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di Paolo Mazzocchini Gianmarco Perboni

P E R L E A I P O R C I DIARIO DI UN ANNO IN CATTEDRA

DA CAROGNA

pp. 214, € 14, Rizzoli, Milano 2009

S

uscita reazioni contrastanti questo ennesimo pamphlet sulla scuola italiana scritto da un "prof", o almeno sedicente tale: Perboni è infatti uno pseudonimo, e più di qualco-sa, nello stile e nella costruzio-ne del libro, fa pensare a un'o-pera prodotta a tavolino, dove l'esperienza reale di un inse-gnante si mescola a uno scaltrito mestiere editoriale.

La prima e più spontanea rea-zione è il consenso. Con molte delle rapide e spesso

godibili note di questo "diario" è in effetti difficile non sentirsi in sintonia: quando Per-boni denuncia (come fa in una maniera spes-so fintamente inciden-tale) le assurde trap-pole organizzative, bu-rocratiche e pseudodi-dattiche che oggi in-ceppano e

mortifica-no, anziché favorirlo, il normale lavoro di un docente, egli de-nuncia storture inoppugnabili. Così come è ben fondata l'accu-sa che rivolge al lassismo e al permissivismo che imperano nella conduzione della scuola. Additando questi mali del "si-stema", tuttavia, Perboni sfonda delle porte già ripetutamente aperte dalla penna coraggiosa e tagliente di diversi altri gnanti-scrittori. iitbuiatnu i n CLASSI - # SIANMARCO PERfSONI Ql «MMgjg 'XmrCfHt

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iò premesso, disorienta non poco il modo in cui Perboni rappresenta l'altra importante faccia dell'universo scolastico, quella alla quale per altro egli de-dica maggior spazio e un certo impegno letterario: il rapporto quotidiano tra insegnante e alun-ni (e le loro famiglie). Per un ver-so, infatti, Perboni ritrae lo stu-dente italiano medio di scuola su-periore con un'apprezzabile ver-ve comico-realistica: i ritratti e le scene che escono dalla sua penna potranno forse sembrare un po' troppo inclini alla macchietta giovanilistica; in realtà sono di-scretamente verosimili.

Il ragazzo/studente di Perbo-ni è un consumatore indefesso e inebetito di miti mediatici della televisione commerciale (dal Grande fratello ad Amici)-, un dipendente acritico delle nuove tecnologie telematiche capaci di moltiplicare all'infini-to la comunicazione giovanile a dispetto della sconcertante va-cuità dei messaggi. Apatico, consumista, irrimediabilmente massificato e conforme al cli-ché che media e pubblicità gli costruiscono addosso, il ragaz-zo/studente di Perboni è un animale d'allevamento che vive

ciecamente alla giornata. Segue degli istinti basilari - sesso, ci-bo, sopravvivenza, sopraffazio-ne, quando può, del più debole - ma non sa subordinarli a un progetto di vita, meno che mai a una passione ideale o a una gerarchia di valori. Tenta tutt'al più furbizie spicciole per barcamenarsi, ma non gli riesce mai di pensare e di agire in ma-niera intelligente e lungimiran-te. Nella scuola il ragazzo/stu-dente appare insomma un estraneo e perciò giocoforza un "parcheggiante", del tutto ignaro dello scopo per il quale siede (meglio: è stato messo a sedere) sui banchi.

Fin qui, dunque, tutto abba-stanza attendibile o quasi.

Quello che invece sconcerta parecchio (e convince poco) è, sull'altro versante,

l'atteggia-mento che il sedicente prof Perboni assume di fronte a questa di-sarmante umanità che lo sfida ogni giorno: lungi dall'impegnarsi per tentare di riscat-tarla o scuoterla, egli abdica ostentatamen-te al suo ruolo; anzi, non nasconde di aver già rinunciato da sem-pre e a priori, senza rimorsi né rimpianti, a qualsiasi velleità educativa. La posa caro-gnesca che sin da subito Perbo-ni assume è la sigla comporta-mentale di questa sua irrevoca-bile rinuncia. Il prof Perboni (non dico l'autore del libro) è infatti un insegnante che non svolge più il suo mestiere, per-ché semplicemente, a ragione o a torto, è convinto che non gli sia più possibile farlo. Si limita perciò ad adeguarsi all'andazzo ambientale, trascinandosi gior-no per giorgior-no tra incombenze routinarie e sussulti di sadico revanscismo nei confronti delle malefatte dei suoi studenti. Il suo fine dichiarato è sbarcare il lunario con il minimo danno. I suoi mezzi prediletti sono il ri-catto e il contrappasso: pagine di diario intimo degli allievi let-te pubblicamenlet-te, ciniche umi-liazioni coram populo dei più di-scoli, persino graffiature inferte ai loro motorini per rifarsi di quelle subite sulla propria auto. Insomma, una sorta di

descen-sus ad inferos senza prospettive

di salvezza; un'autodegradazio-ne volontaria ai fini della mera sopravvivenza.

E difficile credere che questa maschera urticante sia anche la vera faccia dell'autore anonimo perché alla penna dell'autore sfuggono qua e là affermazioni che contrastano con il perso-naggio dietro cui si nasconde: come, per esempio, quando di-ce di essere appassionato delle buone letture o nostalgico della scuola vera di un tempo o, an-cora, convinto sostenitore di un apprendimento autonomo dalle sue future applicazioni profes-sionali: "La scuola NON deve in-segnare ciò che si fa nel mondo

del lavoro (...) a scuola si inse-gnano le materie scolastiche e, se lo si fa bene, l'applicazione pratica degli insegnamenti verrà di conseguenza". La forma e il tono di queste affermazioni at-testano la persistenza non resi-duale di un'immagine alta del proprio ruolo: di quella voca-zione, cioè, che Perboni dice di aver rinnegato senza rimorsi.

Si ha insomma l'impressione che confliggano nel testo voci contrastanti; una che punta si-stematicamente a costruire ed esibire dell'io narrante un'imma-gine "bassa", politicamente scorretta e perciò paradossal-mente più commerciale, consi-derata l'infima stima di cui go-dono oggi gli insegnanti; e un'al-tra invece, più dissimulata, che tradisce diversi e forse più since-ri sentimenti e pensiesince-ri dell'au-tore. Se sia poi l'autore stesso a nutrire realmente in sé queste contraddizioni o se esse siano frutto di un compromesso edito-riale abilmente confezionato a mente fredda è difficile dirlo: re-sta il fatto che Perle ai porci tra-smette oggettivamente al lettore messaggi contraddittori.

Un esempio su tutti: da un la-to Perboni non risparmia criti-che, anche molto incisive, alla conduzione della scuola italiana degli ultimi anni, in particolare a quella dell'attuale ministero; dall'altro mostra dell'insegnante medio italiano un'immagine così poco edificante da offrire su un piatto d'argento ai nostri politici alibi a iosa per continuare a rot-tamare senza rossore quello che resta della scuola pubblica. For-se a questi singolari effetti di let-tura il sedicente prof Perboni non ha pensato; può ben averci pensato, invece, il suo ipotetico e navigato consulente-collabora-tore editoriale: un colpo al cer-chio (i ragazzi), un colpo alla botte (gli insegnanti) e una striz-zatina d'occhi ai ministri

Gelmi-ni e Brunetta. •

p.mazzocchini?tiscali.it

P. Mazzocchini è insegnante, autore di testi scolastici e scrittore

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