosi dal potere vescovile e affermando di governare in nome della comunità di cui sono parte; sorge così il comune nobiliare.235

Un momento importante di svolta nella vita della città è segnato dall’avvento del dominio di Ezzelino III da Romano che occupa, nel 1237, la città e immediatamente inizia a perseguitare i propri oppositori distruggendo le loro case (e tra queste anche quella dei Da Carrara) e arrestando i maggiori esponenti del partito guelfo.

Sempre nel 1237 avviene, a Goito, il famoso episodio dell’aspro diverbio fra Ezzelino Da Romano e Jacopo Da Carrara sfociato nel tentativo di quest’ultimo di uccidere il Da Romano e sventato solo dall’intervento dell’Imperatore.236

La vendetta di Ezzelino non si fa attendere e l’anno successivo Jacopo viene mandato in esilio ma questi, nel tentativo di opporsi al tiranno, insieme ad altri fuoriusciti padovani, nel

234

AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carraese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011, pag. 10;

235

Panzarino Leonardo, I Carraresi nel Mondo Signorile, tipografia U. Rigoni, Piove di Sacco, 2005, pag. 3;

236

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1240 rientra nelle proprie terre e si rifugia nel castello di Agna; qui, dopo un breve assedio viene catturato dalle truppe del Da Romano e condotto a Padova in catene.237

Jacopo non giungerà mai a Padova perché Ezzelino, per timore della reazione della città, lo fa decapitare prima dell’entrata in città, presso l’odierno Ponte di San Giovanni alle Navi.238

Alcuni storici riportano anche un episodio, collegato alla vicenda dell’assedio del castello di Agna, riferendo che Jacopo, sentendo ormai vicina la caduta del castello, nel tentativo di porre in salvo i suoi familiari, li abbia fatti salire su una barca per attraversare il lago confinante con il castello e che questa, giunta nel mezzo, si sia rovesciata e che tutti gli occupanti siano annegati.239

Ma tornando alle vicende di Padova, dopo la parentesi del “feroce tiranno”, terminata con la sua morte nel 1259, il Comune riconquista, fra grida di giubilo, la sua indipendenza avendo attivamente partecipato insieme a truppe provenienti da Venezia, Bologna, Mantova, sotto la guida di Azzo VII d’Este con a fianco i Conti di Sambonifacio, alla crociata contro Ezzelino.240

Il nuovo regime si riallaccia alla precedente esperienza comunale recuperando il vecchio ceto dirigente ed integrandolo con i proprietari terrieri ed i prestatori di denaro; si passa, sia pure in maniera graduale, da un regime comunale nobiliare ad uno borghese e la città si colloca, nello scacchiere politico del Nord Italia, fra quelle guelfe.241

Dopo la liberazione della città, come già accennato, sono adottati, da parte del Comune ricostituito, alcuni provvedimenti volti a sanzionare con l’esilio, la prigione, ed in alcuni rari casi, con la condanna a morte e la confisca dei beni, coloro che erano stati fedeli al tiranno; alcune famiglie però, anche se pesantemente compromesse con il passato regime, riescono comunque a recuperare, ed in taluni casi anche velocemente, i ruoli inizialmente ricoperti all’interno della città.242

237

AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della

Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 20; 238

AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011, pag. 20;

239

Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD), 1988 pag. 23;

240 Panzarino Leonardo, I Carraresi nel Mondo Signorile, tipografia U. Rigoni, Piove di Sacco, 2005, pag 5,6

241 AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 14;

242 AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 14;

84

Il comune riprende ad espandersi nel contado riuscendo, sul finire del secolo, a controllare parte della sponda nord dell’Adige243

e, dal 1264, anche Vicenza e il suo territorio, inclusa la città di Bassano.

Ma la volontà di estendere la propria giurisdizione anche sul territorio circostante, comporta l’adozione di provvedimenti volti a limitare e ad assorbire i poteri sia dei vari signori rurali sia dei comuni rurali; vittima ne sono anche i Da Carrara che si vedono confiscare molte proprietà tra cui il castello di Carrara ed imposto l’obbligo di risiedere in città;244

la famiglia, pur ridimensionata nelle proprietà e nelle prerogative, rimane tuttavia una delle più importanti ed annoverata fra quelle magnatizie.

La vita del Comune non è facile nonostante la nascita dell’ Unione delle Fraglie, espressione del ceto che oggi chiameremmo imprenditoriale, che assume sempre più un ruolo politico con lo scopo di garantire la pace; si verificano però troppi episodi di conflitto soprattutto con famiglie del ceto magnatizio.245

La situazione si aggrava ulteriormente, gettando le istituzioni comunali in piena crisi, all’inizio del XIV secolo, con la calata in Italia dell’Imperatore Enrico, Arrigo VII nel 1310.246

Arrigo scende in Italia animato dal nobile intento di riportare la pace fra Guelfi e Ghibellini ed essere incoronato Imperatore.247

Anche se, in un primo momento, la venuta del Re di Germania, spinto da questi alti ideali e con il favore iniziale del Papa, sembra destinata a portare un periodo di pace, purtroppo, nei fatti, si rivela deleteria per l’intera penisola conseguendo l’unico risultato del riconoscimento di Re d’Italia cingendo la Corona Ferrea nel 1311.248

Nei confronti di Padova Enrico si rivela un avversario temibile, anche se gli ambasciatori inviati nel 1310 ad annunciare il prossimo arrivo dell’Imperatore sono accolti dal comune con

243

Bettio Beniamino, Prima e dopo la permutatio del 1298 Bosco di Rubano, in Wangadicia, n.3, Sodalizio Vangadiciense, Badia Polesine, 2004, pag. 43 e ss;

244

AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011, pag. 21;

245

AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della

Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 17;

246 Panzarino Leonardo, I Carraresi nel Mondo Signorile, tipografia U. Rigoni, Piove di Sacco, 2005, pag 10

247 AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011,

pag. 21;

248

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tutti gli onori; in tale occasione, però, viene ribadita la devozione alla chiesa e quindi la scelta di campo in favore del partito guelfo.249

In seguito, considerato anche l’accordo fra Papa e Imperatore, Padova invia una delegazione a Milano, dove si trova quest’ultimo ma le condizioni poste da Enrico sono pesanti: pur lasciando inalterati gli statuti, leggi e consuetudini, si riserva la nomina del Vicario Imperiale e impone un forte tributo a favore della Camera Regia dell’Impero.250

I legati padovani, rientrati in città per sottoporre ad approvazione dei Consigli le condizioni accennate, si vedono opporre un netto rifiuto accresciuto dalla notizia che Cangrande e Alboino sono stati nominati Vicari Imperiali di Verona;251 l’imperatore, irritato per il rifiuto ed in accordo con Cangrande, decide di dare Vicenza a quest’ultimo e il 15 aprile 1311 il podestà e le truppe padovane fuggono da Vicenza a seguito di una finta insurrezione.252

La reazione di Padova è immediata ma l’invio del proprio esercito, che viene facilmente battuto da Cangrande, non cambia la situazione; il Comune ripiega, allora, sull’apertura di trattative con l’accettazione da parte dei padovani di condizioni ancora più dure.

Nel tentativo di ottenere più vantaggiose condizioni, viene inviata all’Imperatore una seconda ambasceria e scelto quale Vicario Imperiale di Padova Gherardo di Enzola ma l’imperatore concede solamente qualche miglioria più formale che sostanziale; le autorità del Comune di Padova però, puntando molto sulle notizie di insurrezioni in varie città guelfe del nord, rifiutano la nuova proposta dell’imperatore che nel frattempo ha nominato Cangrande anche vicario di Vicenza; le ostilità riprendono con un andamento alterno e si svolgono estendendosi sia in territorio padovano che vicentino e veronese.

Nonostante la situazione favorevole al Comune di Padova, sostenuta anche dalla brillante condotta dei capi padovani, podestà e vescovo, la resistenza di Vicenza e il tradimento dei Da Lozzo, porta ad una sostanziale situazione di stallo, in parità;253 un riacutizzarsi degli scontri si verifica nel 1313 quando, su consiglio di Cangrande, l’Imperatore mette al bando Padova

249

Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD), 1988 pag. 24;

250

Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD), 1988 pag. 25;

251 AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011,

pag. 22;

252 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

1988 pag. 25;

253 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

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dall’impero254; le truppe padovane invadono il veronese e solo l’intervento armato del Conte di

Gorizia, alleato degli Scaligeri, le obbliga al ritirarsi.

Un evento inatteso viene a modificare la situazione: Arrigo VII muore il 24 agosto 1313 presso Siena, ma se la notizia della morte dell’Imperatore viene accolta come un vantaggio per Padova, in realtà la situazione non migliora.255

Cangrande resta fermamente intenzionato a continuare le operazioni belliche per prendere Padova e questo stato di guerra riacutizza le divisioni all’interno del Comune di Padova con le fazioni ghibellina e guelfa in aperto conflitto.256

La fazione guelfa, con la “Costituzione di Parte Guelfa” aveva assorbito, nel 1313, tutti i poteri; l’anno seguente la parte ghibellina, pur minoritaria ma non rassegnata nel Comune, tenta di prendere il sopravvento scatenando una guerra civile che imperversa per la città per alcuni giorni con episodi di ferocia efferata, come l’assassinio di Pietro degli Alticlini e dei suoi figli strappati dalle mani del vescovo presso cui avevano ottenuto rifugio; fortunatamente, dopo pochi giorni, le fazioni riescono a trovare un accordo e a riportare l’ordine in città restando però sempre incombente la minaccia esterna degli Scaligeri che neppure durante questa “guerra civile” sospendono le operazioni belliche.257

Grazie alla ritrovata concordia, viene nominato Podestà Ponzino de’ Ponzini che deve subito fronteggiare la grave minaccia portata da veronesi e vicentini che nel frattempo hanno deviato il corso del Bacchiglione impedendo al fiume di scorrere in città, e costringendo il Comune a realizzare velocemente il Canale delle Brentelle per collegare il Brenta all’alveo, ormai asciutto, del Bacchiglione.258

Nel 1315 il Comune di Padova tenta una nuova offensiva verso Vicenza e, grazie ad un’abile manovra, l’esercito patavino arriva fin sotto le mura di Vicenza, ma, nonostante i

254

AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della

Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 32; 255

AA. VV. a cura Felisari Giulio, Veneti, Venezia Padova Treviso, dalle Origini delle città alla Caduta della

Serenissima, vol. II, Editoriale Programma, Padova, 2010, pag. 33;

256 AA. VV. a cura Francesco Businaro, Guida Alla Padova Carrarese, Edibus Comunicazione S.r.l., Vicenza, 2011,

pag. 22;

257 Vasoin Gigi, La Signoria dei Carraresi nella Padova del ‘300, Tipografia Editrice La Garangola, Gran Torto (PD),

1988 pag. 27;

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successi iniziali, Cangrande riesce a mettere in fuga i padovani catturando molti prigionieri tra cui Jacopo e Ubertino Da Carrara.259

Il signore scaligero, grazie anche all’opera di Jacopo Da Carrara che riesce a far prevalere il partito pacifista sui popolari che sostengono la necessità di continuare le operazioni, propone allora una pace decorosa che viene accettata dal Comune padovano.260

Nel 1317 sono di nuovo i padovani, approfittando della contemporanea insurrezione di

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